Per motivi di lavoro ascolto molti sfoghi di ogni genere, la sensazione è che ci sono individui che mi tirano energia già prima di aprire bocca ed anche se non si sfogano, magari mi tendono solo la mano, poi ci sono individui che sono in eccesso e già da lontano iniziano a svuotare il secchio tirando energia, mentre altre mi danno energia pur sfogandosi a lungo, le ascolto volentieri.
Molto dipende poi da me e da come mi sento. Se sono carica ed intuisco subito l'intenzione mi schermo adeguatamente, posso volontariamente dare energia o non farmela tirare troppo, se non sto bene o sono già scarica di mio mi dissanguo. |
Scusate ma come capothreadicon_mrgr:vi devo richiamare all'ordine!
A me tutta l'attenzione pleasediavolo.g:icon_mrgr:: se uno deve sfogarsi ha già perso la partita di cui stiamo discutendo. Il trucco è proprio quello di non arrivare al punto di dover sfogarsi cioè non mettere un sacco di legna bruciata male in caldaia cioè non creare un blocco energetico. Sarebbe interessante condividere tutte le circostanze che ci fanno creare dei blocchi e, soprattutto, la lotta per risolvere la problematica. Comincio io. Oggi, miracolosamente, misericordiosamente non sono incappato in nessuna trappola. Ho cercato di fare come suggeritomi da Uno: ho cercato di cogliere qualsiasi particolare che destasse il mio interesse (estraneo alla realtà comunicativa ordinaria) e quindi superare la noia mortale che, implacabilmente, mi assale. E' molto giusto e molto saggio: si allarga significativamente la visuale. Come passare da un angolo di 30° ad uno di 200°. Vediamo se dura. Per quanto riguarda la "costrizione" cerco di viverla come una meditazione in senso cristiano. Anche qui ha funzionato. Anche qui vediamo se dura. Direi dunque che pare funzionare la strategia operativa qui discussa. Adesso bisogna metterla alla prova alla distanza. La strategia e............l'operatore! |
Parlando di sfogo oggi sono stata una valanga. Riflettevo che quando ho bisogno di sfogarmi non lo faccio con chiunque, in genere scelgo il momento, la persona, il modo.
Stamattina ho resistito a lungo fino a dopo il pranzo, ho lavorato come sempre, fatto tutto quel che dovevo ma nella mente frullava sempre l'elaborazione del sogno in attesa di poterlo sfogare. Il forum è stato ideale oggi, ho riempito post di continuo, forse mai così tanti tutti in un giorno, man mano che scrivevo saliva tutto allo stomaco, poi al petto, poi l'unica persona con cui ho potuto sfogare veramente senza troppo tirare ma con vero scambio è mia sorella, con lei ho potuto manifestare la mia reazione emotiva piena come una diga rotta. Il motivo è semplice, lei ama il mio cane e mi conosce bene, meglio di chiunque altro ed è venuta in mio soccorso apposta disponibile a prendersi lo sfogo. Ho visto comunque la mia capacità contenitiva dello stress emotivo, il saper e poter rimandare al momento giusto, fare il mio dovere al lavoro senza farmi travolgere. Certo ci sono stati casi in cui non ne sono stata capace ma potevo permettermelo, in comunità siamo come una famiglia, ci sono cose che si possono dire in qualsiasi momento ed altre no. Ci vuole anche il buon senso di sapere quando smettere e svincolare l'altro dal prestare attenzione oltre certi limiti. |
Mi è abbastanza chiaro chi chiede attenzione, ma chi la da non molto.
Non ho capito se il modo di non saturarsi sia prestare interesse oltre che attenzione. In questo modo, prestando interesse, si inizia a bruciare qauello che arriva? Scorrendo qualche ricordo di sfoghi ricevuti la differenza di attenzione e attenzion/interesse mi pare che posso determinare differenze. Ma dovrei approfondire meglio. Citazione:
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Ho osservato una cosa che aggiunge qualche interrogativo.
