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Quel momento di "vuoto", quella folle, lascia un "buco" a livello razionale che non sappiamo colmare? Io almeno, nei reali cambiamenti, l'ho sempre precepito... |
eh si (quantomeno all'inizio) a meno che non si impari a osservare sempre meglio anche il lato diciamo "irrazionale" di se rendendolo dialogante con l'altro.
penso che così facendo quel "buco" piano piano si colmi |
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Non capisco nemmeno cosa intendi con il "piano piano il buco si colmi", se in quel momento si e' in folle, dici che si puo' comunque essere presenti e ricordarsi? Mi sembra molto contradditoria la cosa .. |
Se ribalto la questione mi sorge una domanda.
Siccome ho l'impressione che spesso accada che si accelera e si cerca di cambiare schema mentale (in parte anche lo si cambia) e si è convinti di aver cambiato marcia ma in realtà si sta solo mandando fuori giri la prima, mi chiedevo se il momento di "folle" è sempre percepito. Se si siamo a cavallo... quando non c'è staimo tirando la prima fuori giri (e occhio...), se invece può anche non esser percepito mi piacerebbe sapere come fare a stabilire il cambio di marcia/tapis... ma temo che si possa solo dopo un certo tempo. Cosa pericolosa se non si è realmente cambiato marcia/tappetino... |
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I cambiamenti non me ne sono mai accorta e nemmeno li vedo, me lo dicono gil altri non so sarà il sonno ma non ho idea. Poi credo ci siano una marea di tapirulà e più veloci e più lenti meno difficoltosi da cui salire e scendere a volte lo si fa con tanta facilità che manco ce ne si accorge, ma avviene sempre quacosa di cui si prende coscienza pienamente, almeno secondo me è questo che fa cambiare la marcia, a me pare che passando per la folle è come un distacco dal passato la prima ed è normale inserire la marcia sucessiva se non si rimarrebbe fermi, certo se ingrani la terza si imballa il motore quindi credo che tutto debba essere proporzionato e fatto con coscienza. Cosa facile a farsi con la 500 un po' meno con il resto, anche se forse come si impara ad andare in macchina così si può imparare a cambiare le marce di qualunque tipo siano. Per me la folle si percepisce solo se ci si osserva altrimenti non la si individua che con uno stato di sofferenza poi dipende dal grado di discesa, se fatta di fretta, ponderata, oppure mentre non ce l'aspettavamo. A me pare anche di intravedere il cercare di stare in piedi su entrambi i tapirulà il cuore su uno e la mente sull'altro, quando ancora non si è pronti ne per uno ne per l'altro come una sorta stapparsi interiore che è comprensibile immaginando la scena e questo mi da l'idea di non aver sgasato abbastanza o nel modo giusto. Un po' come quando facciamo una cosa di cui non siamo convinti pienamente ed essa per questo motivo ci andrà male, come quando fai un salto e avendo paura di cadere di non farcela cadi e ti fai male, come se una parte di me non fosse sicura del risultato. Ho sconfusionato eh?icon_mrgr: |
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Passare da uno schema mentale all'altro si può intendere sia come cambiare totalmente schema di vita che come cambiare una serie di abitudini, si? Quello che mi ha colpita adesso è lo stacco, la folle della cinquecento (proprio stò aggettivo...) e la caduta tra i due tapis, o la discesa nel caso non intervenga un fattore di shock esterno. Stare in folle ci permetterebbe di sganciarci dal precedente ritmo e caricarci per immetterci nel secondo. La mente macina una serie di abitudini e reazioni una conseguente all'altra che scandiscono i movimenti della nostra giornata/vita, staccarci dalle abitudini non basta bisogna raccogliersi quel tanto che basta per aumentare la velocità..mmmm...aumentare proporzionalmente alla seconda velocità che nei tapis rende con un iniziale corsa non proprio regolare..se si barcolla si perde aderenza e si cade. Aumentare i giri rimanendo sullo stesso tapis mi inquieta parecchio, credevo non fosse possibile. Quel momento in folle comunque mi richiama alla mente la discussioone sulla ringhiera, sia sul non dare nulla per scontato che sul momento di abbandono in cui si diventa vulnerabili, ma non sò come collegarli per bene. |
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