"Elì, Elì, lemà sabactàni?"
Mi ha sempre colpito quest'ultima affermazione di Gesù prima di morire sulla croce. Non credo fosse solo un momento di sconforto di un uomo... "Mio Dio, mio Dio, perchè mi hai abbandonato?" è una frase che secondo me racchiude invece un profondo significato.
Come spesso avveniva, Gesù pronunciava delle frasi per adempiere alle Scritture, o per dare un insegnamento o mostrare una Via.. Non le diceva a caso... Qual è il mistero dell'ultima frase pronunciata prima di spirare? Nell'altro thread sulla Volontà stiamo parlando di un uomo che deve scendere in fondo al mare per liberare un bambino, sapendo che quest'ultimo si salverà mentre invece lui potrebbe non farcela... Che sia forse l'ultimo grido di un uomo che si vede inghiottire dal mare dopo aver liberato definitivamente il Sè? Era questo che Gesù voleva mostrarci? |
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il momento veramente piu' doloroso e conseguentemente piu' utile e' la sensazione dell'abbandono , della perdita definitiva. Solo questo momento dolorosissimo che e' una morte di qualcosa di noi , e' fecondo per un nuovo inizio. Ci vuole la disperazione cioe' l'assenza di speranza . Finche ' speri di riavere quello che ti manca e che e' la tua dipendenza non puoi cambiare . Quindi la frase esprime un paradosso o una sensazione necessaria: l'abbandono del Padre che anticipa invece la salvezza. |
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In effetti si potrebbe intendere come l'ha messa Nike, un momento " fondamentale" dal quale passare; dal quale si spera non passare mai ( anche se in fondo potrebbe essere un paradosso ). Momento peraltro inevitabile che nel caso Gesù si trova costretto ad adempiere e quindi non può farne a meno. Ed è Gesù che, dal mio punto di vista, pronuncia la frase. E' Lui che avverte il passaggio che però è vuoto, all'interno del quale non c'è nessuno ad accompagnarlo. Non sente più la Presenza, il Senso, che l'aveva condotto fin li. Pertanto avverte l'evento come tragico non come necessario. :U |
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(lo posto per intero anche se è un po lunghetto perchè ha un forte significato profetico e insegna l'atteggiamento da tenere di fronte allo sgomento e alla paura di non sentire Dio e di sentirisi abbandonati da lui): Salmo 21 «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza»: sono le parole del mio lamento. Dio mio, invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo. Eppure tu abiti la santa dimora, tu, lode di Israele. In te hanno sperato i nostri padri, hanno sperato e tu li hai liberati; a te gridarono e furono salvati, sperando in te non rimasero delusi. Ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo. Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: «Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico». Sei tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai fatto riposare sul petto di mia madre. Al mio nascere tu mi hai raccolto, dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio. Da me non stare lontano, poiché l'angoscia è vicina e nessuno mi aiuta. Mi circondano tori numerosi, mi assediano tori di Basan. Spalancano contro di me la loro bocca come leone che sbrana e ruggisce. Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. È arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi hai deposto. Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto. Scampami dalla spada, dalle unghie del cane la mia vita. Salvami dalla bocca del leone e dalle corna dei bufali. Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea. Lodate il Signore, voi che lo temete, gli dia gloria la stirpe di Giacobbe, lo tema tutta la stirpe di Israele; perché egli non ha disprezzato né sdegnato l'afflizione del misero, non gli ha nascosto il suo volto, ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito. Sei tu la mia lode nella grande assemblea, scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli. I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano: «Viva il loro cuore per sempre». Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli. Poiché il regno è del Signore, egli domina su tutte le nazioni. A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere. E io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunzieranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: «Ecco l'opera del Signore!». Queste parole sono state interpretate da tanti come un grido di angoscia prettamente umano, per lui che si è caricato del peso dei peccati di tutta l'umanità, e che di fronte alla morte si trova solo ad affrontare il salto nel buio. Penso che il significato per noi sia quello di confidare in Dio anche se non lo sentiamo vicino, anche se pensiamo di essere abbondati, e nelle sue mani raccomandare il nostro spirito, come fece Gesù sulla croce. |
Quale sono i due punti che rendono il Cristo fatto uomo con tutti gli effetti?
