rassegnazione
L'avevo sempre e solo strettamente connessa all'aspetto religioso come accettazione della Volontà di Dio, il conformarsi al Suo Volere , un'obbedienza senza discutere.
Tralasciando l'ambito religioso vorrei qui cercare di delineare quella profonda sensazione di tristezza che mi accompagna da tempo e che leggo come diretta conseguenza della presa d'atto di non poter far nulla per cambiare una data situazione , quella che io , allo stato chiamo, non so quanto propriamente , rassegnazione . Per anni ho cercato di modificare un certo stato delle cose che così come si presentava mi risultava inaccettabile e mi provocava un' enorme sofferenza, sino a comprendere che non ho la possibilità di cambiare la realtà , che quel problema è fuori del mio controllo e della mia portata e quindi ecco la rinuncia , la resa. Rinuncia e resa che stanno alla base anche dell'accettazione dimensione quest'ultima però ben diversa dalla rassegnazione. In forum si è parlato di sofferenza come risultanza della non accettazione o non sopportazione di determinati avvenimenti, molto si è detto sull'accettazione sul come attuarla , ho trovato poco sulla rassegnazione e mi farebbe piacere esaminarla più a fondo magari partendo dal dizionario che indica la rassegnazione come quella disposizione d'animo di chi è pronto ad accettare la volontà altrui o qualcosa di ineluttabile , che è più grande di noi , ma contro voglia . Di fronte alla consapevolezza dello stato di fatto delle cose vi può essere , credo , un non rifiuto, una non repressione , un darsi pace insomma e un non giudizio sulla situazione che porta ad una quasi apertura che ne permetterebbe l'accettazione e forse poi la possibilità si affrontare quel problema. Con la rassegnazione vedo solo un piegarsi , un tollerare lo stato delle cose perchè non si possono cambiare , una sopportazione. Continuo a vedere la situazione così com'è e nel subirla non viene meno il dolore che essa provoca , potrei dire che la rinuncia ha portato con sè una sofferenza sorda e strisciante. La rassegnazione potrebbe essere vista come il primo passo per l'accettazione o è davvero tutt'altra cosa? |
Ho sbirciato l'etimo, e rassegnarsi viene da resignare che sarebbe re-ad-signare ossia togliere i sigilli (forte)e quindi sciogliere, liberare composto di re- indietro e signare- segnare, suggellare.(da signum- segno, sigillo)
Rinunziare, abbandonare, consegnare nelle mani di qualcuno. In uso: uniformarsi al volere altrui ma di malavoglia. Nell'uso comune della parola rassegnarsi è accettare qualcosa che non ci và e farlo di malavoglia, mentre secondo l'etimo si parla di togliere un sigillo, quindi il veto che c'impediva di accettare qualla stessa cosa. Se ci arrendiamo di fronte a una cosa, togliamo quello che c'impediva di accettarlo, dovremmo poi però non viverlo male, perchè se vivo di malavoglia una cosa significa che non mi stà bene, che non l'ho accettata, quindi non mi sono davvero rassegnata.. E' curioso come il verbo si usi anche per le dimissioni leggo.gif e per la rassegna stampa...leggo.gif |
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Direi di si Gibbi, quando ti rassegni non hai più nulla da dire o da fare, accetti e basta, più che di malavoglia direi che lasci che sia.
La monaca di Monza per esempio non s'è mai rassegnata (lettura dei prof eh :@@ ) se l'avesse fatto avrebbe potuto vivere la sua condizione in modo diverso e forse migliore. Mah Io è da un pò che rifletto sulle promesse, su dellle cose che vorrei smettere di fare e penso che alla fine gira gira ma non voglio scegliere, perchè se scegli rinunci a qualcosa. Ecco, non mi rassegno a rinunciare a quel qualcosa probabilmente. Comunque la rassegnazione non sempre è positiva, se mi rassegnassi al pensiero che gli esseri umani sono infidi, cattivi e prepotenti sarebbe un bel guaio. Resto comunque curiosa di fronte a quel "!togliere il sigillo" voi che ne pensate? |
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Penso che durante lo stato di rassegnazione si abbia poca forza per ri-solvere, che si tratti di accettare o combattere quella tal situazione. Forse è una fare necessaria in cui si riprendono forze e si rimettono insieme i pezzi, la rassegnazione è quindi una fase di passaggio. PS: ho faticato molto a scrivere queste poche righe perchè mi ha molto colpito quello che hai scritto e penso che hai fatto bene, ognuno di noi ha vissuto almeno una volta uno stato di rassegnazione nella propria vita. fiori.gif |
La rassegnazione è un termine che ho sempre usato in senso negativo, come un accettare uno stato di cose perchè ci si ritrova nell'impossibilità di cambiarle, pur sapendo che quello stesso stato continuerà ad esistere ed a farci soffrire, magari in modo sordo e strisciante come dice Gibbi.
