Riprendo un attimo questo discorso.
Volevo portare, per quel che mi riguarda, una situazione per cui cerco di capire sta vergogna. Si è detto, insomma, che può trattarsi di non accettazione o anche di senso di colpa o addirittura che la vergogna può arrivare a salire anche dopo che un fatto si è commesso; nel senso che questo moto interiore sovviene successivamente e non durante a mò di campanello. Non so quanto avvalorare questa considerazione poichè ho visto su di me, e forse mi sbaglio o forse, anche, non ho visto bene ma insomma questo moto, come poi tutti gli altri di cui abbiamo poca coscienza, agisce in sordina. Ho potuto notare che ci sono atteggiamenti in cui provo vergogna anche durante e semmai, quel che sento dopo, mi spinge più a ricordare quell'atteggiamento che ho avuto e ciò che ho " sentito ". Voglio dire che, al di la di tutto, per come una situazione si è svolta, comunque, in quell'istante, ho provato vergogna solo che, come dire, l'ho sepolta per poi aspettare, mediante altro forse associazioni, che successivamente uscisse fuori. Questo modo di porsi, sia nei confronti di se stessi e sia nei confronti degli altri, mi pare che l'abbiamo detto, genera da un lato quel rossore che ci vede protagonisti anche interiormente; dall'altro, non di meno, ci vede protagonisti agli occhi degli altri. Tornando un attimo indietro, per quanto ho la capacità di riprendere quel che mi è accaduto, ricordo che nel periodo delle elementari erano poche le volte che uscivo dalla classe per andare in bagno. Sembra una stupidaggine ed in effetti forse lo è ma se guardo bene, questo " reprimere " ha un sapore amaro ( lapsus...nel cercare di scrivere " amaro ", mi son venute fuori le parole " amore " ed " amare "...) che mi tiene compagnia da un bel po. Tornando a quella situazione per cui non chiedevo mai di uscire o andare in bagno, le volte che chiedevo, al contrario, di andarci mi " limitavo" solo a fare la pipì. Questa riflessione che forse è comune a tanti credo, può essere accomunata, secondo me, ad una sorta di repulsione quando ad esempio si parla dei " bisogni " fisiologici. Ho notato che ci son persone che hanno difficoltà a parlare di queste necessità fisiologiche, come fosse un qualcosa da tenere nascosto, segregare. Ora non voglio portare l'attenzione su altro ma era solo per dire che probabilmente, chi più chi meno, tutti si è, come dire, interessati da questa tipologia comportamentale. Tornando alla scuola, avevo in effetti vergogna di andare al bagno per una serie di motivi primo fra tutti sapere che qualcuno poteva "sentirmi" o pensare che qualcuno fosse in bagno ( da questo poi associare che una volta uscito quel qualcuno ero io ), addirittura, mi sentivo " colpevole" per l'odore che, inevitabilmente ed anche chiaramente, ne derivava. Son portato poi, mi rendo conto, a fare più o meno la stessa cosa anche quando, oggi, vado in un bagno di un luogo pubblico: tendo a limitare il tempo da " perdere " in bagno, tanto è vero ci vado in quei casi che possono essere definiti estremi, come erano estremi quelli per cui chiedevo di andare in bagno nel periodo che ho riportato. Insomma una repressione che forse ho elaborato per una certa parte ma che per altro, ancora, ha un non so che di occulto. Mi ricordo che quando ero piccolo - e lo faccio ancora adesso - quando sono in bagno, devo chiudere la porta a chiave per essere tranquillo, al riparo da ciò che può essere una intrusione anche violenta in quel che sto facendo. Questo si collega al fatto che volevo " nessuno mi vedesse ", in una cosa intima, personale. Fermandomi ancora in quel periodo il " trattenere ", insomma non chiedere di soddisfare un bisogno e cercare di " rilassarmi " soltanto a casa, in quel luogo che in effetti mi faceva sentire più riparato, poco meno lontano da un giudizio - di fatti chiudevo comunque la porta, come la chiudo ora - mi riporta alla mente qualcosa di sgradevole che non è soltanto associabile al " bisogno fisiologico" ma che mi produce nello stomaco qualcosa che non riesco a decifrare o anche solo leggere. Anche per me, in effetti qualche volta, si è realizzata la situazione per cui, a letto, mi ritrovavo con le lenzuola bagnate; la pipì a letto credo che sia il classico per un bambino. Ma mi rendo conto che faccio fatica - facendomi problemi su problemi, per una cosa che lucidamente non dovrebbe - anche solo a pensare alla c...a, alle feci. Come, ancora, la vergogna scatta oggi, lo ripeto così suppongo di non dimenticarmene, quando fuori del bagno, ci sono altre persone; quando, forse, mi sento nudo davanti gli occhi altrui anche se c'è la porta a dividere ( una porta fittizia per certi versi ) e quindi non ho più la mia " immagine " che mi supporta. Quando, ancora, ho paura di dire la mia in mezzo ad un gruppo, che sia una classe o anche no ( anche se in parte questa manifestazione, non so come, l'ho superata ma forse pure qua me la racconto ). Tuttavia non posso non mettere qua perchè la vedo o meglio che dica sento, collegata quando scattavano a seguito di questa repressione forse, i pianti a cui si associava, una rabbia incontrollabile. Ecco la maggior parte delle volte il pianto arrivava perchè, anche in quella occasione, mi ero sentito " nudo", scoperto anche da solo. Non credo che sia finita ma per il momento, anche se forse un po lungo, metabolizzo un po questo. |
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Parli anche di una sensazione simile all'andar fuori di testa se questo succede e non ci si può fare nulla... sisi, a me è capitato, ma funziona per così dire al contrario. Pensiamo di andar fuori di testa quando dobbiamo iscire da quel fittizio e comodo bossolo della falsa immagine di noi stessi, in realtà è il botto di come siamo tutto d'un fiato che destabilizza... non è l'uscire è il rientrare. |
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Ci sono ad esempio ragazze bellissime, ma che si vergognano del loro corpo, perchè "secondo loro" non va bene ( ma non è detto che sia cosi, poi per quelle che è veramente cosi, ovviamente la vergogna è maggiore). |
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abbraccio: P.S.se non è chiaro,dillo pure,magari ci chiariamo meglio entrambe..:C: |
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A me di recente non ha funzionato ma non ho capito bene cosa non è andato come doveva andare. :C: |
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Poi credo che ci siano periodi e periodi,nel senso che ultimamente anch'io ho attraversato settimane in cui non mi sentivo proprio,intendo che non riuscivo ad ascoltarmi,forse quando ci sono dei cali,diventa più difficile gestirsi,ma continuare a provare,anche quando è così credo sia importante.. fiori.gif P.S.Al riguardo mi chiedevo anche se, in quel momento in cui appunto si cambia rotta alla vergogna,si verifica una piccola sospensione?..nonso.gif |
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Se così fosse, e non ne sono ancora sicura, allora bisognerebbe chiedersi in continuazione dove siamo, chi siamo e cosa stiamo facendo, altrimenti salta su qualche piccolo io che la fa da padrone ma che vive nel passato. E possibile ciò secondo voi? :C: |
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Mi è capitato oggi che, entrando in un negozio, abbastanza, come dire, " saldo" mi son trovato poi all'interno, nel momento in cui mi perdevo o non ero capace di tenermi, che " combattevo" con un qualcosa che voleva "uscire". Non so se riesco a spiegarmi ma in sostanza non appena mi lasciavo, un po più, andare sentivo questa sensazione di vergogna; non appena, invece, mi riprendevo e quindi tirarmi su, ecco che la tenevo a bada. Non è molto semplice, mi sono accorto, tutto ciò e di fatti mi sono scaricato tantissimo. |
Riporto su il discorso perchè mi è capitato di ragionarci oggi e di concludere che l'argomento può essere esplorato ancora (beh, come ogni cosa).
