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Uno 04-08-2009 10.11.27

La morte è inevitabile
 
Leggendo solo il titolo qualcuno penserà che un'ovvietà più banale non potevo scriverla.
Ma è tanto ovvia la cosa?
Razionalmente lo sappiamo tutti praticamente dai primi anni di vita, a tutti capita nei primi 10 anni di vita, in qualche modo, di vedere all'opera la grande mietitrice. Ma tra saperlo con la ragione e poi vivere con l'intima comprensione c'è una bella differenza.
Chi arriva per caso a prenderne piena coscienza cade in depressione, altri (una buona parte della massa) spesso prima di scendere fino in fondo nel baratro trovano un'ancora di salvezza in qualche teoria che rende tutti immortali senza coscienza.
In linea di massima, tranne poche eccezioni (statisticamente intendo) questi due sono gli opposti, con ovviamente molte sfumature in mezzo.

Poi ci sono le eccezioni statistiche, quelli che paragonerei all'alcolizzato che si è accorto di avere un problema e di aver iniziato a volerlo risolvere.
Quando si riesce a prendere piena coscienza che dovremmo morire, che non siamo eterni, ma il tutto senza cadere in depressione (a proposito tutte le depressioni derivano originariamente dall'arrivare a percepire la morte senza prenderne coscienza) iniziamo ad essere pronti per fare qualcosa.
La piena ed assoluta coscienza della morte è sancita dal raggiungimento della non paura verso di essa. Quando non avremo più paura della morte, pur essendone consapevoli (solo non pensarci non significa nulla), sapremo che c'è, che è inevitabile, naturale etc... allora potremmo iniziare a pensare ad altro, anche a se c'è un oltre.
Farlo prima è solo un modo per allontanare la morte, per non pensarci e così di fatto l'avviciniamo, sia non vivendo, che sopravvivendo a periodi depressivi di intensità variabile a seconda delle singole costituzioni. Anche il più, apparentemente, felice di questo mondo, se non ha preso piena coscienza della morte ne conserverà da qualche parte una paura e quindi avrà in se una depressione quanto meno embrionale. Depressione che all'occasione giusta potrà manifestarsi.
Ora sto razionalizzando il tutto per l'esposizione, ma se le parole sono un buon punto di partenza, la piena coscienza dell'incappucciata è affar intimo, interiore e diverso in base alle esperienze e alle costituzioni individuali anche se i passaggi principali, quelli sopra descritti, sono comuni a tutti.

Uno 04-08-2009 10.31.40

Ho corretto il titolo, nella fretta avevo messo un "non" in più

Ray 04-08-2009 10.51.06

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 72014)
La piena ed assoluta coscienza della morte è sancita dal raggiungimento della non paura verso di essa. Quando non avremo più paura della morte, pur essendone consapevoli (solo non pensarci non significa nulla), sapremo che c'è, che è inevitabile, naturale etc... allora potremmo iniziare a pensare ad altro, anche a se c'è un oltre.

Tuttavia è inevitabile pensare a "se c'è un oltre" anche prma di averne sconfitto la paura. Anzi, è proprio perchè non si è sconfitta che ci si pensa.
Credo che tra le sfumature che citi, compresa tra la depressione e le teorie della sopravvivenza senza coscienza (anche con una coscienza parziale del fatto che si deve morire), ci possa essere la condizione del ricercatore che è disposto a fare una certa fatica per una speranza di un oltre. Ma spesso, almeno in una certa misura, è un altro modo di cercare di fuggire dalla morte.

Tu dici che solo dopo aver sconfitto la sua paura, e quindi non solo dopo aver davvero compreso la sua ineluttabilità, si può pensare (oggettivamente?) ad un oltre. Come dire che dopo aver accettato la certezza della morte si può esplorare la possibilità di non finire con essa?

Uno 04-08-2009 11.44.47

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 72016)
Tuttavia è inevitabile pensare a "se c'è un oltre" anche prma di averne sconfitto la paura. Anzi, è proprio perchè non si è sconfitta che ci si pensa.
Credo che tra le sfumature che citi, compresa tra la depressione e le teorie della sopravvivenza senza coscienza (anche con una coscienza parziale del fatto che si deve morire), ci possa essere la condizione del ricercatore che è disposto a fare una certa fatica per una speranza di un oltre. Ma spesso, almeno in una certa misura, è un altro modo di cercare di fuggire dalla morte.


Non spesso e non in una certa misura, è solo un'altro modo per cercare di sfuggirla. Nella metafora dell'alcolista è pensare alla vita che potraìà fare dopo quando smetterà di bere, ma continuando a pensare che non è realmente un alcolizzato, si sente solo uno che beve qualche goccetto.Ma allora perchè pensa a quando non berrà più se anche pensa di non bere smodatamente già ora?
Perchè pensare al dopo la morte se già ora ti sembra una cosa sorpassabile in qualche maniera? Comunque non servirebbe pensarci o prepararti... anche se lo fai per sentito dire non ne sentirai comunque la pressione... tanto hai già la speranza che ci sia qualcosa dopo.
Poi, non meno importante, entra in gioco la brama. Se già solo tirare con l'arco riesce meglio mirando ma senza l'aspettativa del centro, figuriamoci una "cosetta" così...
Quote:


Tu dici che solo dopo aver sconfitto la sua paura, e quindi non solo dopo aver davvero compreso la sua ineluttabilità, si può pensare (oggettivamente?) ad un oltre. Come dire che dopo aver accettato la certezza della morte si può esplorare la possibilità di non finire con essa?
Le due cose coincidono, quando hai pienamente compreso (preso totalmente coscienza dell'ineluttabilità della morte ne hai anche perso la paura, non parlo della paura "a pelle", quella rimarrà sempre a vari livelli, parlo della paura profonda. Del resto se comprendi pienamente che non hai potere in tal senso ti arrendi (la famosa resa che agisce su più livelli). Finchè speri di svicolare in qualche modo, anche se la speranza è remota, non ne prendi piena coscienza, se non della morte stessa (quello è un'altro affare, successivo) almeno della sua ineluttabilità, ne avrai paura anche se non lo ammetti neanche con te stesso.

Kael 04-08-2009 11.59.01

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 72014)
allora potremmo iniziare a pensare ad altro, anche a se c'è un oltre.
Farlo prima è solo un modo per allontanare la morte, per non pensarci

Aggrapparsi ad una teoria che promette in qualche modo di aggirare la morte, di sfuggirla, è di fatto solo un palliativo perchè, se mai ci sarà un vero oltre, sarà raggiungibile solo attraverso la morte stessa. La porticina segreta che conduce oltre è infatti proprio lì, sul fondo del baratro... Più o meno come illudersi di poter andare alle superiori senza prima sostenere l'esame di terza media, con la differenza che proprio volendo l'esame di terza media si può sfuggire (ci si può ritirare), dalla morte no.

La morte insomma è una tappa obbligata in questo cammino che siamo tutti tenuti a compiere, val la pena di concentrarsi pienamente su di essa se poi c'è la reale speranza di accedere ad un oltre.. In questo senso la morte nasconde il segreto dei segreti, quello che da sempre affascina e seduce l'uomo... la vita eterna.

luke 04-08-2009 13.36.19

Leggendo mi è venuta in mente la scena del film "non ci resta che piangere" dove un monaco ripette a massimo troisi "ricordati che devi morire, ricordati che devi morire" ,e troisi "si si mo me lo scrivo " icon_mrgr:

Effettivamente prendere atto ed arrendersi al pensiero che prima o poi toccherà anche a noi, può essere un passaggio inevitabile per poi fare i passi seguenti.

Perdere la paura di morire in seguito a fenomeni straordinari tipo visioni di pre-morte è un fatto troppo raro e bisogna vedere quanto attendibili e realmente efficaci.

