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Penso cara Gri che se sai cosa Vuoi e dove vuoi andare è facilissimo rinunciare,se non ti lasci distrarre-tentare arrivi a capire cosa è giusto fare,sempre.. La rinuncia penso serva a crescere,ad allargare la coscienza,quella sofferenza di cui parli è energia,null'altro..saputa indirizzare,scelto dove incanalarla può essere carburante fondamentale.. Non credo più ci siano cose sbagliate,spesso si tratta di cristallizzazioni da quanto ho capito,chiusure varie che non permettono di andare oltre il proprio punto di vista. Pensa un pò te, mi sono convinta che se riuscissimo a rinunciare certe cose non si ripresenterebbero più,la rinuncia appagatrice..icon_mrgr: ma è pur vero come dici bene tu,che ogni cosa si chiarisce al momento giusto fiori.gif |
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Ho quotato le parti che secondo me rispondono al dubbio di Dafne. Si il desiderio di capire è rinunciabile, anzi in certe occasioni deve poter essere rinunciato perchè altrimenti è bloccante, ci ferma e ci fa girare sullo stesso punto perchè argina dentro un meccanismo razionale che impedisce di andare avanti, che impedisce di saltare le colonne che ci fanno da piedistalli. . Spesso associamo rinunciare ad arrenderci, arrendersi a qualcosa vuole anche dire lasciarsi andare, lasciare fluire, far scorrere. Gli uccelli in volo ad esempio, si arrendono alle correnti (come l'avatar di Cassi), si lasciano trasportare non opponendo resistenza e alla fine senza paura ma con metodo arrivano. Il desiderio va compreso in noi come qualcosa che ci conduce verso, ma se ci rendiamo conto che ci sta fermando e giriamo intorno allora come dice Red diventa brama e non fa altro che fermarci. Il desiderio di capire spesso e volentieri è brama, paura di perdere riferimenti e mille altre cose, a quel punto rinunciare significa scegliere la via che ci conduce verso il reale desiderio dell'Io cioè quello di evolvere a costo di lasciarsi la razionalità dietro, tanto poi arriva. Quindi quando il capire diventa un bisogno allora la rinuncia si rende necessaria se davvero si vuole comprendere. Come si fa a rinunciare se si ha paura? Bisognerebbe capire.... di cosa si ha paura. La paura spesso è riferita a qualcosa che si teme di perdere. Che sia l'immagine di se, che siano i riferimenti, che siano mille sfaccettature di queste due cose, bisogna correre il rischio. Ci vuole Forza e Coraggio e non intelligenza e bellezza come disse Uno tempo fà in riferimento ad altro, ma ci sta in tutto. Purtroppo sento come se non fossi riuscita ad esprimere bene quello che volevo far passare, ma questa frase "la resistenza alla rinuncia che blocca" mi sembra che sia una sintesi. |
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Se mi trovo ad un bivio: Roma o Milano non posso rimanere per sempre davanti al cartello a dirmi che mi piacciono tutte due, o anche si, ma rimango ferma li, non conoscerò mai ne l’una ne l’altra città. Se voglio fare la dieta e decido di non mangiare più la pasta e penso continuamente alla pasta soffrirò per nulla e non avrò rinunciato alla pasta perché ci penso in continuazione e penso solo dalla parte della pasta a quanto è buona e quanto mi piace, senza però ricordarmi del perché ho deciso di mettermi a dieta, perché la pasta mi fa anche male, ingrasso e mi porta degli svantaggi tra cui l’aumento di peso e le varie conseguenze. Ma se decido di mangiarla va bene se decido di non mangiarla va bene se decido di mangiarla o non mangiarla, forse, non è una scelta è rimanere li tra due fuochi. Se decido di non mangiarla inoltre potrò dedicarmi al meglio di me stessa per portare a termine la mia scelta a cui potrò impegnarmi senza quella tensione interiore che consuma inutilmente le mie energie. A parte dire che non ho mai scelto, o raramente, ora lo so, teoricamente adesso vediamo nella pratica l’attuazione di ciò che penso di aver capito. Grazie Ray abbraccio: |
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(come continuare a guardare l'altra strada, quella che non si è scelta). |
Ragazzi grazie fiori.gif
Adesso è chiaro..mi sa tanto che è ora di iniziare a scegliere davvero.. abbraccio: |
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si capisce si capisce quando si è pronti si capisce Rinunciare, mai come oggi mi sono resa conto che per me è quasi impossibile.. Soprattutto rinunciare a capire, perchè nelle elucubrazioni continue continuo a spostare il momento di scegliere, decidere, rinunciare. nonono.gif grazie Sole fiori.gif |
Riprendo questo tread perchè mi ha colpito una cosa che ha detto Centomila nel tread della dipendenza da sigarette.
