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Non ci vedo differenze, solo la medaglia rovesciata, tu si?
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Mi piacerebbe riprendee questo argomento...
Impariamo meccanismi di controllo dall'ambiente relazionale in cui ci sviluppiamo (abbiamo visto come dietro ci sia la questione della disponibilità dell'energia... la pappa). Il tentativo è quello di estendere il controllo al territorio circostante, anche e soprattutto quando per territorio intendiamo gli altri. Ne escono meccaniche comportamentale di relazione volte ad avere il controllo sugli altri attorno a noi... fino alle manifestazioni patologiche come tentativi più o meno consapevoli di controllare i pensieri, i sentimenti, gli impulsi e i desideri altrui. Il classico è genitori versus figli. Anche se da un certo punto di vista ogni controllo altrui è patologico... l'equilibrio dovrebbe limitare il controllo a se stessi. Subiamo i tentativi di controllo come invasioni del nostro spazio... fisico o psichico che sia. Impariamo a difenderci, se ci riusciamo (la prima difesa è istintiva tramite aggressività) ma impariamo anche a mettere in atto noi stessi gli stessi tentativi. Nella misura in cui non controllo me stesso cercherò di controllare gli altri. Per esperienza e auto-osservazione ho appreso che il controllo può viaggiare in maniera molto subdola... piccoli tentativi li facciamo spesso, anche ad esempio tutta una serie di atteggiamenti comunicativi manipolatori di cui si parlava in altri tread ("e lo sai" eccetera) sono tentativi di controllo. Un altro guaio è dato proprio dal fatto che tendiamo a reagire automaticamente ai tentativi altrui di controllarci con altrettanto controllo... ovvero non ci limitiamo a salvaguardare il nostro "territorio" ma ci "vendichiamo" cercando di invadere quello altrui (il litigio, la provocazione ne sono esempi). I tentativi di controllo subiti e non risolti/integrati inolter generano coltivazioni e raccolti di asti e rancori (attraverso i quali veniamo controllati ancora, dato che disperdono energie). Insomma mi par di intravedere nel "controllo" uno dei paradigmi della dispersione di energia... a mio avviso principale problema del Ricercatore. Quindi ritengo che sia di primaria importanza sviluppare dei sistemi per imparare a non farsi controllare e a non controllare. Sui tentativi nostri l'osservazione la fa da padrona... se mi becco un meccanismo posso fermarlo. Su quelli altrui però forse è un po' più complesso... dovrei chiudere come mi accorgo ma anche la chiusura puà diventare controllo come abbiamo visto... si potrebbe schivarsi (non mi viene un termine migliore) ... |
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Una persona che cerca delle attenzioni in tutti i modi non stando mai zitta (e per mai intendo MAI strabuzza:!) , come la si schiva senza caricarsi come delle pile e poi sbottare, o difendersi magari rispondendo un po' seccamente di volta in volta, o non rispondendole più dopo i primi 10 minuti di parole? Una persona che si appropria degli "spazi" ( che in ufficio poi sono pc e telefono sulla mia scrivania e scrivania stessa) a volte chiedendo, a volte direttamente appropriandosi del telefono sistemandosi dietro la schiena della collega (me), senza nemmeno chiedere di usarlo, come si sistema? Una persona che qualsiasi cosa l'altra stia facendo chiede "cosa fai?" quando non riesce a capirlo sbirciando di soppiatto, come si puo' gestire? Perchè appunto, le "invasioni" e i tentativi di controllo di un altro, possono essere schivati anche con l'evitamento o l'allontanamento temporaneo, se ci si rende conto che l'altro esagera e non si riesce diversamente, ma se fisicamente non è possibile, la situazione puo' essere molto pesante... Mi scuso, sono tutte domande molto precise e che riguardano il mio personale, e mi rendo anche conto che sia un caso limite evidentemente devo impararci qualcosa da questa vicenda, ma mi riesce molto difficile gestirmela.. e in questo caso, la chiusura, o le risposte più o meno secche le vedo come l'unica "soluzione" per "sopravvivere"... |
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Personalmente sono il genere di persona che sta dietro alla scrivania e ti "frega" il telefono adducendo un "scusa posso?" senza nemmeno attendere la risposta sono già lì che faccio il numero.....piango.gif Non lo faccio con malizia, ma sono sempre di corsa e prendo dove trovo... Cerco di limitarmi il più possibile perché sono consapevole di quanto fastidio darebbe a me una come meicon_mrgr: .. Ma è più forte il cercare di fare 10 in un minuto che il considerare l'altro... Però c'è da dire che quando mi becco occhiatacce o risposte che mi rimettono al mio posto.. bé per un po' smetto... Per cui ti consiglio di rispondermi un po' male e darmi qualche occhiataccia di sbieco con sbuffo incorporato di modo da potermi rendere conto di quanto ti dia fastidio ciò che faccio.:) Forse se lei è un po' come me.... al suo posto ci ritorna, ogni tanto gli va ricordato... ma ci ritorna. Se il problema è il classico superiore un po' str...o/a... non c'è rimedio... Ahimé... pazienza e sopportazione....abbraccio: |
Lavoro in un'ufficio aperto (open space) con una quarantina di colleghi maschi e una decina di colleghe femmine.