Non credo sia facilissimo essere consapevoli della morte, non mi sono ancora posto spesso il problema della mia morte, più quello di qualche persona cara, bò forse è un modo per iniziare a girare intorno al problema.
Magari prenderne atto realmente può aiutarci anche a migliorare gli sforzi per non morire "incompiuti", che è una delle cose che mi pesa di più ora.

stefano 04-08-2009 14.23.33

in un certo qual modo avere paura della morte (profonda) significa più o meno avere paura della vita.
la paura non permette di vivere pienamente il momento presente perchè automaticamente sposta l'attenzione altrove (al futuro ipotetico)
quindi a rigor di logica, non permette di vivere pienamente la vita.
la mente è come se avesse sempre l'attenzione focalizzata altrove e non al momento che sta vivendo.

Era 04-08-2009 14.50.20

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 72014)
Leggendo solo il titolo qualcuno penserà che un'ovvietà più banale non potevo scriverla.
Ma è tanto ovvia la cosa?
Razionalmente lo sappiamo tutti praticamente dai primi anni di vita, a tutti capita nei primi 10 anni di vita, in qualche modo, di vedere all'opera la grande mietitrice. Ma tra saperlo con la ragione e poi vivere con l'intima comprensione c'è una bella differenza.
Chi arriva per caso a prenderne piena coscienza cade in depressione, altri (una buona parte della massa) spesso prima di scendere fino in fondo nel baratro trovano un'ancora di salvezza in qualche teoria che rende tutti immortali senza coscienza.
In linea di massima, tranne poche eccezioni (statisticamente intendo) questi due sono gli opposti, con ovviamente molte sfumature in mezzo.

Poi ci sono le eccezioni statistiche, quelli che paragonerei all'alcolizzato che si è accorto di avere un problema e di aver iniziato a volerlo risolvere.
Quando si riesce a prendere piena coscienza che dovremmo morire, che non siamo eterni, ma il tutto senza cadere in depressione (a proposito tutte le depressioni derivano originariamente dall'arrivare a percepire la morte senza prenderne coscienza) iniziamo ad essere pronti per fare qualcosa.
La piena ed assoluta coscienza della morte è sancita dal raggiungimento della non paura verso di essa. Quando non avremo più paura della morte, pur essendone consapevoli (solo non pensarci non significa nulla), sapremo che c'è, che è inevitabile, naturale etc... allora potremmo iniziare a pensare ad altro, anche a se c'è un oltre.
Farlo prima è solo un modo per allontanare la morte, per non pensarci e così di fatto l'avviciniamo, sia non vivendo, che sopravvivendo a periodi depressivi di intensità variabile a seconda delle singole costituzioni. Anche il più, apparentemente, felice di questo mondo, se non ha preso piena coscienza della morte ne conserverà da qualche parte una paura e quindi avrà in se una depressione quanto meno embrionale. Depressione che all'occasione giusta potrà manifestarsi.
Ora sto razionalizzando il tutto per l'esposizione, ma se le parole sono un buon punto di partenza, la piena coscienza dell'incappucciata è affar intimo, interiore e diverso in base alle esperienze e alle costituzioni individuali anche se i passaggi principali, quelli sopra descritti, sono comuni a tutti.

Quest'ultima frase mi fa pensare ai popoli selvaggi che per altro lo erano molto meno di molti cittadini civili di oggi...voglio dire la consapevolezza degli indiani d' america...per esempio.. consapevoli che c'era un tempo per vivere e un tempo per morire..
Nel film "Piccolo grande uomo" il capo guardandosi intorno e "ascoltandosi" sentiva giungere la sua ora..diceva :"questo è un buon giorno per morire" e se ne andava sui monti cercava un buon posto..si sdraiava e aspettava...aspettava da solo...

Noi uomini civili e moderni non abbiamo la cultura della morte..di certo ne abbiamo un terrore folle..ma come dici tu..la esorciziamo non pensandoci nascondendola ai bambini come se fosse la più brutta delle cose...
Molto spesso sento dire che non si ha paura di morire..ma della sofferenza fisica...non so ma ho visto sofferenti gravissimi e di età avanzata aggrapparsi alla vita e alla speranza con le unghie..

Adesso leggo gli altri pareri

RedWitch 04-08-2009 16.00.37

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 72014)
Chi arriva per caso a prenderne piena coscienza cade in depressione, altri (una buona parte della massa) spesso prima di scendere fino in fondo nel baratro trovano un'ancora di salvezza in qualche teoria che rende tutti immortali senza coscienza.
In linea di massima, tranne poche eccezioni (statisticamente intendo) questi due sono gli opposti, con ovviamente molte sfumature in mezzo.

Ho sempre pensato che chi ha una fede forte (e cieca, senza offesa per nessuno), vivesse meglio di chi non l'ha, o l'ha persa per strada, invece alla fine non è nient'altro che un modo per sopravvivere... per non sprofondare nella depressione

Citazione:

Poi ci sono le eccezioni statistiche, quelli che paragonerei all'alcolizzato che si è accorto di avere un problema e di aver iniziato a volerlo risolvere.
Quando si riesce a prendere piena coscienza che dovremmo morire, che non siamo eterni, ma il tutto senza cadere in depressione (a proposito tutte le depressioni derivano originariamente dall'arrivare a percepire la morte senza prenderne coscienza) iniziamo ad essere pronti per fare qualcosa.
La piena ed assoluta coscienza della morte è sancita dal raggiungimento della non paura verso di essa. Quando non avremo più paura della morte, pur essendone consapevoli (solo non pensarci non significa nulla), sapremo che c'è, che è inevitabile, naturale etc... allora potremmo iniziare a pensare ad altro, anche a se c'è un oltre.
E quando ci si accorge di provare questa paura, è utile continuare a guardarla, e a rinforzarsi in questo modo? imparare a reggerla piano piano puo' essere un modo per avvicinarsi alla piena coscienza della morte ?
L'unico modo per poter iniziare a pensare ad altro quindi è passare per questa presa di coscienza, un passaggio obbligato per il percorso di un ricercatore.. la si puo' vedere come un primo obiettivo da raggiungere..

L'iniziato per completare l'Opera, deve sperimentare la morte fisica, è con questo passaggio che il piombo si trasforma in oro? e quando puo' sperimentare la morte fisica, è perchè non ne ha più paura? Perchè si è arreso alla sua ineluttabilità?

Citazione:

Originalmente inviato da Era
Quest'ultima frase mi fa pensare ai popoli selvaggi che per altro lo erano molto meno di molti cittadini civili di oggi...voglio dire la consapevolezza degli indiani d' america...per esempio.. consapevoli che c'era un tempo per vivere e un tempo per morire..
Nel film "Piccolo grande uomo" il capo guardandosi intorno e "ascoltandosi" sentiva giungere la sua ora..diceva :"questo è un buon giorno per morire" e se ne andava sui monti cercava un buon posto..si sdraiava e aspettava...aspettava da solo...

Trovo molto bello quello che hai scritto Era, l'uomo consapevole dell potenza della Natura (o Universo, o Dio, credo sia lo stesso alla fine..) .. ho un' esperienza che vorrei provare a condividere con voi, credo comune a tutte le mamme... durante la gravidanza avevo paura del parto, una paura sottile ma spesso presente, a come sarebbe stato, ma soprattutto paura del dolore che conoscevo per sentito dire come, "diverso da ogni altro finora sperimentato", ma quando aspetti un bimbo, è inevitabile passare per il parto, anche se ne hai paura. Quando mi sono arresa a questa evidenza la Natura ha fatto il suo corso, e ne ho sentito in me tutta la sua potenza, lei fa il suo corso che io lo volessi o meno, ma quando mi sono arresa è diventato tutto armonico (per quanto doloroso) e non avevo paura, ero lucida ed ho vissuto un'esperienza che non credo dimenticherò... probabilmente anche con la morte potrebbe essere lo stesso.. a patto di non averne paura, anche se al momento la vedo come la cosa più difficile che abbia mai affrontato.

