Controllo
Non entro nel merito se verso se stessi o verso gli altri.... alla fine è uguale... solo la manifestazione è diversa
E' giusto volerne avere? Ed in che misura? Inizio a rispondere lasciando poi spazio a voi C'è chi lo vuole perdere ricorrendo a droghe, alcool oppure demandandolo ad altri, vedi istituzioni civili e religiose (tra le civili c'è anche la famiglia ed il marito/moglie etc) C'è chi lo vuole acquisire abnormemente non limitandosi al controllo di se ma volendo controllare tutto ciò che è nel raggio della propria possibile azione..... Io sono ovviamente per la via di mezzo.... ma lascio continuare voi prima di dire qualcosa che magari esce da sola |
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La difficoltà maggiore a questo punto sta nella capacità di discernimento individuale. Saper cioè riconoscere la vera origine delle influenze cui siamo sottoposti, e successivamente scegliere se assecondarla o meno. PS: Ovviamente sto parlando del controllo su se stessi.. |
Controllo
Cito un detto popolare "Se conosci la bestia impari a domarla"...
Abbiamo tutti un lato oscuro... un cono d'ombra che non vogliamo vedere/controllare... per controllo intendo avere consapevolezza... Faccio un'esempio: se mi pizzico il braccio sento male... ho consapevolezza del dolore... ma non ho tutto "sotto controllo"... il dolore e' un segnale del mio corpo che m'informa del danno che si sta' compiendo con l'azione del pizzicare... non controllo la reazione del mio corpo... conosco il segnale "dolore" ma non lo controllo... ne sono consapevole a livello superficiale ma poi mi fermo li'... non vado oltre alla reazione... I meccanismi che regolano il dolore sono un mistero... in verita' avere il controllo e' sinonimo di consapevolezza... |
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Credo che, sia voler controllare tutto (tutto ciò che riguarda sè stessi, e il proprio raggio di azione), che voler perdere il controllo, siano alla fine le due facce di una stessa medaglia, che di fondo significano la stessa cosa, è un modo per nascondersi, nascondere a sè stessi ciò che non si vuole vedere (di sè stessi).
Se desidero perdere il controllo, lo faccio perchè così "non vedo", anestetizzo quelle parti della mia vita, e di me stesso che non mi piacciono, e non mi prendo nessuna responsabilità perchè credo di non essere in grado di sostenerla, così, diventa comodo, demandare ad altri, o peggio, cercare rifugio in droghe, alcool etc. Se cerco di mantenere il controllo totale , su me stesso, reprimo a forza, quelle parti di me che non voglio vedere, mi impongo schemi rigidi, per apparire perfetto agli occhi degli altri, ma soprattutto ai miei (sono bello, sono bravo etc, sono PERFETTO..) Gli schemi rigidi pero' alla lunga da qualche parte fanno esplodere.. e allora , magari sarò precisa in tutto , forzandomi continuamente e dall'altra parte (per esempio) mangerò di nascosto chili di cioccolata per compensare, oppure, ad esempio avrò esplosioni ansiose (icon_mrgr:). La via di mezzo.. io credo che si possa riassumere in disciplina, che pero' non sfori nella rigidità.. |
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bhe controllo nella giusta misura....quando serve.....
troppo poco...fa agire in modo inconsulto.... troppo...crea inibizioni e autocensura... anche il controllo usato agli eccessi è causa di malesseri anche piuttosto importanti.... |
Controllo il cavallo quando lui galoppa e io cavalco. Lo lascio fare... lui sa come evitare gli ostacoli, che piccole deviazioni fare, come affrontare il terreno. Io però gli do la direzione, tengo la briglia e la uso solo se serve. Io so dove dobbiamo arrivare e li lo guido, lui sa andare e mi faccio portare.
Se tengo il cavallo chiuso nel box (controllo eccessivo) non vado da nessuna parte... lui si ingrigisce (e io con lui), è sempre meno cavallo, sempre meno vivo (e io con lui) e alla fine muore (e io con lui). Se mollo la briglia completamente (nessun controllo) prima o poi ruzzolerà (e io con lui) e c'è il rischio che finisca in qualche burrone (e io con lui). Controllo il cavallo quando collaboriamo, ognuno con i suoi compiti, per un fine comune (l'andare nel posta da ME deciso). C'è collaborazione... ma io sto sopra e lui sotto... io controllo e lui è controllato... ma siamo anche un tutt'uno... non c'è conflitto. Io non temo lui e lui non teme me. |
Ho sperimentato entrambi gli aspetti cui fa riferimento Ray,ho avuto alcune fasi di briglia sciolta con caduta libera nel burrone ed altre,soprattutto negli ultimi anni in cui ho chiuso il cavallo nel box a prender polvere...
