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jezebelius 28-02-2009 17.16.52

Il Quinto potere, l’influenza della televisione
 
4 Allegato/i
Dal Film “ Quinto Potere”:
Ascoltatemi: la televisione non è la verità. La televisione è un maledetto parco di divertimenti!
La televisione è un circo, un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni e giocatori di calcio.
Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere!
Quindi se volete la verità, andate da Dio, andate dal vostro Guru, andate dentro voi stessi amici, perché quello è l’unico posto dove troverete mai la << verità vera >>.
Sapete, da noi non potrete ottenere mai la verità. Vi diremo tutto quello che volete sentire mentendo senza vergogna. Vi diremo che Nero Wolfe trova sempre l’assassino e che nessuno muore di cancro in casa del Dr Kildare e che per quanto si trovi nei guai il nostro eroe, non temete guardate l’orologio, alla fine dell’ora l’eroe vince: vi diremo qualsiasi cazzata vogliate sentire!
Noi commerciamo illusioni! Niente di tutto questo è vero ma voi tutti, ve ne state seduti la, giorno dopo giorno, notte dopo notte, di ogni età, razza, fede, conoscete soltanto noi! Gia cominciate a credere alle illusioni che fabbrichiamo qui. Cominciate a credere che la tv è la realtà e che le vostre vite sono irreali. Voi fate tutto quello che la Tv vi dice. Vi vestite come in Tv, mangiate come in Tv, tirate su bambini come in Tv, persino pensate come in Tv.
Questa è pazzia di massa: siete tutti matti!
In nome di Dio siete voi altri la realtà, noi siamo le illusioni! Quindi, spegnete i vostri televisori, spegneteli ora, spegneteli immediatamente, spegneteli e lasciateli spenti, spegnete i televisori proprio a metà della frase che vi sto dicendo adesso, spegneteli subito…oh..! “
Ed è in questa scena che il profeta Howard Beal - protagonista del film “ Quinto potere “ che ricalca a mio avviso un’attuale fase discendente in cui si trova oggi la società - cade in terra senza coscienza, ormai anch’egli incardinato, tormentato, com’era, dalle reti del potere mediatico.
Da ciò, senza analizzare il film nello specifico anche perché non è il mio fine ultimo, obiettivo che potrebbe essere ripreso in seconda battuta, si può evidenziare un punto di vista che quanto meno dovrebbe farci riflettere.
Quanto di tutto quel che facciamo è nostro, cioè elaborato da noi e quanto, invece, è “ dettato” dalla televisione o dal mezzo di informazione in generale e quanto siamo in grado di renderci conto di tutto ciò?
Si potrebbe iniziare col dire che oggi è necessaria priorità circoscrivere la televisione quale contenitore di modelli da cui si può trarre quel che più ci serve individualmente ed è funzionale, per relazione inscindibile, alla società; sia per la soddisfazione di bisogni, sia, soprattutto, per
“in-fluenzare “ bisogni, ad un tempo personali e collettivi.
Se ragioniamo sul mezzo televisivo si riesce ad individuarne un primo, superficiale, funzionamento della “ scatola”.
Più che la radio oppure altre vie nelle quali “ scorre “ l’informazione, pur non avendo alcun pregiudizio rispetto a queste rimarcando però l’immediatezza del “ televisore”, questo rappresenta “ la porta” che consente l’accesso e dunque un diretto contatto, visivo sebbene mediato, con realtà e tradizioni lontane dalla nostra ed ognun per se differente e differenziata.
Se per un verso tutto ciò si collega come in uno stretto intreccio di fili, una enorme trama fatta di milioni di televisori per favorire dette riduzioni , per altro verso procura il via libera al mischiarsi di entità prima separate, creando o addirittura generando nuove strutture che, giocoforza, si differenziano da quelle che si formavano e si sono formate prima dell’avvento della televisione.
Insomma la si può immaginare come mezzo di congiunzione tra un insieme ed un altro, capace di gettare le basi ed agevolare un rapporto osmotico di cui, spesso, siamo poco consapevoli.
Gettato, dunque, nel calderone televisivo il dato, mischiato a fuoco lento tutto ciò di cui si necessita viene attivato quel flusso di cui non ci si rende conto del modo, ad un tempo semplice e veloce, col quale si costruiscono relazioni interpersonali; più o meno anche l’odierna rete internet potrebbe essere definita con tali caratteri – ma con un elemento che le permette tuttora di differenziarsi dal mezzo televisivo in se per il sol fatto che non è stata ancora ingabbiata in un controllo di tipo piramidale.



