De Imitazione Christi (l'imitazione di Cristo)
Visto che abbiamo accennato a questo libro in questa discussione, e visto che si tratta forse del più importante testo della Tradizione Cristiana dopo la Bibbia, mi è venuto in mente che potremmo, col tempo, leggerlo insieme e commentarlo (non è lunghissimo e un capitoletto alla volta si può riportarlo), un po' come stiamo facendo con qualche Vangelo, per vedere se riusciamo a tirarci fuori qualcosa di utile.
Nella discussione linkata abbiamo parlato di imitazione in senso generale, concentrando l'attenzione, tra le altre cose, sulla differenza tra imitare e copiare... concetto credo indispensabile per capire meglio il libro. Prima di iniziare è doveroso riportare alcune informazioni di carattere generale, che eventualmente poi ognuno può aprofondire. Il testo è di origine medioevale, è scritto in latino ed è anonimo. Esiste una querelle sulla paternità del testo e, purtroppo, le motivazioni di questa discussione (ancora aperta) non sono sempre relative a questioni di ordine intellettuale, ma molto sono dovute a beceri campanilismi... in pratica a molti farebbe comodo che il testo fosse attribuito a qualcuno di un certo paese o di un certo Ordine monastico e quindi difendono posizioni e alimentano discussioni laddove forse non sarebbe necessario. Infatti chi l'ha scritto ha preferito restare anonimo, come si usava nel medioevo, e come usava chi sapeva che ciò che diceva non era suo ma gli era inviato, che non creava ma faceva da tramite... insomma chi aveva imparato l'umiltà che il testo insegna, a differenza di chi, indirettamente, cerca di annoverarselo. In ogni caso, tra le varie teorie più in voga, quella che va per la maggiore lo vuole attribuito a Tommaso Da Kempis, quella che io ritengo più sensata è che ci siano stati più "autori" (due o forse tre), in tempi diversi, che o hanno composto com'è attualmente. Che sia uno o che siano di più a mio avviso comunque non conta, sempre per via dell'anonimato di cui dicevo. Tutti evidentemente si sono riconosciuti tra di loro, forse si sono tramandati proprio qualcosa, e tutti hanno posto il testo e l'insegnamento sopra la loro fama. Il testo descrive il modo per meglio imitare Cristo, cercando di raggiungere così la massima perfezione possibile. Insomma, una Via. Inserita nel filone della Mistica Cristiana certamente, ma intrisa di concetti profondi ed interessantissimi anche per chi non è interessato direttamente all'ascetismo. Il testo è suddiviso in quattro libri. I primi due sollecitano l'abbandono della futilità delle cose materiali, a favore della meditazione e la centralità di Cristo e spiegano come costruirsi una ricca vita interiore. I secondi due sono in forma di dialogo, il primo è proprio una specie di dialogo mistico con Cristo e il secondo è incentrato sul mistero della Comunione. I quattro libri sono suddivisi in capitoletti molto brevi... credo che uno alla volta siano facilmente riportabili e leggibili. Dato che l'edizione che ho non la riporta, sono andato a scaricarmi l'originale latino (dall'ottimo sito www.thelatinlibrary.com) in modo da poter controllare la traduzione ed eventualmente avere a disposizione un riferimento se c'è qualche passaggio poco chiaro, anche se a prima vista, non vredo che sarà necessario. Mi propongo quindi come scribacchino, moderna versione del copista medioevale. Poi, pezzo per pezzo, si può commentarlo insieme, se vi va. :C: |
a me piace molto questo progetto, mi piacerebbe moltissimo farne parte, ottima scelta
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Ho il libro nella mia libreria e mi piacerebbe molto commentarlo insieme.