La nascita e la morte del corpo, tutto il resto non è distintivo in tal senso. Quindi in punto di morte Gesù ribadisce il suo essere uomo. Inoltre alla nascita e alla morte sono i due passaggi in cui tutti siamo soli con noi stessi. Gli unici punti in cui siamo completamente soli. Questo ci voleva dire |
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Se consideriamo la " nascita" e la " morte " come passaggio, possiamo dire che è nel passaggio, nel camminare appunto da soli, come dire, in ingresso ed in uscita che si avverte di più la Solitudine? Mhm...Poi, non mi è chiaro quel: " ribadisce il suo essere uomo"! |
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In questo senso se Gesù non fosse stato uomo a tutti gli effetti non avrebbe provato cosa significa la morte per un uomo, quel senso di abbandono, di salto nel buio che genera angoscia. In quanto al morire soli questo richiama anche il salto della nascita, anche se abbiamo una madre che ci accoglie, nel momento del distacco dal mondo prenatale al vedere la luce della vita si è soli.... e molti conservano questo ricordo della nascita nell'inconscio con una sensazione di cadere nel vuoto. In ogni caso si tratta di abbandonare delle sicurezze acquisite per entrare in dimensioni nuove, e questi passaggi sono individuali perchè al momento della nascita il bimbo si separa dalla madre per avere una sua individualità indipendente. L'unico filo conduttore è la speranza in Dio che avendoci chiamato alla vita non ci abbandonerà nella morte. |
In questo contesto (come in quasi tutti i contesti) c'è un fine ed un mezzo. La visione umana dei mezzi e dei fini divini è sempre invertita.
Il fine non era al Cristo dimostrare che attraverso Gesù si è fatto uomo. Quello era il mezzo, il fine era mostrarci le cose importanti dell'essere umano. La più importante, o comunque una delle più importante è che l'uomo non è mai solo, ed il momento di solitudine che è accessibile solo nei passaggi tra uno stato ed un'altro è una conquista e non una disgrazia. Lì in quel passaggio c'è il segreto dei segreti, ma noi siamo troppo aggrappati allo stato precedente o a quello che immaginiamo arriverà per accorgercene. Ora non sto dicendo che sia desiderabile permanere nei passaggi, grave sciagura sarebbe, ma affermo che anche se siamo perfettamente coscienti per il 100% della nostra vita, se perdiamo coscienza in quei passaggi non avremmo fatto nulla di più di chi dorme costantemente. Mi rendo conto che l'argomento potrebbe essere (o sembrare) misterioso, ma intanto l'ho accennato. |
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Questa immersione dunque, dovrebbe essere " allenata", per così dire, facendo in modo, per questo, di riuscire a trarre il mistero, o definito tale, acchiapparlo in definitiva con una rete ad esempio e " portarlo nello stato successivo o anche ri-portarlo in quello nel quale ci troviamo? Da ciò, si potrebbe dire che il mistero trova la sua collocazione nel passaggio, nella " pausa", nella solitudine e non nello stato, precedente o successivo? |
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Se ho ben capito, anche se sembra un bisticcio di parole, dovremmo riuscire vivere coscientemente il momento della morte, il cambiamento di stato, il passaggio, mentre (come in quasi tutto il resto di una vita ordinaria) siamo spostati, o aggrappati al prima (alla vita) o presi ad immaginare quello che accadrà dopo la morte.. |
Red, poi ti rispondo, ma voglio aggiungere un'altra metafora.
Tra stare dentro casa ed essere fuori qual'è il momento in siamo liberi (come luogo) ? E' quando siamo sulla porta |
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E' paragonabile (anche se a livelli diversi) con quello che stiamo cercando di fare con la ballerina nelle tecniche evolutive? |
Anche a me colpisce quell'essere soli. Lo interpreto a primo acchitto così: durante tutta la giornata siamo a contatto con le energie, i pensieri, le forme esterne ed interne, interagiamo costantemente con tutto intorno a noi. Ma in un momento di passaggio immagino che chiudiamo tutte le interferenze esterne, e siamo solo noi, con le nostre sole forze e siamo liberi da cordoni e tubi.
A questo punto mi viene anche il dubbio che ci voglia una enorme energia per passare allo stato di morte. Intanto perchè bisogna mantenere una super coscienza e poi perchè mi ha sempre incuriosito il perchè i moribondi a pochi attimi dalla morte tornano lucidi, sani e muoiono. |
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E' già un po' più chiaro messa così, grazie, continuavo a vedere quel "soli" come una cosa negativa piuttosto che una conquista.. Citazione:
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Il momento della solitudine non solo fisica ma come assenza di speranza di ritrovare quello che si e' perso , il senso di abbandono che serve al passaggio allo stato successivo? Non siamo soli perche' una soluzione c'e' sempre ...al limite la pazzia, la fuga dal reale se non sopportabile , pero' la sensazione di essere soli , abbandonati senza speranza e quindi la sofferenza e' il mezzo per passare ad altro stato ed e' la conquista di cui e' capace l'uomo. Quindi non e' importante stare un po' piu' su ma capire che c'e' ogni volta la possibilita' di andare piu' su. Questo volevi dire? |
Io non ho mica capito se parliamo di morte dell'io oppure della morte che capita ad ogni essere vivente alla fine dei suoi giorni.
