Ricordarsi di sé
Se dovessimo descrivere ciò che abbiamo fatto ieri, ci ricorderemmo proprio tutto nei minimi particolari? ...anche il colore di pantaloni che aveva il signore che ci chiedeva informazioni in Via Roma?
Ovviamente no. Ma questo è ancora un ricordare parziale, che si ferma all'intelletto e non viene compreso nell'essere. Il ricordarsi di se è un ricordare vivo, presente, che permette una vera crescita interiore basata sull'esperienza. Fintanto che devo "pensare" per ricordare, significa che il ricordo è esterno a me. Lo devo andare a "prendere" da qualche parte... Se invece l'avessi interiorizzato, ecco che lo sentirei... costantemente, così come sento di possedere delle mani o dei piedi ogni giorno. Il ricordarsi di sè pertanto non è cosa semplice, ed è da sempre uno degli obiettivi principali di qualsiasi scuola esoterica... Un ricordarsi di se possibile solo attraverso la "presenza a se stessi" attiva. |
C'è anche da tenere presente che il " ricordarsi di se " proprio perchè non è agevole o quanto meno semplice, rappresenta un grosso ostacolo.
" Interiorizzare " l'esperienza, in maniera attiva, rappresenta in fin dei conti " costituire " l'attenzione che nella stragrande maggioranza dei casi vuole( e dovrebbe ) esssere coltivata. in una società come la nostra dove quest'elemento viene sottovalutato enormemente la difficoltà, appunto, è insita in se stessi; pertanto bisognerebbe " cambiare " atteggiamento ( anche certamente nella quotidianità ) iniziando, da principio, ad essere " attenti " su una azione o un gesto che davamo per scontato.... Si potrebbe iniziare da qui....forse! |
non capisco!
Il ricordarsi di se interiore non è legato al nostro essere vivi e alla soddisfazione dei nostri bisogni? Se non è così....mi fate un esempio di ricordo di se "interiorizzato" che non sia fisiologico? |
Per esempio di non fisiologico abbiamo un 'ricordo' interiorizzato del nostro nome.
Se qualcuno ci chiede qual è il nostro nome non abbiamo bisogno di pensarci prima di rispondere, perchè il nome (etichetta) è uno con noi che stiamo dando la risposta. |
...e allora non è così difficile!!!! Perchè considerarlo un "ostacolo"?
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"Impresse" è la parola giusta... Quante cose ci restano impresse di tutte quelle che abbiamo vissuto? Troppo poche non credi? |
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Possiamo dire che un " elemento impresso ", ormai parte di noi, è un ricordarsi di se direttamente mentre, al contrario, " richiamare " è una conseguenza dunque un agire indiretto? |
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Non lo so...io credo che tutto quello che ci capita ci rimane dentro...bello o brutto che sia! Tutto ci "segna" e ci "forma".. |
Giusto basandomi su quello che hai scritto jez mi viene da fare una riflessione sulla questione del 'ricordarsi di sè'.
Appare infatti un problema che forse non è risolvibile nemmeno con la pratica continua. Innanzitutto + che un 'ricordarsi' c'è piuttosto uno spostamento dell'attenzione dagli oggetti esterni o interni che 'colorano' la mente, all'ente che li sta osservando. Della serie, adesso sposto l'attenzione su di me per ricordarmi che esisto. Ma se questo 'ricordarsi di sè' diventa un'esigenza, una pratica da coltivare, forse ciò accade a causa di un gap speriementale che la pratica stessa, per quanto assidua e continua nn può risolvere. Per esempio, se io dimentico continuamente il mio nome, al punto da dover fare uno sforzo continuo per ricordarlo, significa che passo continuamente da uno stato (cognizione del proprio nome) ad un altro (dimenticanza) e poi di nuovo a quello precedente solo dietro sforzo deliberato. Possiamo andare avanti così fino alla fine dei nostri giorni? No! Dobbiamo trovare la chiave e terminare la partita. E qual è la chiave? Semplice, se io posso descrivere due stati differenti di coscienza, e posso riconoscere di trovarmi in uno o nell'altro stato, significa che ho cognizione di entrambi. Li vedo entrambi. E allora la domanda è: chi è colui che ha la cognizione di questi due stati? La risposta non può che farci scivolare nel nostro stato naturale, indivisibile e non soggetto a doveri di nessun tipo, nemmeno a quello di dover fare uno sforzo continuo per ricordarci 'che siamo'. Gli stati sono molteplici, ma la coscienza è sempre una ed è indivisibile. Per esempio, posso prendere la coscienza e dividerla in due, e subito dopo posso chiedermi: chi è cosciente di questo spacco? Ecco la coscienza apparire di nuovo, assolutamente indivisa. Quindi la mia conclusione è che noi siamo sempre noi, pura coscienza indivisa. Perchè dovremmo fare lo sforzo di ricordarcelo? |
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Continuo a non capire!
