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Faccio un esempio personale al solo scopo di far vedere un altra faccia della medaglia.
Mio padre ci tenenva molto che frequentassi solo ed esclusivamnte un certo ambiente. Conosco a scuola una ragazzina, abita nel posto giusto per mio padre, la famiglia ha le careatteristiche giuste e così mi lascia frequentarla, addirittura si vanta della mia amicizia con lei e mi fa complimenti in tal senso. Beh, alla fine sta ragazza aveva tutto quello che mio padre aveva paura che incontrassi. Però gli insegnamenti che mi aveva inculcato a modo suo li avevo ben davanti agli occhi. Per cui nulla è successo di brutto a me. Questo per seguire il discorso delle cattive frequentazioni e di quanto possa essere sbagliato a volte pensare il meglio per i figli, pensando che certe amicizie possano essere meglio di altre... in realtà è tutto molto relativo a voci che girano e pregiudizi positivi o negativi che siano. Qualcuno lo ha detto, l'importante è il dialogo e la comunicazione. Sembrerebbe che siamo fuori discussione come un balcone però anche giudicare bene o male una frequentazione è voler controllare, è non lasciar libero. Sapete tutti che la mia gatta ha dei cuccioli e osservare mentre li educa è molto interessante, educativo. Intanto c'è da tener presente che un animale sa che sta istintivamente educando per rendere indipendente il cucciolo, e in tal senso lo spinge. Interviene solo ed esclusivamente quando c'è un reale pericolo che il cucciolo non sarebbe in grado di gestire . Ma se giocano e sperimentano lei osserva possibilmente dall'alto dove ha tutto sotto controllo.... ma non predomina, ha sotto controllo l'ambiente ma non lo invade. Facendo finta di fare attacchi gli insegna ad essere guardinghi e a difendersi oltre che ad attaccare. Allo stesso tempo lei controlla e si prende cura, e con una pazienza infinita. Anche la pazienza dovrebbe essere un fattore di attenzione nel controllo possessivo, praticamente non se ne ha. |
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Ovvio che il censo o la posizione sociale non contano piu' nulla. Non tanto ovvio invero , specie per i genitori di una certa eta' legati alla forma piu' che alla sostanza per retaggi antichi. Bisogna cercare gli ambienti sani , quelli dove si respira positivita' ,dove si insegna il sacrificio o la collaborazione tipo gli scout , magari laici, gli ambienti legati allo sport ecc. Poi il caso determinera' gli incontri importanti della vita . |
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concordo. c'è da valutare però che forse nel tuo caso tuo papà all'epoca non ha avuto una buona capacità di "visione" della ragazza (perchè legato alla forma forse) quindi direi "occhio alla sostanza" delle cose. penso si leghi anche al 3d su "l'apparenza inganna ma a noi piace essere ingannati" anche |
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Effettivamente siamo un pelo fuori tema...
comunque molto sinteticamente chi ha un'individualità forte (o almeno già in parte formata) si avvantaggia, o quanto meno rimane indifferente, di ambienti difficili, "contrari" se vogliamo.... mentre chi non ha per nulla, o appena appena accennata, individualità ha bisogno di ambienti controllati come quelli di cui faceva l'esempio Nike. Il problema è che dai 15/16 anni in su tutti sono convinti di aver un'individualità forte, tant'è che per cercare di affermare questo si fanno le peggiori cretinate e poi (icon_mrgr: paradosso assurdo) copiando gli altri, soprattutto i galletti del pollaio. |
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posizione sociale e altro se parliamo di "sostanza" non contavano forse così tanto come non contano così tanto oggi (anche se forse rispetto a oggi un binomio più forte "forma-sostanza" c'era) in ogni periodo storico c'è chi quel binomio lo ha e chi no. almeno secondo me |
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sull'argomento ci sarebbe parecchio da discutere. perchè i casi sono vari e non solo questi. anche se quanto hai detto copre una buona parte della casistica secondo me. |