La vergogna la vedo come la paura di quello che gli altri possono pensare di noi. O la controprova che l'hanno effettivamente pensato (tipo mi prendono in giro o simili). Gli esempi possono essere svariati... ho paura di far brutta figura, ovvero che pensino che non sono adeguato, ho paura che si sappia cosa provo o penso (tipo che mi piace quella ragazza o che ho avuto la tentazione di rubare) se quel che provo o penso non è proprio edificante... insomma ho paura dei giudizi degli altri, ho paura di essere scoperto, che si veda (pensiero o azione o sentimento o desiderio o quel che è). Il punto è che quei pensieri altrui di cui ho paura in realtà sono miei. Sono quello che penso io... e che penserei di uno in quella stessa situazione, o con gli stessi pensieri, desideri, sentimenti). Insomma è del mio stesso giudizio che ho paura. Ma come faccio ad aver paura di qualcosa che è mio? Se è mio come fa a minacciarmi? Beh, il fatto è che lo "metto" negli altri, non lo leggo come mio (a volte in parte), non lo voglio sentire. Questo avviene anche perchè è presente pure il pensiero contrastante, che spesso è speranza. Tipo mi vergogno a mostrarmi in costume perchè penso di non piacere (mi giudico non adeguato... in realtà non mi giudico, ma temo di esserlo... se fosse un giudizio finale sarei in pace col fatto di non mettermi in costume), ma sotto sotto spero di piacere lo stesso. Solo che questo secondo pensiero/speranza mi da piacere e quindi me lo tengo, mentre il timore di non piacere mi fa soffrire e lo espello. Quindi faccio finta di non pensarci io e mi limito a temere che lo pensino gli altri. Magari non sempre tutti gli altri, solo quelli a cui tengo in particolar modo, e quindi quelli in cui "metto" (proietto) più roba. Insomma, alla fin fine, anche la vergogna serve a non sentire. Forse basterebbe reggere il MIO pensiero su di me, su quello che temo di me. Il rossore lo vedo come energia che sale veloce alla testa, lasciando vuoto sotto... testa calda, piedi freddi (e quindi sudore per differenza). Come la vedete? |
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Io dividerei vergogna che è data da non voglia di cambiare e vergogna da non accettazione di una parte di se.
Cerco di spiegarmi, perchè secondo me anche la reazione è diversa la prima se mi fanno vergognare mi arrabbio, perchè non voglio cambiare l'altra invece arrossisco. Il rossore avviene secondo me quando c'è una sofferenza, quando arriva immediatamente il centro emotivo a ricordo di un qualcosa di non accettato. E' come se io avessi perso una gris da qualche parte, nel momento in cui la gris si è scissa tramite un taglio, quella gris tagliata è rimasta a girare da qualche parte dentro di me, perchè considerata inadeguata/sbagliata ecco che quando il movimento emotivo me la riporta a galla lei non sa cosa fare se non arrossire io lo percepisco come una luce che va a puntare su di lei su quella gris, quella che ho relegato in angolo di me stessa, non la voglio vedere non esiste perchè mi ha fatto stare male, l'ho cacciata via e solo il pensiero che esista mi manda in tilt, in getta in quel vuoto in cui la paura della sua esistenza di quello che mi ha portato come esperienza mi lascia esterefatta. Del tipo: oddio e se la scoprono come l'ho scoperta io? strabuzza: Non voglio è questo non volere che fa scattare il rossore è un lanciarsi lontano da lei. Alla base quindi credo ci sia un non accettare che esista che sia esistita anche se ora non è più in grado di agire, perchè le ho tolto le chiavi della prigione dove l'ho rinchiusa, e lei nel momento che rivive, ecco che sale con la potenza della vergogna che ho provato quando è stata scoperta. Faccio un esempio se uno è stato scoperto a rubare ma ha tagliato fuori la parte che ha rubato con il rossore essa si rifà viva non perchè vorrebbe rubare di nuovo, anzi le è impossibile perchè è chiusa da qualche parte, è il pensiero che possa essere trovata/vista da qualcuno che fa arrossire, questo nasce in una situazione in cui è palese che i ladri ruberebbero, ma non essendoci più quella parte non può rubare ma ecco che rimane il rossore come a segnalare che però esiste da qualche parte, è la paura della sua esistenza che fa arrossire. Insomma è qualcosa che gira a vuoto dentro di noi che non trova collocazione è parte nostra ma non è stata inglobata resta dispersa inconosciuta non accettata non perdonata, come un figlio ripudiato dalla madre. Questo è ciò che sento io. :C: |
Mi è capitato un paio di giorni fà, ci stò ancora lavorando su ma non mi è ancora chiara la dinamica assurda che si è innescata.