Uno 04-08-2009 21.32.24

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 72023)
Ho sempre pensato che chi ha una fede forte (e cieca, senza offesa per nessuno), vivesse meglio di chi non l'ha, o l'ha persa per strada, invece alla fine non è nient'altro che un modo per sopravvivere... per non sprofondare nella depressione

Eh... ma ci sono due tipi di fede, quella con la F maiuscola di chi ha già preso, almeno in parte, coscienza dell'ineluttabilità della morte e molte altre cose (metto in agenda per un 3d o un articolo). Poi c'è la fede con la f minuscola che è un delegare ad altri il proprio contatto con l'interiorità
Quote:

E quando ci si accorge di provare questa paura, è utile continuare a guardarla, e a rinforzarsi in questo modo? imparare a reggerla piano piano puo' essere un modo per avvicinarsi alla piena coscienza della morte ?

E' senz'altro utile continuare a guardare senza negare ciò che è la realtà, ma non si può imparare a reggerla pian piano anche se questo avverrà così.
Come prendere confidenza con l'acqua iniziando a bagnarsi i piedi etc.. ma poi al dunque quando sei sull'acqua alta o nuoti o affoghi, e se non sei sull'acqua di una certa altezza non puoi nuotare.
insomma c'è un punto in cui la morte ti arriva addosso in pieno (intendo non quando è il momento di "andare"), con tutta la sua forza e li puoi far finta di non vederla oppure respirarla. Per dirla bene non è un solo momento, le circostanze della vita ti ci mettono di fronte diverse volte.
Quote:


L'unico modo per poter iniziare a pensare ad altro quindi è passare per questa presa di coscienza, un passaggio obbligato per il percorso di un ricercatore.. la si puo' vedere come un primo obiettivo da raggiungere..


Io direi di no, prima si prende coscienza che la vita non è solo quello che comunemente sembra (non "l'oltre" per prevenire un'obiezione di Ray icon_mrgr:) poi che non è infinita (cioè che si muore) e poi il resto......
Quote:


L'iniziato per completare l'Opera, deve sperimentare la morte fisica, è con questo passaggio che il piombo si trasforma in oro? e quando puo' sperimentare la morte fisica, è perchè non ne ha più paura? Perchè si è arreso alla sua ineluttabilità?
Il piombo è già la morte, l'oro è la vita nuova
No la morte fisica la sperimentano tutti, volenti o no che ne abbiano paura o meno, forse tu intendevi la morte iniziatica.

filoumenanike 04-08-2009 22.08.09

Pomeriggio d'estate, il sole all'orizzonte infuoca la valle, sono sulla cima di una torre, da lassù domino il paesaggio intorno, la bimba è immersa con me nello spazio e domanda "che cosa sono quelle sdraie laggiù, sotto il bosco di querce?" non sono sdraie al sole, rispondo, sono le tombe del cimitero.
"Oh, zia, come è bello pensare che i morti possano riposare tranquilli sotto il sole...all'ombra di allberi così grandi!"
La morte per i piccoli è qualcosa che già conoscono ma che ancora non temono come il vecchio che vede diminuire il corso degli anni, eppure il vecchio sa che la morte sarà il riposo di tante fatiche, sa che l'inferno è già passato, ogni giorno è un dono in più....
La morte fa paura alla persona nel pieno degli anni, perchè deve ancora fare, agire, costruire, non può lasciare senza rimpianti la vita, deve preparare l'avvenire per i figli, la morte gli mette paura per la sua ineluttabilità...il non ritorno...
Chi è solo, senza legami, pensa alla morte con più distacco...come il vecchio che ha sistemato già le sue cose.
A me mette paura il pensiero che si debba in qualche modo rinascere, chissà sotto quale forma, quale condizione, l'idea di dover vivere una vita drammatica, violenta, mi fa star male, vorrei sapere che cosa c'è dopo solo per il timore di dover rinascere in un corpo diverso, in una dimensione diversa...
la religione non mi aiuta, sono sola con i miei ragionamenti...una sola certezza...la morte dovrò affrontarla da sola!
Mi consola l'idea che morire sia uguale e contrario al nascere, due momenti uguali e contrari!

Grey Owl 04-08-2009 22.31.52

Ho visto morire persone care, il destino ha voluto che le vedessi spirare. Il volto, un'attimo prima di morire, si distende come ad arrendersi all'ineluttabilità. Prima il volto è teso ma subito dopo lo sguardo si rilassa ed il petto si distende in un'ultima esalazione. Ricordo il corpo freddo, la pelle opaca, la forma con l'essenza assente.

Quando penso alla morte la vedo come Nostra Signora e padrona. Il pianto che è seguito alle morti dei miei cari è per l'attaccamento che avevo nei loro confronti, non certo per l'ingiusta fine, anzi la morte li ha liberati dalla malattia e dal dolore.

Non riesco a comprendere se la mia è comprensione della morte oppure negazione profonda della morte stessa.

Per esorcizzare la morte ho rimosso la paura dalla ragione, relegandola nell'inconscio?

RedWitch 05-08-2009 15.59.08

Citazione:

Originalmente inviato da Uno
.........................................
insomma c'è un punto in cui la morte ti arriva addosso in pieno (intendo non quando è il momento di "andare"), con tutta la sua forza e li puoi far finta di non vederla oppure respirarla. Per dirla bene non è un solo momento, le circostanze della vita ti ci mettono di fronte diverse volte.

Intendi con la morte delle persone che mi sono vicine? E' in questo modo che la morte mi arriva addosso? o altro?

Da bambina a me è stata preclusa la possibilità di avvicinarmi alla morte, i miei non mi dicevano quando moriva qualcuno della mia famiglia lo venivo a sapere solo dopo, a volte per vie traverse.. credo fosse un modo distorto di protezione, o più facilmente non sapevano come affrontare la cosa con me,
e quando ero ragazzina non mi permettevano di vedere i "miei" morti all'obitorio, non ho mai avuto la possibilità fino ad ora di rendermi conto come sia un corpo senza vita ad esempio.. e fino a poco tempo fa era un tabù anche parlare di morte per me, insomma la negazione assoluta.

Citazione:

Originalmente inviato da Uno
....
Io direi di no, prima si prende coscienza che la vita non è solo quello che comunemente sembra (non "l'oltre" per prevenire un'obiezione di Ray icon_mrgr:) poi che non è infinita (cioè che si muore) e poi il resto......

Scusami, salto i passaggi secondo il mio soggettivo,dry.gif farò attenzione.

Citazione:

Il piombo è già la morte, l'oro è la vita nuova
Ecco io pensavo che metaforicamente rappresentasse la trasformazione dell'uomo in Uomo, invece devo avere un caos in mente su questo.. ci torno più avanti..

Citazione:

No la morte fisica la sperimentano tutti, volenti o no che ne abbiano paura o meno, forse tu intendevi la morte iniziatica.
Anche qui ho fatto confusione, sì intendevo la morte iniziatica, che fantasiosamente, immagino come l'equivalente della morte fisica, immaginavo che l'esperienza fosse uguale solo che in quel caso si "torna" , mentre con la morte fisica vera e propria no.

griselda 05-08-2009 16.55.52

La morte esiste eccome, solo che non sappiamo bene quando la incontreremo. Non ci viene neppure insegnato anzi davanti a lei si fanno gesti scaramantici per allontanarla per esorcizzare la paura che ne abbiamo. Ma credo che sia solo ignoranza perchè la incontriamo appena entriamo in questo mondo quando morendo come feto nasciamo come neonato. Ogni volta che ci trasformiamo. E dento di noi perchè ogni giorno un numero enorme di cellule muore per rinascere.

