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Uno 29-10-2010 14.59.36

Approssimazioni
 
Partendo da una questione matematica (facile anche per chi non la digerisce, prometto) vorrei introdurre un concetto che sintetizzato potremmo definire: relazione tra finito ed infinito.
Se provate, calcolatrice alla mano, a fare 32 diviso 3 e poi il risultato diviso per 1,1 poi prendete il risultato finale e lo rimoltiplicate prima 1,1 e poi per 3 scoprirete che tutto verrà fuori (in maniera diversa a seconda del tipo di calcolatrice che userete) meno che 32 come invece a prima vista ci si aspetterebbe.

Su questo concetto si basano molte cose, la nostra imperfezione, la nostra ordinaria incapacità di comprendere l'infinito etc.
Delle piccole approssimazioni, necessarie non avendo strumenti abbastanza grandi quando poi cerchiamo di tornare all'unità ci danno un risultato falsato.

Mi fermo per lasciarvi riflettere e se volete, aggiungere qualcosa.

dafne 30-10-2010 22.33.15

Mi è capitato delle volte di dover fare questo tipo di conti e non ne sono mai uscita con una risposta dry.gif

Nella matematica la cosa è lampante mi stavo chiedendo invece in quali modo possono falsare il nostro rapporto con l'infinito, forse dipende dal fatto, ad esempio, che le nostre percezioni sono grossolane?
Ad esempio possiamo essere poco sensibili, quindi percepire le emozioni diciamo più macroscopiche, o più sensibili, capaci quindi di cogliere più sfumature.

Maggiore è lo spettro di emozioni che riusciamo a percepire minore è la possibilità di errore, approssimiamo meno, no?

Sole 31-10-2010 09.47.53

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 91680)

Su questo concetto si basano molte cose, la nostra imperfezione, la nostra ordinaria incapacità di comprendere l'infinito etc.
Delle piccole approssimazioni, necessarie non avendo strumenti abbastanza grandi quando poi cerchiamo di tornare all'unità ci danno un risultato falsato.

Siamo divisi con un numero periodico? Mi viene in mente l'immagine di due specchi frontali che riflettono ciò che è in mezzo infinite volte, ma noi restiamo concentrati ad osservare solo la prima o raramente qualcuna successiva, più che altro affascinati dall'infinita ripetizione.
Quindi non trovo soluzione al problema, siamo destinati ad essere approsimativi? Con gli specchi basta escluderne uno per tornare all'unità ma che è sempre comunque un riflesso di essa come il numero ne è una rappresentazione.

nikelise 02-11-2010 18.00.39

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 91680)
Partendo da una questione matematica (facile anche per chi non la digerisce, prometto) vorrei introdurre un concetto che sintetizzato potremmo definire: relazione tra finito ed infinito.
Se provate, calcolatrice alla mano, a fare 32 diviso 3 e poi il risultato diviso per 1,1 poi prendete il risultato finale e lo rimoltiplicate prima 1,1 e poi per 3 scoprirete che tutto verrà fuori (in maniera diversa a seconda del tipo di calcolatrice che userete) meno che 32 come invece a prima vista ci si aspetterebbe.

Su questo concetto si basano molte cose, la nostra imperfezione, la nostra ordinaria incapacità di comprendere l'infinito etc.
Delle piccole approssimazioni, necessarie non avendo strumenti abbastanza grandi quando poi cerchiamo di tornare all'unità ci danno un risultato falsato.

Mi fermo per lasciarvi riflettere e se volete, aggiungere qualcosa.

Adesso ho capito perche' la matematica mi e' sempre stata qui!
La matematica e' la massima astrazione possibile di concetti che altrimenti espressi hanno almeno per me ben altro fascino .
Ora un concetto cosi' affascinante come la relazione tra finito ed infinito si potrebbe esprimere con una serie di divisioni e corrispondenti opposte moltiplicazioni .

Il termine approssimazione significa avvicinamento ma ha preso nel parlare comune un ben altro piu' negativo significato .
Se noi e le cose siamo una parte dell'infinito non c'e' dubbio che la somma di tutti gli individui e di tutte le cose del mondo non possono costituire neppure lontanamente l'infinito .
C'e' sempre qualcosa che manca nel piccolo come nel grande cosi' come piu' ci si sposta in avanti verso il completo piu' si aggiunge un di piu' che non e' definibile che fa si che si sia sempre in approssimazione .
Quel completo che e' solo tendente alla perfezione ma mai perfezione .