Sappiamo che il “tele-visore” fornisce un più diretto ingresso nella vita di tutti i giorni del singolo, porta sempre aperta da cui può entrare qualsiasi cosa, di cui non siamo all’altezza di valutarne l’impatto. Si è in grado al contrario invece, senza distinguerne le conseguenze, di conoscere cosa accade nell’altra parte del mondo o sotto casa, o se il prezzo del petrolio è aumentato o diminuito; tutto ciò che accade nel mercato globale. Una fusione continua che spesso degenera in confusione.
C’è da osservare, però, che se informazioni siffatte vengono immesse nel mare divulgativo, deve però esserci sempre – e comunque – chi e come ce le immerge ed a cui possiamo sia attingere. Da questo punto di vista allora tornando alla rete internet per quanto “ libera”, tuttavia potrebbe essere posta sullo stesso piano della tv. Ma una valutazione in tal senso, potrà essere oggetto di approfondimento.
Continuando, da quanto detto si potrebbe parlare di rapporto agevolato tra “ trasmittente” e “ ricevente “.
Ne segue che, modelli, rappresentazioni, strutture, idee ed opinioni addirittura, vengono veicolate nel modo più idoneo a raggiungere uno scopo.

Ebbene, oltre alla considerazione della televisione delimitata nel suo ruolo, partendo dal presupposto che all’interno di essa convogliano vari “( sotto ) canali” in cui si rende più agile l’informazione verso il telespettatore; benché egli sia possessore di quello strumento, definito da qualcuno “ democratico”, il telecomando, che gli consente di cambiare canale; considerato che questo strumento è la tipica rappresentazione di una scelta indubbiamente fittizia, può però, sempre a detta di tanti, agire sul flusso qualora nulla risponda alle sue necessità.
Da ciò, posto e “ riconosciuto “ in chiave eufemistica, questa specie di potere attribuito all’utente col quale, quanto meno gli si da la percezione di poter scegliere, non possiamo fare a meno di guardare attentamente che, ormai, ” l’in-formazione” non solo è divenuta un enorme caleidoscopio che mescola qualsiasi cosa ma che, assieme a ciò, è un dato incontrovertibile, quello secondo cui, proprio perché c’è un accesso diretto, bisogna valutarne la duplice funzione che è quella sia di “ portare a conoscenza “ ma allo stesso tempo capace di generare tendenze, mode e non ultimo stili di vita.
In definitiva si può parlare “omologazioni ” o standardizzazioni con un fine ben definito e specifico.
Si potrebbe richiamare allora quel senso critico che l’uomo crede di possedere e che gli attribuisce la facoltà di discernere il buono dal cattivo, unico mezzo per contrastare l’invisibile, nondimeno unico intralcio alla corrente mediatica.
Nessuno sarà mai disposto ad ammettere, però, che è manchevole di questa attenzione o che essa non è costante. Piuttosto si sarà portati ad affermare il contrario e cioè che è presente di per se in quanto ognuno sceglie ciò che vuole. Ne è riprova lo scettro del telecomando!
Devo dire però di essere d’accordo con uno dei maggiori intellettuali dei giorni nostri, Noam Chomsky in quanto gia qualche tempo fa rilevava dati - che producono le conseguenze che cerco qui di esporre - grazie ai quali era riuscito ad evidenziare che il settore delle relazioni pubbliche stava investendo, come poi ha fatto e continua fare, gia dagli anni ‘50 una grossa quantità di denaro. Tutto questo non per nulla, ovviamente. Per altro, a ciò relativo, è attraverso il mezzo televisivo che si sta operando un in-dottrinamento delle masse, i cui confini non sono ben chiari per potere almeno ostacolare tale processo, se non appunto o con azioni di chiusura della porta d'accesso ovvero cercando di attivare – sul serio – quella critica con la quale ci si dovrebbe rivestire sempre.
Che vi sia o no un fine occulto in tutto questo, che sia settore della dietrologia mascherato da altro, suona un po’, forse, fantastico ma comunque dovrebbe allarmare almeno data la possibilità, non remota, che ciò si verifichi e si stia verificando.
Ciò esula tuttavia dal discorso che si vuole affrontare.
In sostanza, se ci si sofferma sullo scopo che ha l’ apparecchio televisivo possiamo dedurne un ulteriore funzionamento.
In fin dei conti l’uomo non è disposto ad ascoltare la verità in specie se gli si dice che non ha quel discernimento di cui sopra. Da altro angolo visuale però è un dato indiscutibile che la barriera – senso critico - che egli dovrebbe utilizzare ogni qual volta viene a “ contatto “ con un che di nuovo, in specie davanti al mezzo televisivo, potrei pensare per questo al Tizio comodamente rilassato in poltrona, cade, si affievolisce.
