Comunicazione Reale
Anche senza riportare la parole esatte (eventualmente le riprendo), altrove Uno dice che "scrivere senza preoccuparsi minimamente di chi legge è la base della comunicazione reale".
Come ho detto il loco (continuare li era OT) io non capisco del tutto questa cosa. Capisco che tenere conto della possibile opinoine che chi legge si fa di me che scrivo falsa lo scritto, ne modifica sia i contenuti che la forma... ovvero tra le motivazioni del mio scritto non c'è solo il desiderio di comunicare quel che sto comunicando ma anche il desiderio/bisogno di stimolare o mantenere in chi legge una certa opinione di me. Non capisco come posso comunicare senza preoccuparmi però di farmi capire. Certo, invece di preoccuparmene posso occuparmene, ovvero dico, se poi non si capisce ci torno, ma è un prendersi in giro sta cosa. Quando dico qualcosa è ovvio che cerco di farmi capire, altrimenti perchè dirla? Mi tengo un diario... (attenzione, sto parlando di comunicare, il che include sia spiegazioni che domande... anche se chiedo e non mi si capisce, che risposte avrò?). Insomma non vedo il limite dell'autoreferenzialità. Esempio scemo: non mi preoccupo di chi legge, quindi scrivo in cinese. Anzi, così mi si prende sul serio... scrivo in latino che sono capace. Questo perchè il latino veicola meglio quel che volgio dire... che nessuno dei lettori che conosco sia in grado di leggero sarebbe secondario? Non credo. Anzi, in questo caso dovrei scrivere in latino, tradurre e poi spiegare cosa non si riesce a veicolare in italiano e invece si in latino. Ok che anche chi legge deve un po' sforzarsi se vuole capire. Ma posso pretendere che impari il latino? Altra questione: per quanto limpidamente io possa esporre il mio pensiero e per quanto limpido il mio pensiero possa essere, ci sarà sempre qualcuno che non capisce. Questo mi è chiaro. Però è altrettanto vero che più è limpido il mio pensiero e il mio esporlo più sarà grande la percentuale di persone che capiscono. Se la Legge del Terzo impone una certa fetta di non comprensione, non è forse mio dovere cercare di avvicinarmi il più possibile a quella fetta? Perchè invece, quando scriviamo noi che la comunicazione reale non l'abbiamo, la percentuale di gente che non capisce quel che volevamo dire, proprio quel che volevamo dire, è molto maggiore (noi stessi da includere spesso e volentieri). Un'altra cosa che capisco: basarmi sull'aspettativa altrui per stabilire il modo di scrivere non va fatto, allontana dalla reale comunicazione. Questo per due motivi: primo do ascolto all'altro che pretende io mi esprima nel modo suo preferito, o preferito dalla sua linea di minor resistenza, che gli permette quindi il minor sforzo per comprendere. Secondo perchè considero il favore altrui, la sua opinione di me eccetera, insomma il primo punto. |
Secondo me nella com-unicazione reale non si tratta tanto di capire, quanto di comprendersi... Ovvero non è tanto importante di cosa si sta parlando nello specifico, quello che conta è darsi totalmente all'altro, dare se stessi e la propria esperienza senza filtri intermedi.. Dare quello che si è insomma.
Questo darsi significa "spogliarsi" di ogni tipo di filtro fra me e l'altro, ne consegue che, se tengo in particolar modo conto di chi sta leggendo, faccio l'esatto contrario, ossia non mi dò per quello che sono, ma vado ad aggiungere un ulteriore filtro fra me e l'altro. In questo modo, se sto cercando di comunicare con Caio, e il vero senso della comunicazione dovrebbe essere: Io ---> Caio diventa invece: Io ---> Caio ---> Caio Ossia aggiungo un filtro, tenendo conto già io di Caio vado a "raddoppiarlo", e fra me e Caio ci sarà sempre meno possibilità di comunicare davvero, cioè di unirsi insieme... Comunicare, mi pare l'avessi detto tu, è partecipare alla Mensa... quindi richiama il "mangiare", vocabolo che in esoterismo ha una particolare simbologia, quello che chi mangia diventa il mangiato... Quindi se tengo conto di Caio quando parlo con Caio, gli darò praticamente in pasto se stesso (più esattamente quello che io penso di lui) piuttosto che farmi mangiare io per quello che sono davvero... |
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Però se per comunicare realmente con te devo darmi totalmente, non è che devo darmi a caso, devo darmi a te. Quindi devo comunque tenere conto che è con te che sto parlando. Mica mi posso dimenticare. Concordo sul non considerare le mie idee, ma devo tenere presente te (invece della mia idea di te). Forse se faccio così (posto di riuscire intendo) ottengo quello che diceva Uno... che ne pensi? |
Certamente dobbiamo tenere presente con chi stiamo parlando, ma questo non vuol dire "nascondere", o "cambiare" quello che siamo... Il sole ad esempio non tiene conto di chi scalda... Si dà a tutti incondizionatamente. Non si fa meno luminoso perchè tutti possano guardarlo in faccia o reggerne le vibrazioni... Splende alto nel cielo per tutti, con amore, anche se questo a volte può perfino significare la morte per chi si trova nel deserto senza acqua da giorni... Ma lui sa che probabilmente questo è il male minore....