Ma come puo' essere definito quel di piu' che si ottiene volta per volta o quella differenza che manca alla perfezione o che manca a tornare a fare 32 ?

Carlotta 02-11-2010 21.42.40

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 91680)
Partendo da una questione matematica (facile anche per chi non la digerisce, prometto) vorrei introdurre un concetto che sintetizzato potremmo definire: relazione tra finito ed infinito.
Se provate, calcolatrice alla mano, a fare 32 diviso 3 e poi il risultato diviso per 1,1 poi prendete il risultato finale e lo rimoltiplicate prima 1,1 e poi per 3 scoprirete che tutto verrà fuori (in maniera diversa a seconda del tipo di calcolatrice che userete) meno che 32 come invece a prima vista ci si aspetterebbe.

Su questo concetto si basano molte cose, la nostra imperfezione, la nostra ordinaria incapacità di comprendere l'infinito etc.
Delle piccole approssimazioni, necessarie non avendo strumenti abbastanza grandi quando poi cerchiamo di tornare all'unità ci danno un risultato falsato.

Mi fermo per lasciarvi riflettere e se volete, aggiungere qualcosa.

Io ho provato con la calcolatrice del computer e il risultato è proprio 32 come del resto deve essere.....

Grey Owl 02-11-2010 22.06.16

Citazione:

Originalmente inviato da Carlotta (Messaggio 91884)
Io ho provato con la calcolatrice del computer e il risultato è proprio 32 come del resto deve essere.....

Si è vero, con quella che si trova in accessori di windows XP il risultato è sempre 32. Ho usato una calcolatrice reale con un display a 8 cifre ed il risultato è 31,999995.

Se ho capito bene è come se avessi un'asse di legno lungo 10metri e ne volessi ottenere 100 pezzi da 1cm.

In teoria ne otterrei 99 tenuto conto che il taglio della sega è di 1mm.
10.000mm / 101mm = 99,0099009900990099 pezzi

In pratica neanche 98 ne otterrei in quanto c'è sempre una tolleranza che non viene considerata.

Questo è approssimare sempre in difetto e non in eccesso perchè quando si divide c'è sempre un resto che non si tiene in considerazione.

Quando si somma invece è inevitabile che si approssima sempre in eccesso perchè si corre il rischio di non aver spazio per gli elementi aggiunti.

L'approssimazione è inevitabile quando passiamo dal teorico al reale. Come se volessimo rappresentare un segmento obliquo con dei segmenti orrizzontali e verticali. Tipo la quadrettatura di un foglio millimetrato in cui non possiamo seguire linee che escono dalla quadrettatura.
La somma dei segmenti non avrà la stessa misura del segmento obliquo.
Questo è inevitabile perchè nel calcolo matematico non si tiene conto dei frazionali e di tutte le cifre dopo la virgola.

Carlotta 02-11-2010 22.57.29

Non è vero che la divisione dà sempre risultati in difetto, si approssima alla cifra decimale precedente più vicina. Es: 2:3 da origine ad un numero periodico 0,66666..., se voglio approssimarlo alla terza cifra decimale otterrò 0,667 che è in eccesso e da un'approssimazione migliore di 0,666.
Non mi è chiaro cosa vuoi dire nell'ultimo capoverso, se puoi rispiegarlo grazie

Grey Owl 02-11-2010 23.15.10

Hai ragione Carlotta, mi sono espresso male io. Non è vero che la divisione dà sempre risultati in difetto, però si approssima sempre con la seconda o terza cifra dopo la virgola, ed il resto che fine fà?

Immagina un segmento obliquo, ad esempio l'ipotenusa di un triangolo rettangolo. Adesso immagina di avere un foglio a quadretti in cui devi rappresentare l'ipotenusa seguendo le linee dei quadretti e quindi rappresentando l'ipotenusa come una scala a gradini.

La somma di quei segmenti sarà maggiore dell'ipotenusa stessa (segmento diagonale).

Questo per dire che le approssimazioni a gradini del nostro ragionare a quadretti sono all'ordine del giorno rispetto all'ipotenusa della vita.