Se provo a vederlo in altro modo, mah potrei vederlo come un accettare una certa cosa sapendo che fino a che non lo faccio e continuo a tormentarmici non cambieranno le cose, ma non cambierò neppure io, che continuerò a girare in torno agli stessi pensieri: una volta accettate certe cose, oltre naturalemnte ad averle analizzate, capite ecc, potre avere accesso anuove possibilità, nuovi pensieri o quantomeno nuove energie che prima spendevo nel tormento, ed in questo senso forse ci può stare l'etimologia trovata da Dafne sul togliere i sigilli. Una rassegnazione che non cambia niente, nè le cose nè me stesso ed il modo in cui mi rapporto a quelle cose , credo sia inutile e dannosa, se rassegnarsi può davvero dare una scossa e muovere le acque allora può essere utile. |
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Mi dispiace Gibbi che tu stia soffrendo abbraccio: |
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Rassegnare è un restituire... nel caso delle dimissioni si restituisce l'incarico che si era ricevuto e con esso i relativi strumenti/poteri che ci erano stati messi a disposizione, se ce ne sono stati, per svolgerlo. |
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Sono molto lontana dalla cosa vista così. P.S. Grazie Red abbraccio: |
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Potremmo anche non rassegnarci e continuare imperterriti a sbattere la testa sul muro. Se, di fronte all'evidenza che non si sposta, ci rassegnamo, come effetto immediato abbiamo che smettiamo di sbattere la testa. |
La rassegnazione secondo me si divide tra l'accettazione del fatto ma non della sofferenza che ne consegue.
Se non ho accettato il fatto continuo a combattere, non mi rassegno. In pratica vivo un conflitto. |
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Naturalmente poi si può vedere la rassegnazione come uno smettere di lottare per lasciarsi andare all'incupimento più nero, oppure la si vede come un "ripassare la palla" a Qualcuno stando in vigile attesa dei nuovi segnali. Pensavo che tra i vari modi di dire c'è anche "passare in rassegna le truppe", non so quanto possa essere collegato al discorso che facciamo, però se visualizziamo i soldati messi sull'attenti, in attesa che gli vengano assegnati ( o ri-assegnati) nuovi ordini, forse qualche spunto utile ci può essere. |
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Anche secondo me rassegnarsi è una scelta (rinunciare a combattere..rendere le armi) è forse un intestardirsi difronte all' evidenza che non posso farci niente..accettare la resa potrebbe darmi modo di salvare il salvabile..la cosa difficile è scegliere...
Ho da secoli la stessa firma..quando la scelsi mi colpi..così come mi ha colpito questa discussione ed è da ieri che torno a leggerla con attenzione.. abbraccio: |
Piace anche a me vedere la rassegnazione come scelta.
spesso nel corso della mia vita nel rassegnarmi ho ottenuto benefici evidenti....naturalmente tutto questo a fronte di un "lavoro" con se stessi. il guaio è che più divento "grande"e più difficile è rassegnarsi in maniera sana...... |
credo anch'io che la rassegnazione è una scelta, lottiamo finchè abbiamo una speranza di cambiare le cose, quando ci accorgiamo che tutto è vano, o ci stanchiamo di lottare, scegliamo di rassegnarci e spesso ci si libera di un peso perchè subito dopo si accetta quello stato delle cose e pian piano si sciolgono i dolori provati e si respira un'aria nuova di libertà.