Se noi non riusciamo a reggerlo non è un problema suo, ma nostro. E lui non cerca in nessun modo di privarci del nostro cammino o del libero arbitrio per raggiungerlo, saremo noi semmai che dovremo cercare di darci da fare... Questo ovviamente non vuol dire "fregarsene" degli altri, significa dare noi stessi... |
Uh beh ok. Messa così è talmente distante questa comunicazione reale che non saprei neanche da che parte iniziare.
Mi resta però un dubbio: secondo te il Sole ha deciso di scaldare? O è solo un effetto secondario del suo Essere? |
Amore ed Essere coincidono, non sono uno l'effetto dell'altro...
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Parto da esempi che mi sa faccio prima.
Terra, terra: Siamo in un ufficio, cambia l'orario, non apre più alle 9:00 ma alle 10:00 (sarà un ufficio comunale diavolo.g:) devo comunicarlo agli utenti. Ci sono vari modi per far questo, il più diretto è appendere un cartello fuori, se l'ufficio ha un parco clienti fissi posso mandare una lettera circolare, se lavoriamo molto in internet posso mandare delle mail etc etc Cambia l'evento: mi sposo, ho già parlato con la mia futura moglie, parlato con i genitori etc, dobbiamo comunicarlo ai parenti: possiamo organizzare una festa di fidanzamento, andare a trovare i parenti famiglia per famiglia facendogli conoscere la sposa o lo sposo (se sono pareti di lei) etc etc.... In chiesa: il sacerdote è colui che (dovrebbe) renderci partecipi, comunicarci la storia di Gesù, la sua relazione con Dio etc etc... se analizziamo bene il fulcro della Messa è la comunione, che nella parte più concettuale è Dio si è fatto Uomo, il resto è contorno.. tranne in occasioni di comunità, esempio battesimi, comunioni etc... cioè rendere partecipe la comunità che un nuovo individuo è entrato, che due individui si uniscono in matriimonio etc etc..... Che cosa hanno in comune queste comunicazioni? C'è qualcosa da comunicare, cioè qualcosa di cui vogliamo rendere l'altro partecipe: "caro le cose sono così", c'è un veicolo di comunicazione e c'è un target, un bersaglio, un destinatario della comunicazione... sapete bene che i pubblicitari queste cose le studiano allo sfinimento, sono discutibili le comunicazioni che danno, ma è affascinante studiare l'arte che c'è dietro. Ora veniamo al dunque, dopo questa necessaria premessa. Ho un messaggio (sintetizzato), scelgo il mezzo o i mezzi, quindi se voglio parlare solo ai Cinesi parlo in Cinese per esempio, se voglio rivolgermi ai giovani uso il computer, alle famiglie la televisione (esempi in linea di massima) ma non posso assicurarmi uno per uno se hanno ricevuto la comunicazione (a meno che non stiamo parlando di eventi tra pochi individui) se non eventualmente nei riscontri successivi. Ecco cosa intendevo con: "scrivere senza preoccuparsi minimamente di chi legge è la base della comunicazione reale". Nell'esempio 1 io comunico come meglio posso il cambiamento di orario, se poi il tizio continua ad arrivare alle 9:00 non posso farci nulla (anche con il cartello cubitale sulla porta succede, ti dirà poi: "so che di solito arrivate prima, magari avete aperto"), comunque vorrà vedere e capire quello che vuole. Nel secondo esempio i parenti prenderanno atto dell'evento, poi ci sarà chi dirà che è un matrimonio infelice che si farà, che sarà un matrimonio felice, che sarà felice ma povero etc etc... ognuno lo vedrà a modo suo. Nel terzo esempio le cose sono simili ai primi due solo che le cose si complicano, il sacerdote comunica qualcosa come funzionario, fa da tramite (non sempre purtroppo) in qualcosa di cui non è l'attore principale (anche se molti lo dimenticano), quindi ancor più chi riceve la comunicazione prende ciò che vuole/può come vuole/può. Il post è lunghissimo, quindi lo chiudo sintetizzando: io comunico nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho, ma se mi concentro su come l'altro può recepire distolgo la mia forza comunicativa dal suo compito, indipendentemente da quanta di questa forza io abbia. "nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho" significa che non è che io mi scusi dicendo a tutti (o pure a uno) quello che mi passa per la testa come capita.... altrimenti non sarebbe il miglior modo, sarebbe solo sfoggio del mio ego (qui ci sta), essere preda della mia personalità che vuole vestirsi in un determinato modo. etc etc... |