Per lavoro mi capita spesso di stare a sentire persone che si sfogano. Io, in quei casi, do attenzione, se serve mi sforzo di farlo, mi ci costringo, in modo che abbiano spazio. Tuttavia a volte capita che, bene o male, so già quel che diranno o che atteggiamento avranno e so già anche quali saranno i passi successivi... insomma a volte mi capita che loro son tutti presi e io, pur costringendomi a dare attenzione, non ho tutto questo interesse. In quei momenti mi vien da sbadigliare. Quindi cambio di serbatoio, quindi consumo di energia... ma forse solo per via della costrizione nonso.gif |
A me capita di ascoltare le persone nel lavoro, raccontano delle cose e anche se difficilmente si tratta di sfogo, mi posso annoiare lo stesso nel momento in cui sento che non stanno parlando più con me, ma seguono i loro pensieri in automatico, un parlare a raffica perdendo di vista che c'è una persona che sta davanti a loro. Allora è forse come venire a contatto più con il loro meccanismo, che è come un disco troppe volte ascoltato che l'orecchio non sente più.
Se una persona cerca di attirare la mia attenzione ma mi parla, parla a me veramente, io non mi annoio mai, anche se mi racconta la stessa cosa tante volte. Credo poi, cosa a parte sia il caso di una vera richiesta di aiuto, in cui la persona, il figlio, il passante per strada, non sono nella condizione reale di potere pensare a te in quel momento; non si tratterebbe più secondo me di attirare l'attenzione fine a se stessa. Cè l'autenticità dell'essere in quel momento, che magari basta a motivare chi presta l'attenzione, che potrebbe anche sentirsi poi stanco ma in qualche modo ricaricato lo stesso. |
Citazione:
Ad esempio chi va da uno psicologo, ci va per prevalentemente per essere ascoltato, ma anche per ricevere qualche consiglio su come risolvere certi problemi .. in quale misura il paziente in questi casi puo' anche ricevere qualcosa durante un colloquio? Poi interesserebbe anche a me approfondire la parte di chi presta attenzione, ho capito che se ci si annoia si sta ricevendo qualcosa di inutile , se non dannoso per sè... e quando ci si accorge di questo? cosa si puo' fare oltre che cercare di interessarsi? |
Io credo di aver capito.
Citazione:
Questo è stato risolutivo. Quindi provo a rispondere a Red e Sole. Citazione:
Un po' come avere tre cose in mano e chiedere a qualcuno di tenere un attimo l'ombrello mentre si mette il portafoglio e il telefono in tasca. Poi riprende l'ombrello, ma adesso è in grado di reggerlo. In pratica non siamo mai vuoti e abbiamo quella sensazione quando siamo saturi, ossia quando non circola bene e che comprime da qualche parte. Ma ciò non significa che siamo pieni... o meglio, lo siamo ma ci starebbe ancora se fosse messo meglio, come dei pezzi del tetris non incastrati bene... ci sono altri spazi ma sono inutilizzabili (dico questo perchè nessuno può contenere più della sua portata). Ovviamente si tratta di qualcosa che scorre, quindi va visto il tutto in termini dinamici. Bene, quando questo è saturo chiede attenzione, ossia uno spazio dove mettere momentaneamente qualcosa. Chiaramente non è che se ne libera e lo da all'altro... vadiamola in termini di pensiero: io ho un'idea, mi satura perchè mi rimbomba, ma vorrei esplorarla meglio e non posso. Ne parlo con qualcuno, deposito momentaneamente l'idea in lui e faccio un po' di spazio, ma al termine di tutto ho ancora quell'idea, mica l'ho persa. L'altro, che ha ricevuto, semmai ne ha fatta una copia (modificata dal suo personale e dalla comunicazione, ma questo adesso non c'entra). Bon, io che ascolto, presto spazio. Se mi limitassi ad ascoltare e l'altro, finito di dire se ne andasse, avrei fatto la stessa cosa di quello che tiene per un momento l'ombrello. L'altro sistema come