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Ray 30-04-2010 18.14.22

Elaborare un lutto
 
Ne abbiamo certamente parlato in più discussioni, ma dalla ricerchina che ho fatto non ce n'è una specifica.

Già la frase dice molto... il lutto è qualcosa che si deve elaborare. Ma sempre? E perchè si deve farlo? Chiaro che le due domande sono connesse, dal perchè si potrà stabilire se è per forza necessario farlo sempre e quali eventualmentte le condizioni per cui non si renda indispensabile.


In ogni caso cos'è un lutto? Genericamente una perdita. Qualche cosa che avevamo e che non abbiamo più e soprattutto che non potremo più riavere indietro.
La cosa parte ovviamente dai decessi... quando qualcuno muore, intendo qualcuno che con noi aveva una relazione, con la sua dipartita si interrompe anche la relazione, ossia la possibilità di scambiare/condividere qualcosa. La condizione comune richiede un'elaborazione... ossia un processo per il quale integriamo una perdita. Integrare una perdita... sembra un paradosso, dato che normalmente va integrato qualcosa che aggiungiamo non che togliamo, in realtà dobbiamo integrare la nuova condizione.

La questione, dai decessi, poi si estende o può estendersi a qualsiasi cosa che avevamo e non possiamo più avere. Quell'avevamo è la chiave: nella misura in cui quell'avere implica il nostro essere ecco che il lutto porta con se una nuova condizine che va integrata... per qualcuno, neanche pochi, anche buttar via un vestito perchè rotto è un lutto da elaborare, anche se magari ce la fa prima e meglio che se gli muore qualcuno.
Già il vedere le cose che per noi necessitano o hanno necessitato di essere elaborate quando perse ci possono dare notevoli spunti di riflessione.

C'è molto da dire, soprattutto sui vari come e quando, ma come introduzione mi pare sufficiente per aprire molti discorsi.

luke 30-04-2010 20.49.40

Dunque...per fortuna di lutti, intesi come morti di persone che conoscevo in modo approfondito, per fortuna non ne ho avuti ancora molti, ma per forza di cose ne avrò diversi in futuro....

La prima cosa che mi chiedevo è se e in che misura l'elaborazione del lutto incida sul dolore per la perdita, nel senso se io elaboro, allora il dolore sparisce? Penso di no, magari può cambiare di forma e intensità però, credo, continui a restare per un pò dentro.

Come dicevo prima di persone cui ero particolarmente legato non ne sono ancora morte, mi è morto il cane, non so se vale lo stesso, lo avevo da 14 anni, i primi tempi era strano non vederlo più per casa, non poterci più giocare ecc, ho sofferto però comunque per tutto il tempo in cui era vivo ho sempre cercato di farlo stare meglio possibile e di passarci parecchio tempo insieme, in poche parole "me lo sono goduto" appieno e quindi credo di aver elaborato la sua scomparsa discretamente bene.

Forse il rimpianto di non aver condiviso e scambiato quanto era possibile potrebbe rendere l'elaborazione più difficoltosa, ci si rende realmente conto di ciò che era possibile fare, dare e ottenere quando ormai non è più possibile.

Per le perditre in senso globale, ci devo pensare, grandi attaccamenti ad oggetti non ne ho mai avuti, forse mi mancano determinati contesti e situazioni passate perchè so di non averli vissuti al meglio, cose che mi hanno lasciato un pò di amaro in bocca una volta scomparse.

Falketta 01-05-2010 00.43.04

Ho avuto solo un grave lutto nella mia vita. Ci ho messo sette anni per riuscire a sentire il dolore che provavo e che non volevo sentire. In quel caso "elaborare" è stato proprio questo, permettermi di sentire il dolore e lo sconforto che questa perdita mi aveva provocato
Diverso è stato l'altro grave lutto, in senso lato, della mia vita, cioè la fine di un amore (con la a minuscola)
Mi ci è voluto un'infintà di tempo per non provare più quel senso di vuoto angosciante e doloroso che mi prendeva appena aprivo gli occhi la mattina e sembrava non dover finire più, quel senso di mancanza incolmabile
Un fondamentale passo in avanti nel superare questo stato di cose è stato comprendere che quello che davvero mi mancava era me stessa innamorata... eh sì, più che lui quello che più mi mancava era quel pezzo di me stessa!

Shanti 01-05-2010 00.50.41

Citazione:

Originalmente inviato da Ray
La questione, dai decessi, poi si estende o può estendersi a qualsiasi cosa che avevamo e non possiamo più avere. Quell'avevamo è la chiave: nella misura in cui quell'avere implica il nostro essere ecco che il lutto porta con se una nuova condizine che va integrata... per qualcuno, neanche pochi, anche buttar via un vestito perchè rotto è un lutto da elaborare, anche se magari ce la fa prima e meglio che se gli muore qualcuno.
Già il vedere le cose che per noi necessitano o hanno necessitato di essere elaborate quando perse ci possono dare notevoli spunti di riflessione.

Certamente la morte di una persona cara è il lutto più difficile da elaborare, perchè sai che non ci sarà ritorno, non la vedrai mai più.
Ma ce ne sono molti altri con cui ci capita di fare i conti durante l'esistenza. I trasferimenti per esempio, sia che tocchi a noi partire o alle persone a cui teniamo, il distacco è sempre doloroso. Seppure razionalmente sappiamo che non è detto che sia definitivo, solo la morte lo è, stiamo comunque male soprattutto se siamo noi a rimanere negli stessi luoghi, perchè in un primo momento sentiamo la mancanza fisica della persona.
Un amore che finisce è anche un lutto da elaborare, dove il senso di perdita sembra andare oltre la persona con cui avevamo la relazione.
Come Luke finora non ho perso con la morte persone a cui sono profondamente legata, posso parlare solo per altri tipi di lutto di cui ho esperienza... L'impressione che ho avuto è di aver anestetizzato in qualche modo il dolore, forse era rabbia o almeno quella ho identificato. Una volta passata la rabbia il dolore si è scatenato, ho avvertito la sensazione della "fine", quella vera. Ma di certo non basta soltanto lo scorrere del tempo per arrivare alla rassegnazione...

Ray 01-05-2010 01.07.15

Citazione:

Originalmente inviato da Falketta (Messaggio 85095)
Ci ho messo sette anni per riuscire a sentire il dolore che provavo e che non volevo sentire. In quel caso "elaborare" è stato proprio questo, permettermi di sentire il dolore e lo sconforto che questa perdita mi aveva provocato

Parlo genericamente... in realtà questo riuscire a sentire è solo il primo passo dell'elaborazione. Processo comunque avviato, che però potrebbe incastrarsi in altri punti.
Ma quello su cui volevo porre l'accento è un'altra cosa, che poi è quella che rende così spesso così lungo il processo (e che a passare anni dagli psicologi se proprio vogliamo dirlo): riuscire a sentire... perchè non riusciamo subito? Ok, un po' scappiamo dal dolore, ma non è tutto qui, o meglio c'è un risvolto di questo scappare, che fa di lui un meccanismo di difesa utile, sul quale poi noi indugiamo e ci costruiamo le mille nevrosette con le quali conviviamo. Ed è il fatto che non siamo strutturati a reggere quel dolore, o più genericamente a reggere un certo livello di tensione.
Per questo ogni percorso serio più o meno parte dal raorzare la capacità di reggere, di sentire. Rafforzare i nervi...