Potremmo parlare allora di caduta dell’attenzione, che si verifica dopo circa dieci o quindici minuti in ogni situazione: dal parlare con Tizio anche di una cosa che ci interessa oppure nel mentre si guarda una partita o si parla al telefono.
Chi non si è accorto qualche volta, di tornar desto quando l’argomento lo stava, come dire, annoiando?
Ebbene, è su questa fiacchezza che sovente “ passa”, scorre attraverso il canale, qualsiasi tipo di dato informativo, rivestito della indispensabile non pericolosità. Quale miglior mezzo, se non la televisione dunque, allorquando “ trasmette” programmi ad hoc, è capace di vomitare una enorme quantità di, pixel informativi su milioni di persone?
La caduta di attenzione è proporzionale al nostro non avvertirne il pericolo. Più “assumiamo” quel dato, catalogandolo via via come “ non pericoloso “, amichevole, non idoneo a farci del male, addirittura tutelante la nostra incolumità intellettiva e, giacché spacchettato in un film o in uno spettacolo di intrattenimento, di rotocalco, imbiancato da colori particolari, da toni soffusi talvolta, da annunci che tendono ad avere profili bassi per non allarmare in maniera eccessiva, più passerà senza che ce ne accorgiamo.
Ne consegue che tutto ciò che si presenta simile alla vita o alle vicissitudini che affrontiamo nella quotidianità ovvero che ha a che vedere col globale vissuto, nella dimensione catartica che contraddistingue chiunque, non viene elaborato come dovrebbe, dalla nostra mente ma, al contrario, supera il normale ostacolo a tempo per posizionarsi nella profondità di ognuno e, di li, lavorare.
Sembrerà strano ma è un meccanismo, questo, che non è nato col mezzo televisivo, il quale non ha fatto altro che amplificarlo per fini di cui è portatore implicito.
Se pensiamo e consideriamo i danni che l’attuale e “ semplice” modo di fare informazione, nella sua innocua veste di divulgatore del sapere attraverso idonee scalette televisive, telegiornali ancorché diversificati nel modo di fare notizia, viene il sospetto che il “telespettatore”, è il centro verso cui bisogna dirigersi e che la sensazione ovvia – di cui si pervade l’entità “ informazione”- è che quel centro non deve aver bisogno di altro. Deve essere “ riempito”, direttamente nel salotto di casa; nutrito, è il caso di dirlo, comodamente in poltrona.
Da qui, si aprono scenari enormi. Non ci sarebbe lo spazio per descriverli tutti ma almeno due possiamo quanto meno identificarli preliminarmente, poiché rappresentano condizioni urgenti.
Dunque la perdita del senso critico, la caduta dell’attenzione, è il passaggio che permette lo scorrere di dati subliminali – appunto sotto la soglia - che, non avendo od avvertendo ostacoli, “ entrano” implementandosi, o anche nella maggior parte dei casi costruendosi assieme a ciò che gia c’è, una personalità. Si pensi agli effetti che tale sistema potrebbe avere – ed ha – su una personalità non formata ovvero nel pieno dello sviluppo; o il suo ruolo nella strutturazione di un pensiero o di una ideologia. La creazione di gabbie – mentali - insomma all’interno delle quali ognuno si forma, per quanto propria, una opinione, riproponendola all’infinito anche, e soprattutto, attraverso comportamenti.
Di norma, una crescita, nella presunzione che sia pure psicologica, si ha nella fase adolescenziale. Ma in evidenza viene che rispetto al secolo scorso o per lo meno quando la televisione non aveva fatto il suo ingresso sulla scena e nella vita dell’uomo; quando il veicolo era rappresentato dalle “ chiacchiere” di quartiere, o quanto meno il televisore non veniva identificato come “ soporifero”, la dovuta crescita per la personalità ma più in generale della “persona” poteva aversi soltanto attraverso il compito imputato principalmente alla famiglia e all’ambiente circostante.
Se pensiamo che oggi la società moderna, tout court, può essere collocata nella sua fase adolescenziale, a dispetto di quanti affermano il contrario, possiamo ricavare le dovute conseguenze.
Di qui oggi, per deduzione, è facile intravedere non soltanto una modifica sostanziale della società e dei suoi Valori, prima connaturati alla tradizione e all’ambiente di riferimento. Questi, modificati, si presentano oggi del tutto privi di ogni sostanza, lasciando il posto ad altri che possiamo definire contingenti. Da ciò ulteriore risultato è la perdita di identità!
Da altro punto di vista se si utilizza il mezzo televisivo come “ specchio “ della società noteremmo che è attraverso di esso che la stessa si rigenera. La “ matrice”, trasmessa e spacchettata nella moltitudine di dati, che ( ri )genera se stessa!