Iniziamo a conoscerla ogni volta che perdiamo qualcosa, che finisce per noi qualcosa, è finito è morto non esiste più non possiamo più fare tornare le cose come prima..
Io l’ho reincontrata molto presto ma non l’ho identificata subito non sapevo il suo nome per cui mi sono abituata ad averla accanto ma senza mai riconoscerla.
Poi un giorno invece quando mio padre si ammalò gravemente mi resi conto che essa esisteva e stava per portarmi via la persona che più mi aveva amata al mondo. Fui presa dal panico e pensai che dovevo trovare un modo per non pensarci e che dovevo buttarmi con tutta me stessa nella vita e così ho rimosso anche la morte ma che mi ha toccata comunque quando poi è morto.

L’ultima volta nonostante il mio escamotage di non badarla mi si è parata davanti all’improvviso e in una lunga notte di giugno non feci in tempo a scansarla anzi fu lei che trovò il modo di pararsi davanti a me all’improvviso senza darmi questa volta il tempo di scappare e rimuovere il tutto.
Fu un momento davvero lungo ed intenso di tre notti e tre giorni o forse fu di meno o forse di più fu un loop lungo e tremendo in cui pensai di uscire pazza ma entrai invece in depressione, poi grazie a diverse persone e anche a me, sono riuscita a risalire la china. Ma dopo quell’incontro non sono stata più la stessa, non ho neppure più lo stesso sguardo se non sorrido ci scorgo ancora quella paura.

Oggi vorrei riuscire a non aver paura della morte, iniziando a non aver paura di far morire in me alcune cose di cui potrei fare a meno, come altre che lo sono già.
La morte fisica me la sono sempre immaginata come un entrare in una altra dimensione dove avrei incontrato i miei debiti, poi ho scoperto che invece la morte è morte, tu come persona non esisterai più esisterà solo il tuo spirito a meno che…avrai costruito un altro corpo dove poter mettere la tua coscienza.

Paura della morte? Mah quando mi è capitato di aver l’idea di dover morire che sarei morta perché mi ero ammalata, ho avuto l’impressione di non aver vissuto bene la mia vita di non aver amato abbastanza la vita, chi avevo vicino e le cose che possedevo di aver sprecato il tempo che avevo vissuto nel pensare a cose che mi turbavano e che con quel turbamento mi impedivano di vedere il bello che mi circondava. In quel momento apprezzavo tutto e non volevo perderlo, tutto era prezioso, tutto era bello, tutto era magnificenza. Non era più importante quello che non avevo, non era più importante quello che volevo, ma la luce si era spostata su quello che avevo e che avrei perso.
Di li a poco, troppo poco, l’ho rincontrata il giorno della morte di mia madre, morta con la sua mano nella mia l’ho vista morire con dignità l’ho vista spegnersi con rassegnazione, mentre la mia impotenza era intrisa di rabbia, paura e dolore. In quegli ultimi istanti mi disse che se ne andava, cercò di prendere qualcosa nell’aria con le mani e poi l’ultimo fiato le è uscito dalla bocca ed è volata via.

Oggi la morte in se stessa non mi fa paura, mi fa paura non sapere, mi fa paura il dolore del durante, ma mi piacerebbe invece riuscire ad essere pronta quando arriverà quel giorno quando la rivedrò, in quell’ultimo faccia a faccia.

il segno 06-08-2009 15.24.38

Chi resta!!!!!
 
Sto dormendo nella mia camera a casa di mia madre, dove sono tornata da due anni. La mamma sta male da novembre dell’anno scorso, oggi siamo il 18 luglio. Sono stati mesi di avanti e indietro all’ospedale, due operazioni, medicazioni successive….. tanta sofferenza. Il mio sonno è molto pesante, alla sera quasi svengo nel letto. Nel mio sogno all’improvviso vedo e sento la presenza di mia madre, si è alzata dal letto (cosa impossibile), viene in camera mia, accende la luce e mi sorride. Mi sveglio di soprassalto, sono le 4 del mattino, una sensazione di estrema serenità mi invade l’anima. Vado in camera di mia madre e lei ha cominciato a singhiozzare, sono i singhiozzi del suo stato pre-comatoso, mamma è spirata tra le mie braccia il 19 luglio alla una di mattina. Volevo portare questa mie recente esperienza in questa discussione. Non so se quella presenza che ho sentito la notte precedente il suo decesso era lei che mi stava salutando, ora non riesco a razionalizzare, l’esperienza è ancora fresca e sono ancora identificata nell’emozione. Cos’è la conoscenza della morte per noi che siamo vivi? Forse lasciare andare, accompagnare i nostri cari in questo trapasso, cambiamento di stato o fine assoluta a seconda delle nostre fedi, credenze e conoscenze. Personalmente sento che la morte debba essere vissuta con serenità e come una tappa della vita, come qualsiasi altra esperienza. Chi va trova la sua strada, è a chi resta decidere quale valore dare alla morte. Rimango comunque certa che chi sa vivere bene, sa anche morire bene. Un sorriso. :)

stefano 06-08-2009 15.32.10

la tua testimonianza mi ha toccato il cuore.
grazie di averla voluta condividere il segno.
un abbraccio

dafne 15-08-2009 19.45.20

Ho provato a parlare con degli amici di questa cosa che sento ultimamente ma non sono riuscita a spiegarmi bene.
Ci riprovo, sperando di riuscire ad essere più chiara.

Ho sempre pensato che la morte non mi facesse paura, era solo un chiudere, un finire, nel migliore dei casi mi sarei risvegliata in un "oltre" icon_mrgr: nel peggiore sarei morta e basta perdendo coscienza.
Chiuso il sipario finita la storia.

La verità è che invece la morte mi spaventa molto, cerco solo di non pensarci, la verità è che ogni giorno di più mi ritrovo a pensare che avrò il mio tempo e che sarò già fortunata se avrò abbastanza consapevolezza per viverlo appieno.

Io vivo in quanto mi percepisco, posso capire che è un mio personalissimo limite ma il dramma che vivo è che, comunque la prendo, dafne non ci sarà più e non sono più così tanto sicura che ci sarà un "dopo".

Un dopo come consapevolezza intendo. Potrebbe essere come energia che si trasforma cambia viene riassorbia..che ne so..se anche quando si parla di reincarnazione io dafne di oggi, per quanto avanti mi possa spingere, quando rinascerò, rinascerà la scintilla divina che è impersonale, non ha caratteristiche, non è... me piango.gif ..un'altra foglia su un ramo..

In questo momento riesco solo a pensare che devo spingere la mia consapevolezza al massimo per sfruttare al meglio quello che ho da vivere, perchè dopo, dopo non ci sarà niente.

Non riesco a pensarci per lungo tempo, alla non esistenza intendo, al non sapere che sono io, non so come passarvelo, è terrificante, io morirò e non ci sarà nulla da fare..

il paradiso? può essere, ma allora non sarebbe morte, sarebbe solo un cambio di forma, e la cosa mi stride, anche se mi ci rifugio volentieri, la mia mente non vuole morire dry.gif

Ray 24-08-2009 13.58.53

Ci ho pensato un po'... anzi ho cercato di pensarci, con risultati alterni.