Citazione:

Un fondamentale passo in avanti nel superare questo stato di cose è stato comprendere che quello che davvero mi mancava era me stessa innamorata
Questo è un punto fondamentale, brava Falketta che ci hai posto l'accento. Cosa è davvero che ci manca è una direzione di indagine importantissima...

griselda 02-05-2010 23.08.09

Quando si parla di lutto/perdita si parla di dolore mentale mi pare venga definito
Ma l'elaborazione del lutto in cosa consiste?
In metabolizzare il dolore?
E cosa vuol dire?
Io ho perso tutti e due i genitori e se la loro malattia mi ha colpito molto sono rimasta meno travolta dalla loro morte. Ora però mi sto chiedendo se invece, avendo imparato a reprimere e a rimuovere in automatico, non abbia fatto questo anche qui, scappando dal dolore del dopo,(anche perchè ricordo poco o nulla blink.gif) anche se dopo la morte di mia madre sono caduta in depressione trovando le cause in altro vissuto del momento.
Questa discussione mi ha scosso per cui vorrei capirne di più.
Aspetto con interesse che si allarghi il discorso

Ray 02-05-2010 23.31.03

Citazione:

Originalmente inviato da griselda (Messaggio 85143)
Quando si parla di lutto/perdita si parla di dolore mentale mi pare venga definito
Ma l'elaborazione del lutto in cosa consiste?
In metabolizzare il dolore?
E cosa vuol dire?
Io ho perso tutti e due i genitori e se la loro malattia mi ha colpito molto sono rimasta meno travolta dalla loro morte. Ora però mi sto chiedendo se invece, avendo imparato a reprimere e a rimuovere in automatico, non abbia fatto questo anche qui, scappando dal dolore del dopo,(anche perchè ricordo poco o nulla blink.gif) anche se dopo la morte di mia madre sono caduta in depressione trovando le cause in altro vissuto del momento.
Questa discussione mi ha scosso per cui vorrei capirne di più.
Aspetto con interesse che si allarghi il discorso

Il dolore lo definirei più psichico che mentale.

Al di là di questo, non so cosa intendi per "metabolizzare il dolore". Il lutto è sistemato quando, per così dire, abbiamo ritrovato un equilibrio anche senza quell'oggetto che abbiamo perso, che poi è sempre la relazione che avevamo con quell'oggetto (si dice "oggetto d'amore"). In realtà non è mai l'equilibrio che avevamo prima, ma sempre un equilibrio migliore, più stabile, se l'elaborazione è andata a termine. Purtroppo di solito, magari inconsapevolmente, ci si accontenta di un equilibrio piuttosto precario e inferiore a quello di prima, magari carico di piccole depressioni, nostalgie e quant'altro.
Ma era per dire che una perdita non ci lascia mai come prima, dopo dobbiamo diventare il noi senza quella cosa ma dopo averla avuta, quindi più forti, o comunque con quell'esperienza metabolizzata, dove per eseprienza intendo tutta la relazione, dato che è finita.
Qui si che ci sta il metabolizzare, riguardo a tutta l'esperienza. Ci sta anche col dolore, dato che anch'esso è un'esperienza, ma per quanto riguarda il lutto ne rappresenta solo una fase, appunto l'aver avuto dolore per quella perdita.

Una certa psicologia distingue alcune fasi del processo, dando loro dei nomi. Questa distinzione, in caso ne parliamo, lascia un po' il tempo che trova, pur avendo qualche utilità. La parte importante riguarda, come è intuibile, l'accettazione... che però è "solo" la base del futuro nuovo equilibrio, anche se innesca il suo instaurarsi.

Poi per carità... potevamo avere un eqilibrio instabile anche prima: Anzi, spesso è così, dato che lo perdiamo... ma, per altro conto, l'equilibrio perfetto non è cosa umana.

Falketta 03-05-2010 01.20.48

Io invece mi stavo chiedendo in che modo si possa incastrare il processo di elaborazione dopo aver iniziato a sentire il dolore
In caso di amori finiti, ad esempio, ci si può incastrare in inutili tentativi di riavvicinare quella persona con l'intento di recuperare le situazioni che tanto ci mancano.
Ma in caso di morte della persona, dove posso incastrarmi?

Ray 03-05-2010 09.01.01

Citazione:

Originalmente inviato da Falketta (Messaggio 85150)
Ma in caso di morte della persona, dove posso incastrarmi?

Ci sono varie opzioni... una classica è affezionarsi al dolore, quando magari è scemato un po', e non lasciare andare del tutto il dipartito. Ma ce ne sono altri. Per vederli dobbiamo parlare del processo però, altrimenti facciamo un elenco, che oltre a non avere senso, non sarà mai completo.

griselda 03-05-2010 10.42.04

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 85144)
Il dolore lo definirei più psichico che mentale.

Al di là di questo, non so cosa intendi per "metabolizzare il dolore". Il lutto è sistemato quando, per così dire, abbiamo ritrovato un equilibrio anche senza quell'oggetto che abbiamo perso, che poi è sempre la relazione che avevamo con quell'oggetto (si dice "oggetto d'amore"). In realtà non è mai l'equilibrio che avevamo prima, ma sempre un equilibrio migliore, più stabile, se l'elaborazione è andata a termine. Purtroppo di solito, magari inconsapevolmente, ci si accontenta di un equilibrio piuttosto precario e inferiore a quello di prima, magari carico di piccole depressioni, nostalgie e quant'altro.
Ma era per dire che una perdita non ci lascia mai come prima, dopo dobbiamo diventare il noi senza quella cosa ma dopo averla avuta, quindi più forti, o comunque con quell'esperienza metabolizzata, dove per eseprienza intendo tutta la relazione, dato che è finita.
Qui si che ci sta il metabolizzare, riguardo a tutta l'esperienza. Ci sta anche col dolore, dato che anch'esso è un'esperienza, ma per quanto riguarda il lutto ne rappresenta solo una fase, appunto l'aver avuto dolore per quella perdita.

Una certa psicologia distingue alcune fasi del processo, dando loro dei nomi. Questa distinzione, in caso ne parliamo, lascia un po' il tempo che trova, pur avendo qualche utilità. La parte importante riguarda, come è intuibile, l'accettazione... che però è "solo" la base del futuro nuovo equilibrio, anche se innesca il suo instaurarsi.

Poi per carità... potevamo avere un eqilibrio instabile anche prima: Anzi, spesso è così, dato che lo perdiamo... ma, per altro conto, l'equilibrio perfetto non è cosa umana.

Per quel che riguarda la definizione di dolore mentale l'ho letta e l'ho riportata infatti non capivo perchè veniva definito così, avevo pensato per distinguerlo da quello fisico icon_mrgr:

Metabolizzare il dolore era per me relativo a tutto il processo di perdita ed integrazione del nuovo equilibrio.
In effetti per me rende meglio la perdita del partner, tipo si è rotta una storia e li d'un tratto ti ritrovi che non hai più quella persona che faceva vibrare in te quel benessere e devi imparare a fare senza, la prima volta è la più dura, ma poi impari che passa e che istintivamente o non ci pensi neppure a riprovarlo oppure non vedi l'ora di ritrovare quella sorta di benessere psicofisico, tanto bene-tanto dolore nel caso di perdita.
In pratica è un po' come per il dolore fisico quando ci si fa male. Prima il dolore poi il tempo per il risanamento della ferita che è proprio fisiologico di ricostruzione che so di pelle, carne ossa. Poi in caso se si è stati troppo fermi e il guio è stato grosso ci vuole addirittura la riabilitazione che per la psiche può equivalere alla terapia psicologica.
(Pensavo chissà se anche la psiche funziona come il corpo che quando sei giovane si ripristina prima l'equilibrio piuttosto di quando sei vecchio? io penso di sì )

Però per quanto riguada i genitori, se tu sei già andato via di casa, non ti appoggi più a loro da anni per l'affetto o comunque non ci fai conto è sempre una perdita di equilibrio la loro dipartita?
Per quanto riguarda mio padre ricordo (chiedo scusa entro un attimo nel particolare per capire meglio) che mi scioccò la sua malattia, anche perchè essendo giovane io, incontrai la possibilità dela morte per la prima volta e ne presi paura, tanco che scappai da quella paura e non volli neppure accettare la sua malattia. Non volevo vederlo malato, lui non poteva essere malato, forse perchè inconsciamente lui era ancora quello che mi aveva sempre protetto e quello che non volevo perdere era la sua protezione, il suo affetto il suo aiuto. E in ultimo la mia parte di figlia?blink.gif Alla fine quando morì lo portai io all'ospedale e questo mi rimase impresso, la prima volta che avevo fatto qualcosa per lui mi ero presa la responsabilità era morto. Per molto tempo questa cosa mi è rimasta in testa, girava e rigirava poi l'ho o digerita oppure chissà dove è andata ma ho smesso di soffrire e di sentirmi in colpa.
Che poi come in tutti i rapporti che finiscono quando sono finiti si pensa a come avresti potuto fare o non fare e come l'altro avrebbe....insomma questo pensare alle varie possibilità con la persona che è passata a miglior vita se c'erano dei conflitti ci si sente un po' in colpa ma perchè ci si dimentica del perchè. Non vivendo più con quella persona accanto rimaniamo solo noi e questo spesso ci sbilancia. Altre volte credo possa liberare.
In ogni caso non è mai indolore.