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L'edizione che ho io, pubblicata dalla Libreira Editrice Fiorentina, riporta la traduzione di Cesare Guasti, che fu segretario dell'accademia della Crusca e per essa compose i primi 5 volumi del Vocabolario della Lingua Italiana. La traduzione è del 1866 e si attiene strettamente al testo latino. Viceversa, quelle che mi è capitato di scorrere, forse nel tentativo di rendere il testo più scorrevole, a mio avviso oltre a tradurre interpretano... e così, ad esempio, la cecità di cuore diviene cecità interiore. Il senso sarà pure quello, ma se nel testo latino compare la parola "cuore" ritengo possa rivelarsi utile riportarla. Solo nel primo capitolo ne ho trovate parecchie di cose simili. Quindi mi atterrò alla traduzione in mio possesso, controllandola passo passo ed eventualmente riportando delle piccole note al testo, ove sarà necessario... stando attento a non diventare tedioso e a lasciare il grosso dello spazio all'opera. Se proprio sarà necessario tradurrò io alcuni passi, specificandolo. Più tardi o domani metto il primo capitolo... dato che ho già raggranellato due interessate complici. |
Aggiungi un posto a tavola che c'è un'interessata in più.:H
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Ah non ho il libro e neanche ne ho mai sentito parlare prima di ora...quindi la mia proverbiale curiosità mi aggrega al gruppeto (si fa per dire aspetta che passi la sbornia delle festività e il gruppo cresce) fiori.gif |
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Libro I, capitolo 1
Ecco il primo capitolo. Devo dire che ho modificato alquanto la traduzione, ma solo per quanto riguarda la scelta di certi termini, il senso a mio avviso, è rispettato.
In tutte le traduzioni si perde qualcosa, soprattutto da lingue antiche e a volte è proprio necessario riadattare qualcosina per rendere il senso. Ad esempio ho lasciato "in un baleno" dove il testo latino letteralmente dice "con tutte le velocità"... e mettere "a tutta velocità" mi pareva fuori luogo. Ci sono invece dei termini che ho cambiato appositamente perchè mi pareva importante, o che ho lasciato ma è utile dire qualcosa... in alcuni casi possono essere argomento di discussione e approfondimento. Sotto ve ne riporto alcuni. [b] Citazione:
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Salta agli occhi quell' "essere illuminati". In latino il verbo è messo in forma passiva, ma la forma passiva non perde l'azione dell'illuminare... come dire che si poteva forse meglio mettere "venire illuminati". Nella parte finale, Il Guasti traduceva "staccare il tuo cuore". Nel testo latino si trova il verbo "abstraho" (da cui astrarre)... distogliere mi pareva meglio. Poco dopo c'è un "coloro che seguono i loro sensi" che ho lasciato. Il latino usa il termine "sensualitatem" che vuol dire "sensibilità" e che poteva portare fraintendimenti a mio avviso, dato che non si tratta della predisposizione d'animo al sentire l'atrui interiorità, ma della capacità di percepire attraveso i sensi unita agli impulsi che ne derivano. Bon, ci sarebbero mille altre considerazioni, ma se mi ci immergo non finisco più di chiacchierare... invece credo che ci siano già qui buoni spunti per la riflessione, anche se è solamente il pezzetto introduttivo. Tra un paio di giorni il seguito... PS: quelle in corsivo sono citazioni da testi sacri, tra parentesi le coordinate della citazione che tuttavia non sono presenti nel testo latino ma sono state credo aggiunte dal traduttore. |
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Invece ci sono degli spunti interessanti. Uno di questi verte sulla necessità e preferibilità del sentire piuttosto che del sapere. Credo si intenda vuoto sapere intellettuale, dato che comunque è la somma sapienza che viene ricercata. Già il fatto che si debba intendere le parole di cristo "con gusto" (il termine latino rimanda proprio al senso del gusto e al godimento del gustare) pone l'accento sulla necessità di sperimentare, di accogliere, di sentire col corpo e quindi con tutti noi il messaggio. Pur disprezzando le voglie della carne. Magari sono argomenti di cui abbiamo già discusso altrove, ma non per questo credo siano esauriti. Poi parla della vanità... in senso ampio e generico. Non solo quindi il desiderio di apparire belli, ma la caducità delle cose, che sono appunto vane, nel senso di inutili... ragionare sulla vanità potrebbe anche risultare non vano. |