Carlotta 02-11-2010 23.34.46

Io vorrei chiarire un concetto: 2/3 è un numero come qualsiasi altro numero intero ed ha una sua precisa posizione sulla retta orientata. Se poi lo vogliamo esprimere in forma decimale, essendo un numero decimale periodico , può presentarsi il problema dell'approssimazione che significa sostituirlo con un decimale finito e a seconda delle precisione dell'approssimazione lo scarto dal valore reale potrà essere più o meno grande.

Grey Owl 03-11-2010 00.43.57

E' giusto chiarire il concetto, mi trovi d'accordo quando dici che un qualsiasi numero ha una sua precisa posizione in un'asse cartesiano.

Quello a cui facevo riferimento è che un numero frazionario può avere un numero decimale finito oppure un numero decimale periodico.

Nell'esempio di prima 2/3 corrisponde a 0,6 periodico

L'approssimazione in questo caso è d'obbligo in quanto bisogna sostituirlo con un decimale finito.

0,6 periodico = 0,6 (+ 0,066666666666666) = 0,67
0,6 periodico = 0,66 (+ 0,00666666666666) = 0,667

Siccome siamo in filosofia volevo portare il discorso delle approssimazioni nell'ambito filosofico anche se con la matematica ci sono delle forti analogie.

Comè possibile che da una frazione di due numeri interi otteniamo un numero priodico, ovvero un resto che tende all'infinito?

E' come se volessimo dividere due torte in 3 parti esattamente uguali, le briciole sarebbero infinite.

Quello che mi colpisce è la necessità di approssimare in quanto è indefinibile il resto che tende all'infinito.

Eppure le torte sono due e sono finite, anche le parti sono tre e sono finite, però non riuscirò ad ottenere tre parti uguali perchè alla fine dovrò in ogni caso approssimare.

Nessuno di questo mondo può arrivare all'infinito come mai nessuno è mai stato uno zero assoluto, è pur vero che si può tendere all'infinito oppure tendere allo zero assoluto ma questo è un'altro discorso.

Approssimare è necessario all'uomo per rimanere nel suo mondo pur stando dentro ad un contesto che ammette l'infinito e lo zero assoluto.

Carlotta 03-11-2010 01.15.56

Citazione:

Originalmente inviato da Grey Owl (Messaggio 91893)
E' giusto chiarire il concetto, mi trovi d'accordo quando dici che un qualsiasi numero ha una sua precisa posizione in un'asse cartesiano.

Quello a cui facevo riferimento è che un numero frazionario può avere un numero decimale finito oppure un numero decimale periodico.

Nell'esempio di prima 2/3 corrisponde a 0,6 periodico

L'approssimazione in questo caso è d'obbligo in quanto bisogna sostituirlo con un decimale finito.

0,6 periodico = 0,6 (+ 0,066666666666666) = 0,67
0,6 periodico = 0,66 (+ 0,00666666666666) = 0,667

Siccome siamo in filosofia volevo portare il discorso delle approssimazioni nell'ambito filosofico anche se con la matematica ci sono delle forti analogie.

Comè possibile che da una frazione di due numeri interi otteniamo un numero priodico, ovvero un resto che tende all'infinito?

E' come se volessimo dividere due torte in 3 parti esattamente uguali, le briciole sarebbero infinite.

Quello che mi colpisce è la necessità di approssimare in quanto è indefinibile il resto che tende all'infinito.

Eppure le torte sono due e sono finite, anche le parti sono tre e sono finite, però non riuscirò ad ottenere tre parti uguali perchè alla fine dovrò in ogni caso approssimare.

Nessuno di questo mondo può arrivare all'infinito come mai nessuno è mai stato uno zero assoluto, è pur vero che si può tendere all'infinito oppure tendere allo zero assoluto ma questo è un'altro discorso.

Approssimare è necessario all'uomo per rimanere nel suo mondo pur stando dentro ad un contesto che ammette l'infinito e lo zero assoluto.