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Assicurarmi che abbiano ricevuto la comunicazione è diverso da convincere, la prima posso (devo) in un secondo momento farlo, la seconda mai se voglio comunicare realmente... altrimenti non parliamo di comunicazione ma di sovrapposizione di personalità, è qui che la pubblicità purtroppo va fuori del suo compito per fini egoistici. |
sono d'accordo ma voglio vedere dove arriviamo con questa discussione.
sono d'accordo nel dire che nel momento in cui una persona è libera da condizionamenti e pensieri e concentrata sull'azione svolge al meglio la sua comunicazione. può centrare la frase "senza aspettative ne proprie ne altrui"? |
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Quindi, essendoci un destinatario del messaggio, l'altro va tenuto in considerazione eccome. Anzi è proprio l'altro che coopera al fatto che il messaggio che devo comunicare esista. L'esitenza dell'utente, dei parenti e della comunità di religiosi fa nascere l'esigenza comunicativa. E questa esigenza comprende le relative modalità, che variano al variare di costoro. L'errore sta nel considerarli due volte. L'altro esiste, ciò fa si che io voglia comunicare, lo considero, scelgo il mezzo e la forma adatta (il modo migliore che io riesco a trovare) e uso tutta la mia forza comunicativa. Poi se l'altro ritiene di continuare la comunicazione mi regolerò di conseguenza e questo continuare può riferirsi alla sua incomprensione. Egli tuttavia può non comprendere e continuare a non voler comprendere. Se lo considero due volte, ovvero se prendo in considerazione la mia idea di lui e di quel che capirà/penserà leggendo interrompo il flusso comunicativo modificandolo e togliendogli la forza che uso per ri-considerarlo. Se invece non lo considero proprio e dico quel che mi passa per la testa meccanicamente, magari rivestendo il tutto del buonismo necessario a farmela passare liscia (o cercare di) ecco che sono semplicemente preda del mio ego, di un lato ics della personalità (falsa) che vuole uscire e usa la scusa della comunicazione per fregarmi. Mi piacerebbe approfondire quel "modo migliore e migliori mezzi che ho". Da come la metti quindi anche la comunicazione reale è relativa. Ovvero dipende dai miei mezzi e dai modi di cui sono capace, ma se uso essi al massimo è sempre comunicazione reale, anche se, per dire, la comuniczione reale di un altro può risultare migliore o peggiore. Se è così aggiusto i termini nel mio cervellino... prima chiamavo la comunicazione reale semplicemente comunicazione e l'altra finta comunicazione, parlare da soli, viaggiare in parallelo eccetera... Inoltre la relatività della comunicazione reale fa si che, più comunico al massimo delle mie possibilità più esse cresceranno. Il che però pone un'altra questione. E' possibile che, per ignota interferenza dell'ego di cui sopra, il massimo relativo di qualcuno in un dato momento sia comunicazione non reale. Questo mi è difficile da integrare nel discorso... |
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beh ma neanche proprie a mio avviso (poi io le chiamerei in quel caso consapevolezze più che aspettative)
perchè nel momento in cui agisco sono immerso nell'azione e non nel pensiero di essa. quindi agisco vivendo il "qui e ora" al meglio possibile. |
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nel momento in cui io agisco per comunicare sono immerso in tale azione.