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Io qui non posso fare a meno di ricordare il prologo del Vangelo di S. Giovanni, perchè qui si parla di essere illuminati dalla luce di Cristo che squarcia le tenebre, questa luce illumina chi la accoglie dentro di sè, cioè in chi entra e si fa penetrare dallo spirito di Cristo, perchè solo così, ci si illumina e si illumina. "Efesini 4:18 accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro, e per la durezza del loro cuore." La cecità di cuore è propria di quelle persone che non accolgono questa luce e questo spirito, in questo modo vedono solo le cose del mondo e a quelle si attaccano, non accogliendo quella luce che li trasforma e dà loro un nome nuovo, come è scritto nei versi dell'Apocalisse citati: "Apocalisse 2:17 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve." Questa manna nascosta è il vero tesoro che i ciechi non vedono e non sanno neanche che esiste, la manna nascosta la trova chi accoglie lo spirito e la luce di Cristo, vincendo sulle tentazioni del mondo... Citazione:
con l'imitazione di Cristo partendo dal suo spirito, non tanto sentendo con le orecchie tutto il Vangelo o la Bibbia, ma accogliendo lo spirito di Cristo dentro di sè e lasciandosi trasformare e conformando a questo spirito la propria vita, lo stesso vangelo diventa vivo dentro di sè perchè non rimane lettera morta ma vissuto in ogni aspetto della propria vita. Mi sono fermata ai due primi paragrafi perchè già qui c'è tanto da meditare.... |
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Sul resto ci torno con calma. |
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va beh ora leggo bene il resto |
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" cum omni celeritate" letteralmente è singolare "con tutta velocità" transit, forse equivale alla più classica ruit hora, (il tempo) fugge veloce.
sapide ha la radice di "sapio" che può avere anche il significato di avere saggezza-senno e dunque nella traduzione potremmo dire: comprendere le parole di cristo con saggezza-meditazione-assennatamente |
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Sul sapide non sposo invece la tua traduzione... diviene simile a quell'interpretare che fa scrivere cecità interiore piuttosto che di cuore. E' vero che rimanda la senno, ma anche al sapore... due cose che probabilmente anticamente erano considerate entrambe collegate alla comprensione. In ogni caso, se fosse per me, vi renderei partecipi di tutti i ragionamenti che ho fatto su quasi ogni singola parola. E' un lavoro che mi appassiona e mi permette di immergermi nel testo in un modo particolare, tuttavia è anche parecchio lungo da esporre e molto tedioso temo alla lunga. Quindi, se siete d'accordo, vi tedio solo quando non posso proprio farne a meno. |
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con tutta a tutte a tutta mi sta fumando il cervello (imperfettisimo italiano figuriamoci il latino essi per quanto mi riguarda sarà utile leggere e rileggere molto bene) |
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Non sono sicuro di aver capito cosa intendi Stella, l'impressione che ricavo da quelo che hai detto è tuttavia esattamente l'opposto di quel che io traggo come messaggio del testo. Chi non riuscisse ad accogliere lo Spirito di Cristo in se e quindi anche ad intendere esattamente le sue parole, può per avvicinarsi, conformare la propria vita alla Sua, in modo che con questa pratica, a furia di imitare, cambi anche la sostanza, lo spirito arrivi e finalmente si intenda le sue parole. E' chiaro che se lo spirito di Cristo è già in me non ho bisogno di imitarlo... sono già come lui. |