può, riprende e va via. Nella realtà questo non avviene quasi mai. Il dare attenzione inizia uno scambio... magari l'idea di prima viene considerata e l'altro fa una domanda. A quel punto i ruoli si invertono e io che domando ricevo attenzione da quello a cui l'avevo data. Insomma, in una conversazione, mettiamo entrambi attenzione, spazio a disposizione. Nel quale avviene lo scambio, le elaborazioni. Nel mentre che si riceve attenzione, essendosi fatto un po' di spazio grazie all'altro, riceviamo dall'ambiente e tutto riprende a circolare. Ma, se si instaura una conversazione, inizia anche uno scambio diretto, dove diamo e riceviamo l'un l'altro, facendo circolare. Come circola con l'ambiente, in cui anche riversiamo, oltre che prendere. In realtà l'un l'altro, se parliamo di pensieri, ci scambiamo sempre copie, però grazie a questo movimento possiamo appunto muoverci, possiamo pensare oltre l'idea di partenza, esplorarla. Se siamo saturi dell'idea possiamo pensare solo quella. Il punto nodale è la pressione. Noi ci saturiamo quando la pressione di quel che circola non è adatta all'ambiente interno, al tubo se vogliamo vederla così. Spiengendo fuori si crea una depressione e per suo effetto risucchiamo dall'ambiente esterno, ma se l'uscita si inceppa l'ambiente esterno satura presto quello interno. Così capita anche se, dando attenzione, quello che riceviamo ha una pressione che ci può saturare. In termini psicologici se non sappiamo gestire quel che ci arriva. Magari identificandoci, magari perchè abbiamo un problema anche noi con quella cosa (un motivo per cui gli psicologi dovrebbero prima aver lavorato su se stessi). Bon, ho scritto tanto, ma forse in maniera un po' sconclusionata, se non si capisce ditelo (e se ho sbagliato mi si corregga pls). Sull'ultimo punto del post di Red vorrei tornare... la faccenda della noia mi è chiara fino ad un certo punto. Certamente annoiarsi costa molta energia e stanca. Si riceve quindi qualcosa che non va bene. Credo che interessarsi, spingere, possa risolvere la cosa solo in parte, così come sottrarsi. C'è anche qualcosa nell'ambiente interno che va aggiustato se c'è noia, magari un semplice atteggiamento verso una determinata cosa, un pregiudizio, un'aspettativa... insomma la pigliamo per il verso sbagliato. |
Ci stiamo avvicinando :)
Nel concetto manca il discorso del cosa ci facciamo, e come, con quello che passa per noi (o si blocca). Ogni cosa dovrebbe essere elaborata, sistemata... messa in archivio, insomma dovrebbe costituire in termini semplici l'esperienza (che non è mera memoria, ricordiamolo per sicurezza), e in definitiva anche la base della nostra essenza: siamo quello che facciamo. Quindi ricapitolando quando facciamo entrare qualcosa in noi (perchè è qualcosa a cui per diversi motivi permettiamo il transito) può grosso modo prendere due strade: La elaboriamo e poi la scarichiamo naturalmente (che sia passandola ad altri che ne necessitano o riversandola nell'ambiente con sistemi più o meno evidenti e durevoli, perchè comunque l'abbiamo "macinata". Si blocca, ci rimane sul groppone (in tutti i sensi) e se non troviamo chi ci presta attenzione e tutti i meccanismi detti da Ray.... L'attenzione è come un imbuto naturalmente, da sopra (per capirci, ma non è un sopra... è l'entrata) può entrare roba grossa ma sotto può uscire solo roba lavorata. L'unica libertà di manovra è chiudere, restringere la parte superiore... anche più del beccuccio di uscita, ma in quel caso si diventa apatici... non si viene sommersi dagli altri ma si ha anche poco materiale su cui lavorare. Possiamo scegliere fino ad un certo punto quello che deve entrare, se una cosa ci serve possiamo nasconderci un pò ma prima o poi entra, arriva... Inevitabilmente vivendo male (e chi, quanti... vivono bene?) ci