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jezebelius 14-02-2009 20.44.43

Flatlandia, Racconto fantastico a più dimensioni
 
2 Allegato/i
Il reverendo Edwin A. Abbot è stato uno scrittore/teologo inglese. Preside della Scuola della città di Londra, in questa apportò grandi cambiamenti come ad esempio introdurre l’insegnamento del latino e della chimica, materie dal suo punto di vista quasi cardine nell’istruzione.
Tra le sue opere, più di quaranta e abbastanza eterogenee tra loro, ad esempio spaziava da manuali scolastici sino ad arrivare ad opere letterarie o teologiche, quella che più conosciamo – e che abbiamo riscoperto in questi ultimi anni – è “Flatland : a romance of man dimensions”. (Compra su Webster)
La particolarità di questo autore, implica di indagare almeno questa sua opera più conosciuta che ha per un certo verso contaminato anche il “ Romeo e Giulietta “ di Shakespeare.
Oltre a ciò, però, bisogna rilevare che “Flatlandia “, presenta, per la prima volta in quegli anni – ricordando che ci troviamo in epoca vittoriana per la precisione nel 1882; l’opera fu presentata in maniera anonima – concetti nuovi. Pensieri, poi successivamente sviluppati dalla moderna fisica teorica, che rendono evidente ma anche attuale la grande intuizione dell’autore.


Di cosa parla Flatlandia? Beh, dal titolo potrebbe intuirsi più o meno l’oggetto del racconto.
Flatlandia è, per l’appunto, la storia raccontata da un abitante di un mondo bidimensionale che possiede soltanto la lunghezza e la larghezza ma non l’altezza. Un mondo che dunque manca di quella terza dimensione, “ simile” ad un foglio di carta.



Su tale foglio/mondo vivono figure geometriche, quadrati e triangoli o anche linee, che possono sì muoversi liberamente ma che non possono, invece, salire o scendere oltre il livello ove si trovano. Si muovono come ombre ma di ciò sono inconsapevoli, giacché una terza dimensione, per la loro comprensione, risulta essere inimmaginabile.
Ad un certo punto il protagonista vive una storia ed esperienza sconvolgente attraverso un sogno. Si trova trasferito in una dimensione altra in cui tutti gli esseri sono linee o punti che si muovono indietro e in avanti sulla stessa linea retta. La linea si chiama “ Spazio” e gli abitanti di quel paese, “ Linelandia, il Paese delle linee” sono sconcertati dalle parole del protagonista che tenta di far loro comprendere dove vivano. Per loro non è concepibile muoversi, in quanto lontano dalla loro comprensione, oltre che avanti e dietro sulla stessa linea, anche a destra e sinistra. Tutto ciò è incomprensibile.

A causa di questa incapacità di comprendere, dato lo sforzo del narratore di riuscire a spiegare al loro Monarca, la Linea più lunga, come sia Flatlandia, è enorme. Il Re ascoltate queste spiegazioni lo ritiene semplicemente pazzo. Di fronte a tale e tanta ristrettezza mentale l’abitante di Flatlandia perde la pazienza. Gli dice che è inutile sprecare altro fiato e che a questo punto, deve, la Linea, soltanto sapere che Lui è il completamento del loro essere incompleto, definibile come una Linea di Linee che a Flatlandia si chiama “ Quadrato”.
Esclama poi: “e pensate che anch’io, per quanto infinitamente superiore a voi, non conto che poco o nulla fra i grandi nobili della “Flatlandia”, donde sono venuto a visitarvi, nella speranza di illuminare la vostra. Ignoranza”.
Da questo insulto il popolo di Linelandia si prepara a scagliare un attacco al Quadrato che, immediatamente, viene svegliato dal campanello che lo chiama per la colazione, ritornando così alla realtà di Flatlandia.
Durante il giorno, però, un altro evento sconvolge il protagonista.
Nell’intento di chiarire alcuni concetti di aritmetica applicata alla Geometria al suo nipotino, un Esagono, gli mostra come il numero di centimetri quadrati di un Quadrato può essere calcolato innalzando alla seconda potenza il numero di centimetri di un lato.
Il piccolo Esagono meditò un poco su questa affermazione e poi mi disse: “Ma tu mi hai insegnato a innalzare i numeri alla terza potenza: anche 33 avrà dunque un significato in Geometria; quale è questo significato?”