Sono paragonabili? Ricordo un racconto che ci avevi fatto leggere di un'esperienza (era linkato) di una persona...deve essere qui in forum da qualche parte ma non ricordo più dove. Molto tempo fa una persona mi disse che in quel momento dobbiamo saltare non aver paura e saltare, ma io mi sono sempre chiesta saltare dove? Bon chiedo scusa se non ho seguito il filo del discorso ma mi è ostico e faccio fatica ad entrarci. Mi dispiace anche perchè vorrei capire ma non ce la fo. :C: |
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Ognuno di noi, nella vita, deve confrontarsi con una doppia distruzione, con una doppia caduta (a livello fisico e a livello spirituale), con un doppio nascondersi di Dio. Dice un verso del Deuteronomio (31,18): "Poichè in quei giorni nasconderò doppiamente il mio volto". Si tratta di una doppia crisi, sia a livello di vita pratica che di fede interiore a livello umano, come un'iniziazione, cosa che è accaduta anche ai Santi, tutti hanno provato ad un certo punto l'angoscia e la paura dell'abbandono, attraverso la quale si deve passare se vogliamo il merito di ritrovare la strada, ed è come morire e rinascere, la distruzione del tempio e la sua ricostruzione. Nella morte fisica come nella nascita penso che quasi nessuno sia perfettamente lucido da vivere quel momento di passaggio, alla nascita perchè non si hanno elementi per sentirlo anche se inconsciamente conserviamo traccia di quel passaggio, alla morte perchè pochi sono perfettamente lucidi in quei momenti... Almeno io lo interpreto così, ribadendo il fatto che comunque il passaggio della morte lo compiamo da soli. |
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Come dici tu c'è sempre un'altra soluzione (mescolamento di altri elementi primari) o detta in altri termini finchè c'è vita c'è speranza. Accade anche nelle piccole morti e rinascite giornaliere, cioè quando andiamo a dormire. Se qualcosa è rimasto in sospeso si fa fatica a dormire, non vogliamo lasciare quella giornata anche se sappiamo che in questo caso potremmo continuare il giorno dopo, dentro di noi sappiamo che quello che faremo il giorno dopo non lo abbiamo fatto ora quando andava fatto. Ma quando sappiamo che quello che è fatto è fatto e nulla potrà essere più cambiato, anche sapendo di aver fatto bene ci troviamo nella posizione di maggiore impotenza. Rifaccio sempre l'esempio delle cellule totipotenti che sono la potenza assoluta del biologico, finchè non fanno qualcosa e diventano l'impotenza biologica assoluta quando hanno esaurito il loro compito. Ed è in questo momento che Cristo si incarna completamente nell'Uomo, non perchè muore, ma perchè raggiunge il punto più basso o se vogliamo più alto dell'impotenza , quello che è fatto è fatto e non può essere cambiato (almeno nella 3° dimensione). Citazione:
Sono su livelli diversi ma analogicamente sono la stessa cosa. |
si associano quindi anche alla parole "tutto è compiuto" che di fatto rafforzano quanto hai detto Uno?
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Si può leggere anche in altra ottica: "gli ultimi saranno i primi", non è solo in senso di umiltà, quando hai già espresso completamente la potenzialità puoi aver creato o meno, ma quel che hai fatto hai fatto, la freccia è partita ed è anche arrivata. Gli ultimi che scoccano in termini di potenza sono i primi, non per nulla secondo tutti i protocolli regali o anche no, gli invitati devono arrivare in ordine di importanza e gli ultimi sono più importanti. Etc.... |
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en passant, questa è eresia, eh, Sole. Han bruciato gente che diceva cose cosi' :D |
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ecco perche' odio i giochetti a citazioni delle scritture come nei film mericani. perche' cosi' puoi far dire quel che ti pare. e sempre meno c'e' voglia di leggere e di capire il senso da un "corpus" di scrittura, come fai tu, e non da una frase... |
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