Mentre per mia madre, in quel periodo sono successe tante cose e troppo in fretta, che mi chiedevo se effettivamente non ho ascoltato bene e mi sono persa qualche passaggio. Ricordo che una persona che frequentava casa mia mi disse che l'avevo presa (avevo scritto persa) bene ed io mi chiesi perchè come mi sarei dovuta comportare?
Di quel periodo ricordo la malattia a sorpresa e in un anno ho avuto tre perdite (diverse) una dietro l'altra, una più pesante dell'altra e sono andata solo in depressione blink.gif dico ora r:vabbeh mi trema tutta la testa ma sono viva vah r:

Ma al di là di tutto questo l'anno scorso ho visto come faccio davanti al dolore: cerco di risovere e trovare l'equilibrio in quattro e quattr'otto, in soldino scopo tutto sotto il tappeto perchè non reggo di essere arrabbiata, triste, dolorante, infelice. Non accetto in soldoni di essere imperfetta e cattiva.
Questo è quello che ci insegnano, tu non pui provare questi sentimenti per più di cinque minuti altrimenti chi ti sta vicino o si identifica o essendo bambino si spaventa e tu devi smetterla subito, non ti permettono di stare male. DEVI FARTI FORZA è la parola magica oppure dai dai che tutto passa e va, che vuol dire fattela passare subito che mi da fastidio. E altre cose di questo genere che ti impediscono l'ter normale che invece questa volta ho vissuto.
Ho fatto come i bambini che si sfogano, dicendo tutto quello che pensavo provavo sentivo urlato, pianto, vomitato (icon_mrgr: scusate) ma poi è passata. Non mi ritorna più in continuazione in mente ad ogni momento con la stessa veemenza di prima e riesco ad avere la forza di non farmi portare via)
Allora mi domando dovremmo avere per ogni perdita del tempo per sfogarci, per far maturare il nuovo equlibrio e non dover fare tutto di corsa perchè a qualcuno da fastidio.
Così a me pare.:)

RedWitch 03-05-2010 17.14.48

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 85098)
............
riuscire a sentire... perchè non riusciamo subito? Ok, un po' scappiamo dal dolore, ma non è tutto qui, o meglio c'è un risvolto di questo scappare, che fa di lui un meccanismo di difesa utile, sul quale poi noi indugiamo e ci costruiamo le mille nevrosette con le quali conviviamo. Ed è il fatto che non siamo strutturati a reggere quel dolore, o più genericamente a reggere un certo livello di tensione.
Per questo ogni percorso serio più o meno parte dal raorzare la capacità di reggere, di sentire. Rafforzare i nervi...

Dunque se noi ci preparassimo adeguatamente e fossimo pronti al momento del lutto ad accoglierlo e viverlo l'elaborazione della perdita potrebbe avvenire in quel momento e non successivamente , è un po' quello che succede con la ricapitolazione che si rende necessaria se non sappiamo/possiamo/riusciamo a vivere il presente..

pero' questo processo di elaborazione com'è che avviene? ho cercato il significato elaborare anche se non mi soddisfa al 100%, il significato che ho trovato è (tra gli altri) questo: "lavorare, affaticarsi, studiarsi", il che potrebbe significare che lasciare andare qualcuno o qualcosa , presuppone un lavoro di conoscenza.. quel che diceva Falketta sul "cosa è che ci manca veramente.."

Se penso a quando finivano certi amori adolescenziali, ricordo molto bene la fatica che facevo a chiudere definitivamente le storie, continuavo a rimanere attaccata a ricordi in cui potevo cullarmi per poi permettermi di soffrire a lungo.. finchè non mi "innamoravo" di nuovo (ma passava anche molto tempo), per farla breve puntavo i piedi come fanno i bambini capricciosi, non poteva essere finita davvero... seppure mi sembrava di soffrire molto in queste situazioni, in realtà riempivo la mancanza , non volevo elaborare la perdita , mentre mi è capitato una sola volta di essere lasciata da una persona a cui tenevo davvero e di riuscire ad accettare di non aver nessun potere per tenerla vicina a me... se lui non mi voleva, cosa potevo farci? niente... Voler tenere le persone per forza legate a noi.. è un grande egoismo, e soprattutto è inutile, perchè che si tratti di un amore finito o di una dipartita, purtroppo la persona non vorrà/potrà tornare da noi...

Di qui.. il lasciare andare dovrebbe essere quasi un nostro dovere: tenere dei canali aperti ad oltranza credo non vada bene per noi, ma nemmeno per chi non c'è più (qualsiasi sia il senso che vogliamo darne..)...

Il fatto è che crediamo di soffrire "per l'altro", invece soffriamo quasi sempre per noi stessi...

griselda 03-05-2010 17.45.17

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 85166)
non volevo elaborare la perdita , mentre mi è capitato una sola volta di essere lasciata da una persona a cui tenevo davvero e di riuscire ad accettare di non aver nessun potere per tenerla vicina a me... se lui non mi voleva, cosa potevo farci? niente... Voler tenere le persone per forza legate a noi.. è un grande egoismo, e soprattutto è inutile, perchè che si tratti di un amore finito o di una dipartita, purtroppo la persona non vorrà/potrà tornare da noi...

Di qui.. il lasciare andare dovrebbe essere quasi un nostro dovere: tenere dei canali aperti ad oltranza credo non vada bene per noi, ma nemmeno per chi non c'è più (qualsiasi sia il senso che vogliamo darne..)...

Il fatto è che crediamo di soffrire "per l'altro", invece soffriamo quasi sempre per noi stessi...

Io credo che non sia solo quello che hai detto in cui trovo riscontro, ma è anche relativo a ciò che ci manca. Con l'altra persona tu riempi quella mancanza, l'altro/a di solito possiede quella cosa che tu non hai e se viene a mancare prima che tu l'abbia sviluppata non è solo egoismo è sopravvivenza, specie se le mancanze sono tante.
La verità come dici è che non avendo potere sugli altri e sulla vita degli altri dovremmo diventare indipendenti in tutto e per tutto, cosa che è molto difficile da riscontrare. In quel caso non abbiamo più bisogno di nessuno e il dolore per la morte o perdita di qualcuno non sarebbe più per se stessi e probabilmente lo si vivrebbe diversamente.

Ray 03-05-2010 18.23.39

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 85166)
pero' questo processo di elaborazione com'è che avviene? ho cercato il significato elaborare anche se non mi soddisfa al 100%, il significato che ho trovato è (tra gli altri) questo: "lavorare, affaticarsi, studiarsi", il che potrebbe significare che lasciare andare qualcuno o qualcosa , presuppone un lavoro di conoscenza.. quel che diceva Falketta sul "cosa è che ci manca veramente.."

In effetti il significato che hai trovato non soddisfa. Prendiamo l'esempio della cucina... anche li si parla di elaborazione dei cibi, ma cosa si elabora veramente e a che scopo?
Elaboriamo materie prime, ingredienti, per farne una pietanza. In pratica prima abbiamo unna serie di materie separate e disorganizzate, poi abbiamo un tutt'uno stabile, composto da quelle materie ma che è altro e ha un'esistenza sua e, per la maggior parte, è meglio dei suoi componenti, vuoi per gusto, digeribilità eccetera.
La digeribilità è strettamente connessa col tema del tread... ci sono ingredienti non digeribili se non elaborati in determinati modi e mischiati ad altri... a meno di avere stomaci di ferro.

Ma per elaborare non basta mischiare insieme gli ingredienti, serve metterci altro. Innanzitutto energia, sotto forma di fuoco o di freddo o comunque di lavoro muscolare se devo mischiare o simili, e anche se oggi uso il frullatore, ecco che comunque l'energia c'è anche se viene dall'esterno.
Oltre a questo devo seguire unna procedura, che per chi sa cucinare, ossia è addentro alla materia, trova che segue communque delle regole generali, che potremmo derivare da leggi di natura. Un bravo cuoco, dando un'occhiata ad una ricetta che non ha mai fatto, capirebbe la procedura senza leggerla.