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tanto per dire io posso essere un "nobile" come sostanza e essere "normale" formalmente parlando se questa è la mia scelta di vita. o viceversa posso essere un "ladro" come sostanza ma avere una forma da molti considerata da "nobile". |
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Se usi la parola "contano" stiamo parlando di qualcosa di soggettivo, per la gente conta, per Gino conta, per Marietta conta.... etc... Quindi se la gente, Marietto etc si comporta in un certo modo vuol dire che quella cosa cosa per queste determinate persone conta, non puoi relativizzare la faccenda. Puoi relativizzarla dicendo che non per tutti contava o conta.... ma per quelli che erano portati a pensarla in un certo modo contava, come fai a dire che non contava? Citazione:
Edit: se intendi la cosa dai 15/16 anni in poi...... ovviamente è riferita a chi ha un'individualità debole o inesistente |
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beh consentimi di dire che se ho capito bene sono in disaccordo. Sia per il fatto che tutti pensino di averla, sia per il discorso successivo. per mia osservazione non è assolutamente vero quanto affermato. e mi pare sinceramente un'oggettivizzazione errata. ci sono persone che non pensano assolutamente di avere una personalità forte, che non copiano gli altri "specie" i galletti del pollaio. e questo sia a 15-16 anni sia prima sia dopo. così come c'è gente che copia gli altri a 90 anni senza nemmeno rendersene conto o che non ha una personalità forte o che continuano a vedere nei galletti del pollaio (chissà sempre quella forma di cui si parlava) dei modelli cui ispirarsi. |
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A quell'età si ha come una sorta di "esaltazione" senza però nessuna esperienza altri invece hanno come un ricordo di esperienza come se non avessero più bisogno di rifarla, non lo so dire meglio. Per esempio potrebbero stare in mezzo alla droga ma non avendo bisogno più di quell'esperienza non la faranno. Mah mi sa che ho incasinato :U |
infatti avevo compreso male io:)
ho preso un pezzo di frase (e mi sembrava pure di aver capito il resto invece no) tutto ok |
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Prendersi cura, ossia soddisfare le esigenze, presuppone che si sia informati sulle esigenze da soddisfare. Questa necessità può far erroneamente pensare che un certo controllo sia necessario, tipo per sapere devo controllare. Le esigenze invece è possibile osservarle, che sia direttamente se sono visibili, o indirettamente leggendo le richieste, o semplicemente stando attenti. Ma stare attenti presuppone una vigilanza e una percezione dell'ambiente che non implica necessariamente la partecipazione allo stesso. Per dirla romanticamente: per percepire le esigenze dell'ambiente devo lasciare che esso entri in me (femminile) e non entrare io in lui (maschile)... ossia uno stato di passività attenta che diventa intervento solo se è davvero necessario (mamme gatte docent). Mi viene in mente un romanzo belllissimmo che ho letto da ragazzo e che dovrebero leggere tutti i ragazzi a mio avviso: Il giovane Holden di Salinger. Il protagonsita (il romanzo in originale si intitola "the Catcher in the Rye" se non erro, che significa l'acchiappatore nei campi di segale, ma è un pastiche con una filastrocca, sempre se ricordo bene) ad un certo punto descrive il lavoro che vorrebbe fare da grande, appunto l'acchiappatore nella segale. Ossia stare li mentre i bambini corrono e giocano e se e quando cadono nel burrone acchiapparlli e ritirarlli su perchè possano tornare a giocare. Acchiapparli e non impedirgli di cadere. Il succo alla fin fine sta nelle reali esigenze dell'ambiente. Quali sono? Il bambino non ha l'esigenza di non farsi male, forse quella a volte è un'esigenza della mamma, che soffre se il bimbo si fa male. L'esigenza è di crescere e fare esperienza, quindi se si fa male, venir curato, consolato e riportata la sua attenzioone sulla necessità di farne. Questo è un esempio ma credo sia applicabile a tutto. Se confondo le mie esigenze con l'ambiente, se mi espando in esso, cerco di possedere... |
da come scrivi sembrerebbe la tua idea sia quella di far fare al ragazzo qualsiasi esperienza e solo dopo eventualmente "curarlo".