Quando sono arrivata qui era così...ora è già diverso,una delle cose che volevo capire era proprio come riuscire a trovare in me il giusto equilibrio...quindi anche come riuscire a controllare me,con annessi e connessi, negli eventi della vita,dato che talvolta ho sbandato e cosa ben più grave lo sapevo... Queste sbandate mi hanno resa insicura e da qui la paura di essere incapace di valutare il giusto,senza cadere in un estremo o nell'altro;paura di vivere, perchè in fondo c'era paura di me e del giudizio altrui. Per poi arrivare un bel giorno a capire e considerare (quiicon_mrgr: ), di avere una responsabilità verso l'essere che non sono, ma che vorrei essere.Questo e molto altro mi ha fatto cambiare prospettiva e punto di vista rispetto a tutto...o meglio me l'ha fatta allargare.So che non è facile cambiare i meccanismi ed il cristallizzato ,anzi quello di riuscire a vedere è solo il primo passo,ma che bel passo non potete immaginarlo...o forse si:H Finalmente mi assumo le responsabilità e non mi giustifico di chi e come sono,perchè considero tutto quel che ho fatto per me di sbagliato,come un pezzo di vissuto che mi ha resa una persona con la voglia di cercare,di capire ed evolvere,sarà stupido ma mi sembra di essere di nuovo bambina alle prese con l'educazione di me,solo che questa volta sono io stessa ad educarmi...e tra i diversi ma collegati obiettivi, c'è proprio questo,riuscire a controllarmi nel modo giusto,vale a dire essendo consapevole di ciò che faccio, senza lasciarmi trascinare dagli eventi o dall'emotività,per agire e non reagire come mi è capitato di fare. Quando si lavora su se stessi guardando a fondo senza sconti,si può imparare a conoscersi veramente,da lì probabilmente anche il controllo sarà più gestibile e penso d'accordo con Ray che è necessaria armonia tra "fantino e cavallo"per venirne a capo,altrimenti si è condotti anzicchè condurre e quindi si è succubi di quel che crediamo essere se stessi. Mi sa che non ho aggiunto nulla di nuovomanata.gif icon_mrgr: |
come te capo uno sono per la "via di mezzo"
le altre vie "estreme" comportano cadute prima o poi. ciauzz |
Mi ha colpito molto la frase di Ray, esercitare il controllo verso il basso, e lasciarsi andare ( o se vogliamo lasciarsi controllare) dall'alto, mi ricorda tanto la figura del Mago dei tarocchi.
In effetti per quanto riguarda gli istinti inferiori occorre sempre fargli un check-up, perchè se lasciati liberi ci possono portare ovunque, e alla fine se comandano loro ci avviciniamo a livello animale. Di conseguenza se vogliamo controllare le forze dall'alto ci chiudiamo. Nei confronti degli altri invece il controllo vale se abbiamo delle responsabilità, ad esempio coi bambini, a lavoro, ma allo stesso tempo bisogna lasciare gli altri liberi di esprimere la loro volontà . Ovviamente anche io sono per una via di mezzo, il problema è che tutti crediamo di essere al centro, ma non lo siamo affatto :H . |
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Quando esco fuori dal mare perchè mi manca l'ossigeno respiro velocemente, perchè ho bisogno di aria, poi piano piano, mi basta continuare a respirare sempre... |
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Bon che non è uscito nulla di nuono... sai se usciva... icon_mrgr: |
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Un esempio, capita di dire sono consapevole di questa cosa e,allo stesso tempo, sono cosciente di questa cosa. Ma hanno lo stesso valore? Consapevolezza e Coscienza sono la stessa cosa? E il controllo quando si è consapevoli-coscienti è un atto voluto o, non mi viene la parola, diciamo naturale? Me lo impongo o è spontaneo? manata.gif |
è spontaneo quando "comprendi"
non vi è nulla di "forzato" tanto per intenderci ma sino a che non comprendi per avvicinartici devi in un certo senso "forzarti" |
Secondo me a differenza di Red il voler perdere il controllo non sta per non vedere, ma per essere liberi, nell'esempio fatto da lei, a sto punto lo vedrei come essere liberi da se stessi(esteso agli altri). Ci si lascia andare perchè si è bloccati, logicamente se si fosse già liberi non ci si potrebbe lasciare andare, il fatto del controllo a questo punto lo vedrei come paura, non credo che a nessuno piaccia stare controllato, ma essere completamente libero ha i suoi aspetti secondari che non credo starebbero bene a tutti, c'è chi si lascia andare in diversi modi, spesso cercando di "limitare" e "controllare" la cosa.