Dice che i desideri non soddisfatti, se non esprimono bisogni primari, alla lunga scompaiono. Non sono sicuro che sia così... un desiderio, semplicemente per il fatto che esiste, è dotato di energia. Da un certo punto di vista è energia, in una certa forma. Quindi non può semplicemente scomparire. Può trasformarsi, e i limiti di queste possibili trasformazioni non mi sono certo noti completamente, tuttavia in un qualunque processo l'energia da qualche parte deve pur andare. Quando rinunciamo a soddisfare un desiderio spesso assistiamo ad un mutamento della direzione dello stesso. In pratica smettiamo di desiderare una certa cosa per desiderarne un'altra. L'impressione è che in questa trasformazione parte dell'energia venga dissipata. In ogni caso, sempre di desiderio si tratta. E' però possibile immaginarsi che qualcosa possa trasformarsi in un'altra cosa... sufficientemente diversa da farsi chiamare in modo diverso, per fare un esempio. Mettendola in un altro modo, ci sono trasformazioni e trasformazioni: una cosa può assumere un'altra forma ma restare sempre sullo stesso piano per così dire, oppure l'energia che la compone può raffinarsi (o ingrezzirsi) e la cosa diviene qualcosa su di un altro piano. Quando qualcosa si trasforma ciò è il risultato di una serie di forze applicate. In linea di massima, ogni cosa lasciata a se stessa prima o poi degenera, tuttavia se nel sistema che la configura viene immessa energia (nel modo appropriato) può accadere l'opposto, la vibrazione cresce (mentre la degenerazione è un calo di vibrazione). Insomma, la domanda è: un desiderio non soddisfatto può solo diventare un altro desiderio ogni volta dissipando un po' di energia fino a "scomparire" come tale, oppure è possibile usarlo, magari aggiungendo qualcosa, per trasformarlo in qualcosa di diverso? E se si, come? |
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E dove sono finiti? Non giacciono forse nel dimenticatoio? Non sono forse inerti? Certo, nel momento in cui ti nasce la brama per quel caffè diventa difficile dimenticarlo e basta. E l'impressione, non lo nego, è che sia inestinguibile. E che l'unico modo sia lasciarlo sfogare o, verosimilmente, come dici, trasformarlo. Ciò non di meno sono del tutto convinto che siamo una manica (la civiltà attuale) di indisciplinati del tutto incapaci di un minimo di sacrificio. Non è colpa nostra: siamo cresciuti così. Nell'ovatta dicono i padri........ E non sappiamo più fare a meno di nulla. Tutto qua. P.S. ho letto il thread e, mi pare, tu sei già d'accordo con me. Visto che il dubbio che ti è venuto, in qualche modo, l'ho causato io:sornione: ho cercato di contribuire a dissiparlo e farti ritrovare quella che considero la giusta prospettiva. P.P.S. ALLENARSI A RINUNCIARE! Ecco la missione dell'umanità.icon_mrgr: |
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Se cambio desiderio me la racconto, avrò solo un surrogato mentre il primo desiderio si rafforza, perchè se è QUELLA la cosa che desidero NON HO BISOGNO nè di caramelle nè di altro, quindi uso solo una piccola percentuale dell'energia scatenata dal desiderio. Quindi io penso che non si possa trasformare quell'energia in qualcosa d'altro, anche se per esempio faccio tre giri di corsa intorno all'isolato, non ho bruciato tutto l'energia a meno che la mia mente esaurisca da sola il desiderio, cioè smetta di desiderare quella cosa. Nel caso della dipendenza è proprio il desiderio a rendere difficile vincere sulla dipendenza stessa, anche se si vuole con tutte le proprie forze smettere (energia che va a scontrarsi con l'energia provocata dal desiderio), il desiderio che deriva da una dipendenza ha sempre un'energia incredibile che basta un attimo per scatenarla.... e anzi, più è stata trattenuta eroicamente per un periodo di tempo più o meno lungo, più la ricaduta può essere pesante perchè si cerca inconsciamente di recuperare anche quello che si era trattenuto astenendosi. Quindi secondo me, almeno in teoria, è nella mente che si dovrebbe fermare il desiderio prima che si trasformi in energia, ma come fare mi piacerebbe proprio saperlo... Un metodo potrebbe essere quello di affrontarlo faccia a faccia e di metterlo un po' in ridicolo... Ma credo che bisognerebeb lavorare su altri livelli e non solo a livello personale (ce la faccio da solo/a) ma coinvolgendo anche le persone che ci vivono accanto. |