si ingolfa prima o poi perchè entrano delle cose che non vogliamo assolutamente lavorare, vedere etc.... Ecco che entra in gioco questo meccanismo di mutuo soccorso. Io sono ingolfato? L'amico mi presta attenzione, riverso un pò di roba da lui, mi si crea spazio e posso lavorare sul resto, poi mi devo riprendere il mio. Anche se l'amico riesce poi a riversare su altri... gira gira il mio, o equivalente, mi torna. Il problema nasce quando si riversa su qualcuno e si continua come prima, poi la roba torna indietro e si cercano altri per ripetere il giochino. Quello si sfoga un pò, ottiene un beneficio momentaneo, ma non sistema le cose. Adesso veniamo a chi presta attenzione. Come giustamente avete detto a volte ci si sente stanchi e a volte pieni di energia. Ammettiamo che noi prestiamo attenzione sempre nello stesso modo (che non è ma poi vediamo) se chi vuole attenzione ci manda roba, inizia a lavorare, in tempo reale, su quello che gli rimane e si riprende subito anche quello che gli stiamo tenendo al minimo non ci stanchiamo, torniamo minimo come prima, se invece ci consegna il fardello, non fa nulla e cerca di non riprenderselo, almeno momentaneamente, ci massacra. Però noi, indipendentemente dall'altro, possiamo anche fare una cosa (ovviamente se ne valesse la pena), se mentre ci arriva la roba, pur non elaborandola (non è roba nostra, non è compito nostro) la mettiamo un pò in ordine e la ritorniamo indietro in questo modo, oltre che aiutare l'altro impariamo delle cose e lavoriamo sulle nostre cose. Mentre mettiamo a posto i "pacchi" dell'altro, visto che di magazzino ne abbiamo uno solo, dobbiamo per forza prender in mano anche qualche pacco dei nostri e magari contestualmente qualcuno lo lavoriamo in tempo reale. Se invece ci arriva il tir dell'altro, buttiamo tutto dentro alla rinfusa intanto ci ingolfiamo e ci sentiamo sfiniti, poi rischiamo pure che nel restituire ci rimane qualcosa che si perde in mezzo al casino. Questa è una cosa su cui inconsciamente a volte l'altro conta, se uno impara (o gli riesce per caso) a lasciare un pò di pacchi ad ognuno che incontra gli pare di trarne sollievo, di far meno fatica etc.. Credo che sia abbastanza materiale per continuare il discorso, Cento probabilmente non mi amerà più tantissimo icon_mrgr:, perchè con quest'ultimo post potrei fargli vedere anche altro, forse non piacevole. |
Citazione:
Non ci avevo mai pensato. Ma rigirandola e osservando quando lo fanno con me in effetti (poi io essendo ansiosa vado in acido e se riesco mi libero automaticamente, proprio come dicevo prima, senza pensarci, dal peso ricevuto, verso qualcuno, che secondo me, può trovare soluzione) Però come giustamente dici dopo, se non imparo a gestire quel che arriva, diventa un gioco perverso: a scarica barile. Quindi l'elaborazione dovrebbe tener sempre presente quella frase: Se posso la risolvo se non posso accetto di non potere, mi pare Ma almeno provarci invece di solito mi scatta lo scarico d'istinto :U e in altri casi se non sento butto giù e quindi formo il legno non bruciato ma questo è altro ancora oppure se non so cosa fare e non ho scarico creo un blocco energetico |
Citazione:
Viceversa se si ha la tendenza di sommergere, oltre che imparare a trattenere un po' (usando i termini di Ray, la portata del tubo, si puo' aumentare no?), la cosa che bisognerebbe imparare è quella di iniziare a lavorare immediatamente sfruttando lo spazio ottenuto momentaneamente, anche per non massacrare l'altro.. Citazione:
ps: Questo thread a me ha chiarito parecchio, per il mio personale e il modo di pormi con gli altri... grazie a tutti fiori.gif |
Comincia ad affiorare alla mia consapevolezza la convinzione che il blocco energetico nasce da una nostra NON accettazione. Della circostanza, dell'altro, etc.