è effettivamente questa la tua visione delle cose? |
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Intervenire se necessario presuppone che se c'è una situazione di pericolo in cui si valuta... e non giudica.. l'altro incapace di far fronte, si interviene. Altrimenti si lascia che l'altro se la cavi. Per fare questo è necessario però, come diceva Ray, aver imparato la capacità di ricevere e non invadere. Come dire: vai in bicicletta, la prima volta cadrai, lo so già, io sarò li con l'alcool per disinfettare la ferita e le coccole a rimetterti in bici e se cadi ancora ci sarò ancora, ma non devo e non posso impedirti di salire la prima volta ammeno che tu non voglia andare per la prima vlta in bici in autostrada.... li ti devo fermare. |
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ma sai... il problema a mio avviso sta appunto in questo. ossia di quando è "giusto" fermare e quando no. su questo argomento trovo che le percezioni soggettive siano alquanto differenti e disparate spesso e volentieri. Magari è una mia osservazione erronea. Intendo dire che esperienze per taluni considerate "eccessi" per altri non lo sono e viceversa. In questo senso il senso della "misura" e dell'equilibrio si è un pò perso. la conseguenza di ciò è passare da un eccesso in termini di "fai quello che vuoi" a un troppo dall'altra parte ossia negare esperienze anche utili. Raramente in questo campo (purtroppo) si denota equilibrio |
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Per chiarire meglio specifico che l'ambiente di cui ci si prende cura deve comunque essere un ambiente protetto in modo consono a chi ci abita, ma ricordiamoci che non sempre è fattibile, l'ambiente è quello che è e ricordiamoci anche che per ambiente si intende anche, e a volte soprattutto, gli altri. In ogni caso è un argomento interessante e sottile (il confine tra controllo e cura) e mi rendo conto che le sfumatura son difficli da comprendere, quindi hai fatto bene a chiedere... possiamo specificare la cosa sempre meglio. |
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si gioca tutto sull'equilibrio e sul soggettivo concetto di "giusto". a mio avviso. nel senso: cosa è per te "cura" (quindi il "giusto")? |
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Vedo un amico che ha difficoltà di deambulazione e si trova su una scarpata, gli tendo una mano? Vedo due persone che litgano ed una sta sovrastando l'altra e noto con la mia sensibilità lunare/femminile/intuitiva (come che la vuoi chiamare) che l'altro non può reggere non può farcela, la faccio una battuta per smorzare gli animi e scaricare le tensioni (questa è un pò più complessa... ma si potrebbe discutere)? Scusa le domande banali ma era l'unica maniera diretta che mi veniva al tuo "ma sai...". bacini.gif |
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Per poter pensare di saper Controllare bisogna aver lavorato già su di se o comunque sapersi osservare e controllare a propria volta. |
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Ho detto prima su cosa credo si basi la questione, non lo vedo così labile, comunque specifico meglio. Come ho detto su (pochi post fa) prendersi cura è soddisfare le esigenze. Infatti il quid è distinguere le esigenze reali da quelle non reali... se non sono reali non vengono dall'ambiente e quindi chi le percepisce ce le anche mette. Ossia non sono esigenze dell'altro ma sue. Qui il confine... ed è labile solo se la persona in questione non è ben differenziata dall'altro, ossia dipende dal livello di proiezione. Se distinguo bene tra me e l'altro (l'ambiente) non ho bisogno di invaderlo per osservarlo e ciò che percepirò sarà suo e non mio. Quindi potrò agevolmente tarare il mio eventuale intervento sulle reali necessità che saranno probabilmente diverse da caso a caso. |
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sul fatto che occorra avere lavorato su di se beh mi pare imprescindibile. Intendevo cose ben più "sfumate" di queste. Quello che intendo dire è che sino a che il lavoro su di Se non è completo il concetto di giusto...beh diciamo che non è "ben centrato":) a mio parere. che poi questa sia l'unica Via possibile, beh lo ritengo veritiero. |
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quel giusto è "malleabile" in un certo senso rigido in un altro. è "malleabile" nei modi in cui viene attuato è rigido in quello che è. non so spiegarlo meglio di così. la base di fatto è che in te deve essere in termini molto semplici "chiaro" |
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