Fuor di metafora la procedura segue meccanismi naturali, che però come detto possono incistarsi in vari modi, soprattutto se ci mettiamo del nostro. Il lutto per certi versi è naturale... in linea di massima ci aspettiamo prima o poi di perdere i nostri anziani, più difficile è perdere i più giovani. (Avete mai fatto caso che se uno perde i genitori lo chiamano orfano... ma solo fino ad una certa età... chi chiamerebbe orfano un sessantenne che gli sono appena morti i genitori?)

Qui ci sta bene un altro spunto, che poi un po' si collega a quel che dicevi sul potere. Se per la morte, a meno di essere molto molto caparbi nel voler costruirsi una nevrosi, si tende aonferirla ad un potere superiore e si riconosce questo potere. La gente muore, vuoi per natura, vuoi perchè Dio, oi qel che ti pare, ma non si indugia più di tanto sull'autoreferezialità tipo ecco mi ha abbandonato, l'ha fatto apposta per farmi star male. Mentre se perdiamo il partner le cose cambiano, si fa fatica ad accettare che l'altro abbia il potere, la prerogativa, di andarsene in qualsiasi momento e si indugia più a lungo nella fase di rabbia.

griselda 03-05-2010 20.27.44

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 85169)
aonferirla ad un potere superiore

Ehm interessante neologismo me lo puoi tradurre? icon_mrgr: abbraccio:

p.s. ho gradito molto la analogia con la cucina :H

Falketta 03-05-2010 23.14.45

E se parlassimo di questi processi naturali?
Per me è più facile ragionare pensando alla perdita di persone viventi
il dolore che si prova è del tutto particolare, varia più che nell'intensità nella durata
Nel dolore si cerca di capire... ma ci si fanno anche dei film: dai film che ci facciamo escono sensi di colpa e rabbia: e da lì il bisogno di puntualizzare delle cose con la persona... o il bisogno di chiedere scusa e magari tentare di riallacciare. Insomma, il processo che dovrebbe portare all'accettazione si può incastrare per benino.
Ora mi viene da pensare a questo: non sentire più dolore non significa necessariamente che l'elaborazione si è conclusa. Se io non provo più dolore, ma esco dall'esperienza ad esempio sfiduciata nei confronti dell'amore e degli uomini e mi chiudo, forse qualcosa non ha funzionato correttamente nel processo che dovrebbe portarmi alla fine ad avere un nuovo equilibrio e ad essere più forte
In questo caso dove ci si è incastrati?

Ray 03-05-2010 23.29.30

Citazione:

Originalmente inviato da Falketta (Messaggio 85173)
Ora mi viene da pensare a questo: non sentire più dolore non significa necessariamente che l'elaborazione si è conclusa. Se io non provo più dolore, ma esco dall'esperienza ad esempio sfiduciata nei confronti dell'amore e degli uomini e mi chiudo, forse qualcosa non ha funzionato correttamente nel processo che dovrebbe portarmi alla fine ad avere un nuovo equilibrio e ad essere più forte
In questo caso dove ci si è incastrati?


Dunque... no, non sentire più il dolore non significa che il processo sia concluso, anche se è conclusa la parte in cui abbiamo maggiore possibilità di interagire... la parte calda.

Però l'esempio che porti non permette risposte univoche... dipende cosa intendi tu per sfiduciata. Potrebbe darsi che prima eri una sognatrice idealista e adesso sei più equilibrata di prima ma che ti percepisci come sfiduciata, mentre invece hai imparato un po' di prudenza.
Oppure potrebbe darsi che generalizzi a tutti gli uomini o addirittura all'amore quel che invece è stata storia di un singolo lui e appioppi all'intero genere maschile le caratteristiche del tuo ex-lui. E' un po' tipica sta cosa delle "sfiduciate dell'amore", come se fosse stato l'amore a non soddisfare le tue aspettative e non il tizio in questione (ovvio che vale anche scambiando i sessi). In questo caso però, la mancata distinzione è sintomo di mancata elaborazione, del fatto che non hai ancora una visione lucida della faccenda. Stato intermedio è quando te ne rendi conto ma emotivamente non riesci comunque... sai che non sono tutti così, ma li vedi lo stesso tutti così.

E' il caso tuttavia di specificare che un migliore equilibrio non significa equilibrio perfetto. Più forti di prima non significa fortissimi. Significa solo che abbiamo integrato l'esperienza nella nostra storia e siamo, consciamente, il risultato anche di quest'ultima.

griselda 03-05-2010 23.42.22

Citazione:

Originalmente inviato da griselda (Messaggio 85170)
Ehm interessante neologismo me lo puoi tradurre? icon_mrgr: abbraccio:

p.s. ho gradito molto la analogia con la cucina :H

Ehm forse non si capiva che non stavo scherzando per il senso, non riesco a mettere insieme la frase perchè non capisco la parola.:@@

Ray 03-05-2010 23.45.01

Citazione:

Originalmente inviato da griselda (Messaggio 85175)
Ehm forse non si capiva che non stavo scherzando per il senso, non riesco a mettere insieme la frase perchè non capisco la parola.:@@

aonferirla = a conferirla

Falketta 04-05-2010 09.29.19

Ray... Sì, è vero, non era un esempio di scuola il mio :H
Dunque.. so che gli uomini non sono tutti così, ho anche avuto la fortuna di conoscerne alcuni davvero ok. Probabilmente me li sono fatti "scappare" perchè non provavo le farfalle nello stomaco... Adolescenziale neh? piango.gif
Comunque sì, non mi infatuo più, riesco a essere più lucida e così mi sono evitata diverse situazioni dall'esito già scritto in cui in passato mi sarei invece cacciata.
Forse sì, è prudenza... che scambio per sfiducia

Sole 04-05-2010 12.27.08

C'era una vecchia usanza che forse si usa ancora nei paesini tra le persone di una certa età che era quella di indossare il lutto.
La veste nera si usava il tempo necessario affinchè il dolore fosse accettato e lasciata andare la persona. Anceh se può sembrare brutto in effetti ti ricordava il dolore e ti spingeva un pò a lavorarci.

RedWitch 04-05-2010 15.20.46

Citazione:

Originalmente inviato da griselda (Messaggio 85168)
Io credo che non sia solo quello che hai detto in cui trovo riscontro, ma è anche relativo a ciò che ci manca. Con l'altra persona tu riempi quella mancanza, l'altro/a di solito possiede quella cosa che tu non hai e se viene a mancare prima che tu l'abbia sviluppata non è solo egoismo è sopravvivenza, specie se le mancanze sono tante.

Mi faresti un esempio concreto in cui il non voler lasciare andare l'altro è sopravvivenza?

Nel mio esempio parlavo di un amore finito, ma se la persona muore?
Io non credo si tratti di sopravvivenza, perchè va bene, ci avviciniamo all'altro anche (se non soprattutto) per i nostri bisogni (reali o presunti), ma l'altro non si puo' mai sostituire realmente a noi.

Citazione:

La verità come dici è che non avendo potere sugli altri e sulla vita degli altri dovremmo diventare indipendenti in tutto e per tutto, cosa che è molto difficile da riscontrare..
Io vorrei diventare indipendente per poter essere libera, non perchè non ho potere sull'altro. Magari sembra la stessa cosa, ma per me la differenza è sostanziale (e non significa non avere affetti, anzi meno si sta con gli altri per bisogno e più l'affetto è sincero secondo me),

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 85169)
Fuor di metafora la procedura segue meccanismi naturali, che però come detto possono incistarsi in vari modi, soprattutto se ci mettiamo del nostro. Il lutto per certi versi è naturale... in linea di massima ci aspettiamo prima o poi di perdere i nostri anziani, più difficile è perdere i più giovani. (Avete mai fatto caso che se uno perde i genitori lo chiamano orfano... ma solo fino ad una certa età... chi chiamerebbe orfano un sessantenne che gli sono appena morti i genitori?)

Quindi, come per un bravo cuoco l'elaborazione del piatto è "naturale" sebbene ci metta molto di suo (energia, lavorazione , procedura), lo stesso dovremmo fare con i lutti, di qualsiasi genere essi siano.