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E a forza di imitare diventano come loro, quindi ne hanno lo spirito che arriva a far comprendere e gustare quelle parole che all'inizio magari li annoiavano. Ma questo passo secondo me si può interpretare in tutti e due i modi, più avanti viene citata la vanità dell'erudizione fine a se stessa, è come se si imparasse a memoria un libro di ricette di cucina ma non si riuscisse a realizzarne e gustarne nemmeno una.... se viene a mancare il voler provare e mettere in pratica. |
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Sarà banale - ma evidentemente non lo è per niente - ma questo concetto di fondo è presente in tutte le discipline spirituali, esoteriche o no. Il maestro ti dice di fare... capirai dopo. Ma noi vogliamo capire prima. Ma come possiamo capire prima di fare? E solo unn capire mentale che forse e in parte corrisponderà alla realtà... mettiamo che mi si spieghi come funziona un cacciavite e che io visualizzi il tutto. Si ho capito, mi dirò. Ma finchè non provo non avrò capito davvero e quando proverò, mi troverò li con vite e cacciavite a sperimentare per la prima voolta lo sforzo del braccio necessario, la resistenza del legno eccetera, nella migliore dellle ipotesi avrò una rappresentazione non troppo distorta del reale. Noi vogliamo capire prima di fare... e questa è vanità. Vanità che frena (nel migliore dei casi fa perdere un sacco di tempo). |
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Questo perchè, anche se non ho ben chiaro il loro significato e il lro valore e le conseguenze di esse o addirittura il perchè dell'insegnamento stesso (ma ne ho solo un vago "salvarsi") se mi adeguo scopro pian piano che, per mentenere l'adeguamento, devo modificare molte cose nel mio comportamento, nel mio pensiero, nei miei sentimenti eccetera, insomma in tutto il mio essere. In questo modo l'adeguamento diventa trasformante e, da trasformato, capirò sempre meglio l'insegnamento a cui mi sono conformato. |
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Cioè, come detto su imitando " in parole ed opere " - non nel senso di evangelizzazione ovviamente- farò in modo che quel " senso " io possa accoglierlo? |
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Mettiamo che ci sia un bravissimo nuotatore e che lo vediamo nuotare e ottenere risultati ottimi col suo nuoto. Mettiamo anche che egli ci racconti quanto bene sia il nuotare come lui. allora gli chiediamo di insegnarci a nuotare. Lui ci dice: guardate, per nuotare dovete entrare in acqua, sbattere i piedi e muovere le mani così e così. Si ma non siamo capaci. Ok, intanto entrate in acqua e sbattete i piedi. Eh ma non capiamo perchè dobbiamo sbattere i piedi. Aiuta a stare a galla e ad andare avanti. Ma come dobbiamo sbatterli esattamente? Lo scoprirete.. intanto entrate in acqua e sbattete quei (£$%£$£) piedi! |
Intanto metto un altro capitolo. In fondo ho messo delle note relative alla taduzione, in modo da non mescolare.
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Di questo secondo capitoletto mi hanno colpito soprattutto due cose:
La prima quella che vale più compiere una vita facendo la volontà di Dio che il sapere molte cose, mettendo a confronto il contadino che serve a Dio e il superbo filosofo che valuta il corso del cielo... Inoltre la responsabilità del sapere, perchè più sai e più gravemente sarai giudicato.... Altra cosa che mi ha colpito è quella di conoscersi veramente e disprezzarsi. (questo perchè vedremmo anche il nostro lato oscuro e ci renderemmo conto di quello che siamo). Citazione:
Quindi la cosa che emerge di più è l'umiltà e il disprezzo di sè, e non cercare tanto di sapere quanto di servire Dio, in questo servire Dio c'è una sapienza nascosta che si rivela solo agli umili e ai più piccoli, una sapienza fatta di serenità e gioia, in pratica quello che chi è pieno di sè non cerca e non riesce ad apprezzare.... Ma anche su questo capitolo c'è tantissimo da meditare. |
acquieta l'eccessivo desiderio di imparare, poichè ci si trova grande distrazione ed inganno...ci sono cose che giova poco o nulla all'animo...