ho già scelto cosa dire e come dirlo. li mi "calo" nella comunicazione e do il meglio di me stesso in quell'azione. in quel momento non ci sono aspettative c'è unicamente azione questo a mio avviso. |
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O forse è modalità tutto ciò che modifico basandomi su ciò che penso dell'altro... però se penso che sa solo il cinese uso il cinese... insomma non ci arrivo. Alla fin fine si deve "solo" gettare a mare il desiderio di essere capiti e tutto torna? PS: nel premere rispondi citando mi appariva solo l'ultima parte del tuo post... per citare la frase che ho messo ho dovuto copia-incollare... di solito non faceva così |
Il veicolo dovremmo essere noi stessi, un tramite. Il modo lo vedo il mezzo che utilizziamo.
Il latino che dicevi sopra veicola meglio, ma non è il veicolo, è il mezzo attraverso cui si veicola ciò che immetti, partendo sempre da noi. |
vediamo se posso essere utile...a mio avviso
pulizia dei propri pensieri (vuoto e silenzio), connessione a quello che io definisco spirito in ognuno, nascita del "figlio" pensiero nato dallo spirito, azione. così il corpo è veicolo puro dello spirito. |
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Il desiderio no, serve, occorre, la brama va eliminata, quella blocca.... (il P.s. a me ha preso per intero, se lo rifà prova a cancellare i file temporanei) |
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perchè aspettative amico uno?
tu hai scritto di non aver compreso. io ho cercato di chiarire meglio in modo da dare spunti. dove vedi aspettative? |
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Ripeto, tu hai tirato fuori il discorso delle aspettative, poi dici a me che non ci sono icon_mrgr: |
in effetti posso capire nel post 9 ove parlo di "voglio vedere dove arriviamo con questa discussione" che tu possa intenderle come aspettative.
e dove dico "vediamo se posso essere utile" e anche dove parlando sembra che io abbia scritto per fare in modo tu comprendessi (ossia con l'aspettativa tu comprendessi). in sostanza in nessuno di quei 3 ero libero nella mia azione. Hai ragione |
Tener conto degli altri, come dice giustamente Uno, riguarda solo ed unicamente la forma, cioè il veicolo verbale col quale comunicare.
Quindi parlerò in cinese con i cinesi, in termini alchemici con un alchimista, a gesti con un sordomuto, in linguaggio informatico con un informatico, etc etc.. Ma il contenuto non cambia. Viceversa, se il tener conto degli altri mi fa cambiare contenuto, quella non è più comunicazione reale. Proviamo con degli esempi: - ho un amico che è notoriamente un ritardatario. Se tengo conto di questo suo difetto, per comunicargli che l'appuntamento sarà alle 15, gli dirò che l'appuntamento è alle 14.30 - ho un amico che so essere un poggiapiano, uno cioè che prende sempre le cose con molta calma... So che un negozio di mobili sta facendo i saldi fino al 30 Novembre, e visto che so lui deve comprarsi dei mobili, pensando di fare il suo bene gli diro "il negozio tal dei tali fa gli sconti, ma affrettati perchè finiscono il 15 Novembre" In entrambi i casi, seppur in buona fede e con tutti i più buoni intenti del mondo, ho mentito. La mia non è stata comunicazione reale, come dice Uno ho comunicato dati (o contenuti) non veri, non in mio possesso... Ho cercato cioè di "convincerlo", ho pensato di aggirare i suoi difetti per far entrare la mia comunicazione "a forza", senza dargli la possibilità di sbagliare da solo (e di imparare...) Ho pensato cioè che farlo arrivare in tempo all'appuntamento o fargli comprare i mobili a metà prezzo fosse il suo bene maggiore, invece di lasciarlo libero di sbagliare se è così che doveva andare... So bene che far questo non è facile, cerchiamo di "proteggere" chi amiamo, e se so che per lui quell'appuntamento è di vitale importanza sarò tentato di mentire per farlo arrivare puntuale... Se invece non tenessi conto di chi mi ascolta quando parlo, la mia comunicazione sarebbe limpida e cristallina, senza filtri o comunque elementi contaminanti. Qui il mio compito sarebbe finito, e inizierebbe quello dell'altro. Quello cioè di "avere orecchie per intendere"... |