La morte è la diretta conseguenza della nascita, l'altra implica l'una. Il tempo variabile che intercorre è quello che chiamiamo vita.
Siamo dei fiammiferi. Prima stiamo nella scatola (non manifesto?) poi veniamo sfregati e si accende la fiamma. Da quel momento la fiamma (vita) consuma il legno del fiammifero e inevitabilmente, quando lo avrà consumato tutto, si spegnerà. Lo spegnimento è la diretta conseguenza dell'accensione.
Aver paura delllo spegnimento comporta il tentativo, più o meno inconscio, di rallentare la fiamma, di ridurla, per alllontanare il più possibile l'inevitabile. Questo abbassamento della fiamma forse possiamo chiamarlo depressione... ed ecco che la non accettazione dell'ineluttabile comporta automaticamente una certa depressione, anche se variabile da fiammifero a fiammifero. Che poi è quello che diceva Uno, ma appunto una cosa è capire con la mente, un'altra è comprendere.

Mai fatto quei giochini del tipo cosa farei se sapessi che muoio tra tot, tipo 24 ore?
Ho provato. Mi son detto, dai Ray immagina che devi morire tra 24 ore... nono, non così, immagina sul serio. Che faresti? Come le passeresti?
La risposta automatica è stata: cercherei di passarle tutte in meditazione o simili in modo da acchiappare quanto più possibile arrivati al dunque.
Ma come? Ma allora, mi son chiesto, perchè non lo fai comunque? Se senti questa necessità perchè aspettare?
La risposta rivela tutta la mia paura della morte e tutta la mia brama: di fronte all'ineluttabile il primo e unico pensiero va a me stesso e a quanto potrei prendere ancora dalla vita... beh almeno non lo passerei a frignare su quanto non ho preso, sul tempo perso. Ma è proprio il perdere tempo che la risposta rivela.

Quale sarebbe la risposta se avessi superato la paura dellla morte? Sarebbe la seguente: farei esattamente quello che avrei fatto comunque. Il sapere che devo morire nulla cambia nella mia giornata.

Perchè? Perchè se so che devo morire quel che ho deciso di fare oggi l'ho deciso tenendo conto anche di ciò. Se scoprire che devo morire cambia ciò che decido di fare, anche di una virgola, allora vuol dire che prima, quando ho deciso cosa fare oggi, non lo sapevo, o facevo finta di non saperlo.

Quello che presento è che, accettato il fatto che la fiammellla si spegnerà non si fa più nulla per rallentare il processo e anzi, si brucià come meglio si può. Se poi nel farlo si compie qualche tentativo di raggiungere un'altra fiamma, più grossa, calda e duratura, come ad esempio un ramo, o addirittura di utilizzare la propria per accendere un fuoco più grande, ciò non ha niente a che fare con lo spegnimento del fiammifero, o non dovrebbe averne.

Anzi, l'accettazione del suo ineluttabile spegnimento, unito alla conoscenza della possibilità di usare la propria fiammella per un fuoco più grande, potrebbe addirittura accellerare il processo, dato che il fuoco più grande, che ci sia già o sia innescato dal fiammifero, comunque non è il fiammifero e lo consuma prima.

Quando prenderò piena coscienza della cosa, tanto da arrivare con questa coscienza a modificare le mie risposte automatiche, solo allora potrò decidere davvero cosa fare oggi (e domani e tra un mese ecc.), focalizzare tutti i miei tentativi verso una direzione, che è a prescindere dal fatto che devo morire, ma che da questo fatto prende il via. Insomma solo allora vivrò davvero libero e non frenato da questa strisciante depressione che, piccola o grande che sia, misura la distanza tra me e la coscienza dell'ineluttabile. Quando la distanza sarà zero, lo sarà anche la tendenza depressiva (che in realtà fino a quel momento è sempre presente, anche se pare oggetto di un'altra indagine).

Il sospetto (dico sospetto perchè sto parlando di me e non degli altri, ma è più di un sospetto) è che generalizzando questo discorso, esiste un tratto depressivo in tutti coloro che non hanno piena coscienza della cosa, non solo della morte ma dell'ineluttabilità delle cose in genere, del fatto che tutte finiscono, anche se sempre di morte si tratta, ogni termine è un piccolo lutto. In molti qusto tratto è ben compensato e quindi non si manifesta o si manifesta ogni tanto e in modi non preoccupanti. Come dire che son quasi tuti depressi e non lo sanno.

nikelise 24-08-2009 16.40.07

Accettare la morte serve ad imparare a vivere meglio?
Per questo dobbiamo affrontarla e non nasconderci che esista?
Senno a che scopo occuparci dell'inevitabile?
Oggi ho avuto la notizia della morte prematura , perche' giovane , di una collega piu' o meno della mia eta'.
La prima reazione e' stata di chiedermi se ci fosse un motivo per il quale se ne sia andata cosi' presto.
Ho pensato che era una persona tormentata e che a volte se ne va chi sente la vita troppo difficile.
Voglio dire , subito si cerca il modo di pensare ...per me sara' diverso .

nikelise 24-08-2009 16.46.54

Un'altra cosa ,
pensiamo se la morte non ci fosse , avrebbe senso tutto quello che facciamo , quello che abbiamo , le domande che ci poniamo ,in definitiva avrebbe senso la vita ?
La risposta e' no , non avrebbe senso nulla .

filoumenanike 24-08-2009 17.42.51

Citazione:

Originalmente inviato da nikelise (Messaggio 72707)
Un'altra cosa ,
pensiamo se la morte non ci fosse , avrebbe senso tutto quello che facciamo , quello che abbiamo , le domande che ci poniamo ,in definitiva avrebbe senso la vita ?
La risposta e' no , non avrebbe senso nulla .

La morte in teoria è un fatto razionale , va accettata e giustificata, come tu dici e come sostiene anche Ray, ma nella pratica incombe tetra su di noi che esperiamo mille tentativi per allontanare l'idea, in ogni modo siamo alla ricerca di gioie e di felicità terrene che suppliscano al grande timore di dover abbandonare tutto, all'improvviso. Se la morte non ci fosse avremmo di sicuro altri parametri per giudicare il senso della vita, quello che non riesco ad accettare è la sofferenza legata alla morte, la sofferenza degli innocenti, la brutalità con cui l'umanità distrugge e annienta i deboli, la ferocia dei prepotenti, il dolore...il pianto...che cosa sono, sono il lato peggiore della morte.
Perchè? quale meccanismo genera tutto questo male, quale Dio accetterebbe tutto questo male...

nikelise 24-08-2009 18.10.39

Citazione:

Originalmente inviato da filoumenanike (Messaggio 72708)
La morte in teoria è un fatto razionale , va accettata e giustificata, come tu dici e come sostiene anche Ray, ma nella pratica incombe tetra su di noi che esperiamo mille tentativi per allontanare l'idea, in ogni modo siamo alla ricerca di gioie e di felicità terrene che suppliscano al grande timore di dover abbandonare tutto, all'improvviso. Se la morte non ci fosse avremmo di sicuro altri parametri per giudicare il senso della vita, quello che non riesco ad accettare è la sofferenza legata alla morte, la sofferenza degli innocenti, la brutalità con cui l'umanità distrugge e annienta i deboli, la ferocia dei prepotenti, il dolore...il pianto...che cosa sono, sono il lato peggiore della morte.
Perchè? quale meccanismo genera tutto questo male, quale Dio accetterebbe tutto questo male...

Ma il dolore non e' il male ,
sono cose del tutto diverse.
Non credo che ci sarebbe modo di apprezzare la vita se non ci fosse la morte .
Penso che non si chiamerebbe neppure vita ma in altro modo non contrapposto alla morte .
E' invece proprio la morte che da' senso alla vita come accade per ogni cosa almeno in questo mondo.

filoumenanike 24-08-2009 19.30.41

Citazione:

Originalmente inviato da nikelise (Messaggio 72710)
Ma il dolore non e' il male ,
sono cose del tutto diverse.
Non credo che ci sarebbe modo di apprezzare la vita se non ci fosse la morte .
Penso che non si chiamerebbe neppure vita ma in altro modo non contrapposto alla morte .
E' invece proprio la morte che da' senso alla vita come accade per ogni cosa almeno in questo mondo.