Mi pare dunque che un tentativo di soluzione sia l'accettazione completa, profonda, autentica della situazione che stiamo vivendo. Naturalmente accettazione non significa lasciarsi vivere bensì scacciare quel pensiero che in un batter d'occhio si trasforma in uno stato d'animo di...........la parola più adatta che mi viene in mente è ribellione. Se questo è vero allora potrebbe essere opportuno cominciare ad analizzare la strategia da utilizzare per conseguire questo risultato. Citazione:
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So che magari non è ben chiaro a tutti il punto a cui siamo arrivati, ma posso complicare?
Quando puntiamo l'attenzione il nostro "campo bioelettromagnetico" si espande in quella direzione. Cosa che dovrebbe costare energia... Inoltre, se è quello lo spazio che mettiamo a diposizione, ciò che vi viene depositato ne viene perturbato? Potrebbe trattarsi solamente del personale modo di percepire la cosa, ma vuoi mai... Chi riceve attenzione interagisce col campo, dato che lo usa. Questo dovrebbe aumentare/velocizzare il flusso che tende ad equilibrare le frequenze nel punto di contatto affinchè vi sia comunicabilità (passatemi il termine... potrei dire compatibilità). Non implica un passaggio di energia? |
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E' lo scontro tra il vento freddo da nord est con una perturbazione atlantica da nord ovest ricca di umidita' e con temperature piu' elevate . L'effetto e' il peggior tempo meteo che si possa avere . E' difficile che da uno scontro di frequenze possa derivere la quiete o fuor di metafora una comunicazione proficua . A mio avviso bisogna rendersi vuoti quando si deve ricevere attenzione ed energia e pieni quando la si deve dare ad un interlocutore che a sua volta deve rendersi vuoto . Poi ma solo poi ciascuno col materiale proprio e con quello ricevuto dall'altro potra' rielaborare il tutto e rendere proficuo quanto ricevuto una volta integrato . Poi chi ha ricevuto puo' procedere a restituire materiale arricchito e cosi' via . Al di fuori di queste condizioni ideali di pieno e vuoto ci troviamo in condizioni meteo avverse , per tornare alla metafora . |
Da come sta girando il discorso mi sa che dovrò spostarlo in esoterismo, comunque va bene.
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In ogni caso, se prendiamo la situazione in cui presto energia coscientemente al di là delle mie particolarità, la cosa ha un suo costo... dalle tue parole deduco che confermi. Ne segue, almeno per me, anche la conferma dei dubbi successivi: l'energia che metto in campo (locuzione più precisa di quel che sembra) attiva un processo di flusso in ogni caso tra me e chi la riceve. Il grosso avveràà comunque magari con l'ambiente per entrambi, però nell'ipotesi che io metto e l'altro va via subito (ipotesi limite) abbiamo un minimo passaggio. O sbaglio? Edit: credo anch'io che tocchi spostarlo in esoterismo purtroppo. |
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comunque ho interpretato come scontro di frequenze queste tue parole che virgoletto : ''Chi riceve attenzione interagisce col campo, dato che lo usa. Questo dovrebbe aumentare/velocizzare il flusso che tende ad equilibrare le frequenze nel punto di contatto affinchè vi sia comunicabilità ''. Ma se anche fosse che io abbia frainteso mi pare che contino comunque di piu' i contenuti di quello che ho detto piuttosto che quelo che tu , io , noi intendevamo qualora avessimo detto e che invece sembra altro da quanto appare ecc ecc ecc , che pelotas non ti pare . |