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può centrare la frase "senza aspettative ne proprie ne altrui"? questo intendevo, tu hai parlato di aspettative per primo e ripetuto in altri post al che io ti ho detto che nel caso di me che comunico non devono esserci (detto anche prima del tuo post: "io comunico nel miglior modo e con i migliori mezzi che ho, ma se mi concentro su come l'altro può recepire distolgo la mia forza comunicativa dal suo compito"), nel caso di chi ascolta invece non posso influire.... e da li è nato Totò, Peppino e la malafemmina icon_mrgr: |
Beh sul punto ci siamo chiariti e nel frattempo ho visto pure altro di me:))))
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Allora ho letto e riletto ma non so se è passato quello che è scritto. :U
Per avere una comunicazione reale bisogna mostrarsi come si è? E se ho potenza 10 devo usare 10? Non devo tenere conto dell'altro se non nella forma? Del tipo se uno è aggressivo non deve mitigare la sua aggressività quando scrive o se è timido deve uscire la sua timidezza? Si potrebbe riprendere la discussione? fiori.gif |
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In questi giorni mi è successa una cosa, anzi vabbeh non volevo dirla perchè mi ha fatto sentire a disagio, ma per capirci è meglio che la esprima.
Astral il giorno del suo compleanno mi ha fatto un bel complimento mi ha detto che sono dolce, io mi sono sentita agitata dopo aver letto quel bel complimento. Ho iniziato a guardare perchè ero agitata, mi aveva preso il fuoco sotto la sedia e non riuscivo a stare ferma, alla fine era perchè mi sono sentita falsa, era come se lo avessi in qualche modo imbrogliato, non so se si capisce, ma io non mi sento per nulla dolce e credo anzi sono convinta di non esserlo. A quel punto sono andata in crisi, e ho iniziato a domandarmi chi fossi e come apparissi, non mi va di certo di apparire come non sono. A quel punto ho cercato dentro di me i perchè che incosapevolmente mi portano a scrivere e dare l'apparenza di dolcezza e ne ho trovato uno molto grosso che andrò presto a cercare di smuovere o comunque di rimdiare, non so bene ancora come ma voglio farlo. La prima cosa che mi è venuta in mente è stata cercare nel forum thread sulla comunicazione che a quanto pare mi è sconosciuta e in modo particolare quella reale, non mi interessa apparire ciò che non sono a meno che non voglia farlo di proposito al bisogno. Bon ho voluto dirlo. fiori.gif |
Non c'è niente di male nell'essere dolci, non significa necessariamente essere deboli, adulatori o falsi.
Evidentemente è una tua qualità, ma proprio essendo una tua qualità puoi spesso utilizzarla sia per il bene che per il male. C'è chi magari è piu ironico e può utilizzarla per divertire o per infastidire ed essere cattivo con l'altro. C'è chi è piu determinato e la può utilizzare per spronare oppure per essere rigido e duro. In ogni caso non è detto che se riesci a risolvere questo lato che non ti piace, non sarai comunque sempre una persona dolce e gentile, ma forse la saprai utilizzare meglio nei giusti contesti. :C: fiori.gif |
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Tu non sei falsa anzi sei verissima ma puo' essere benissimo che tu sia entrambe le cose : dolce e non . Dipende dal contesto ,dai demoni che ti possiedono o dagli opposti che si inseguono dentro di te . |
Ecco adesso sono a disagissimo, non scherzo, e mi sento persino in colpa di avervi fatto allontanare dal titolo del thread.