Puoi sostituire la parola male con la parola dolore...:@@

Non possiamo sapere quale senso avrebbe la vita senza la morte...possiamo solo dire che in questo mondo, fatto di contrapposizioni, non riusciamo a concepire l'idea del bianco se non abbiamo quella del nero, è forse un nostro limite terreno.
Il mio cruccio di fondo è il concetto che si debba vivere per morire, si debba soffrire per vivere....il dolore è una piaga inesauribile, mi piacerebbe capire quale potrebbe essere definito in modo conciso il suo contrario....felicità? gioia? serenità? benessere fisico? secondo me nessauna di queste definizioni si adatta la contrario di dolore nonono.gif

dafne 24-08-2009 20.03.23

Citazione:

Originalmente inviato da filoumenanike (Messaggio 72708)
quello che non riesco ad accettare è la sofferenza legata alla morte, la sofferenza degli innocenti, la brutalità con cui l'umanità distrugge e annienta i deboli, la ferocia dei prepotenti, il dolore...il pianto...che cosa sono, sono il lato peggiore della morte.
...


Non sono daccordo, per me questo è il lato peggiore della vita.

Ray 25-08-2009 00.15.18

Citazione:

Originalmente inviato da filoumenanike (Messaggio 72712)
Puoi sostituire la parola male con la parola dolore...:@@

Non possiamo sapere quale senso avrebbe la vita senza la morte...possiamo solo dire che in questo mondo, fatto di contrapposizioni, non riusciamo a concepire l'idea del bianco se non abbiamo quella del nero, è forse un nostro limite terreno.
Il mio cruccio di fondo è il concetto che si debba vivere per morire, si debba soffrire per vivere....il dolore è una piaga inesauribile, mi piacerebbe capire quale potrebbe essere definito in modo conciso il suo contrario....felicità? gioia? serenità? benessere fisico? secondo me nessauna di queste definizioni si adatta la contrario di dolore nonono.gif

Al polo opposto del dolore sta il piacere. Si bilanciano. Per avere uno tocca l'altro.

Grey Owl 25-08-2009 09.10.02

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 72703)
[...] esiste un tratto depressivo in tutti coloro che non hanno piena coscienza della cosa, non solo della morte ma dell'ineluttabilità delle cose in genere, del fatto che tutte finiscono, anche se sempre di morte si tratta, ogni termine è un piccolo lutto. In molti qusto tratto è ben compensato e quindi non si manifesta o si manifesta ogni tanto e in modi non preoccupanti. Come dire che son quasi tuti depressi e non lo sanno.

Concordo in pieno, esiste una compensazione che permette alle persone di affrontare la vita in uno stato depressivo accettabile.
Come nel mitico vaso di pandora in cui al suo interno vi era, oltre ai mali del mondo anche l'effimera speranza.

Se con la ragione ammetto l'ineluttabilità delle cose, al loro decadimento, a livello profondo ne ho paura. Questa paura mitigata, diventa sottile depressione che risulta essere in parte benzina propulsiva per una mia ricerca di un qualcosa in questa vita, fosse anche una piccola risposta alla paura della morte.

Senza la paura della morte, senza l'ineluttabilità delle cose, al loro decadimento, alla loro essere legate al tempo... senza tutto questo che resta alla persona?

L'effimera speranza è la facile soluzione alla paura della fine, oltre la fine la paura di cosa ci può essere o non essere oltre la fine, del nulla, dell'ineluttabilità che non ammette eccezzioni.

Eppure credo che vi sia anche tanta arroganza da parte dell'ego, l'umana paura di morire si scontra con la presunzione all'immortalità. Il non accettare la nostra debolezza di fronte ad eventi più grandi di noi, all'incapacità di accettare quello che è oltre alla normale comprensione.


OT:
Mi è tornata alla mente la frase che il replicante dice alla fine del film "Blade Runner":
"Io ho visto cose che voi umani non potreste immaginare navi stellari in fiamme al largo dei bastioni di Orione.
Ho visto i raggi B balenare nel buio presso le porte di Tannhauser.
E tutti quei momenti andranno persi nel tempo come lacrime nella pioggia. E' tempo di morire."

A chi importa se non al noi stessi se tutto questo andrà perso come lacrime nella pioggia?

RedWitch 25-08-2009 12.14.48

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 72703)
...................................
Ma come? Ma allora, mi son chiesto, perchè non lo fai comunque? Se senti questa necessità perchè aspettare?
La risposta rivela tutta la mia paura della morte e tutta la mia brama: di fronte all'ineluttabile il primo e unico pensiero va a me stesso e a quanto potrei prendere ancora dalla vita... beh almeno non lo passerei a frignare su quanto non ho preso, sul tempo perso. Ma è proprio il perdere tempo che la risposta rivela.

Quale sarebbe la risposta se avessi superato la paura dellla morte? Sarebbe la seguente: farei esattamente quello che avrei fatto comunque. Il sapere che devo morire nulla cambia nella mia giornata.

Perchè? Perchè se so che devo morire quel che ho deciso di fare oggi l'ho deciso tenendo conto anche di ciò. Se scoprire che devo morire cambia ciò che decido di fare, anche di una virgola, allora vuol dire che prima, quando ho deciso cosa fare oggi, non lo sapevo, o facevo finta di non saperlo.

....

E' una cosa che mi chiedo spesso .. ma perchè perdo un sacco di tempo se "so" che non è infinito quello che mi è concesso? Semplicemente perchè non ho piena coscienza della morte, ovvero, razionalmente ho in me il concetto, ma se mi fermo a pensarci un momento, non riesco a concepire il fatto che un giorno non ci sarà più la realtà in cui sono immersa, non ci sarò più io Red, non potrò più abbracciare mio marito, scrivere al pc, semplicemente puff.. finito tutto. Eppure moltissime volte invece che vivere intensamente quel che ho a disposizione, perdo tempo... come se la morte a me non toccasse. Probabilmente più ci si avvicina alla piena coscienza della Morte e più si apprezza e si vive la Vita..

stefano 25-08-2009 12.17.17

eh si più hai coscienza della Morte più vivi intensamente la vita.
Avere coscienza sta nell'affrontare quel concetto seriamente, non nello schivarlo per paura.
Ecco perchè penso che avere paura della Morte equivalga ad avere paura della Vita e di fatto a limitarsi a vivere sottodimensionati.

luke 25-08-2009 16.26.19

A volte mi sono chiesto cosa provano le persone che sanno grossomodo la data della loro morte, tipo i condannati a morte o i malati terminali, almeno quelli che hanno ancora lucidità mentale, come vivono le loro ltime settimane o i loro ultimi giorni: forse ognuno lo fa a modo suo, c'è chi continua a farfinta di niente,chi viene devastato dalla disperazione ecc.

In generale ogni volta che facciamo una cosa, per quanto piccola e banale, potrebbe essere l'ultima e comunque sappiamo di non essere illimitati, eppure non riusciamo comunque a vivere appieno, ad osare di più , ma viviamo superficialmente senza riuscire a dare una svolta alla vita, come se così facendo acquisissimo il diritto di dire alla morte "non puoi prendermi ancora, vedi non sto vivendo appieno, devi darmi ancora tempo, mi sto solo riscaldando non sono ancora entrato in partita", anche se ovviamente tutto questo non cambia certo le cose.

Magari si ha un sussulto quando muore una persona a noi molto vicina, ma dopo poco si ricomincia col solito tram tram.