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Certo... poi possiamo dire che comunque alla fine una scelta c'è sempre perchè potrei anche continuare a sbattere la testa contro il muro... ma sono un po' distante dal mio concetto di scelta. Vorrei cercare di capire se la rassegnazione occupa o meno un posto nel processo di accettazione , cioè ne può far parte , o come dice Red, sono cose completamente distinte? Quando l'ostacolo è una situazione negativa , che reca dolore... l'accettazione che io identifico con un atteggiamento di "pace" interviene come accettazione da subito o dato si che debbo usare questa accetta per affettare la cosa e ridurla in piccoli pezzi per poter fare in modo che il tutto possa prima passare per la mia gola stretta stretta e poi essere digerita dal mio stomaco ( scusate l'esempio terra terra) c'è la possibilità che questo processo passi per la fase intermedia della rassegnazione ? P.S : scusate , ho continuato aggiungendo la seconda parte al post al quale Ray ha già risposto |
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Diciamo allora che rassegnarsi è una risoluzione... che prendiamo a fronte dei risultati del nostro combattimento. Combattimento che ha lo scopo di modificare l'ambiente col quale siamo in conflitto. Ambiente che ci ha palesato la nostra impotenza. Oppure, ed ecco che scegliamo veramente, in casi in cui la forza di cambiare l'ambiente ce l'avremmo pure ma capiamo che non è il caso di farlo (chessò, manipolare qualcuno) ci rassegniamo perchè vogliamo. |
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Di fronte a qualcosa che ci stride (ma in realtà a qualsiasi cosa che dobbiamo assimilare, anche positiva) inneschiamo un processo che si potrebbe riassumere grossomodo così: paura ---> negazione riconoscimento ----> conflitto (----> combattimento) sconfitta/scelta -----> rassegnazione accettazione ------> scoprire l'utile nella cosa accettata Dove tutto il processo è in realtà un processo di accettazione, quindi ce ne vuole un po' ad ogni passaggio. Alla fin fine la differenza tra rassegnazione e l'accettazione, è che finchè sono rassegnato continuo a connotare negativamente la cosa, continuo a sperare che cambi. L'accettazione arriva quando smetto di sperare che quella cosa cambi o non sia e quindi ci convivo pacificamente. E posso costringermi a farlo, concentrandomi sulla convivenza con quella cosa non dando spazio alle speranze opposte. Dopo la convivenza pacifica arriva la possibilità di cogliere qualcosa di buono da quella cosa, che c'è sempre, non esistendo nell'universo qualcosa di solo negativo. Se ci osserviamo quando accettiamo qualcosa che ci viene semplice possiamo scorgere tutto il processo (che è anche più complesso di come l'ho descritto) anche se magari molte porte le troviamo aperte e ci passiamo in un attimo. I problemi insorgono quando ci fissiamo su qualcuna delle fasi precedenti, ma questo è un discorso complesso che magari riprendiamo. |
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Grazie Ray abbraccio: P.S. Te l'ho mai detto che se non ci fossi ti ci si dovrebbe inventare ? fiori.gif ( mi sa che si , qualche volta mi deve essere già scappata sta cosa icon_mrgr: ) |
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Fare marcia indietro rispetto a una convinzione? Perchè le poche volte che mi sono rassegnata in effetti sono tornata indietro sui miei passi, su una cosa che volevo che fosse in un certo modo (segno-foto) e invece ho dovuto accettare in un altro. Assegno qualcosa (anche in banca diavolo.g: anche se preferirebbe non darli gli assegni) mentre rassegno qualcosa che già di suo è negativo, le dimissioni. Non si dice assegno un lavoro e rassegno il lavoro leggo.gif Si dice anche passare in rassegna, o rassegna stampa, intendendo una sorta di carrellata. stosvegli: |
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Le dimissioni che si rassegnano non sono negative in se, ma l'attestazione di qualcosa che finisce. Interessante invece la cosa dei passi indietro. In effetti quando mi accorgo che le testate non mi permettono di passare oltre e smetto, facendo due passi indietro e vedendo quindi il muro, riesco a rendermi conto del perchè non passavo oltre. C'è però un altro punto che vorrei sottoporre per espandere il discorso, anche se lo temo pericoloso per qualcuno icon_mrgr: . La rassegnazione deve essere per forza definitiva? O meglio, dato che la rassegnazione implica una rinuncia, questa rinuncia deve essere definitiva? |
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A mio avviso non è detto. Può essere una rinuncia momentanea, poi una volta fatti i passi indietro, elaborata la cosa, magari vista in modo diverso da prima, potremmo trovare nuove strade e nuova forza per tornare alla carica, questa volta con più successo, oppure potremmo scoprire che quella cosa non ci interressava poi così tanto o che ne esistono altre ancora più belle o comunque migliori per noi cui prima non facevamo caso. |
Io vedo il rassegnarsi come un arrendersi, e anche questo porta a renderci disponibili, darsi al nemico, mettersi nelle sue mani, e lo collego al rassegnarsi perchè anche se la situazione a cui mi rassegno non l'avrei accettata se avessi potuto scegliere, cedo qualcosa, non faccio più resistenza, quindi mi rassegno.