ho ripreso queste frasi dal testo perchè mi inquietano...l'umanità dovrebbe sopire il desiderio di conoscenza per non essere distratta o indotta in errore! dunque lo studio del mondo, l'osservazione dell'universo, l'analisi filosofica sono distrazioni ingannevoli...concetto che non riesco a far mio, l'ignoranza, nel suo significato primario.. etimologico, è quella che induce gli esseri umani a sbagliare a cadere vittime di potenti sopraffattori, di manipolatori delle menti, gesù non può aver detto questo, gesù ha detto siate umili, non inorgoglitevi del vostro sapere perchè è poca cosa rispetto a quanto non sapete, siate umili ma consapevoli, non ci ha esortato a vivere nell'ignoranza, dovremmo dire, come un poeta di cui non ricordo il nome, beate le oche che non sanno perchè vivono e sono felici della loro condizione perchè incoscienti, beati gli animali che non hanno consapevolezza del dolore e dunque soffrono meno di noi! eppure tutti, anche noi qui nel forum, siamo alla ricerca del sapere, il desiderio di scoprire nuovi orizzonti è il sale della vita e quando non riusciamo a darci risposte convincenti ci sentiamo infinitamente poveri e frustrati. la paura di essere giudicata non mi può limitare, consapevolmente accetto di essere giudicata nè mi erigo a livello di dio, sono un essere umano sperduto in mezzo a questo grande mistero che mi avvolge e mi risucchia e non posso neppure pensare! mi sembra di leggere i miti greci dove la superbia degli uomini veniva punita duramente dagli dei gelosi! mi sento quasi di diventare superba, queste parole mi danno quasi lo sprone a cercare più a fondo, esisto so di esistere e non so perchè esisto e non devo nemmeno ragionare, studiare, devo restare ignorante...ma perchè, quale è il peccato, che cosa è il peccato ? oh dio quale confusione, sono disorientata, è una parte della religione che rifiuto e credo fermamente nella manipolazione di questi parole, di certo non così affermate da gesù. |
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Intendo dire che forse ciò a cui attribuiamo un peso, come ciò che conosciamo e abbiamo conosciuto fino ad ora poiché parte ormai stabile, fortificata del nostro apparato, da questo, forse, bisogna allontanarsi un po. E' ovvio che a questo punto si potrebbe fare molta resistenza, percepire confusione o anche attrito nel cercare altro perché quel che sappiamo, quel che diamo per assodato, da un certo punto di vista ci completa. Ma aggiungo che anche altri significati si possono trovare a questo passo come del resto agli altri. Uno fra questi, secondo me, vuole essere un monito ed un indirizzo a far bene. Non credo che si parli di " sapere " vuoto ciò che, in definitiva, attribuisce il titolo di " dottore". Molti, per portarla al giorno d'oggi, si vantano di possedere un titolo quando invece da un lato non sono, appunto, dotti ossia non conoscono la dottrina ma si vantano, dall'altro, solo di quel titolo che potrebbe dare loro un riconoscimento. Danno peso, come dire, alla forma più che alla sostanza. Si parla di una sapienza che peraltro non esclude quello che tu presumi sia escluso o da escludere. Anzi, neanche parla di essere indotti in errore dal mio punto di vista ma, all'opposto, parla di " distrazione ed inganno". Peraltro, ancora, proseguendo il monito nella parte sottolineata, ci dice pure cosa fare per avvicinarci alla Sostanza. :C: |
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. Quanto più e meglio sai, tanto più gravemente verrai giudicato, se non avrai fatto vita santa in conseguenza (a quanto sai) Acquieta l'eccessivo desiderio di imparare, poichè ci si trova grande distrazione ed inganno. Piu' si vuol salire piu' c'e' il rischio di cadere e farsi male. Di nuovo il sapere ed il crescere non sono solo bene sono doppi , anche male dunque ed in proporzione tanto piu' sali e cresci . Ops scusate il colore . |
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verrò giudicato da chi e perchè?diavolo.g: booh.gif |
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Perche' : perche' chi piu' sa piu' e' obbligato a non sbagliare , chi piu' sa piu' e' responsabile di quello che fa e quindi meno giustificabile . La superbia del sapere si manifesta nell'accontentarsi dell'erudizione anzi nel ritenersi migliore degli altri solo perche' eruditi . Insomma l'erudizione e' un mezzo e non un fine , ma siccome l'erudizione da' potere ecco che si viene sedotti dalla vanita' di ritenersi quello che non si e' ma quello che si ha ( anche se si tratta solo di cultura) , diventa un fine . |