Se si avesse realmente coscienza della morte forse a quel punto non si avrebbero più scuse, saremmo obbligati a Vivere sempre realmente e ad affrontare una volta per tutte, totalmente ed irrevocabilmene, i nostri demoni e forse molti non hanno energia o coraggio per farlo davvero.

filoumenanike 25-08-2009 17.50.38

Citazione:

Originalmente inviato da luke (Messaggio 72772)
A volte mi sono chiesto cosa provano le persone che sanno grossomodo la data della loro morte, tipo i condannati a morte o i malati terminali, almeno quelli che hanno ancora lucidità mentale, come vivono le loro ltime settimane o i loro ultimi giorni: forse ognuno lo fa a modo suo, c'è chi continua a farfinta di niente,chi viene devastato dalla disperazione ecc.

In generale ogni volta che facciamo una cosa, per quanto piccola e banale, potrebbe essere l'ultima e comunque sappiamo di non essere illimitati, eppure non riusciamo comunque a vivere appieno, ad osare di più , ma viviamo superficialmente senza riuscire a dare una svolta alla vita, come se così facendo acquisissimo il diritto di dire alla morte "non puoi prendermi ancora, vedi non sto vivendo appieno, devi darmi ancora tempo, mi sto solo riscaldando non sono ancora entrato in partita", anche se ovviamente tutto questo non cambia certo le cose.

Magari si ha un sussulto quando muore una persona a noi molto vicina, ma dopo poco si ricomincia col solito tram tram.

Se si avesse realmente coscienza della morte forse a quel punto non si avrebbero più scuse, saremmo obbligati a Vivere sempre realmente e ad affrontare una volta per tutte, totalmente ed irrevocabilmene, i nostri demoni e forse molti non hanno energia o coraggio per farlo davvero.

Non è necessariamente un male non vivere pensando sempre alla morte, la vita ha come sua difesa proprio l'illusione di essere vissuta sempre, se guardassimo alla morte come meta molto prossima potrebbe decadere ogni entusiasmo di affrontare nuove iniziative, nuove sfide, conosco ottantennni che si iscrivono a corsi di informatica, fanno progetti come se dovessero vivere altri cento anni! Questo secondo me significa anche non temere la morte...vivere alla giornata, momento per momento come fosse eterno e non l'ultimo :@@ fiori.gif

Uno 25-08-2009 18.29.51

Ebbeh ragazzi, mi pare di sostituirmi alle frasi delle carte dei cioccolatini se dico che:
"bisogna vivere come se fossimo infiniti pur sapendo di essere finiti"

Talmente banale che mi vergogno quasi nel commentarla, però non sono sicuro al 100% che tutti colgano la profondità intrinseca di questa osservazione.

Mi pare chiaro che io ad 80 (ma pure a 90 e più) anni continuerò a vivere come se non dovessi mai morire, però l'importante è Saperlo veramente che tocca, che il corpo ha un inizio ed una fine.

Il problema, o meglio la riflessione che ti poni Ray è correlata a chi ti dice che dovrai morire il giorno X.
Se lo sai da solo, nulla ti cambierà, come hai ben scritto, se te lo dice qualcun altro allora si che potrebbe cambiare....

La cosa si collega ad un'altro discorso che avevo buttato con nonchalance ma che nessuno ha colto, quello dei rifiuti e del pudore....
Visto che qui siamo in esoterismo posso essere più esplicito in questo senso.

Se uno sa che sono un cretino non mi fa nessun effetto
Se me lo dice, ammesso che non mi faccia effetto per come sono (come sono generico ora non ci interessa indagare tutte le sfaccettature) comunque qualcosa muove, qualcosa si muove da questi verso me....

Lo stesso con i rifiuti, con i bisogni corporali, o psicologici, con la data della mia morte, ma potrebbe anche essere con il mio nome comune o quello non comune... ci sono vari gradi e livelli dello stesso fenomeno.
Cioè l'espressione, il tipo di espressione, il veicolo e quindi il veicolato sono praticamente alla base di tutto l'esoterismo, ma anche della magia e della comune psicologia interpersonale ma pure interiore (perchè anche al nostro interno si veicolano delle cose tra diverse nostre aree, come fuori anche dentro e viceversa)

Il potere sia con la p minuscola che con la P maiuscola tutto su questo si basa alla fin fine.

nikelise 26-08-2009 10.26.56

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 72785)
Ebbeh ragazzi, mi pare di sostituirmi alle frasi delle carte dei cioccolatini se dico che:
"bisogna vivere come se fossimo infiniti pur sapendo di essere finiti"

Talmente banale che mi vergogno quasi nel commentarla, però non sono sicuro al 100% che tutti colgano la profondità intrinseca di questa osservazione.

Mi pare chiaro che io ad 80 (ma pure a 90 e più) anni continuerò a vivere come se non dovessi mai morire, però l'importante è Saperlo veramente che tocca, che il corpo ha un inizio ed una fine.

Il problema, o meglio la riflessione che ti poni Ray è correlata a chi ti dice che dovrai morire il giorno X.
Se lo sai da solo, nulla ti cambierà, come hai ben scritto, se te lo dice qualcun altro allora si che potrebbe cambiare....

La cosa si collega ad un'altro discorso che avevo buttato con nonchalance ma che nessuno ha colto, quello dei rifiuti e del pudore....
Visto che qui siamo in esoterismo posso essere più esplicito in questo senso.

Se uno sa che sono un cretino non mi fa nessun effetto
Se me lo dice, ammesso che non mi faccia effetto per come sono (come sono generico ora non ci interessa indagare tutte le sfaccettature) comunque qualcosa muove, qualcosa si muove da questi verso me....

Lo stesso con i rifiuti, con i bisogni corporali, o psicologici, con la data della mia morte, ma potrebbe anche essere con il mio nome comune o quello non comune... ci sono vari gradi e livelli dello stesso fenomeno.
Cioè l'espressione, il tipo di espressione, il veicolo e quindi il veicolato sono praticamente alla base di tutto l'esoterismo, ma anche della magia e della comune psicologia interpersonale ma pure interiore (perchè anche al nostro interno si veicolano delle cose tra diverse nostre aree, come fuori anche dentro e viceversa)

Il potere sia con la p minuscola che con la P maiuscola tutto su questo si basa alla fin fine.

Parli della forma , di come si esprime qualcosa o del solo fatto di esprimerlo?
Cioe' l'esprimere un concetto darebbe un valore aggiunto aggiunto al suo contenuto ?

Edera 26-08-2009 16.14.32

Ciao a tutti,
finalmente tra trasloco aziendale e ferie ho modo di leggervi nuovamente. :)
Ho letto quello che avete postato fin'ora e mi sono chiesta se veramente ho superato almeno in parte la paura della morte come credevo.
Ho iniziato a pensarci seriamente qualche anno fa perchè prima mi cullavo nella convizione di un qualche al di là indefinito, credo di aver iniziato a muovere qualcosina quando sono arrivata al concetto che senza un minimo di coscienza e di consapevolezza di sè moriamo e scompariamo per sempre. Non credo di averlo accettato in pieno perchè una parte di me spera ancora in una qualche forma di provvidenza a cui delegare il mio dopo-morte ma ho sempre creduto che in me almeno in parte ci fosse il seme della morte come propulsore per la vita. E' grazie all'idea della morte che trovo la forza per la ricerca spirituale, per affrontare la depressione e più o meno tutte le problematiche della vita che mi si presentano, quindi da questo punto di vista dovrei dirle grazie.
Stando a contatto con le persone anziane nel servizio di volontariato sono facilitata, tento di immaginarmi vecchia, ma vecchia davvero piena di rughe, senza più armi, senza bellezza, senza giovinezza. E la sensazione che mi pervade è di sgomento totale, paura, angoscia profonda. Ed è da quella sensazione di angoscia che si leva un appello disperato: io non voglio scomparire. Ma Edera invecchierà, morirà, scomparirà c'è poco da fare... ma forse non tutta, c'è qualcos'altro sotto, lo avverto ed è questo qualcos'altro di astratto, non definito che spinge e manda avanti e mi invita a tenere uno sguardo costante dentro di me.
Ora che ho letto i vostri post però mi chiedo se non sia un altro modo per fuggire l'idea della morte anche se a me sembra di no.

dafne 26-08-2009 21.29.08

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 72785)
Ebbeh ragazzi, mi pare di sostituirmi alle frasi delle carte dei cioccolatini se dico che:
"bisogna vivere come se fossimo infiniti pur sapendo di essere finiti"

Talmente banale che mi vergogno quasi nel commentarla, però non sono sicuro al 100% che tutti colgano la profondità intrinseca di questa osservazione.