C'è un qualcosa in me che mi fa manifestare solo la dolcezza e questo non è reale, o almeno credo, la libertà sta nel riuscire a fare emergere entrambi e poi poter scegliere, ma se io di defaut manifesto solo quella vuol dire che c'è qualcosa su cui lavorare, per questo motivo mi chiedevo come avviene la comunicazione Reale. Grazie comunque ragazzi del complimento fiori.gif fiori.gif riuscissi a viverlo come tale, sarebbe bello. :C: |
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Se per comunicazione reale si intende comunicazione non finta allora io sono per una comunicazione da modularsi a seconda di chi ho di fronte , se volete a volte finta. Poiche' tutti noi possiamo comprendere solo cio' che e' nelle nostre possibilita' di comprensione allora quando si comunica e' sbagliato non occuparci di chi si ha di fronte e se cio' che si dice e' a portata o meno dell'altro. Non ha senso comunicare cose che non possono essere comprese . Vero e' che tutto si svela nel mentre si parla , non e' cosi' netta la scelta di cosa dire o non dire . Mentre si parla ci si accorge che e' inutile o che invece comunicare serve in tutto o in parte. Tutto porta all'individuazione , nel senso che l'uomo ha l'obbligo di arrivare solo fin dove e' scritto da qualche parte che possa arrivare non oltre. Comunicare allora e' utile solo all'interno di questo ambito di conoscenza a cui l'altro puo' pervenire . Fuori da questo ambito non si riesce ne' a dare ne' si riesce a ricevere . Piu' facile e' la parte di chi comunica qualcosa e che vede cosa manca all'altro , piu' difficile e' la parte di chi non riesce a ricevere perche' non ha la percezione di quello che gli manca per arrivare a capire . Questo pero' , con umilta' e da qualche indizio anche esteriore ( eta' , esperienza argomenti sul piatto ,facilita' di espressione ecc) dovrebbe capire che chi ha di fronte e' piu' avanti di lui e predisporsi a ''raccogliere '' magari chiedendo che chi comunica rallenti un po' . A volte pero' gli ostacoli : mancanza di umilta' ,sono davvero troppi e non e' il caso di insistere : o non e' il momento o cio' che si dice non e' alla portata ed allora conviene fermarsi. ''Nel miglior modo e con i migliori mezzi '' puo' voler dire anche fermarsi cioe' interrompere la comunicazione ,(a volte l'arresto della comunicazione e' molto istruttivo).......ovviamente predico bene e razzolo male . |
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Venendo alle domande di Grii, e quanti riescono a mostrarsi quello che sono? Pochi.... comunque più che mostrarsi è importante essere ciò che si è, è importante non subordinare il mostrare all'essere, semmai il contrario. Questo come detto sopra non deve essere una scusa per dire quello che passa per la testa, anche perchè bisognerebbe saper discernere se quello che passa per la testa è roba nostra o no, altrimenti diventa un bel gran copia-incolla... cosa che esisteva ben prima dei pc 8-) (O.t. alla fin fine reinventiamo sempre l'acqua calda) |
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Sembrerà banale, ma mi pare di aver capito che si deve comunicare sempre senza preoccuparci e dunque forse vale la prima...nonso.gif Poi, da questo pezzo di Uno: Citazione:
Una ricchezza acquisita, conquistata e poi successivamente, in maniera semplice, redistribuita? Mi sa che comunque non l'ho chiaro... |
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Se la comunicazione è tra più persone è inevitabile che ci siano diversi livelli/canali di comunicazione, se inizio a parlare di astrofisica, un astrofisico capirà tecnicamente quello che intendo probabilmente anche dove la mia comunicazione è leggermente carente, un'innamorata/o molto probabilmente sarà attratta/o dall'aspetto poetico della cosa, un'astrologa per quanto cerchi di seguire il discorso sarà comunque colpita dai particolari che l'avvicinano a ciò che già conosce cioè l'astrologia e via via. Questo però non significa che se stiamo parlando tra queste categorie di persone io possa in uno stesso escursus dialettico trovare il modo di avvicinare l'argomento da questi tre punti di vista dell'esempio... se sono un buon comunicatore ci proverò, ma se la traccia principale è l'astrofisica prima di tutto devo concentrarmi su questa, poi in caso se riesco e se c'è la possibilità dovrei cercare di infarcire il discorso con piccoli spunti che possano essere di aiuto ai singoli punti di vista. Diverso è se io volessi parlare di astrofisica solo con un'astrologa (esempio bislacco, ma tanto per capirci), allora dovrei cercare il più possibile di utilizzare forme di dialogo che lei possa comprendere... poi se invece lei vuol parlare solo di astrologia devo rinunciarci Quote:
Un buon comunicatore dovrebbe essere completamente padrone della materia che vuole comunicare (ricco quindi) ma saper poi comunicare semplicemente |