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Non hai capito il significato della frase che mi hai citato e, di conseguenza, probabilmente neanche il resto. D'altra parte io cerco di usare le parole col massimo della precisione di cui sono capace e quindi se intendo qualcosa uso parole che ritengo possano veicolare quel qualcosa. Se me le cambi cambi il significato. Non c'è alcuno scontro di frequenze nella dinamica che ho descritto, ma un incontro di campi i quali, se hanno frequenze diverse, e nella misura di questa differenza, produrranno un flusso che renderà la zona a disposizione di una frequanza tale da permettere la comunicazione, ossia da permettere ad entrambi di tradurre per il proprio personale quanto arriva. In ogni caso quel che passa in quella dinamica è informazione, non energia. Ma, a mio avviso, e questo era il quesito che intendevo, il flusso riequilibrante (e non solo) invece si. LA dinamica di cui parliamo, in un certo senso, permette proprio di farsi pieni e vuoti... non viceversa. E' tuttavia vero che se un minimo non siamo capaci non possiamo neanche lavorare con l'attenzione, nostra o altrui. |
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Semplicemente la vediamo in modo diverso e questo ci sta tutto . Io dico che la comunicazione reale ( il rumore non implica necessariamente comunicare ) si interrompe in caso di flussi o frequenze diverse e che e' invece necessario che uno dei due flussi temporaneamente si arresti , per pochissimo o tanto che sia , al fine di fare entrare i contenuti nuovi di cui l'altro e' portatore ; Tu , mi pare , dici che , al contrario , questo incontro di campi e dei flussi con differenti frequenze ( che io chiamerei contenuti se interpreto correttamente ) favoriscono la comunicazione . Mah , non so , la mia esperienza mi porta a dire che e' cosi' difficile comunicare e capirsi che ci deve essere un reale sforzo e volonta' di aprirsi agli altri altrimenti nulla di buono ne viene . E gia' questo far spazio sarebbe una gran cosa sintomo di molte altre acquisite . Poi ma solo poi la diversita' di idee e contenuti che si trasmettono reciprocamente gli interlocutori e' un elemento che aiuta la comunicazione prima puo' esserne un grave ostacolo ; anche perche' se non si fa spazio e' naturale essere ripiegati sui propri contenuti piu' che attenti a quelli dell'altro . |
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Il dare attenzione è mettere spazio a disposizione. Quindi c'è quel fare vuoto. Questo spazio è comunque "interno" dato che il nostro campo si espande, però non è interno per come lo si intende comunemente (siamo nella sezione sbagliata, decisamente). Inoltre, nel mometo in cui viene usato dall'altro, diviene interno ad entrambi in un certo senso. Comunque sia i due campi si incontrano, anche se non si toccano nel senso comune del termine ma condividono un certo spazio, ossia hanno un'interazione. Siccome necessariamente avrenno vibrazioni diverse (forse neanche i gemelli le hanno uguali uguali) si produce una zona di inferenza in cui le frequenza tendono ad equilibrarsi per permettere il passaggio di informazioni, ossia rendere possibile la comunicazione. Il nostro atteggiamento conscio, tipo essere aperti a quello che l'altro dice o non avere pregiudizi, influisce indirettamente su questo processo. Però ci sono anche altri fattori che vi influiscono e che possono complicare le cose. |
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Però come si fa ad essere certi di non aver perso pacchi per strada? Fecendo un esame delle proprie risorse e del proprio stato? Un ripasso di tutto per verificare di aver copiato tutto? |
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In questo la persona che deve prestare attenzione potendolo fare uno alla volta dovrà scegliere la priorità che a volte non coindide con la reale priorità. In questi casi qual è il meccanismo che ci fa scegliere l'uno anzichè l'altro? Il discorsi di compatibilità di cui parlavi? E in casi di flussi diversi come parla Nike la comunicazione viene impossibilitata per cui alcuni persone vengono ignorate più a lungo? |
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