Nel gergo militare, si passa in rassegna di solito i soldati, che in questo caso si dicono rassegnati, essendo a disposizione di chi li passa in rassegna. Quindi se i rassegnati si mettono a disposizione, rassegnarsi vuol dire sottostare a una certa situazione, però io posso scegliere se rassegnarmi o no, se decido di rassegnarmi non padroneggio più la situazione ma semplicemente non mi oppongo più. |
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La rinuncia, per essere tale, è definitiva per forza. Penso. |
La rassegnazione può essere un fase verso l'accettazione, ma a volte posso accettare qualcosa senza dovermi rassegnare, a volte perfino con entusiasmo (ad esempio se qualcuno decidesse di regalarmi qualche milione icon_mrgr: )
Penso che il succo stia in quello che ha detto Ray, scoprire l'utile nella cosa accettata, dato che il bicchiere è sempre mezzo pieno e mezzo vuoto, anche se al momento non riusciamo che a vederne i lati negativi. Per scoprire l'utile devo osservare il problema, esaminarlo, magari immaginando che non sia il nostro ma di qualcun altro per poter esserne maggiormente distaccati ed obiettivi. La rassegnazione comunque non è una resa perchè in cuor nostro continuiamo a combattere, ad opporci. Non sbatteremo più la testa ma il cuore continua a soffrire, a sperare che le cose cambino. Ma attenzione, ci sono due tipi di speranza. C'è quella che sa dare forza all'animo, e quella che consuma. La prima è l'unica vera Speranza, quella cristiana, la seconda assomiglia di più ad un pretendere... |
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Ma è la natura di novità che innesca il meccanismo perchè comunque ti ci devi adattare, ossia devi cambiare. |
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Se qualcuno decide di regalarmi un milione non mi ci vedo costretto a rassegnarmi, certo potrei rifiutare (avrei i miei motivi) ma è proprio il fatto di poter scegliere (avendone piena libertà e potere) che fa decadere la rassegnazione, la quale compare solo di fronte a una nostra impotenza o mancanza. |
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Io continuo a pensare che passiamo attraverso unn momento di rassegnazione, che è la restituzione dell'opposizione. Neghi, ti opponi, ti rassegni (smetti di opporti) e accetti. |
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Concordo sulla non necessità della rassegnazione di fronte ad una cosa che coincide con la tua volontà, ma l'esempio non era esattamente così. Il quid è l'elemento novità, che implica necessità di cambiamento. Se io voglio un milione e te lo vengo a chiedere sono già pronto al cambiamento e quando me lo dai salto a piè pari anche l'opposizione, oltre alla rassegnazione. Se invece io non sono pronto e tu me lo offri, mi poni di fronte ad una richiesta di cambiamento. Non c'è una mia volontà pregressa, ma solo la possibilità di accordare la mia alla tua. Quindi passo per un millesimo di secondo per l'opposizione, che risolvo decidendo di volere anch'io quella cosa, mi rassegno al cambimento, magari con entusiasmo, e accetto il tutto. Ok, ripeto, al lato pratico chissenefrega di questi particolarismi, ben venga il milione. Ma mi interessa stabilire se nel processo di accettazione di una novità/cambiamento si debba per forza passare per la rassegnazione, magari senza accenderla o se si possa invece percorrere altre strade (se ho centrato il problema in discussione). |
:U scusate, mi spiegate la differenza, allora, tra rassegnazione e rinuncia?
Se mi offrono un mlione ho un'iniziale euforia (icon_mrgr: ) ma se poi mi rendo conto che non li voglio da quella persona rinuncio a prenderli. :@@ E mi rassegno a non prenderli? Questo intendete? |
Io continuo a vedere il sergente che passa in rassegna, controlla i soldati nei minimi particolari posizione, divisa, capelli, portamento, nome etc
In pratica è un controllo nei minimi particolari di ciò di cui si deve prendere cura e di cui deve rispondere ai suoi superiori. A me fa pensare alla ricapitolazione (sarà perchè ancora non sono capace ahahah) I pratica controlli che tutto ciò che imparato e insegnato venga messo in pratica, nella ressegna, quando diventa rassegnarsi devi fare questa cosa su te stesso. Da li poi può derivarne la accettazione se ti sei in modo completo rassegnato. |
Beh, fanno anche le rassegne di film, le rassegne d'arte eccetera...
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Ha solo qualcosina in comune con la ricapitolazione, ma sono profondamente diverse soprattutto per quanto riguarda il moto, la rassegnazione parte dal profondo e va in superficie, la ricapitolazione al contrario. |
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