Citazione:

...........Mentre se perdiamo il partner le cose cambiano, si fa fatica ad accettare che l'altro abbia il potere, la prerogativa, di andarsene in qualsiasi momento e si indugia più a lungo nella fase di rabbia.
Ecco questo è quel che intendevo nel post sopra col discorso del potere.. prendiamo questo esempio, ma puo' anche essere un altro tipo di affetto, in amicizia è quasi lo stesso, perchè si indugia di più nella fase della rabbia? il bello è che vorremmo avere il potere di tenere legata a noi un'altra persona, mentre l'unico "potere" lo ha chi se ne va..
Come elaborare questo tipo di perdita, indugiando il meno possibile sulla rabbia?

filoumenanike 04-05-2010 15.46.03

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 85169)
Il lutto per certi versi è naturale... in linea di massima ci aspettiamo prima o poi di perdere i nostri anziani, più difficile è perdere i più giovani.

Tutti sappiamo che esiste la morte, in teoria ci prepariamo all'evento ogni giorno della nostra vita, eppure la teoria è sempre diversa dalla pratica.
La morte ha un potere distruttivo tale che ne esci annientato, improvvisamente la visuale cambia, il dolore ti prende l'animo e il corpo, sei in preda di eventi che non accetti, la rabbia e il dolore sono componenti inscindibili, sì tu sai che la morte è ineluttabile ma dentro ti rivolti, ogni fibra del tuo essere la rifiuta fisicamente e mentalmente, così forte è il legame tra corpo e mente che in quei momenti ci si sente animali feriti, sanguinanti, lacerati, senza possibilità di cure e la rabbia sale dentro contro tutto e tutti e maledici di dover soffrire, soprattutto perchè non sai il perchè!
Elaborare questo processo di distruzione è un percorso lungo, faticoso, la luce è in fondo, lontana, flebile, a volte quando la mente comincia a pensare in qualche raro momento ad altro, ti senti in colpa, ti sembra di allontanarti da chi hai amato, lentamente poi il tempo rimargina la ferita, la cominci a guardare ed è brutta, oscena, violacea, in alcuni momenti sanguina ancora poi indurisce e tu sei diventato un altro essere, sei una persona con una invalidità permanente, la ferita lascia il segno, non scompare mai, non conosco tecniche chirurgiche atte a farla scomparire.

Ray 04-05-2010 16.09.43

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 85192)
Ecco questo è quel che intendevo nel post sopra col discorso del potere.. prendiamo questo esempio, ma puo' anche essere un altro tipo di affetto, in amicizia è quasi lo stesso, perchè si indugia di più nella fase della rabbia? il bello è che vorremmo avere il potere di tenere legata a noi un'altra persona, mentre l'unico "potere" lo ha chi se ne va..
Come elaborare questo tipo di perdita, indugiando il meno possibile sulla rabbia?

Ascoltando ben bene quella rabbia (senza giustificarla e quindi sfogarla sul malcapitato/a) e da questa dedurre la nostra debolezza.

griselda 04-05-2010 17.05.34

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 85192)
Mi faresti un esempio concreto in cui il non voler lasciare andare l'altro è sopravvivenza?

Presente situazioni in cui due si sono sposati da giovanissimi, hanno un certo numero di figli e lei non lavora, non ha la patente abita in un paesino, non ha lavoro, non ha parenti se l'altro se ne va prima che questa ragazza diventi indipendente è questa vive dei grossi problemi. Oltre alla perdita dell'amore vi è anche il resto che è sopravvivenza
Quote:


Nel mio esempio parlavo di un amore finito, ma se la persona muore?
Io non credo si tratti di sopravvivenza, perchè va bene, ci avviciniamo all'altro anche (se non soprattutto) per i nostri bisogni (reali o presunti), ma l'altro non si puo' mai sostituire realmente a noi.



Io vorrei diventare indipendente per poter essere libera, non perchè non ho potere sull'altro. Magari sembra la stessa cosa, ma per me la differenza è sostanziale (e non significa non avere affetti, anzi meno si sta con gli altri per bisogno e più l'affetto è sincero secondo me),

Infatti non ho scritto che voglio il potere sull'altro, ho scritto quello che hai detto tu, con altre parole, ma probabilmente non si capiva.

griselda 04-05-2010 17.15.26

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 85176)
aonferirla = a conferirla

Grazie.

Sole 04-05-2010 18.12.20

Però Grii, non prendertela, ma da quella parola: sopravvivenza, si ha la sensazione che se va via qualcuno nasce rabbia. Ed è di questo che mi pare si sta cercando il nocciolo.
Se si vede la dipartita, qualunque essa sia, come una questione di sopravvivenza è un pò come addossare agli altri la responsabilità del nostro benessere o malessere. Mentre invece una persona è libera di scegliere noi o non noi in qualunque condizioni si è. Triste, crudo, duro che sia.

______

Possiamo ipotizzare che un lutto va elaborato anche quando perdiamo parti noi, parti che a volte proiettiamo nell'altro e soffriamo il distacco della persona e a volte sono nostre caratteristiche a cui siamo accanitamente attaccati e ci arrabbiamo con chi ce le vuole togliere, che sia solo un semplice far notare.
Per cui immagino che imparare ad elaborare un lutto sia utile, forse importantissimo, per accellerare i processi di cristallizzazione dei cambiamenti in noi.
Provo a spiegare l'ultima frase. Quando avviene un piccolo shock che ci permette di vedere una caratteristica che realizziamo sia da cambiare poi successivamente, piuttosto velocemente, tendiamo a ritornare piacevolmente sulla caratteristica senza abbandonarla. Se sapessimo invece elaborarne il lutto potremmo passare oltre e distaccarcene, lasciando andare.
Scusa Ray, non so se era nei tuoi interessi arrivare ad un punto così, in ogni caso alla fin fine il processo dovrebbe essere lo stesso per cui è applicabile.

Possiamo parlare del processo?

Ray 04-05-2010 18.45.31

Citazione:

Originalmente inviato da Sole (Messaggio 85200)
Possiamo ipotizzare che un lutto va elaborato anche quando perdiamo parti noi, parti che a volte proiettiamo nell'altro e soffriamo il distacco della persona e a volte sono nostre caratteristiche a cui siamo accanitamente attaccati e ci arrabbiamo con chi ce le vuole togliere, che sia solo un semplice far notare.
Per cui immagino che imparare ad elaborare un lutto sia utile, forse importantissimo, per accellerare i processi di cristallizzazione dei cambiamenti in noi.
Provo a spiegare l'ultima frase. Quando avviene un piccolo shock che ci permette di vedere una caratteristica che realizziamo sia da cambiare poi successivamente, piuttosto velocemente, tendiamo a ritornare piacevolmente sulla caratteristica senza abbandonarla. Se sapessimo invece elaborarne il lutto potremmo passare oltre e distaccarcene, lasciando andare.
Scusa Ray, non so se era nei tuoi interessi arrivare ad un punto così, in ogni caso alla fin fine il processo dovrebbe essere lo stesso per cui è applicabile.

Se proiettiamo qualcosa nell'altro e l'altro se ne va il lutto è sempre per la relazione, per il non avere più un contentore a disposizione in cui proiettare. Non per quella cosa che proiettiamo, la quale non solo non se ne va via assieme al contenitore, ma ci rimbalza addosso ritornando al mittente. Da cui altro dolore.
In effetti, in assenza di proiezioni, la perdita si elabora molto più facilmente.

Parliamo del processo? Va bene... prendiamo un esempio semplice, qualcosa che sia accaduto grossomodo a tutti prima o poi e che non dovrebbe aver presentato grosse difficoltà. Un oggetto magari. Si rompe la macchina e ci dicono che non c'è nulla da fare, è da buttare. Cosa attraversiamo?
(chiaramente ognuno può prendere quel che preferisce al posto della macchina, ma sarebbe meglio si tratti di un oggetto con cui abbiamo una "relazione" privilegiata e possibilmente quotidiana o giù di lì... quindi anche un paio di scarpe icon_mrgr: )

Lo chiedo per dare a chi vuole la possibilità di cercare in se sta cosa, poi sono sicuro che assieme lo troviamo il filo conduttore del processo.

dafne 04-05-2010 18.54.14

Citazione:

Originalmente inviato da Sole (Messaggio 85200)
Se sapessimo invece elaborarne il lutto potremmo passare oltre e distaccarcene, lasciando andare.