Dalla divisione di due numeri interi m/n si possono presentare due possibilità dopo la virgola: il resto parziale è zero e si ottiene un numero decimale finito o
al massimo dopo n divisioni il resto si ripete e si ottiene un numero periodico.Non è il resto che tende all'infinito il che vorrebbe dire che diventa sempre più grande mentre invece si avvicina sempre di più ad un preciso numero. Conosci il paradosso di Zenone e la tartaruga?
tornando alle torte le briciole diventano infinite ma anche sempre più infinitamente piccole.

Ray 03-11-2010 01.18.00

Citazione:

Originalmente inviato da Carlotta (Messaggio 91884)
Io ho provato con la calcolatrice del computer e il risultato è proprio 32 come del resto deve essere.....

Perchè è programmato per approssimare di nuovo... in pratica corregge l'errore.

Citazione:

Originalmente inviato da Carlotta (Messaggio 91889)
Io vorrei chiarire un concetto: 2/3 è un numero come qualsiasi altro numero intero ed ha una sua precisa posizione sulla retta orientata. Se poi lo vogliamo esprimere in forma decimale, essendo un numero decimale periodico , può presentarsi il problema dell'approssimazione che significa sostituirlo con un decimale finito e a seconda delle precisione dell'approssimazione lo scarto dal valore reale potrà essere più o meno grande.

No dai, 2/3 non è come un qualsiasi altro numero intero. Certo che ha una sua precisa collocazione sulla retta orientata, ma per definirlo è stato necessario definire un campo di esistenza diverso da quello dei numeri interi e più ampio.
Campo di esistenza... questo andrebbe approfondito.

Come dice bene Grey 2/3 mostra come da due numeri interi, finiti, si generi l'infinito se si mettono in relazione. Infatti la loro relazione, nella sua interezza, sfugge. Non termina mai. Certo, indicando il risultato semplicemente in frazione non abbiamo il disturbo di occuparcene, ma non è come dici tu... "se volessimo esprimerlo come decimale... (ecc)" è la relazione che sgomenta. Se tagliamo il due in tre pezzi ci avanza sempre qualcosa, non terminiamo mai. E se terminiamo, allora stiamo certi che i tre pezzi non sono uguali. Una volta iniziato il processo, invertendolo, ci perderemmo qualcosa e non ritroveremo il nostro due.
Cosa ci perderemmo? Tutto quello che non siamo riusciti ad abbracciare, a com-prendere quando abbiamo interrotto il processo divisorio per invertirlo.


mmmh, non è semplicissima da spiegare sta roba qua...

Carlotta 03-11-2010 11.19.55

Infatti non ho capito cosa vuoi dire, comunque se divido un intero in due parti o in tre nella pratica non riusciremo mai ad avere parti perfettamente uguali come invece è possibile teoricamente

luke 03-11-2010 11.31.37

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 91897)
Perchè è programmato per approssimare di nuovo... in pratica corregge l'errore.



No dai, 2/3 non è come un qualsiasi altro numero intero. Certo che ha una sua precisa collocazione sulla retta orientata, ma per definirlo è stato necessario definire un campo di esistenza diverso da quello dei numeri interi e più ampio.
Campo di esistenza... questo andrebbe approfondito.

Come dice bene Grey 2/3 mostra come da due numeri interi, finiti, si generi l'infinito se si mettono in relazione. Infatti la loro relazione, nella sua interezza, sfugge. Non termina mai. Certo, indicando il risultato semplicemente in frazione non abbiamo il disturbo di occuparcene, ma non è come dici tu... "se volessimo esprimerlo come decimale... (ecc)" è la relazione che sgomenta. Se tagliamo il due in tre pezzi ci avanza sempre qualcosa, non terminiamo mai. E se terminiamo, allora stiamo certi che i tre pezzi non sono uguali. Una volta iniziato il processo, invertendolo, ci perderemmo qualcosa e non ritroveremo il nostro due.
Cosa ci perderemmo? Tutto quello che non siamo riusciti ad abbracciare, a com-prendere quando abbiamo interrotto il processo divisorio per invertirlo.


mmmh, non è semplicissima da spiegare sta roba qua...


Quindi è come se col taglio fossimo "scesi" in un altro piano in cui non abbiamo gli strumenti per comprendere?
Come quando si scende nel mondo sub-atomico , quantistico e troviamo nuove leggi , nuove forze che esistono lo stesso ma dal punto vista quotidiano, ordinario non si palesano.