Trai colleghi maschi vi e' una varia umanita' che copre tutto lo scibile umano. Si passa dal burbero al sotuttoioioioioioi fino al classico fatemispaziochedevolavorarepertuttisenzadimeladitt afallisce, ovvero a lui tutto gli spetta comprese le risorse del collega. Come ho risolto la questione? Poco alla volta mi sono reso indigesto a quel collega, mi trova repellente. Faccio alcuni esempi: Se mi domanda l'uso del pc gli rispondo "un attimo che finisco quella tal cosa", dopo i primi 10 secondi e' gia' andato a cercarne un'altro. Alla domanda "Cosa stai facendo" gli rispondo che sono cose personali di una certa gravita' (bugia). Se mi trova a cazzeggiare, la volta dopo mi faccio notare mentre lo vedo che cazzeggia pure lui. Insomma questi colleghi sono difficili da gestire ma se si riesce il premio e' aver saputo osservare ed essersi osservervati in situazioni difficili. :C: |
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Alternativa è il sistema paradosso... ti metti a parlare più di lei per due giorni e le invadi tutti gli spazi in maniera clamorosa fino al ridicolo e con fare ingenuo e innocente... vedi come smette icon_mrgr: . Un altro lato dell'argomento che vorrei introdurre è dato dal fatto che se in qualche modo ci lasciamo controllare vuol dire che ne abbiamo un ritorno... una convenienza, magari non consapevole ma c'è. Quando siamo piccoli, se lo fanno i genitori, dato che nn sappiamo difenderci la conveneniza è "naturale". In qualche modo demandiamo ad altri la responsabilità della nostra gestione, teoricamente finchè non impariamo. Poi il genitore dovrebbe sottrarsi... se non si sottrae iniziano i conflitti (nel migliore dei casi). Ma quanto controllo c'è nelle nostre relazioni e in entrambi i sensi? E se c'è, dove sta la nostra convenienza? |
Sbaglio nel dire che a è più una prerogativa femminile il voler tener tutto sotto controllo ed avere tutto a disposizione?