Caspita ma allora potremmo dire che anche l'incapacità di chiudere (situazioni o relazioni) potrebbe essere un'incapacità ad elaborare il lutto? Quando per lutto s'intende una perdita, l'abbandono. Quando con chiusura e abbandono si tratta di passare oltre...uhm leggo.gif

Lutto come mancanza, come cambiamento, nuovi riferimenti. Ma non solo esterni ma piottosto, direi interni..quando non elaboro un lutto rimango con i riferimenti che la persona in questione (parlando di morte) mi dava e a cui non sò rinunciare. Rimango con una me vecchia e poco funzionale...riuhm..

griselda 04-05-2010 19.32.20

Citazione:

Originalmente inviato da Sole (Messaggio 85200)
Però Grii, non prendertela, ma da quella parola: sopravvivenza, si ha la sensazione che se va via qualcuno nasce rabbia. Ed è di questo che mi pare si sta cercando il nocciolo.
Se si vede la dipartita, qualunque essa sia, come una questione di sopravvivenza è un pò come addossare agli altri la responsabilità del nostro benessere o malessere. Mentre invece una persona è libera di scegliere noi o non noi in qualunque condizioni si è. Triste, crudo, duro che sia.

Una cosa come questa non vale il suo contrario ovvero, perchè non nasce rabbia anche altro, paura, risentimento e via dicendo, lo so che qui diciamo cosa andrebbe fatto e cosa invece avviene e a cosa bisogna tendere. Ma le realtà non è che perchè non vanno messe in atto non siano reali di sofferenza.

Stavo proprio consideranto nel globale il discorso del lavoro e mi è venuto in mente il piccolo principe, il libro... questo mondo, anzi gli insegnamenti a cui siamo stati sottoposti insegnano tutto il contrario di quello che in effetti andrebbe messo in atto.
Dovremmo essere distaccati da tutto e da tutti, amare dovrebbe voler dire non tenere l'altro al guinzaglio, dovrebbe addirittura tenuto segreto penso perchè è roba nostra. Insomma tutta una serie di cose che ho imparato al contrario di come invece andrebbero fatte, viste, messe in opera.
Nel libro mi ricordo che si parlava di affezionarsi roba tremenda diventa dipendenza e in questi termini poi porta si la rabbia come tutto quello che si vuole possedere e non si può.
Ma come ci siamo capitati qui sulla terra? Mi pare di aver letto che fosse un premio, chissà se si poteva dire: no grazie! ahahah scherzo eh

griselda 04-05-2010 19.44.42

Citazione:

Originalmente inviato da Sole (Messaggio 85200)
Però Grii, non prendertela, ma da quella parola: sopravvivenza, si ha la sensazione che se va via qualcuno nasce rabbia. Ed è di questo che mi pare si sta cercando il nocciolo.
Se si vede la dipartita, qualunque essa sia, come una questione di sopravvivenza è un pò come addossare agli altri la responsabilità del nostro benessere o malessere. Mentre invece una persona è libera di scegliere noi o non noi in qualunque condizioni si è. Triste, crudo, duro che sia.

______

Mah sto ripensando ancora e ci sono anche i casi in cui metti un incidente in cui ti muoiono i genitori e tu sei ancora minorenne, non arrivi anche ad odiare Dio? Cioè io parlo di cosa avviene in noi e tu parli di come invece dobbiamo comportarci?
Perchè nella realtà, insomma nel mondo, mica tutti sono come te o come Ray come Red etc intendo ognuno di noi è un piccolo mondo se la metti che dobbiamo tendere a quello che dici tu, lavorare a quello ok sono d'accordo ma se parliamo di realtà del mondo purtroppo capita anche la sopravvivenza parola che pare abbia colpito sia te che Red non so perchè.

RedWitch 04-05-2010 22.23.58

Citazione:

Originalmente inviato da griselda (Messaggio 85206)
.............. ma se parliamo di realtà del mondo purtroppo capita anche la sopravvivenza parola che pare abbia colpito sia te che Red non so perchè.


A me ha colpito quel che diceva sopra Sole, cioè che parlavi di sopravvivenza in funzione dell'altro. Ed è vero che capita, ci sono casi anche limite per esempio un bambino ha bisogno (reale) di qualcuno che si prenda cura di lui, ma se parliamo di una donna adulta, con figli che possa anche vivere fuori dal mondo, ma sana, con due braccia per lavorare.. allora dire che se il marito se ne va lei non sopravvive.. è comunque uno scaricare sull'altro. Io penso che se la donna in questione si trovasse davvero senza il marito per qualunque motivo (intanto ci sono delle sussistenze, assegni per separazioni etc), se si trovasse con il bisogno reale di sostentarsi, il modo lo troverebbe...

Poi ripeto, esistono i casi limite ma non mi pareva parlassimo di quelli... ma piuttosto di come elaborare la perdita di una persona cara

:C:

griselda 04-05-2010 22.44.09

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 85210)
ma se parliamo di una donna adulta, con figli che possa anche vivere fuori dal mondo, ma sana, con due braccia per lavorare.. allora dire che se il marito se ne va lei non sopravvive.. è comunque uno scaricare sull'altro. Io penso che se la donna in questione si trovasse davvero senza il marito per qualunque motivo (intanto ci sono delle sussistenze, assegni per separazioni etc), se si trovasse con il bisogno reale di sostentarsi, il modo lo troverebbe...

Poi ripeto, esistono i casi limite ma non mi pareva parlassimo di quelli... ma piuttosto di come elaborare la perdita di una persona cara

:C:

Non esistono solo i problemi di soldi esistono anche altri problemi di cui questa è la sezione e sono quelli psicologici.
Forse non si capiva davvero quello che ho scritto inizialmente e si è puntato tutto sulla parola che ho usato, forse fuori dal vostro standard.
Intendevo sottolineare i bisogni delle persone possono essere di entità diverse, e che sono quelli che nel momento in cui abbiamo una perdita perdiamo quello che l'altro riempiva. E se per l'altro è sopravvivenza quella cosa che sia sopravvivenza per lui/lei e per mille altri lui/lei no, chi può dire il contrario?
Poi ci sono persone che ce la fanno a salvarsi anche saltando da un precipizio e quelli che saltando da un gradino non sopravvivono.
Ti sembravo fuori tema?
Bon a me non sembrava. Io stavo cercando di chiarire a me stessa alcune cose, di cui avevo preso coscienza e a me è servito scriverlo. E anche io parlavo di elaborare una perdita.
:C:

Ray 04-05-2010 23.30.08

Citazione:

Originalmente inviato da griselda (Messaggio 85206)
Mah sto ripensando ancora e ci sono anche i casi in cui metti un incidente in cui ti muoiono i genitori e tu sei ancora minorenne, non arrivi anche ad odiare Dio? Cioè io parlo di cosa avviene in noi e tu parli di come invece dobbiamo comportarci?
Perchè nella realtà, insomma nel mondo, mica tutti sono come te o come Ray come Red etc intendo ognuno di noi è un piccolo mondo se la metti che dobbiamo tendere a quello che dici tu, lavorare a quello ok sono d'accordo ma se parliamo di realtà del mondo purtroppo capita anche la sopravvivenza parola che pare abbia colpito sia te che Red non so perchè.

Invece sono tutti come Sole, Red, Ray e Griselda. Umani, con i loro pregi e i loro difetti, che hanno, perdono, soffrono e cercano come possono di migliorarsi.
Il dire come le cose dovrebbero essere è un modo come un altro di cercare di capire, di vedersi e di migliorarsi, cosa che mi pare almeno in questo tread sicuramente si sta cercando di fare. Tra l'altro non ho detto che non dobbiamo essere dipendenti, certo sarebbe bello e magari è bene tendervi, ma dal discorso è implicito che tutti, anche se a diversi livelli, lo siamo. Il succo dell'argomento è che una perdita, un lutto, posto che prima o poi capita a tutti, può essere un'occasione per fare un passetto avanti... o uno indietro, dato che fermi non possiamo stare.