Uno 03-11-2010 11.34.46

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 91897)
Perchè è programmato per approssimare di nuovo... in pratica corregge l'errore.

Più semplicemente il calcolo da me proposto non termina nella prima manche con un numero decimale abbastanza grande, quindi la calcolatrice di windows riesce a gestire la cifra senza approssimare.

Ma anche se adesso non ho voglia di cercare un esempio con numeri decimali tanto grandi da uscire dal range dei numeri del pc, quello era un esempio.... come non volevo incentrare il discorso sulla matematica (ostica per qualcuno) ma sul concetto.
Gli orientali direbbero che si è guardato il dito invece che la Luna

Si potrebbe spostare il discorso sulle percezioni.
Noi sappiamo che esistono delle frequenze che sono percepibili solo strumentalmente o da particolari individui anomali (intendo diversi dal comune, dalla media, non che siano peggio o meglio).
Spesso questi individui non trovando altri che hanno la stessa esperienza percettiva sono costretti a raccontare la cosa utilizzando come parametri quello che gli altri conoscono.
In sostanza è come rapportare un decimale troppo lungo con uno più corto fin dove arriva la capacità della calcolatrice o del computer... o la pazienza nello scrivere e fare il calcolo a mano (fin dove non ci si perde)... cioè approssimare.

Questo ultimo esempio mi torna utile anche per introdurre un altro discorso.
Mettiamo che io inizio a mano a dividere 1 per 7 (esempio eh...) e poi il risultato a ridividerlo per 7 finchè riesco....
Che succede quando le cifre iniziano a diventare troppo lunghe e mi sbaglio? (in sostanza una via complementare all'approssimazione e per questo spesso erroneamente oggi confuse tra loro come faceva osservare Nike).
Non riuscirò più a tornare indietro all'uno, soprattutto dopo aver perso i passaggi consecutivi.
Praticamente è quello che viviamo con la vita, ma è anche l'unico modo per creare possibilità di libero arbitrio di cui ultimamente spesso discutiamo. Non sto intendendo che se sbagliamo e solo in questo caso possiamo scegliere. Ma che comunque una possibile scelta è originata da uno sbaglio di qualcuno, qualcosa, da un errore del sistema etc....

E questo permette anche l'operazione algebrica meno per meno uguale più, cioè usare l'errore e l'imperfezione per poter scegliere di, quanto meno, riavvicinarsi, tendere, alla perfezione

Concetto globalmente difficile da mandar giù, me ne rendo conto, anche facile da fraintendere. Mi rifermo per vedere cosa ne esce.

Ray 03-11-2010 22.30.03

Citazione:

Originalmente inviato da Carlotta (Messaggio 91903)
Infatti non ho capito cosa vuoi dire, comunque se divido un intero in due parti o in tre nella pratica non riusciremo mai ad avere parti perfettamente uguali come invece è possibile teoricamente

Ammettiamo di avere la capacità di tagliare una torta senza far briciole e di essere precisi. Se la mia torta pesa due chili e voglio dividerla in due posso anche nella pratica... un chilo a testa. Ma se voglio dividerla in tre già col taglio devo approssimare, perchè non c'è un peso (o misura) che posso riportare esattamente.
Approssimare è scrivere (o usare o tagliare o dare) un numero al posto di un altro, una porzione al posto di un altra. Ti darò magari 0,66667 chili.. ma non è un terzo.


Ma bon, era solo per chiarire, rischiamo di andare ot e guardare il dito invece della luna, come dice Uno.

Grey Owl 03-11-2010 23.02.56

Quello che dice Uno, su quegli individui anormali, mi fa ricordare che non ho mai visto i numeri in quei disegni colorati che ti fanno vedere durante le visite dall'oculista. Sono daltonico (ma non tanto grave) e vedo un colore verde dove gli altri vedono un grigio oppure vedo rosa un colore che per gli altri è azzurrino.
Quello che è stato sempre uno scorno è di non aver mai visto un numero dentro quel grumo di pallini colorati con colori insulsi di verie tonalità. Ed anche il sospetto che i miei quadri ed i miei disegni piacciono anche se non come li vedo io.