“Nessun significato”, risposi io “almeno non in Geometria; perché la Geometria non ha che Due Dimensioni”.
E quindi mi misi a mostrare al fanciullo come un Punto, spostandosi lungo un percorso di tre centimetri, formi una Linea di tre centimetri, che si può rappresentare con 3; e come una Linea di tre centimetri, spostandosi parallelamente a se stessa lungo un percorso di tre centimetri, formi un Quadrato di tre centimetri per ogni lato, che si può rappresentare con 3 alla 2^.
A questo punto il mio Nipotino, tornando alla sua ipotesi di prima, e prendendomi alquanto di sorpresa, esclamò: «Bene, allora,se un Punto, spostandosi di tre centimetri, forma una Linea di tre centimetri rappresentata da 3 e se una Linea retta di tre centimetri, spostandosi parallelamente a se stessa, forma un Quadrato di tre centimetri per lato, rappresentato da 3 alla 2^deve seguirne che un Quadrato di tre centimetri per lato, spostandosi in qualche modo parallelamente a se stesso (ma non vedo come) debba formare un Qualcos’altro (ma non vedo cosa) di tre centimetri per ogni senso, e questo sarà rappresentato da 3 alla 3^.
“Vai a letto” dissi io, un po’ seccato da quest’interruzione. “Se tu dicessi cose meno insensate, ricorderesti di più quelle che hanno un senso”.
E così il Quadrato, non prestando alcuna attenzione alla lezione che avrebbe potuto trarre dal suo sogno, commette esattamente lo stesso errore che tanto si era sforzato di rendere evidente al re di Linelandia. Ma nel corso della serata il Quadrato non riesce a liberarsi dalle chiacchiere del suo piccolo Esagono, e infine esclama ad alta voce: «Quel ragazzo è uno sciocco, dico! 33 non può aver alcun significato in Geometria”.
Ma subito sente una voce: “Il ragazzo non è uno sciocco; e 3 alla 3^ in Geometria ha un significato evidente”.
La voce appartiene a uno strano visitatore che pretende di venire da Spacelandia (Paese dello spazio], un universo inimmaginabile in cui le cose possiedono tre dimensioni


Così come aveva tentato invano il Quadrato, di spiegare al Monarca di Linelandia come potesse essere Flatlandia, allo stesso modo lo Straniero cerca di fargli comprendere cosa sia una realtà tridimensionale e quanto Flatlandia sia limitata in confronto a quella realtà.
Lo Straniero si presenta come il Quadrato s’era presentato al Monarca di Linelandia. Come l’abitante di Flatlandia si era definito una Linea di Linee, lo Straniero si definisce Cerchio di Cerchi, una Sfera, così chiamato nel paese dal quale veniva: Spacelandia.
Il Quadrato non riesce, però, a comprendere questo concetto. Anzi, vede lo straniero soltanto come un cerchio ma con proprietà sicuramente particolari, quasi impenetrabili. Di fatti cresce e diminuisce di diametro restringendosi a semplice punto. La Sfera cerca di spiegargli che in tutto ciò non vi è nulla di strano. Gli spiega come egli sia costituito da un numero infinito di cerchi che variano di dimensione da un punto a tredici centimetri di diametro, uno sovrapposto all’altro. Per questo quando da Spacelandia tocca Flatlandia, realtà bidimensionale, la Sfera risulta dapprima invisibile e poi si presenta come un punto e via via andando avanti acquisisce l’aspetto di un cerchio, successivamente scomparendo di nuovo.
Con ciò, la Sfera stava spiegando anche come avesse fatto ad entrare nella casa del Quadrato che era chiusa, sbarrata: semplicemente era “ scesa” dall’alto.
Questa idea però è talmente lontana dalla comprensione del Quadrato che la rigetta ed egli si rifiuta di crederla.
La Sfera non vede altra soluzione che riprodurre nel Quadrato una esperienza trascendentale.


