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Così, nel cammino, quando abbiamo imparato che il male viaggia sotto le ali del bene, che ad esempio l'autocompiacimento viaggia e sospinge le nostre buone azioni (che non per questo non sono anche buone), lo impariamo talmente bene che ci concentriamo solo su quello... ed effettivamente si rischia di perdere di vista l'altro. Possiamo voler bene, che è il volere il bene dell'altro e quindi siamo anche capaci di azioni che sono più bene che male. Pian piano possiamo anche, credo, ridurre sempre più il male, ma solo attraverso la consapevolezza di quest'ultimo. E' un po' quello che cercavo di dire col maglione che la nonna fa per il nipotino... oltre al bene per quest'ultimo c'è la sua propria soddisfazione che però, se è consapevole, è lavorabile e "pulisce" il maglione... che comunque è meglio fare piuttosto che no. |
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Che si usi il bene o il male dipenderà quasi sicuramente dall'attaccamento che abbiamo alla nostra persona e questo mi riporta alle frasi che ci proponi Quote:
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Le seconde due mi sono difficili ma le ho interpretate come se chi le esprime conosca ciò che è realmente bene per l'altro. Ma sarebbe necessario ampliarne i casi e le direzioni. |
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Dico il mio punto di vista: in genere quando si esprime del bene verso l'altra persona si esprime la volontà (voglio)di non vederla soffrire perché non riusciamo a sentirci causa del suo dolore, indipendentemente dal volere oggettivamente il suo bene, cosa che potrebbe invece dire attraversare della sofferenza. Questo in generale ma credo esistano anche casi in cui ci si augura veramente il bene per quella persona. Inizio a pensare che il passo sia in realtà accettare la responsabilità di poter essere la causa del male per qualcun'altro. Richiedere del bene significa voler sentirsi rassicurati, bisogno di riempire qualcosa, i bambini lo chiedono spessissimo. Fare il bene per qualcun'altro o decidere cosa sia bene o meno per lui è estremamente difficile, dovremmo avere una visuale molto più ampia di quella che abbiamo e in genere ci limitiamo ad agire secondo la nostra percezione soggettiva di male e di bene. Credo ci sia comunque del buono e che il valore stia nell'intento di ciò che facciamo altrimenti un azione varrebbe veramente l'altra. |
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le prime due frasi implicano non chiarezza o quantomeno chiarezza sino a un certo punto. le seconde dovrebbero implicarla. nelle prime due l'attenzione è su se stessi, nelle seconde sull'altro. nelle prime "volere" non è essere nelle seconde non è detto che quel fare e essere detti siano consapevoli. |
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Mi vuoi bene? Ho bisogno anche qui come sopra, devo sapere che mi vuoi bene perché da sola non mi basto, e il tuo bene, l’essere amata mi riempie il vuoto… Faccio il tuo bene, fare il bene dell’altro di solito quando lo si dice è già una fatica, perché fare il bene dell’altro di solito vuol dire sofferenza che può anche riflettersi su di noi, se faccio il bene di un figlio sgridandolo soffrirò io e lui ma se è ad esempio per imparare le regole è il suo bene Non è bene per lui, che frequenti quella compagnia, che mangi gelati tutti i giorni, facendo apparentemente il male che è vietargli le cose sbagliate, faccio il suo bene, soffrirà ma sarà per il suo bene Insomma fare il bene vuol dire fare il male e viceversa, che casino, far soffrire a fin di bene è fare il bene, fare il male è fare sempre e solo quello che apparentemente fa bene, perché quando proviamo un sentimento di bene di solito è un bene peloso ovvero è un appagamento quindi bene mica tanto Però se sfruttiamo ad esempio dei nostri difetti tipo, come dice Ray, l’amor proprio, ma come mi sento brava a fare il maglione per il nipotino, in quel caso usiamo il male per fare il bene. Andiamo bene per come sono fatta mi sa che non ne pesco altri di esempi come questo, non esiste un vademecum? Mi associo ad Edera un vademecum anche per individuare i bisogni si può avere ? :@@ |
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Io penso che sia possibile fare del bene ad un'altra persona essendone coscienti, ma la domanda iniziale era: "lo faccio per te...." e questo implica già un rapporto di causa effetto. Il bene che si fa per l'altro non andrebbe nemmeno detto, basterebbero i fatti a dimostrarlo. Io vedo anche un'analogia con il comandamento "Ama il prossimo tuo come te stesso" che significa che ciò che faccio per lui lo faccio per me e anche il contrario, ciò che faccio per me lo faccio anche per lui.... Citazione:
mi ispira il volere (fare) il tuo bene - Mi vuoi bene? ti chiedo se vuoi (fare) il mio bene - Faccio il tuo bene è un passo più avanti del volere bene perchè dalla volontà si passa all'azione e si mette in essere il bene o quel che in quel momento si vede come il bene... - Non è bene per lui Questa è la peggiore secondo me, perchè presuppone che io possa giudicare cosa è bene o male per un'altra persona, ma sempre per il suo bene...icon_mrgr: |
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Il volere implica un possesso, fare o essere bene equivale a dare, perciò dire ti voglio bene corrisponde ad avere, fare il bene equivale a essere.... |
Provo ad inquadrare con una serie di passaggi più o meno leciti ed analogici (tipo il bersaglio della settimana enigmistica) sino ad arrivare all'essere e avere.