Ho voluto farlo con la calcolatrice di windows e perpetrare l'oriental errore di seguire il dito del maestro che indica la luna.
Primo passaggio
1:7=0,142857142857142857 (142857periodico strabuzza:)

Secondo passaggio
0,142857142857142857142857142857142857:7=
0,020408163265306122448979591836735

Terzo passaggio
0,020408163265306122448979591836735:7=
0,0029154518950437317784256559766764

Mi par di capire che il libero arbitrio si trova nelle pieghe dell'errore per approssimazione.

Le approssimazion creano la "possibilità di movimento" ed all'interno di questa possibilità può accadere il libero arbitrio.

E' come nell'esempio (mal riuscito) della sega che facevo prima. Devo sempre considerare un margine, una tolleranza quando costruisco qualcosa perchè vi sarà sempre quella imperfezione che mi costringe a costruire più largo del teorico.

Se sono troppo abbondante avrò della luce nei pezzi e balleranno nell'incastro ma se sarò scarso non riuscirò ad incastrarli.

Negli incastri della vita è così, essendo in un'universo infinito dovrò approssimare la mia vita per incastrarmi con essa e nell'imperfezione dell'incastro posso avere quella possibilità di movimento in cui può accadere il libero arbitrio.

nikelise 04-11-2010 08.28.00

Forte sta cosa dell'approssimazione e del libero arbitrio .
Se tutto fosse preciso sarebbe predeterminato quindi meccanico e non libero .

Mi viene in mente anche che Schachespear senza l'approssimazione non avrebbe potuto comporre '' il mercante di Venezia '' .
Li' il mercante usuraio ebreo Shylok chiese al proprio debitore Antonio, cristiano odiato dal mercante ebreo , di rispettare l'accordo che prevedeva una libbra di carne umana se non fosse stato in grado di restituire il denaro che gli aveva prestato .
Portato il debitore davanti al Doge per far valere i suoi diritti non pote' ottenere quello che voleva perche' avrebbe dovuto tagliare da Antonio esclusivamente una libbra di carne ne' piu' ne' meno, (non una goccia di sangue avrebbe dovuto prendere ma neanche un milligrammo in piu' di carne ) in caso contrario sarebbe stato condannato a morte ed avrebbe perso tutti i suoi beni .
In questo caso l'approssimazione e' riuscita a mitigare gli effetti di una legge ingiusta che non poteva essere applicata alla lettera .

Ma chissa quanti esempi si possono fare di una saggia approssimazione liberatoria dallo stress della perfezione ad ogni costo .

Edera 04-11-2010 11.34.02

Mi fa venire in mente la difficoltà del pensiero, almeno del mio, quando tento di lanciarlo verso l'infinito per comprendere chi sono, cosa faccio qui ecc ecc, insomma quando tento di incastrare la mia esistenza in una logica universale, in quella che leggo o mi viene raccontata come tale. Mi sembra simili al processo del calcolo che non riesce a tornare indietro formando il numero esatto di partenza, anche volendo non sono in grado di recuperare tutti i pezzetti.

Grey Owl 05-11-2010 01.10.32

Concordo con nike, è un potente messaggio questo, l'imperfezione nella vita crea quello spazio per poter tendere alla perfezione.

Non lo avevo colto subito ma è sotto gli occhi di tutti.

2/3=0,6666666666

Essendoci sempre un resto nella divisione (l'imperfezione) questa genera un'ulteriore resto che a sua volta ne genera un'altro all'infinito. Ha ragione Carlotta quando dice che è un numero più piccolo ma rimane il fatto che c'è, si tratta di proporzioni (altro concetto interessante).

Il resto che intendo è questo:
2/3=0,6+0,06+0,006+0,0006+... tendente all'infinito.


Se elimino in me (segno meno) una mia mancanza, una mia pecca (segno meno) il prodotto che ottengo è positivo (segno più) in quanto sono più completo. Questo può essere il senso del perchè in matematica meno per meno fa più.

Tradotto da chi lavora con le forme e gli spazi mi viene da dire che il prodotto (inteso come produzione), la risultante di due imperfezioni (dimensioni errate in difetto) crea quella possibilità di movimento, quella luce nell'incastro. Ed all'interno di quella possibilità, di quella luce può accadere (oppure no ed è questa è la magia della vita) il libero arbitrio.

Questo ultimo passaggio forse l'ho capito solo io.