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Nessuno ti giudichera' male e nessuno ti limitera' mai , neppure se Dio sei tu o noi come dici , se del sapere fai quello che devi. Questo e' il senso, non che sapere e' male, nessuno l'ha detto. Poi generalmente chi non sa e' ignorante , presuntuoso non superbo ;se e' anche superbo allora e' scemo . |
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Insomma l'essere dotto senza sostanza fornisce, esclusivamente, una parvenza, un riconoscimento dall'esterno. Conoscere determinate cose per il semplice gusto di dire: << " le conosco, le so ">> come se fosse un gioco a premi conoscere più di Tizio o Caio per un fine del tutto superficiale che è quello di apparire non di essere, a me non toglie nulla. La Sostanza, in fondo credo, sia altro. E' vero non hai parlato di certezze ma implicitamente ne hai fatto riferimento, mi pare, con quel " mi inquieta". Come se ti si fosse stato levato qualcosa, forse la terra da sotto i piedi...! Se il terreno dove cammini è la tua certezza e questa è divenuta il percorso sul quale ti trovi credo che sia inevitabile la situazione per cui, una volta minato, e questa mina oltre rischia di destabilizzare un complesso apparato, la stabilità del terreno stesso, anche la certezza traballa al momento dello scoppio. Insomma, parli di sopire ma si parla invece di "eccessivo desiderio", Citazione:
Ma bere acqua imbottigliata è la stessa cosa che berla alla fonte? Comunque almeno per l'inizio disseta o potrebbe dissetare per il resto della vita visto che l'eccessiva sete non ci fa distinguere i tipi di acqua. Semmai, a questo punto, non si tratta di non conoscere o fermarsi ad una conoscenza frivola ma di mettere in moto quell'intelligenza che per troppo tempo ha creduto di dissetarsi alla fonte... |
Citazione:
La ricerca in se stessa non è sapere, è appunto ricerca perchè si sa di non sapere, dicendola come Socrate. E anche se si sa di sapere qualcosa, sono molte di più le cose che non sappiamo e che non sapremo mai. Quindi lo studio e il cercare di capire non è sbagliato, ma questo non deve assorbirci talmente tanto da trascurare altre cose della nostra vita. Il sapere da cui si viene messi in guardia qui è quello che fa rendere superbi, del tipo iosotuttoio quindi "sono superiore a te" mentre sappiamo bene che il sapere è sempre relativo e per forza limitato. E si viene messi in guardia anche da quel sapere che ci fa avere sempre più sete, il che significa che è solo illusione quella che ci tolga la sete, e la continua ricerca di sapere diventa come un fuoco bruciante e può portare a distrazioni e inganni, riprendendo ad esempio le parole di Socrate nell'Apologia di Platone: "E tutto preso come sono da questa ansia di ricerca, non m'è rimasto più tempo di far cosa veruna considerabile nè per la città nè per la mia casa; e vivo in estrema miseria...." Dio giudica ciascuno in base a quello che è, per questo la cosa più importante è conoscere se stessi, che è appunto il titolo di questo capitolo: "Del sapere umilmente di sè" Umilmente perchè se mi considero migliore di altri abbasso la guardia e posso cadere nella superbia e in altre cose che mi allontanano dalla vera sapienza che solo Dio può dare, infatti la diede a Salomone ma quella più che sapere fine a se stesso fatto di tante nozioni era saggezza delle cose della vita... Gesù non ha detto: "Beati gli ignoranti" ma bensì "Beati i poveri in spirito" e questa povertà è quella che solo Dio può riempire con la sua sapienza, chi è già pieno di sè non ha nulla da riempire... abbraccio: |
Commento anch'io il passaggio incriminato.
Citazione:
Il testo consiglia anche di concentrarsi nel tentativo di sapere le cose che servono pr la salvezza (dell'anima), lasciando perdere, almeno un po', quelle altre "certe cose" che nulla avendoci a che fare, sono sapienza illusoria. Inoltre, tornando sull'acquietare e sull'eccessivo, il testo non dice di spegnere iil desiderio di sapere, consiglia tuttavia implicitamente, di controllarlo, gestirlo, incanalarlo verso obiettivi utili all'anima. Chi può acquietare desideri in lui, infatti, ha la capacità di non farsi dominare dalla brama e di indirizzare il fuoco del desiderio verso ciò che più conta. l'autoconoscenza. L'autoconoscenza conta perchè corrisponde alla conoscenza... degli altri e di tutte le cose. Se mi conosco perfettamente alllora conosco perfettamente la mia anima e so come salvarla... ne segue che lo so anche per gli altri. Se conosco il "mondo delle anime", conosco l'universo che, forse, in un certo senso, è l'anima di Dio. E posso allora sperare di arrivare a conoscere Dio... fine ultimo della religione, oltre che di tutti i percorsi spirituali. |
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