Altra condizione è quella gia accennata della omologazione. Se prima non esisteva alcun veicolo per spostare le informazioni se non, come detto, la famiglia, e più in generale il “contatto umano”, in quanto punto fondamentale per la costruzione dei rapporti della società e per la edificazione delle stesse maglie sociali, ne segue che oggi il ruolo di “ leader”, capo branco – mediatico! – da quella deve attribuirsi alla televisione medesima. Da evidenziare poi che, talvolta in maniera eccessiva talaltra superficiale, chiunque ne viene condizionato e tanto per fare un esempio, potremmo citare le previsioni del tempo o, scherzosamente, l’oroscopo del giorno: chi non si ferma per ascoltarle o guardarle!?

Richiamando quanto sopra detto, il sistema di sistemi si presenta per questo come parte integrante e necessaria per il collegamento,per una realtà livellata. In tal modo non solo si esplica quel rapporto osmotico accennato, corrompendo così il naturale e per questo necessario confine tra gli habitat ed i complessi culturali ma si può ragionare in termini di Sistema, fatto di dati fluttuanti, che incide su un sistema più piccolo. L’uomo, appunto, bersagliato e fine ultimo della mescola del caleidoscopio. Ne segue l’in-fluenza, per l’appunto in combinazione negativa.
Di tradizioni secolari, infatti oggi, si fa fatica ad individuarne il limine. Non c’è una soglia vera e propria capace di definire un sistema X da un altro sistema Y. Tutto si spiega in un ambiente tremendamente reale di cui, ormai, abbiamo perso il perimetro, e proprio a causa della parvenza di realtà si fa fatica a distinguere ciò che serve da ciò che è superfluo. Gli usi o i costumi in questa dimensione appaiono privi di ogni carattere di distinzione.
L’inevitabile approccio che genera schemi di vita senza però permettere al “ contatto umano” di fornire il supporto esplicandosi nello scambio reciproco, crea da un lato sicuramente integrazione “ sul e nel territorio” ma allorché fittizia, ciò che ne deriva è soltanto l’idea di integrazione. Quest’ultima, nella sua sostanza, potrebbe verificarsi, per quel che riguarda una società nel suo normale cammino evolutivo, solo nell’arco di secoli, smussando eventuali spigoli che avrebbero, altrimenti, la capacità di non permettere la convivenza univoca ed intra - sistemica.

Di talchè siamo testimoni e portatori, noi stessi, di una idea di società, “ vuota” e sostituita, come è, da altra creata direttamente dal flusso informativo. Una nuova società con nuovi “ utenti”, telespettatori è tutt’ora presente!
Per concludere, tornando al film “ Quinto potere”, c’è una scena che potrebbe mostrarci una eventuale via d’uscita. Si tratta sempre del “ profeta dell’etere” Howard Beal, in una delle sue trasmissioni.
Egli pur conscio della problematica che quel sistema concepisce nonché del fatto che egli stesso ormai fa parte della sue maglie ridotte, nella veste di diffusore di un sentimento di ribellione, chiede ai propri telespettatori di alzarsi dalla poltrona, aprire la finestra ed iniziare ad urlare contro lo stesso sistema di cui, loro stessi erano sempre stati ignari.
Ebbene se sino ad allora avevano seguito come topi in trappola l’indottrinamento, la scena che il regista Lumet - gia a quel tempo, ricordo che era il ’76 - rende chiara ed entusiasmante vede l’utente uscire dal proprio loculo, affacciarsi alla finestra e nel rumore del temporale incalzante a mo di rottura della pace dei sensi, trasformarsi almeno per quell’istante “ urlatore “.
Spartaco che spezza le catene, nato da e in una nuova consapevolezza.
Se quell’urlo lo si potesse far divenire oggi non soltanto consapevole ma anche costante in qualsivoglia aspetto della vita, sarebbe un bel passo avanti ma, deludente ammetterlo, con la società di oggi non credo si verificherà molto presto!



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