Ti voglio bene (voglio->volere per avere) Avere. Mi vuoi bene? (voglio->volere per avere) Avere. Faccio il tuo bene (fare->agire col proprio essere) Essere. Non è bene per lui (giudicare->essere giudice) Essere. |
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Non so se non capisco la tua domanda o se non riesco a trovare una risposta soddisfacente, il che poi da lo stesso risultato .. non riesco ad inquadrare nè essere, nè avere nel rapporto bene e soggetto/oggetto dei tuoi esempi, perchè mi pare che il "bene" sia un'entità neutra .. il soggetto/oggetto non potrà avere il bene, nè essere il bene... cioè se io ti voglio bene, tu non ricevi direttamente il bene... ma l'effetto che questo comporta... e questo vale per tutti gli esempi... |
Diamo tanto per scontata la frase ti voglio bene, che se vi dico una cosa molti cadranno dal pero.
Se la posto di "ti voglio bene" dicessi " ti voglio rosso" vi si accende una lampadina? Non si accende ancora? Io voglio che tu abbia rosso? O Che tu sia rosso? Con il bene è identica la cosa. Io ti voglio bene, che tu sia bene, io voglio che tu sia il bene.... e non come intendiamo sempre cioò un bene che va da noi verso un'altro o viceversa.... Nessuno può dare del bene, si può stimolare il bene, si può ritardare il bene, ma nessuno può darlo o toglierlo. L'amore è diverso. Se invece faccio il bene ? |
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Quindi fare il bene vuol dire predisporsi al fine di rendere maggiore la propria capacità di contenere il bene. |
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Quando dico ti voglio bene non prendo in considerazione il male o qualunque altra cosa io chieda,pretenda, fa parte della brama e non l'accettare l'altro per quello che è. Allo stesso modo quando chiedo: mi vuoi bene? Chiedo all'altro di volermi quando sono bene e che è corretto rifiutarmi quando sono male. Se io faccio il tuo bene, sono io a muovermi non è pretendere è scegliere di fare qualcosa per l'altro. Ma questo fare è da tenere in considerazione come intento? Perchè chi mi dice che riesco a fare il bene di qualcuno? Questo è per il suo bene e non per il suo male è qualcosa che si è scelto anche qui che può essere anche un male per un bene. Ho fatto bene?icon_mrgr: Scherzo ma non so se ho capito cosa intendevi. :) |
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Fare il bene dovrebbe significare muoversi per fare qualcosa di costruttivo, di buono, per l'altro... |
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A me è capitato ad esempio di rispondere istintivamente ad un Ti voglio bene con un grazie! Ed è sempre stata curiosa questa cosa ma adesso con l'interpretazione del voler che l'altro sia bene... beh il grazie ci sta è un augurio bellissimo. _____________________ Quello che invece mi cheidevo è che allora non voler bene ma nemmeno il male dell'altro è un pò come averlo condannato. Non sto dicendo che bisogna volere il bene di tutti altrimenti ci autocondanniamo, è una sensazione che sto esprimendo che mi riguarda. |
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Ed è anche la più neutra ed equilibrata. Se si augura con serenità il bene a qualcuno non occorre molta forza, basta superare l'invidia. Fare il bene di qualcuno presuppone sapere cosa è bene per questa persona (se l'azione è presa a sè), volere bene ad una persona presuppone volere che sia bene a prescindere da cosa questa fa a noi. Se le due cose sono presenti (fare il suo bene e volere bene) si ama. In tutto poi ci sono infinite sfumature e degenerazioni. Insomma il fare (e avere) si deve unire all'essere per poter amare ed esserne coscienti. Si può anche amare senza esserne coscienti, ma il rischio della degenerazione in possesso, gelosia etc è molto forte. In sostanza anche nei rapporti più malati e morbosi c'è dell'amore, ma appunto amore incosciente che per questo motivo può facilmente tramutarsi in altro per buona parte, a volte una parte tanto grande da rovinare tutto. Sto dicendo che "l'amore è e basta" può essere fuorviante. Non è sbagliato in se, ma non è completo e per questo può, anzi sicuramente, degenererà. Quindi "lo faccio per noi" (che può essere una coppia, madre e figlio, il tutto etc.. ) è l'approccio giusto. Non si può fare per un'altro (anche se visto da fuori può sembrare così), non si può fare per se stessi (si può ma non porta mai cosa buone), si può fare per l'insieme. |
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Quindi quando ci si pone di fronte a un problema che riguarda il campo affettivo, nella famiglia ad esempio, volere il bene e il fare il bene non è legato ad un singolo elemento ma coinvolge tutti i partecipanti? Beh si pare ovvio ma tanto ovvio non è se ci penso perchè quando c'è un conflitto tra due (o peggio più di due) componenti vien logico o quasi pensare che una delle due posizioni debba prevalere... Un incontro a metà strada più o meno. |
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