Ho chiesto ai ragazzi del mini market vicino a casa di dirmi se sentivano di qualcuno che avesse bisogno di pulizie o stiro, la cosa incredibile è che ho dovuto fare uno sforzo tremendo per chiedere e sono letteralmente fuggita via dopo...mi sentivo terribilmente in imbarazzo. Poi sono tornata e ho rispiegato con calma il tutto alla signora ma mi sento un'idiota, come si fà a vergognarsi a chieder lavoro?! Mi sono resa conto che mi parte lo stesso attrito tremendo quando devo chiamare per un annuncio, una parte di me si sente inadeguata non c'è dubbio e aggiunta a questa, o causata da questa, ecco che spunta la vergogna. Sono capace di arrossire come un peperone parlando della mia necessità e alle volte temo che questo stato di disagio passi come una forma di scarso interesse perchè poi cerco di arginare la vergogna e mi irrigidisco, divendo, come dire, insensibile, mi blocco... mah Troppo nobile per chiedere? O troppo insicura di me? O entrambe? Ma mi pare che ci vergogniamo di qualcosa quando è un qualcosa che non vogliamo ammettere esista, tipo io non voglio ammettere di essere in difficoltà e così non chiedo... magari è simile al meccanismo "non ho soldi e allora spendo", nego a tal punto un fatto da arrivare a comportarmi al suo esatto opposto (o contrario? leggo.gif ) provando disagio, quindi vergogna quando percepisco il rischio che si scopra l'altarino.. |
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Se pensiamo a quando diventiamo rissi infatti, più non vogliamo diventarlo e maggiore è il rossore, non si regge il manifestare il fatto di diventare rossi e si diventa incandescenti (uff). Quante volte diciamo: ma non si vergogna quello? Magari uno che ha fatto una cosa pazzesca e vergognosa. Evidentemente no, perchè non è in conflitto con quello che è dentro e ciò che manifesta. |
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La cosa cosa strana è che provo tutti i sintomi caratteristici collegati alla vergogna.nonso.gif |
Pensavo al fatto che una persona può vergognarsi di una cosa dopo diverso tempo, magari all'epoca non si rendeva conto di qualcosa che è stato acquisito più avanti e fa provare vergogna dell'episodio passato, spesso si dice "quello non si rende conto di cosa sta facendo, non prova nessuna vergogna", a me viene da pensare che la vergogna venga dalla coscienza, senza di questa nessuno si renderebbe conto di nulla e non proverebbe vergogna, allo stesso tempo vediamo persone di grande sensibilità che possono provare vergogna per cose che per la gente comune non fanno nessun effetto, e proprio perchè quest'ultimi non hanno coscienza per vedere.
quindi penso che la vergogna sia la conseguenza del non riuscire a sopportare la vista di un qualcosa di se stessi e spesso si nota che chi pensa ad altro in determinate situazioni e distoglie lo sguardo da se stesso non prova vergogna, come chi resiste le prime volte ed aumenta la propria resistenza. |
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In effetti molte persone che nn provano vergogna, anzi che non sembrano provarne, la stanno reprimendo. E' certamente il caso di una vergogna a posteriori... reprimere è un po' come contrarre un debito. |
Volevo aggiungere delle cose che ho pensato in questi giorni, ho avuto spesso anche l'impressione che gli animali si potessero vorgognare o comunque sentirsi a disagio, ad esempio spesso ho visto anche che i gatti si possono sentire a disagio se osservati magari mentre fanno i loro bisogni...Potrebbe essere anche che la vergogna sia un non riuscire a sopportare un qualcosa di reale (non saprei definirla, forse enrgia), che proviene da un qualcosa: soggetto/situazione, ma che per sentirla bisogna essere coscienti del fatto che ci sia.
Mi domando questo, però c'è una cosa che non sono mai riuscito a capire: Citazione:
l'unica cosa mezza logica che mi viene in mente è di aver riconosciuto di essere inferiori a Dio e l'inferiorità data proprio da fisico, o dalle parti "basse" che in Dio mancano e lo rendono superiore, in questo caso vergogna=rifiuto? Qualcuno magari potrebbe spiegare meglio questo passo? |
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Se gli arrivasse un attacco in quel momento che sono già impegnati non potrebbero difendersi normalmente. Nell'uomo (inteso come genere) coprire i genitali è anche una questione di "comodità", di certo fare certi lavori, ma anche il semplice correre non è agevole in nudità totale.. per quanto i naturisti sostengano il contrario. Fosse anche solo dal punto di vista igienico, infatti il vestirsi inizia quando si iniziano a scoprire i rudimenti (per quanto approssimativi) dell'igiene personale. Se ci pensiamo, oltre al cavo orale e alle orecchie, occhi, le zone più esposte ad eventuali infezioni sono quelle genitali. Per il seno femminile invece il discorso cambia, diventa esclusivamente mentale, problemi igienici non ce ne sono. Se vogliamo dirla tutta con il vestirsi (intendo l'atto di vestirsi, non le mode ed i tipi di abbigliamento di adesso) c'è anche una sorta di camuffamento delle differenze tra i sessi, vengono nascoste le differenze più evidenti. In ogni caso la vergogna non è poi così male se c'è, ci aiuta a capire che qualcosa non va, un campanello di allarme, l'importante e che non sia vergogna indotta dall'esterno e a cui cediamo inconsapevolmente. |
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