La parola sopravvivenza ha colpito qualcuno perchè evidentemente tocca tasti dolenti. In effetti chi certe cose le ha superate, in una misura o nell'altra, è perchè le ha avute non perchè è nato senza. Qualsiasi risultato che otteniamo comporta essere passati dal non averlo avuto.
Però è anche vero che dovremmo cercare di usare i termini per quel che vogliono dire. Dovremmo soprattutto per noi che li usiamo, dato che adoperarli fuori luogo è un buon modo per ingannarsi.
Se una cosa è effettivamente indispensabile alla mia sopravvivenza significa che se resto senza muoio. Come l'aria per più di cinque minuti. Ci sono situazioni relazionali che possono dare questa idea, però danno solo l'idea... le cose non stanno così. Anzi, se mi capita di perdere qualcosa che ritenevo indispensabile alla mia sopravvivenza e sopravvivo, significa che mi sbagliavo.

Spesso capita di sbagliarsi in questo senso, e la realtà può portarci dei bei risvegli, anche se dolorosi in un primo momento.

dafne 04-05-2010 23.30.24

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 85210)
dire che se il marito se ne va lei non sopravvive.. è comunque uno scaricare sull'altro. Io penso che se la donna in questione si trovasse davvero senza il marito per qualunque motivo (intanto ci sono delle sussistenze, assegni per separazioni etc), se si trovasse con il bisogno reale di sostentarsi, il modo lo troverebbe...

Immagino che stiamo deragliando paurosamente dal senso iniziale del discorso ma questa cosa mi mette addosso la necessità di dire la mia.
Razionalmente ciò che dici non fà una grinza e credo che sia supportato dal sicero pensiero che meglio un pò di crudezza che lasciare che qualcuno si trastulli nel suo dolore...ma è una mezza bufala, scusami, purtroppo per certi meccanismi bisogna sguazzarci dentro per poter sapere quanto difficile sia uscirne.

Sono giovane, discretamente intelligente, sana e con possibilità varie ma per riuscire a mettere in atto una separazione ho dovuto di gran lunga superare il limite della sopportazione. Idem per rendermi autonoma, cosa che oggettivamente ancora non sono.

Non basta rimboccarsi le maniche, o meglio, basterebbe nel momento in cui si riuscisse a trovare le braccia icon_mrgr: e "scaricare sull'altro" per quanto possa essere vero è decisamente troppo crudo per poter in alcun modo dare un qualsiasi aiuto. Fà male e basta.

Mi sono separata, stò lavorando, stò cercando di svincolarmi del tutto da certi legami eppure ancora questo tipo di frasi mi danno un certo urto perchè anche io allora come adesso ero consapevole che bastava solo che dicessi basta ma semplicemente non ci riuscivo
A volte bisogna prima uccidere per poter elaborare il lutto. icon_mrgr:

RedWitch 05-05-2010 09.39.17

Citazione:

Originalmente inviato da griselda (Messaggio 85211)
Non esistono solo i problemi di soldi esistono anche altri problemi di cui questa è la sezione e sono quelli psicologici.
Forse non si capiva davvero quello che ho scritto inizialmente e si è puntato tutto sulla parola che ho usato, forse fuori dal vostro standard.

Gris, io non ho detto da nessuna parte che una perdita sia indolore, cercavo solo di sottolinaeare il fatto che se una persona se ne va, non è lei che determina la tua morte/sopravvivenza , per quanto male faccia, per quanto possiamo essere abituati ad appoggiarci, io credo che l'uomo abbia le risorse per risollevarsi, nella maggior parte dei casi. Tu hai usato il termine sopravvivenza, che per me è un termine che vuole dire che senza quella persona io muoio. Capisco che una perdita (anche se la persona non muore, ma se ne va da noi) sia una sofferenza, solo che mi pareva portato all'eccesso e ho solo domandato e detto quel che penso, forse in maniera troppo sintetica e diretta, se ho urtato la tua sensibilità ti chiedo scusa, non è certo mia intenzione fare un processo ad una parola, in un thread.

Citazione:

Ti sembravo fuori tema?
Bon a me non sembrava. Io stavo cercando di chiarire a me stessa alcune cose, di cui avevo preso coscienza e a me è servito scriverlo. E anche io parlavo di elaborare una perdita.
:C:
Buon per te se ti è servito, non ho scritto che eri tu fuori tema, ho scritto che esistono dei casi limite ma che non mi pareva stessimo parlando di questi.

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 85212)
La parola sopravvivenza ha colpito qualcuno perchè evidentemente tocca tasti dolenti. In effetti chi certe cose le ha superate, in una misura o nell'altra, è perchè le ha avute non perchè è nato senza. Qualsiasi risultato che otteniamo comporta essere passati dal non averlo avuto.
Però è anche vero che dovremmo cercare di usare i termini per quel che vogliono dire. Dovremmo soprattutto per noi che li usiamo, dato che adoperarli fuori luogo è un buon modo per ingannarsi.
Se una cosa è effettivamente indispensabile alla mia sopravvivenza significa che se resto senza muoio. Come l'aria per più di cinque minuti. Ci sono situazioni relazionali che possono dare questa idea, però danno solo l'idea... le cose non stanno così. Anzi, se mi capita di perdere qualcosa che ritenevo indispensabile alla mia sopravvivenza e sopravvivo, significa che mi sbagliavo.

Ecco forse questo passaggio del thread di Ray puo' essere chiarificatore...

Citazione:

Originalmente inviato da dafne (Messaggio 85213)
..................
Razionalmente ciò che dici non fà una grinza e credo che sia supportato dal sicero pensiero che meglio un pò di crudezza che lasciare che qualcuno si trastulli nel suo dolore...ma è una mezza bufala, scusami, purtroppo per certi meccanismi bisogna sguazzarci dentro per poter sapere quanto difficile sia uscirne.

Parliamo di me che facciamo prima e magari non ti senti tirata in causa.

Ho un lavoro, part time, con quello che prendo di stipendio riesco a pagare la mia parte di mutuo, ma se dovessi sopravvivere (mangiare, pagare le bollette) non potrei farcela. Sto cercando lavoro, ma è un momento un po' così, pero' posso permettermi di scartare certe offerte, che so, i lavori che andrebbero fatti al sabato a alla domenica, o quelli più faticosi. Ho una famiglia, e mio padre mi da una mano economicamente. Se domani mio padre decidesse di chiudere i lacci dei borsoni, io mi troverei a dover fare i conti con questa cosa, non avrei più le entrate sufficienti, e quindi, sarei costretta a muovermi sul serio, non a fare con comodo come adesso. Ma ti assicuro che se mi trovassi nell'emergenza non farei tanto la schizzinosa.

Poi quello che diceva sopra Ray, mettici tutte le mie imperfezioni, il fatto che sto cercando di migliorarmi etc, e che faccio come posso.

Infine, non mi stavo riferendo a te (e a nessuno di noi) nell'esempio, ognuno ha i propri dolori nella vita, nessuno escluso, non mi permetterei di banalizzare o giudicare il tuo dolore, ognuno ha il proprio percorso, pero' scusa Daf, ti sei sentita tirata in causa in qualcosa che proprio non c'entra con te e senza alcun riferimento da parte mia.