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E' mia esperienza quello che dici. Rinunciare ad un desiderio, scioglierlo, libera e mette a disposizione l'energia in esso imbrigliata e quel desiderio, in quella forma, scompare. Tuttavia non scompare l'energia e, una volta a disposizione, deve pur prendere una forma o una direzione, se preferisci. Il desiderio di caffè può anche sublimarsi fino a desiderio di autoconoscenza per fare un esempio (quindi qualcosa di estremamente più conveniente) o forse può anche liberare energia "grezza" che, se siamo capaci, possiamo utilizzare per qualsiasi cosa. Il mio dubbio è proprio questo: è possibile in effetti oppure sempre di desiderio deve trattarsi e abbiamo solo la possibilità di elevarlo (elevare la direzione) per mezzo di successive rinunce? Quello che hai detto, in parte, conferma il mio dubbio. Un antico desiderio non soddisfatto giace li inerte. Bene, ma inerte in quanto desiderio? Se penso ad uno qualsiasi dei miei ex desideri insoddisfatti, trovo che il più delle volte non desidero più quella cosa. Dove è andata l'energia? L'ho usata tutta a mio piacimento oppure, per la misura della mia inconsapevolezza, mi ha fregato ed è diventato altro desiderio? Detta in altro modo: la capacità di rinuncia è proporzionale alla consapevolezza? Io credo di si. Rinuncio nella misura in cui mi rendo conto dei miei meccanismi... per il resto prende da se un'altra strada e si ripropone in altra forma, ma sempre con lo stesso meccanismo. Un po' come i vari politici che si riciclano in altre forme ma sempre loro sono. E se si, è il solito cane che si morde la coda? Più rinuncio più mi conosco e più mi conosco più posso rinunciare? Alla fin fine è sempre tutto li... autoconoscenza sia come mezzo che come scopo? |
direi proprio di si (autoconoscenza sia come mezzo che come scopo)
sta tutto li. e la "rinuncia" non sarà più vista come tale |
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Se la carota gli viene data subito, l'asino soddisfatto non muove un muscolo, e non produce la minima energia. Se invece la carota non gli viene data mai, l'asino magari percorre km per raggiungerla, finchè arriverà il momento che capirà che lo si sta prendendo in giro e si fermerà ugualmente. L'ideale quindi è far muovere l'asino, fargli produrre energia, e ogni tanto dargli il "contentino" per continuare a tenerselo buono. Vista in quest'ottica dunque non sono tanto sicuro che l'insorgere di un desiderio comporti automaticamente un tot di energia a disposizione, ma semmai che questa possa essere prodotta dal desiderio, in proporzione alla propria capacità di gestirlo. Voglio dire, se mi vien voglia di cioccolata e mi basta allungare una mano per mangiarne un po', non succede nulla, non c'è nessuna energia... poteva esserci, ma non c'è.. Se invece non ho la cioccolata a portata di mano ecco che posso produrre energia a sufficienza per scalare mari e monti per procurarmene un po' (proporzionalmente al grado in cui la desidero). Per rispondere alla tua domanda quindi penso che un desiderio non soddisfatto resta un desiderio, non si trasforma in altro. Se l'asino ha fame e non gli do la carota, il desiderio di mangiare gli resta (anzi, direi che aumenta... così come aumenta proporzionalmente l'energia potenziale che potrebbe produrre per soddisfarlo). Poi magari a lungo andare impara ad aver meno bisogno di mangiare e si limita a fare il suo lavoro. Purtroppo i nostri asini per come li abbiamo abituati sono straviziati, e questo a volte può farci scendere a dei compromessi... icon_mrgr: |
Molto bello l'esempio Kael.