Mi sembra che l'uomo tenda ad essere più controllato che controllore... Che ricerchi quasi il controllo.... Come dice Ray una sorta di conveninza.. Butto lì... non ho le idee molto chiare a riguardoicon_mrgr: maschietti mammoni?diavolo.g: abbraccio: |
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In questo senso vedo nel collega d'ufficio "invadente" più un suo bisogno di autoaffermazione (prendendo possesso dell'ufficio intero) più che di un suo controllo nei tuoi confronti. Anzi, direi che di norma chi controlla cerca proprio di stare un po' in disparte, raramente scende in "prima linea", e si limita ad agire per vie traverse... ma, proprio come gli scacchi hanno dimostrato, non per questo meno efficace... Alla fine comunque le due cose sono simili, due facce della stessa medaglia... Per evitare di farsi controllare basta stare attenti, nessuno ha il potere di farci fare qualcosa se noi non vogliamo... e per evitare di farci possedere vale la stessa regola. Sia il possesso che il controllo mirano a "inglobare" l'altro per accrescere l'illusione di avere un proprio "io" più grande... |
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Capita questo con i bambini ad esempio a cui non è ancora stato insegnato il reciproco rispetto di convivenza, per loro tutto è lecito anche strappare un oggetto dalle mani di un loro coetaneo dicendo: è mio. E' qualcosa di istintivo, fa parte del senso del possesso, però in una società si deve imparare a rispettare le leggi che la regolano. Mica facile intervenire se sopratutto il senso di rispetto in noi è un valore forte. Perchè farlo significherebbe andare proprio contro quel valore. Però, abbiamo diritto alla sopravvivenza, e quindi per far valere il nostro diritto al rispetto, dobbiamo andare contro al principio forzando un po' per recuperare in nostri spazi. Perchè la tua libertà finisce dove inizia la mia. abbraccio: p.s. una mancanza di autocontrollo |
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Nel tuo caso penso che sotto sotto sia molto interessata a te e tenda ad identificarsi con te, il fatto che ti sbirci o che ti chieda apertamente cosa fai è un segno di interesse, specie se questa collega è arrivata da poco. Se il caso è questo potresti informarla sul lavoro incoraggiandola a usare il suo spazio anzichè il tuo e passando ogni tanto da lei a informarti su cosa stia facendo, se invece è il caso di non saper riconoscere i limiti mettere bene in chiaro i paletti che non può superare, a parte il fatto che il pc, specie se hai inserito una tua password, è uno spazio personale di cui rispondi tu dell'uso che ne fai... |
Scusa Red, ma hai provato a dire a questa persona di non fare così?
A volte abbiamo paura di essere eccessivamente invadenti nel dire le cose, di apparire (parolina magica) troppo antipatici (?) troppo maestrini (?) troppo riservati e poco accogleinti e nel frattempo subiamo per aver poi conferme altrove. Dirle: possiamo parlare dopo, ho da lavorare adesso, se fatto con garbo e con il dovuto rispetto della persona umana, non l etoglie niente e a te lasica un pò di aria. Se poi si offende sono affari suoi. Il telefono è un discorso diverso, forse qui c'entra un tuo possesso? Se non ha altre scrivanie... ma vero è che se fa telefonate private allora è dirle che le si trova in un luogo di lavoro e andrebbero limitate non eliminate. Quindi nel controllo, per tornare al generale, c'è sia il solito apparire ma anche il possesso. La sincerità sembra faccia perdere il controllo che anche tu probabilmente cerchi di avere su di lei, ma in realtà lo acquisisci su di te perchè ti impone di accettare le conseguenze e di viverle. Cioè se sei sincera e le dici : Taci! Lei probabilmente ti diventerà ostile e questo farà male ad una parte di te, ma molto bene ad un'altra. |
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Comunque a parte questo, il taci voleva essere una sintesi estrema dell'esempio sopra anche se a volte bisogna proprio usarlo, e anche in forum abbiamo avuto esempi, chi non vuole capire con le buone... anche se a volte non capiscono nemmeno con le cattive e allora vale la pena star li a fare i buoni perforza? Ho paura che siamo fuori tema abbondantemente, ma se lo vediamo sotto il profilo che gli altri controllano solo quello che noi lasciamo che ci controlli forse no, cioè quegli aspetti di noi che ci dominano e proiettiamo nell'altro la volontà di controllare. Che poi l'altro davvero abbia bisogno di controllare è un altro discorso, deve partire comunque da noi. |
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Certo che se si supera il limite della decenza e del rispetto dopo aver più e più volte detto con pazienza non rimane altro che Taci, ci sta pure bene. Magari per me serve accorciare un po' i chilometri che mi portano al: taci. martello.: |
Prendo un pezzo di discorso di altra discussione che apparentemente può non essere attinente, ma se parliamo di controllo ed essere controllati allora inizia a starci l'essere posseduti psicologicamente dal controllo e non avere o essere il controllo.