riguardo all'esempio del cavallo di Ray, mi sorge una domanda e cioè..ma l'esempio non dipende dal cavallo che uno possiede? nel senso, se io possiedo un cavallo addomesticato allora lo riesco a dirigere, ma se ho un cavallo "selvaggio"? sarebbe come controllare cose delle quali poi alla fine controllo solo la manifestazione e non la cosa in se stessa, se mi faccio male, mi sto calmo, controllo il fisico non il dolore(non il cavallo), c'è chi si fa male e si mette a dare pugni al muro (nè fantino nè cavallo). c'è chi reprime delle cose, vizi, istinti ecc.. in tal caso sto controllando il fantino e non il cavallo. o forse ho capito male l'esempio? |
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Ma se si vuole si può vedere il rapporto cavallo-cavaliere (più che fantino) come il rapporto che abbiamo con certe parti di noi. Il cavallo allora può rappresentare gli istinti o le emozioni. Nel primo caso, nel quale il cavallo è un cavallo, se esso è selvaggio molto semplicemente non lo controllo affatto, se prima non lo domo. Nel secondo caso, dove il cavallo "è" la mia parte emotiva o quella istintiva... idem. Poi si può stare a discutere se questi "cavalli" sono sempre selvaggi inizialmente, se non lo sono mai, se per certuni sono selvaggi gli uni e non gli altri e via così. A mio avviso nessun cavallo nasce addomesticato... ma ci sono cavalli con diversi temperamenti. Dicevano però, mi pare gli indiani ma non solo, che il cavallo più difficile da domare, una volta domato, era quello che dava "frutti" maggiori. |
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Questo significa che gli istinti e le emozioni, più forti sono, più se si riesce a incanalarli e domarli a nostro favore, più frutti ci daranno... Ma per controllare e domare il cavallo selvaggio bisogna conoscerlo e osservarlo, quindi conoscere i nostri istinti e usarli. Più facile a dirsi che a farsi, nel caso della rabbia istintivamente tendo a perdere il controllo e dire o fare cose di cui dopo, a mente fredda, mi pento... |
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Nell'esempio che ho fatto, mettiamo l'uso dell'alcool esagerato... Se sono timido, o estremamente emotivo, il bicchiere in più, mi da l'illusione che la timidezza e l'emotività spariscono per magia (sensazione di essermi liberata dei miei blocchi) .. se esagero, dall'essere disinvolta passo al non aver alcun controllo su quello che dico. Il giorno dopo pero' , la timidezza e l'emotività sono ancora lì, (con l'aggiunta se mi va bene di un bel mal di testa) Ecco intendevo questo per non voler vedere... se continuo a rifugiarmi nell'alcool per essere disinvolta ma non cerco di superare quei miei limiti come posso, uso l'alcool per non vedere, cerco di togliere la timidezza e l'emotività artificiosamente , ma non vado a cercare un miglioramento vero in me.. Se si fosse già liberi, non si avrebbe il bisogno di fare certe esperienze credo.. (intendo sempre l'alcool o droghe ecc) Controllo non lo vedo opposto a libertà, anzi, una persona veramente libera, credo che abbia il pieno controllo di sè.. fiori.gif |
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Questo post nell'altra discussione avrebbe portato fuori tema ma qui può servire per aiutarci a capire sto controllo che ci controlla tutti icon_mrgr: chi più chi meno..