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Quindi ti riferisci ad un modo oggettivo di percepire " se stessi " a prescindere dallo spacco che , in un determinato momento, puo evidenziarsi....portandoci a fare uno " sforzo ". Secondo te si puo parlare di " attivazione " dell'attenzione attraverso la Volontà (di ricordare se stessi ) e, dunque, mantenere la stessa costantemente accesa anzicchè operare uno sforzo che effettivamente non puo accompagnarci per tutta la vita?:C: |
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E se ci pensi dopo scopri che in quel momento tu (una parte del vero tu) silenziosamente osservi te stessa che fai quella cosa... questo è uno dei requisiti, quello più facile da esprimere. |
...come se mentre facessi quella determinata cosa mi guardassi dall'esterno?
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Allora è la coscienza di se...più che il ricordarsi! Sbaglio?
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Prima con "vedersi dal di fuori" intendevo anche "dal di dentro" per un'azione completa |
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Cioè perchè, dal momento in cui la persona (che autoindaga) ha cognizione di trovarsi spesso a viaggiare tra uno stato di coscienza e un altro, non si chiede: "chi è cosciente di entrambi gli stati?" Perchè per esempio, una persona può scoprire anche in modo fortuito che oltre allo stato di coscienza cui è sempre stata abituata, possono essercene altri più limpidi o un pochino più beati, che possono non corrispondere alla 'percezione di sè' generando così confusione. Quindi uno potrebbe ritrovarsi a rincorrere continuamente uno stato di coscienza + limpido di cui in qualche modo è venuto a conoscienza, convinto invece di oscillare tra stati di coscienza 'colorata' e coscienza di sè. Per questo trovo molto sensato e giusto metodologicamente il 'triangolare'. Ti permette sempre di non restare impigliato. Che ne pensi? |
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Perchè se lo 'Stato Naturale' è l'unico stato che non richiede sforzo e noi ci troviamo nella condizione di dover fare uno sforzo per 'ripristinarlo e mantenerlo' c'è qualcosa che non torna. |
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Quindi più che triangolare parlerei di integrare. |
Bhè, il Sè non può mai essere assente, spero che su questo siamo daccordo, la cognizione di questa Presenza invece si, può essere assente, anzi, quasi sempre lo è. Chiamo 'triangolare' l'atto di fare uno sforzo produttivo, che non necessariamente porta a qualcosa, nel senso che non è un metodo infallibile, perchè alla domanda: " chi è cosciente di questo e di quello? " può non seguire una risposta corretta.
Se però la risposta arriva c'è un riemergere ad un'altra condizione che viene sicuramente (forse?) integrata. Non so a cosa ti riferisci quando parli di 1° e 2° e delle qualità di attenzione associate, quindi su questo vorrei ma non ho basi per seguirti. Avete leggo.gif leggo.gif leggo.gif leggo.gif già trattato l'argomento qui nel forum? In caso contrario 'glossarium' please.:H |
Citazione:
il Se non è mai assente, ma se non ne sei cosciente siamo da capo |
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(Mi scuso per il gioco di parole) fiori.gif |
Il ricordarsi di sé implica una presenza viva e costante.
Poniamo un esempio. Quando qualcuno ci offende (visto che ultimamente di questo si parla molto in forum) noi meccanicamente ci offendiamo. Solo dopo, che siano minuti, giorni o anni, si può con l'aiuto dell'intelletto tornare sulla questione e riprendere un certo controllo. Col senno di poi, se qualcuno ci ha offeso intenzionalmente, possiamo ricordarci della massima "ognuno fa il meglio che può, in base al proprio livello di coscienza" e quindi, sempre intellettualmente, lo si può perdonare (e quindi perdonare noi stessi, liberandoci...) In egual modo, se qualcuno ci ha offeso non intenzionalmente, possiamo ricordarci che comunque "ci siamo offesi perchè egli non ha soddisfatto le nostre aspettative" e dunque, ancora intellettualmente, possiamo perdonarlo e perdonarci... In entrambi i casi, non abbiamo saputo farlo subito, durante, proprio perchè non ci ricordavamo di noi stessi... Abbiamo dovuto usare l'intelletto per raggiungere quel Sapere che ci ha liberati... ed è proprio l'intelletto il ponte che può condurre l'uomo al Sapere... Ma una volta raggiunto tale Sapere, fatto proprio, non serve più pensare, proprio perchè si E' quel Sapere... Per assurdo, Dio non ha bisogno di pensare, perchè Sa... Ma come tutte le cose, non basta arrivarci, bisogna Ricordarsene... L'esempio sopra dimostra chiaramente come pochissimi sappiano realmente ricordarsi di se stessi... Per quanto si "capisca" che non bisognerebbe offendersi, è comunque un capire intellettuale che non è integrato con il proprio Essere, ed è ben lungi dal vero Ricordarsi di sé... |
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