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Ho l'impressione che quando qualcuno riesce ad invadere il nostro sentire è perchè non siamo stati abbastanza attenti nel controllare che ciò non avvenisse e cioè non abbiamo controllato, manipolato, gestito e valutato tutto l'insieme. E meno male che non lo abbiamo fatto sarebbe patologico... Tutto questo lavorio è logorante e come diceva Ray più su terribilmente dispersivo in termini di energie. La sensazione di essere invasi, violentati a volte, da l'impressione davvero di aver diritto di usare aggressività verso l'altro, un animale che si difende, mentre invece manifestiamo una ripresa di controllo laddove è venuto a mancare. Questo sempre che sia vera l'opzione che l'invasione è una sensazione conseguente al controllo e non il contrario. E' un vero e proprio atto di forza che si concretizza generalmente con un altro controllore. Se avete idee più chiare delle mie su invasione e controllo vi leggo volentieri. Intanto mi piacerebbe anche discutere su come vincere il demone, ma prima ancora conoscerlo per bene. Noi donne, non dite di no che non ci credo (scherzo non saremo tutte così fissate... ) quando entriamo in casa senza attenzione e osservazione, in un istante passiamo in rassegna ogni angolo della casa e sappiamo immediatamente se un oggetto si è mosso di mezzo millimetro o se un granello di polvere ha preso possesso di un mobile. Sappiamo anche dire in un tempo massimo di due minuti se il marito è uscito a che ora è uscito se ha mangiato e cosa, tutto questo mentre ci togliamo il cappotto e poggiamo la borsetta icon_mrgr: e lo chiamiamo osservazione ed attenzione all'ambiente circostante. Ho usato l'ironia ma non è tanto lontano dalla realtà ed è ossessionante un tipo di controllo del genere, non so per un uomo quale sia il fulcro del controllo ma il sistema immagino sia lo stesso. Cosa fare e come? Per adesso mi viene solo di osservare, cercare di cogliere l'attimo in cui la mente istintiva parte per controllare e deviarla. Il problema rimane, e non è da poco, quando altri tentano di controllare e arriva quella sensazione di invasione (sempre rimanendo nell'ipotesi che l'invasione è la sensazione data da una mancanza di controllo sull'altro) in cui resistere è logorante più che controllare. Voi che soluzioni avete adottato, se ne avete adottato? |
Aggiungo ancora una cosa. In alcune nuove ricerche in campo psicologico il controllo viene associato a dinamiche in cui nell'infanzia si è ricevuto poche conferme e gratificazioni. Oggi la chiamano autostima anche se farei attenzione al concetto.
Lo scritto per onor di cronaca e per espandere un pò il discorso ma a me suona si e no. |
Vorrei dare il mio apporto ma non riesco a entrare in argomento, al momento il controllo lo sto vivendo fuori dagli schemi ordinari è un controllo più come dire espanso ma ci devo ritornare ora ho poco tempo.
Sul controllo diciamo normale posso dire che è un automatismo oserei dire genetico, quindi maschile e femminile molto diversi. Ma secondo me ci sono anche molti eccessi. Intendiamoci certi eccessi sono giusti quando si parla di pericolo, istruzione o cose diciamo serie, ma in altri campi bisognerebbe un po più lasciarsi andare. Per evitare questo bisogna essere romantici. |
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Provando a ricapitolare, e non credo di averlo fatto ancora bene, sono riuscito perlomeno a rivisitare molte mie situazioni passate, alcune delle quali non le ricordavo proprio ed una cosa che credo di aver notato è stata la necessità, il bisogno di dover avere la possibilità di assimilare molte cose, prima di riuscire a lascirmi andare, solo che questa necessità, forse legata alla voglia di controllare, mi ha sempre portato via un sacco di tempo, di energie e di piacere in senso lato che avrei potuto forse ottenere dalle varie situazioni. I momenti più significativi, in questo senso, ci sono stati soprattutto in occasione di passaggi e cambiamenti di un certo rilievo, ad esempio fine della scuola e inizio dell'università, cambio delle compagnie frequentate, nuove esperienze sociali ecc, credo che in tutte queste occasioni mi sono sempre ultra-rallentato, ho avuto sempre molta diffidenza, necessità di analizzare, rimuginare e prendere le misure a tutto e tutti, quasi come uno che prima di tuffarsi a fare il bagno deve sentire l'acqua un pò alla volta, e quando si decide a buttarsi ormai