A me pare però che ci siano desideri che non presi in considerazione scendono in basso diventando invisibili, ma continuano a muoversi ma dal basso sale come una bolla che è vestita d'altro. Quei vari desideri più piccoli che cercano di appagare l'obiettivo mancato. Questi infatti si possono anche abbandonare, ma l'impulso iniziale arriverà ancora e ancora vestito di altri più piccoli desideri. I Insomma la prima volta ci siamo autoconsolati per quel mancato desiderio in quel modo e poi è diventato un'abitudine fino ad arrivare alla dipendenza. Dipendenza secondo me perchè non ce ne ricordiamo più e abbiamo rivestito quella cosa e per poterla svelare dovremmo ridiscendere a ritrovarne l'origine. Se poi prendiamo l'esempio della sigaretta essa va a compensare.... si può anche sostituire per carità c'è chi ce la fa, ma non ha risolto il problema gli ha solo ulteriormente cambiato il vestito. Ok si farà meno male. Quindi per me il vero asino è uno gli altri sono suoi ologrammi. E' vero che per appagare quel desiderio siamo disposti a qualunque cosa anche a consumare tutte le energie, ma perchè infatti è la ricerca stessa del suo appagamento che la produce come una contrazione ed una espansione che vanno di pari passo, ma questo lo crea solo il desiderio primario i secondari si possono anche dimenticare. Penso inoltre che il fatto di non sopportare la frustrazione del momentaneo non appagamento ci precluda la possibilità di giungere a destinazione, perchè invece di farci assorbire da essa cerchiamo di mediarla tramite altro, mentre invece se la vivessimo per intero (senza reprimere) ci porterebbe dall'altra parte ovvero a evadere quel primo ed originale desiderio. :C: |
Un desiderio non soddisfatto ci causa frustrazione; ma a cosa ci serve rimanere fermi, in un evento che non ci desidera più? I fatti parlano. La realtà è l'insieme dei fatti, e questi ci parlano. Il mio amore mi ha lasciata, io gli dico che lo amo, che lo desidero con tutta me stessa, ma lui mi dice la nostra storia è finita. Il film è finito; che faccio, rimango ad aspettare che riprenda? Ho visto otto volte Fino alla fine del mondo di Wenders, con le palpitazioni, sperando ogni volta che la fine del film magicamente cambiasse, ma poi ho perso la speranza. Un fatto è un fatto. L'impermanenza è l'unica certezza della nostra vita, e la fluidità è il percorso per sintonizzarsi con essa. Non annullo me stessa andando oltre il mio desiderio. Semplicemente, sposto il mio campo energetico sull'onda del cambiamento. Vado avanti e trovo altro, mi riempio dell'essenza della vita, mi arricchisco del divenire e trovo la leggerezza.
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La mente fa solo da specchio, da schermo, ai desideri. Se sono arrivati li, se si forma un pensiero, vuol dire che il desiderio ha già fatto un tragitto, ha già preso una forma, forse sta già tentando di imbrogliarmi. Forse invece no, magari è un buon desiderio. Ma se è un desiderio non è più desiderio. Se è nella mente è incanalato, non è più "la vita" che ci muove, è una direzione che ci tira. La rinuncia, smettere di desiderare quella cosa, toglie quel desiderio, ma non toglie il desiderio. Se è rinuncia vera rimette a disposizione l'energia, la benzina che contiene, che è. Ovviamente, prima o poi, da qualche parte dobbiamo pur andare, in qualche modo dobbiamo pur usarla. La grande differenza sta nel poter scegliere... credo che a furia di rinunce e re-investimenti si possa arrivare a decidere cosa desiderare. E cosa non desiderare. E gli ultimi due comandamenti, a mio avviso i più difficili da rispettare se presi alla lettera, iniziano ad avere un senso... |
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Eddai, che è? Questo è un forum... sei qui per parlare con le persone? |
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