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Secondo me è necessario distinguere tra due tipi di controllo quello interno e quello esterno. Come si diceva altrove un uomo autoritario controlla l'esterno per paura di perdere qualcosa che crede di possedere ed è quindi posseduto, un uomo autorevole controlla se stesso per non essere posseduto che non da se. Il controlo esterno si ricerca perchè si ha bisogno di conferme esterne, si ha bisogno di punti di riferimento. Abbandonarlo come dici tu è sicuramento un buona cosa ma non esistendo la bacchetta magica controllare se stessi abbandonando il controllo è un atto volitivo che richiede un enorme sforzo per un certo periodo di costanza. Ci si sottopone ad una sofferenza volontaria perchè appunto si incatenati e non si ha la chiave. Controllo esterno secondo me significa soddisfare tutti i desideri e non rinunciare a nulla (tranne che alla propria natura) e quindi non mettersi mai in gioco e non vivere. Non ci sono formule magiche c'è da muovere il fondoschiena verso la rinuncia che consegue l'abbandono. Senza rinuncia ... temo che non ci siano strade.. p.s. mi scuso se ci sono orrori (non è un errore.. ) sto andando un pò di corsa... ci torno stasera in caso. |
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Sulla prima parte invece non sono del tutto d'accordo. Spesso la ricerca del controllo sull'altro o su cose che fungono da appoggio esterno, per me non ha significato affatto il soddisfacimento di desideri.. anzi si vengono a creare delle rigidita' pazzesche.. e come dicevi tu non si vive.. perche' ci si basa sempre ed esclusivamente sull'esterno, senza mai guardare al proprio interno. Vivevo perennemente contratta e sempre proiettata nelle cose che facevo o in quello che pensavo che gli altri potessero pensare di me, e a cercare approvazione etcetc.. Un castello di carta insomma.. |
che quindi la chiave stia nel "volgere l'attenzione" all'interno di se stessi invece che all'esterno?
Ecco allora perchè il "bacchettarsi" che molti vedono come "positivo" lo è a mio avviso"solo" dopo un certo lavoro interiore. quando quel "bacchettarsi" perde pure di importanza e non viene nemmeno più scelto. ditemi: chi si diverte a bacchettare se stesso? A mio avviso il "bacchettarsi" di per se è come continuare a bastonare se stessi. Per carità si è liberi di farlo. io noto che casco in questo "gioco" quando non sono pienamente me stesso e quando alla fin fine volgo troppo l'attenzione al di "fuori" di me dimenticandomi di volgerla al mio interno. voi? Sinceramente in questo momento preferisco uscire da questo circolo (se ci riesco) |
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Non c'era nulla da fare non mi entrava in testa. Come si poteva fare del male così gratuitamente pensavo ignara. Poi un giorno grazie all'amore di una amica, una cara dolce amica. mi si è acceso il cuore ( non per molto eh?)ed ho capito che faceva più male a lei dirmelo che a me sentirlo o eravamo comunque pari, non posso stabilirlo so solo che soffriva nel farlo, ma facendo questo si apriva anche lei. Io ho scoperto invece che facevo e faccio fatica perchè il mio cuore è ancora ricoperto di polvere e ghiaccio per quanto creda invece di essere altro. A volte mi sembrava di non poter sopportare, la mia ip veniva infuocata dalle idee che mi ero fatta di me stessa. Ma io è come se non vedessi, non sentissi, perchè in effetti non mi vedo e anche se mi brucia da morire quando mi fanno notare qualcosa so che lo fanno perchè mi amano, ed io ancora non so nemmeno amare me stessa perchè non riesco a farlo. Non è bacchettarsi Turi è un'altra cosa qui non bacchetta nessuno qui ci si aiuta qui è mutuo soccorso poi sta a noi saperlo accettare, sta a noi riuscire a comprenderlo. E questo lo sto scrivendo in primis per me che ancora faccio fatica il più delle volte. E ringrazio tutti per la pazienza abbraccio: per le mie difese ad oltranza. |
ho compreso ciò che vuoi dire
prima avevo scritto "è utile "solo" dopo un certo percorso interiore" e a quel punto perde pure di importanza. quel percorso interiore che fa "levare le difese" (anche perchè non c'è nulla da difendere a mio avviso) quando si sosta in un determinato stato lo si comprende. tu dici "è più faticoso per lui dirlo che per me accettarlo". dipende. in persone poco consapevoli è più facile farlo che il resto a mio avviso. cmq credo che alla fine se non si vive quello stato appieno non si comprende. è sempre l'esperienza di un certo tipo a essere determinante per la comprensione. e alla fin fine senza di essa quelle che scriviamo rimangono parole (seppur utili, belle e quanto vuoi)morte. |
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