si è fatta sera ed è ora di andare a casa. Per il futuro vorrei riuscire a cambiare questo attegiamento, ed una cosa che pensavo potesse essermi utile è quella di sciogliere/solvere alcuni blocchi, paure e timori che forse sono la causa prima di questa diffidenza e difficoltà, oltre che eliminare un pò di "vanagloria" che mi vorrebbe vedere subito apprezzato nelle varie situazioni prima di aprirmi di più, se e quando ciò non avviene nel modo che vorrei tendo a chiudere le paratie, a far passare "poca acqua", solo che in tal modo, come ha detto Uno una volta, si rischia di creare un sistema chiuso e stagnante ($). Per ora mi fermo e ridò una letta a tutto il 3d perchè è un argomento che mi preme molto. |
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La sensazione è di violenza di una penetrazione senza permesso nella mia psiche. Io ho pensato all'aver da bambini subito violenza (che può anche essere un abbraccio che non si gradiva più lungo del necessario in pratica un'imposizione forte) e non essersi potuti ribellare non aver trovato il modo di difendersi ed oggi viverla proprio come allora. Da qui i controllo del territorio con possibile ansia quando questo viene violato. Questo è quanto ho trovato non so quanto ci sia di scientifico. |
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Quando qualcuno subisce controllo in maniera costante, ossia vive con un controllino, un genitore per dirla tutta, impara a controllare a sua volta. In due modi: nelo stesso modo che subisce, ossia riproducendo, nelle relazioni altre da quelle col controllore, e in modo indiretto verso il controllore stesso. In pratica lo controlla facendosi controllare... anche qui ci sono molti modi, possiamo vedere degli esempi. Al netto di discorsi più o meno sensati su gratificazioni e autostima, il controllo ha sempre e solo un unico scopo: rubare energia. |
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Ma è altrettanto evidente che certamente il controllo riuscito sull'altro lo stanca e lo sfianca, a volte anche lo sottomette perdendo del tutto la voglia di decidere. Ma ciò che ne viene al controllore è circa un pareggio in cui al meglio l'energia ristagna. Il prendere energia mi pare una conseguenza necessaria, quasi mai efficace. Se è vero che il vittimismo è un controllo dell'altro pazzesco e con quello ti ricarichi di tantissima energia è anche vero che non c'è solo quello di controllo, e che comunque esaurisci subito la scorta perchè serve a controbilancia lo sfiancamento continuo. Insomma, lo socpo di tutti i rapporti è lo scambio di energia e se non è equilibrato c'è chi se ne avvantaggia e chi ci rimette. Ma nel controllo c'è una dispersione tale da essere comunque sfavorevole. Non parlo solo del voler controllare una situazione ma del contorno: rabbia, frustazione, difese, rigidità ecc ecc.. Al meglio ristagna. La soluzione a quel che dici è che tutti, nessuno escluso, i rapporti umani normali sono movimenti di controllo. E allora lo scambio avviene solo sul controllo. Nel momento in cui, come per la discussione sull'ascolto attivo, ci poniamo nel mezzo, non stiamo più avendo un rapporto umano normale. Luke, parlava della ricapitolazione che certamente serve a riprendere pezzi dove i meccanismi sono nati, sicuramente aver avuto genitori controllanti non può che aver generato un meccanismo di controllo. In questo caso io vedo un atto di forza da compiere, un controllo... questa volta attivo e non dato da un meccanismo automatico, in cui si osserva la mente istintiva, cioè quella parte di noi che scatta e che la fa da padrona. Ci vedo diversi lavori da fare su di se: ammissione, accettazione delle differenze e dei tempi e dei modi e delle volontà e delle parole e delle scelte altrui (se fosse poco...) e poi la capacità da sviluppare di comprendere tutto questo. Non so se potrebbe essere utile stilare una specie di lista in cui mettere i possibili atti di controllo come ad esempio: il vittimismo; la cultura di tipo tuttologa; il denaro; l'indispensabilità; facciotuttoio; per ora questi. Si potrebbe tirar fuori metodi di controllo del controllo istintivo se vi va. |
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Il fatto poi che a conti fatti non sia conveniente non toglie nulla al meccanismo, che assicura energia a certe parti, le quali se ne fregano del benessere e dell'evoluzione del tutto. |
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