griselda 05-05-2010 10.28.39

Scusate non cito nessuno ma rispondo parlando a tutti i coinvolti.
Io penso Red che invece qui l'unica che possa parlare per vissuto è proprio Daf perchè ci è passata attraverso e non ad un fidanzamento ad un matrimonio ect non entro nei particolari scusa Daf non voglio tirarti dentro abbraccio:
Siamo spesso capaci di dire anche se per carità conosciamo le dinamiche etc ma esserci dentro e passarci è diverso.
Io ho perso i genitori alcuni per queste perdite stanno molto più male di come sono stata io, ho perso fidanzati, ragazzi e altri non si sono più riavuti io non ho fatto tanti problemi mi sono rialzata mi sono spolverata e ho ripreso a vivere dopo un po'. La prima volta ci ho messo un po' di più ma tutto si impara e si sopravvive.
Parliamo di oggi?
Non ho più 20 anni, neppure 30, neppure 40....bon le cose a tutte quell'età sono diverse. Le perdite almeno secondo me si affrontano in modo diverso alle diverse età. Anche alle diverse età psicologiche e anche alla forza che ci è rimasta, a forza di dai e dai ti fai forte ma a me è capitata una cosa che non mi ha fatta più forte mi ha quasi distrutta. Non posso per questo parlare di sopravvivenza perchè Ray scusa non è questione di termini è questione di sentire! E' esagerato? Per te. Per me non lo è. E' il mio sentire. E non può essere ne quello di Ray di Red di Sole. Probabilmente non ho risolto ancora e come tu mi insegni no? Se non hai risolto sei li a sguazzare nel ... non metto la parola trovatene voi una adeguata ma pensatene ad una brutta.
Avete presente quando da un incidente quindi dalla perdita della salute, dell'integrità fisica, si va in coma?
Bon si perde qualcosa no?
Ci sta nel discorso spero di non allargare troppo.
Beh si può uscire da una storia, da una perdita menomati.
C'è chi ha un trauma non essendo già forte in partenza, avendo una psiche piccina, mettetici quello che volete che non riesce ad uscire, o almeno non senza aiuto.
Ho scoperto ora che ci sono centri in cui si elaborano i lutti, secondo voi se non fossero necessari ci sarebbero?
Ognuno ha i suoi lutti, ognuno la propria capacità di elaborarli a seconda dei propri muscoli psichici e fisici Red, non te la prendere ma è così. Che poi chi non ha i muscoli psichici ancora grossi è da giudicare male ognuno può giudicare come vuole. Ognuno ha i propri demoni i propri difetti, siamo qui tutti per lavorarci chi ci riesce meglio e chi peggio.
Tutte cose con cui affronti anche le tue perdite.

gibbi 05-05-2010 14.16.05

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 85098)
........... Per questo ogni percorso serio più o meno parte dal raorzare la capacità di reggere, di sentire. Rafforzare i nervi......

Quando potrai / vorrai mi farebbe piacere appronfondire questo passaggio . Messo così , anche se i puntini di sospensione lasciano intendere molto altro tende a passare inosservato , mentre ho la sensazione che possa chiarire il perchè di molte mie dinamiche a tutt'oggi irrisolte.

dafne 05-05-2010 15.06.32

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 85224)

Parliamo di me che facciamo prima e magari non ti senti tirata in causa.

Ho un lavoro, part time, con quello che prendo di stipendio riesco a pagare la mia parte di mutuo, ma se dovessi sopravvivere (mangiare, pagare le bollette) non potrei farcela. Sto cercando lavoro, ma è un momento un po' così, pero' posso permettermi di scartare certe offerte, che so, i lavori che andrebbero fatti al sabato a alla domenica, o quelli più faticosi. Ho una famiglia, e mio padre mi da una mano economicamente. Se domani mio padre decidesse di chiudere i lacci dei borsoni, io mi troverei a dover fare i conti con questa cosa, non avrei più le entrate sufficienti, e quindi, sarei costretta a muovermi sul serio, non a fare con comodo come adesso. Ma ti assicuro che se mi trovassi nell'emergenza non farei tanto la schizzinosa.

Poi quello che diceva sopra Ray, mettici tutte le mie imperfezioni, il fatto che sto cercando di migliorarmi etc, e che faccio come posso.

Infine, non mi stavo riferendo a te (e a nessuno di noi) nell'esempio, ognuno ha i propri dolori nella vita, nessuno escluso, non mi permetterei di banalizzare o giudicare il tuo dolore, ognuno ha il proprio percorso, pero' scusa Daf, ti sei sentita tirata in causa in qualcosa che proprio non c'entra con te e senza alcun riferimento da parte mia.


Qui non c'entra il sentirsi o il non sentirsi tirati in causa, cosa che peraltro mi ripeti ogni volta che provo a farti un'osservazione, il che rende in pratica impossibile il dialogo. Onestamente fino a qualche tempo fà la cosa mi ha fatto sia dispiacere che incavolare ma oggi mi rendo conto che forse è solo un periodo così, di incomprensione linguistica e ci può anche stare.

La questione che mi stà a cuore invece è legata a un certo modo di esprimersi, di rendere certe situazioni come "va là che te la racconti". Non ho detto che non sia mai così ma piuttosto che esiste una cosa chiamata sensibilità personale che può dare vari problemi, tra cui il peggiore è la chiusura.

Quando ti senti minacciata da un abbandono tutto ciò che è razionale e ragionevole va a gambe all'aria, certo che si sopravvive senza l'altro ma vai a raccontarlo a quella parte di me che ancora oggi a distanza di ben 5 anni da una separazione tenta di farsi venire gli attacchi di panico se pensa a una causa di divorzio dove dover spiattellare fuori tutte le magagne.

Non è questione qui di misurare chi è stato più male ma di rendersi conto che dall'altra parte del filo c'è una persona e che qualche volta, dico qualche volta eh, non sono sempre gli altri a proiettare ma magari può capitare anche a noi.

Le braccia per lavorare o essere adulta o essere sana qualche volta non sono condizioni sufficienti, va bene spingere perchè si esca dal guano ma attenzione, ripeto, al come. Passa come un voler mortificare il disagio altrui, A me solo dici Non credo ma anche se così fosse non credi che dovresti perlomeno concederti il beneficio del dubbio che non siano solo proiezioni e problemi miei ma che forse puoi aver calcato troppo la mano anche tu?.

Mi costa fatica scriverlo, preferirei non discutere con te ma questo è quanto, forse elaborare i lutti parte anche e innanzitutto dal rendersi conto che ci sono stati.

:C:

Ray 05-05-2010 17.53.28

Citazione:

Originalmente inviato da gibbi (Messaggio 85250)
Quando potrai / vorrai mi farebbe piacere appronfondire questo passaggio . Messo così , anche se i puntini di sospensione lasciano intendere molto altro tende a passare inosservato , mentre ho la sensazione che possa chiarire il perchè di molte mie dinamiche a tutt'oggi irrisolte.

E' un discorso generale, che riguarda tutti i tipi di processi, non solo l'elaborazione del lutto. Forse meriterebbe un discorso a se, ma in realtà è presto detto: qualsiasi "risoluzione" richiede di reggere ciò che si sente e di sentirlo fino in fondo, insomma di reggere la tensione relativa a quell'esperienza.
E' chiaro che più si è capaci di reggere, prima e meglio si fa. La capacità di reggere dipende da vari fattori, uno dei quali, piuttosto importante, è la "solidità" dei nostri nervi... che per altro è rafforzabile.
Il fatto che abbia appena accennato questo argomento ha il motivo che andrebbe trattato in esoterismo, perchè se ci limitiamo agli aspetti psicologici ci perdiamo dei pezzi. In ogni caso sforzarsi si sentire, combattendo ocntro la tendenza a rimbalzar via dalle emozioni/sensazioni sgradevoli, rafforza.

RedWitch 05-05-2010 18.18.56

Citazione:

Originalmente inviato da dafne (Messaggio 85251)
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La questione che mi stà a cuore invece è legata a un certo modo di esprimersi, di rendere certe situazioni come "va là che te la racconti". Non ho detto che non sia mai così ma piuttosto che esiste una cosa chiamata sensibilità personale che può dare vari problemi, tra cui il peggiore è la chiusura.
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Mi dispiace Daf, è evidente che se la vivi cosi, ti sei sentita ferita da me, ti chiedo scusa, non l'ho fatto di proposito, quando ho scritto quella benedetta frase superficiale non ho pensato che ci potesse essere qualcuno che la prendesse sul personale, passami per buona l'intenzione.

Non volevo sminuire il tuo dolore, nè quello di nessun altro, nè far passare che qualcuno se la racconta, o peggio mortificarne il disagio. Se ho calcato la mano, cercherò di fare attenzione per le prossime volte, cercherò di lavorarci sopra.

Di contro, ti posso dire che spesso, quando ti rivolgi a me, ti percepisco aggressiva, sarà un problema/proiezione mio anche questo , pero' se ho toccato un nervo scoperto inconsapevolmente e tu mi lanci fuoco e fiamme, difficilmente riuscirò a dialogare..

Al di là di questo, se vuoi possiamo anche continuare in altro thread, lascerei questo tornare al suo senso, altro che OT.. :H


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