“ Un orrore indicibile s’impossessò di me. Dapprima l’oscurità poi una visione annebbiata, stomachevole, che non era vedere; vedevo una linea che non era una Linea; uno Spazio che non era uno Spazio: io ero io e non ero io. Quando ritrovai la voce, mandai un alto grido d’angoscia: “Questa è la follia o l’Inferno!”. “Nessuno dei due” rispose calma la voce della Sfera. «Questo è il Sapere; sono le Tre Dimensioni: riapri l’occhio e cerca di guardare per un po’.

Da questo momento in poi però le cose gli appaiono strane. Inebriato da quella esperienza il Quadrato, entrato in quella nuova realtà è ansioso di scoprire altro. Uno Spazio a Cinque o più dimensioni.
La Sfera, disturbata gli dice: <<un paese simile non esiste. La sola idea che possa esistere è assolutamente inconcepibile>>.
Per questo lo ricaccia nuovamente entro gli “ stretti “ confini di Flatlandia.
Ma il Quadrato non si perde d’animo. Forte di quella esperienza vuole trasmettere ad altri, ciò che “ ha vissuto”.
Comincia ad andare in giro proclamando la “ Dottrina delle tre dimensioni”. Ma questo suo agire, però, gli si ritorce contro. Non soltanto, adesso per lui è difficile ricordare quell’esperienza ma per evitare ulteriori comportamenti di questo tipo agli abitanti, credendolo pazzo, viene rinchiuso da una specie di tribunale dell’Inquisizione, in una sorta di manicomio.
Una volta l’anno il Cerchio, Sommo Sacerdote di Flatlandia, gli fa visita per chiedergli se si sente meglio. Puntualmente però il Quadrato non può fare a meno di cercare di convincerlo che esiste una realtà a Tre dimensioni.
Per questo il Cerchio scuote la testa e lo lascia in cella!

Gia questa visione e la lettura di poche righe può servire ad introdurre un concetto.
La percezione che c’è, esiste e che ad ognuno manca, è quella di una realtà relativa e non assoluta. Ciò ci consente di poter dire che siamo talmente lontani dal “ reale” che non ce ne accorgiamo, non ce ne rendiamo conto. Siamo ottusi da quella che definiamo percezione del reale, senza capire che è soltanto una rappresentazione, una dimostrazione necessaria, come ad esempio un corpo benché valutato in tutte le sue funzioni.
Riuscire a vivere con la capacità relativa e non attribuire, invece, a questa valore assoluto ancorché soggettivo, potrebbe esserci d’aiuto e, per altro, potrebbe rappresentare la base per una futura unione, sia con noi stessi ma anche con gli altri; base per almeno riconoscere che ciò che per noi è in un modo, per altri è opposto ma che, in fondo, tutti possono prendere tutto da tutti nello scambio e nel confronto reciproco.
Senza questa capacità fondamentale ci confineremmo da soli nel pattume dove la nostra stessa ristrettezza mentale ci ha confinato, ci confina e – spero di no ma non nego di nutrire dubbi – ci confinerà, fornendoci, a sua volta, la " certezza".
Ormai abituati, come siamo, ai nostri schemi psicologici e quotidiani, senza affrontare i contrasti che potrebbero, se valutati da una certa prospettiva, aiutarci a comprendere l’ambiente circostante ma anche noi stessi, non saremo disposti ad azionare quel piccolo meccanismo che si concreta nello sforzo, per uscire da quella condizione piatta dove la ribellione avviene, sovente, quando un solo elemento, per come lo conosciamo, viene minato – e per conseguenza mina - nella sua parte più profonda: noi stessi!
Chiudersi, cercando di “ proteggere” i dati, di cui siamo in possesso, a tutti i livelli o quantomeno quelli che conosciamo per “ nostri” ed ai quali attribuiamo un valore ed una certezza assoluta, non fa altro che aumentare l’estensione del foglio sul quale camminiamo e viviamo come ombre e di cui non ci accorgiamo.


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