Uno 09-11-2010 10.44.50

E la conoscenza? Riuscite a vedere come si incastra nel discorso?

Ray 09-11-2010 15.12.05

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 92185)
E la conoscenza? Riuscite a vedere come si incastra nel discorso?

Beh, questa delle approssimazioni è un altro modo, direi più approfondito e passibile di approfondimenti, per dire che non conosciamo mai la cosa in se, ma sempre qualcos'altro, che vi si avvicina tanto quanto meno approssimiamo.

Quando indago per conoscere una "cosa" sto partendo (da partizione) la realtà e, a meno di indagare all'infinito, mi fermerò ad un'approssimazione, più o meno buona. Per ferrmarmi intendo "farmi un'idea".
Ma anche ove il mio oggetto di indagine fosse il tutto, il formare un'idea significherebbe approssimare.

Beh, direi che è inevitabile... basta saperlo, tenerlo presente, e quindi non cristallizzare mai un'idea.

diamantea 10-11-2010 22.42.06

Stasera dovevo accompagnare mio figlio in un posto vicino casa ma che non conoscevo.
Ho chiesto informazioni per strada ad un signore il quale aveva nella sua mente bene impressa la strada ma i riferimenti che mi dava non mi dicevano nulla di preciso, anzi io pensavo a tutt'altra indicazione.
Comunque spiega e rispiega in modo approssimativo ho capito la direzione ed un riferimento che certo dovevo cercarlo strada facendo.
Poi ho trovato l'indicazione e la strada, in punti diversi di dove pensavo.

Ora chiedo se questo esempio fa parte delle approssimazioni che si incontrano nella vita quotidiana, cioè avere capito solo una parte e l'altra la mente la ricostruisce strada facendo.
A volte ci si perde ma altre ci si ritrova se si è capaci di orientarsi attorno la parte che si è compresa per trovare quella mancante.

Uno 14-11-2010 14.07.02

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 92193)
Beh, questa delle approssimazioni è un altro modo, direi più approfondito e passibile di approfondimenti, per dire che non conosciamo mai la cosa in se, ma sempre qualcos'altro, che vi si avvicina tanto quanto meno approssimiamo.

Quando indago per conoscere una "cosa" sto partendo (da partizione) la realtà e, a meno di indagare all'infinito, mi fermerò ad un'approssimazione, più o meno buona. Per ferrmarmi intendo "farmi un'idea".
Ma anche ove il mio oggetto di indagine fosse il tutto, il formare un'idea significherebbe approssimare.

Beh, direi che è inevitabile... basta saperlo, tenerlo presente, e quindi non cristallizzare mai un'idea.

Si questo si, ma vorrei proporti anche un altro punto di vista ed un altra questione inerente.
E' possibile conoscere (c minucola o maiuscola) qualcosa senza l'approssimazione e il conseguente errore?

I più veloci nelle analogie collegheranno subito mela, albero della conoscenza etc... ma proviamo a sviluppare il concetto.

Grey Owl 15-11-2010 01.38.57

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 92389)
E' possibile conoscere (c minucola o maiuscola) qualcosa senza l'approssimazione e il conseguente errore?

Nelle misurazioni, per ogni ordine di grandezza vi è un margine di errore, essa viene chiamata tolleranza.

Se misuro una città avrò un grado di tolleranza di 10 metri mentre se misuro un pezzo meccanico di precisione avrò una tolleranza di 1 micron (0,0001 millimetri).

Strumenti che misurano distanze dell'ordine dei km non avranno tolleranze di 1 micron, questo perchè la tolleranza è relativa all'ordine di grandezza. Non è tollerabile una precisione estrema in quanto non è sopportabile dalla mente umana.

Ritornando all'esempio di prima se avessi un'ipotetico strumento che misura le dimensioni di una città con una tolleranza di 1 micron avrei questa cifra estremamente lunga e precisa ma non mi sarebbe di alcuna utilità:
1 km = 1.000.000.000 micron

Quindi per rispondere alla domanda di Uno, dico che per conoscere qualcosa devo approssimare in quanto un valore assoluto non è possibile averlo.
L'errore è relativo alla tolleranza che metto in quella conoscenza ma è indubbio che vi è sempre l'errore in quanto il valore assoluto non è raggiungibile.


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