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Io credo di no. Da una parte perchè per essere completamente padrone di una materia devo quindi essere padrone anche dei collegamenti che questa materia genera... restando nell'esempio dell'astrofisica, se non conosco i collegamenti con l'astrologia o il lato romantico che l'astrofisica può avere, non posso dirmi completamete padrone... quasi magari, o molto padrone, ma nn completamente. Dall'altra parte perchè il comunicare semplice fa sempre parte in qualche modo di quella materia... a mio avviso una comunicazione coattamente complessa per chi la eroga mostra una non totale limpidezza di pensiero sull'argomento. Poi per carità, magari c'è comunque una comprensione profonda, ma quel "completamente padrone" non c'è ancora. |
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E su questo non posso che concordare, perchè la comunicazione è fatta di parole, che siano dette a voce o scritte da qualche parte. Ma può essere che una persona conosce bene il proprio argomento e le parole gli vengono, ma magari sono parole che capisce soltanto lui, cioè non sa semplificarle per renderle disponibili a tutti. Per cui non basta conoscere l'argomento ma ci vuole anche capacità di sintesi e semplificazione. Quindi comunicazione reale è, secondo me, saper esporre il proprio argomento con le parole più semplici in modo che siano alla portata del maggior numero di potenziali ascoltatori, senza perdere in profondità. Non so se un esempio di comunicazione reale in questo senso potrebbero essere le parabole di Gesù, che in parole capibili da molti esprimeva concetti che nemmeno noi sapremmo esprimere senza entrare in giri di parole complicati comprensibili solo agli addetti ai lavori. Un altro esempio: io lavoro in un ufficio pubblico, per cui spesso abbiamo il problema di comunicare una cosa al maggior numero di utenti in modo che questi ne siano informati. Prepariamo un avviso che non è fatto su misura per Tizio o per Caio ma che entrambi possono comprendere. Alle volte ho visto che se si usano molte parole l'avviso non viene letto fino in fondo e può venir frainteso, se invece se ne usano poche ma mirate fa più effetto e arriva a destinazione, anche se capita che magari uno si trova con un cartello davanti al naso ma semplicemente lo ignora, ma questo è un problema suo e non di chi ha voluto fare la comunicazione perchè il cartello stava lì apposta per essere letto. Ho notato anche un'altra cosa che può essere utile, e cioè che la comunicazione va indirizzata. Una cosa è mettere un avviso con il titolo "AVVISO" (troppo generico). Un'altra cosa è scrivere: "AVVISO AL PUBBLICO" oppure "AGLI UTENTI DEL SERVIZIO" perchè chi legge si sente compreso tra gli utenti ed è più facile che la comunicazione arrivi a destinazione secondo lo scopo per cui è stata redatta. Un altro esempio di comunicazione reale e ridotta al massimo in semplicità sono le smiles o faccine, che sono state usate in certi contesti per esprimere al di là della lingua o di altri ostacoli una soddisfazione o un rimprovero, quel messaggio arriva dritto senza neache usare le parole. :C: |
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Per esempio io potrei essere padrone dell'astrofisica ma non essere capace di spiegarla al mio gatto (per esagerare icon_mrgr:, ma pure ad uno zuccone o che semplicemente se ne frega dell'astrofisica è uguale). Del resto o pensiamo che Gesù non fosse padrone della sua materia, o accettiamo che anche uno padrone di una materia non può (libero arbitrio altrui ed altre cose) poter spiegare tutto a tutti... anche se può essere semplice. |
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Quello che intendevo è che più si è padroni della materia più ci si avvicina, almeno in quell'ambito, a questa fantomatica comunicazione reale, che deve per forza essere semplice. Credo inoltre che debba esserlo al punto di venire potenzialmente comprensibile da tutti quelli interessati, ovvero da tutti quelli che ci provano sul serio a comprendere. Paradossalmente, se il tuo gatto fosse interessato (la presenza dell'interesse deve essere in qualche modo collegata allla struttura... se mi è del tutto impossibile, anche in futuro, comprendere, non credo mi si possa svegliare interesse, dato che per interessarmi, almeno un minimo, devo capire) e tu fossi realmente padrone completo dell'astrofisica, troveresti un modo. E' chiaro che questo non significa che se comunico semplice tutti capiranno. C'è appunto sempre una parte non strutturata e/o non interessata che non capirà comunque, mentre però tutti gli altri, immediatamente o col tempo (che significa che un processo di comprensione è iniziato) capiranno. |
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