Mi pare chiaro che io ad 80 (ma pure a 90 e più) anni continuerò a vivere come se non dovessi mai morire, però l'importante è Saperlo veramente che tocca, che il corpo ha un inizio ed una fine.

Il problema, o meglio la riflessione che ti poni Ray è correlata a chi ti dice che dovrai morire il giorno X.
Se lo sai da solo, nulla ti cambierà, come hai ben scritto, se te lo dice qualcun altro allora si che potrebbe cambiare....

La cosa si collega ad un'altro discorso che avevo buttato con nonchalance ma che nessuno ha colto, quello dei rifiuti e del pudore....
Visto che qui siamo in esoterismo posso essere più esplicito in questo senso.

Se uno sa che sono un cretino non mi fa nessun effetto
Se me lo dice, ammesso che non mi faccia effetto per come sono (come sono generico ora non ci interessa indagare tutte le sfaccettature) comunque qualcosa muove, qualcosa si muove da questi verso me....

Lo stesso con i rifiuti, con i bisogni corporali, o psicologici, con la data della mia morte, ma potrebbe anche essere con il mio nome comune o quello non comune... ci sono vari gradi e livelli dello stesso fenomeno.
Cioè l'espressione, il tipo di espressione, il veicolo e quindi il veicolato sono praticamente alla base di tutto l'esoterismo, ma anche della magia e della comune psicologia interpersonale ma pure interiore (perchè anche al nostro interno si veicolano delle cose tra diverse nostre aree, come fuori anche dentro e viceversa)

Il potere sia con la p minuscola che con la P maiuscola tutto su questo si basa alla fin fine.


La frase da cioccolatino mi è parsa banalmente banale icon_mrgr: finchè non l'ho avvicinata ad un altro discorso che è, a dio piacendo diavolo.g: , quasi giunta a maturazione dentro di me.

Il lavoro, inteso come guadagno per sostenersi, era un punto di domanda ENORME. Che cosa vuola fare Daf della sua vita? Che lavoro scegliere? O meglio, che filosofia di vita scegliere, perchè il lavoro anche questo è.

Lavorare per sopravvivere, per arrivare a fine mese, qualsiasi lavoro fosse qualsiasi gratificazione desse o togliesse...o il lavoro di carriera, inteso come un costruire, un creare benessere, denaro, futuro, soddisfazione..

Nessuna delle due cose mi gratificava, mi soddisfaceva in pieno. Non voglio lavorare solo per arrivare alla fine del mese, non voglio vegetare diavolo.g: , ma non volevo neanche imbarcarmi in super progetti, creare un qualcosa in cui eccellere e magari poi da lasciare ai miei figli..no.
Improvvisamente ho capito che lavorare (un pò come vivere) dev'essere un cammino di soddisfazione, un costruire non per avere alla fine un "prodotto", un cumulo di cui godere, da esibire ma piuttosto è come dipingere una camera, disegnarci 100 pesci, anche se alla fine il risultato gratrifica e arricchisce è il dipingere che ne ha reso un buon lavoro.

Alla fine morirò, io scomparirò, tutto ciò che mi rende Daf svanirà o al massimo rimarrà registrato, come su un nastro, e magari qualcun altro potrà trovarlo...ma così come quella che sono in questo momento non è neanche la stessa di un anno fà (qualche cosa è cambiata grazie al cielo icon_mrgr: ) così quello che io credo di essere non ci sarà più alla mia morte.

Fatalmente in questo momento non m'importa poi molto di cosa sarà, cibo per i vermi, energia che si trasforma, spirito. Magari un giorno chissà troverò una finestra più ampia, ma ad oggi morire è una cosa che devo saper accettare, superare, o non riuscirò a dedicarmi a vivere.

Pare una minchbip messa così, in testa funzionava meglio icon_mrgr: ma alla fine del papirozzo la frase da cioccolatino è incredibilmente profonda, e non perchè l'ha detto il capo:@@ ma perchè penso di averla capita (e fu così che il capo le smontò tutta la teoria..ahahah)

Infine, morire è la paura del silenzio, della solitudine...la stasi, l'immobilità che genera l'angoscia. (ok adesso dillo alla tua pigrizia.. icon_mrgr: ).

Un'altra cosa che mi colpisce pensando alla morte è che mi viene in mente quel discorso sul denaro, che chi ne ha ci stà attento e chi non ne ha ne sperpera..onestamente non so se centri molto ma ho la sensazione che finchè non ci accorgiamo della morte sperperiamo la vita mentre quando sappiamo di dover morire la vita diventa una ricchezza che gestiamo con oculatezza..

Mi fermo che stò cominciando a incasinare il tutto leggo.gif ma i commenti sono graditi, soprattutto se ho detto fesserie fiori.gif

logos 26-08-2009 23.57.23

"Veri o falsi che siano i nostri ideali è giusto che li perseguiamo. Dopo la nostra morte, i bambini che giocano in noi, saranno i nostri giudici". Goethe
Questo lirico pensiero di Goethe ha attraversato una buona parte della mia prima giovinezza. Un periodo in cui credevo di aver trovato dopo aver incrociato la filosofia orientale alcune delle risposte ai perchè che mi ponevo. Ho creduto che la reincarnazione potesse rappresentare una landa di refrigerio dove poggiare la mia testa. L'idea della morte stranamente non mi spaventava perchè ero convinta in modo fideistico che avevo avuto già delle vite precedenti e che ero destinata ad averne altre. Poi, ad un certo punto ho perso gran parte delle mie credenze, delle mie pseudo-certezze. Avevo costruito sulla sabbia e sulla sabbia ho ritrovato le macerie di quello che avevo costruito.
Ora l'idea della morte mi terrorizza a dir poco. Ho paura che ci sia una sorta di nulla eterno che sopraggiungerà alla mia scomparsa. Eppure c'è una parte di me che non vuole arrendersi a questa atmosfera pregna di nichilismo.
Come la metto e come la giro la paura di morire caratterizza la mia esistenza. Se soltanto avessi la certezza che esiste un oltre... chissà forse avrei meno paura, ma non è detto.

RedWitch 27-08-2009 00.07.38

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 72785)
.............

Il problema, o meglio la riflessione che ti poni Ray è correlata a chi ti dice che dovrai morire il giorno X.
Se lo sai da solo, nulla ti cambierà, come hai ben scritto, se te lo dice qualcun altro allora si che potrebbe cambiare....

Non riesco ad afferrare il senso del discorso Uno, nemmeno l'altro thread sui rifiuti mi era chiaro, perchè se so una cosa (o qualcuno sa una cosa) nulla cambia ma se a dirmi la stessa cosa è qualcun altro, qualcosa potrebbe cambiare?

Citazione:

La cosa si collega ad un'altro discorso che avevo buttato con nonchalance ma che nessuno ha colto, quello dei rifiuti e del pudore....
Visto che qui siamo in esoterismo posso essere più esplicito in questo senso.

Se uno sa che sono un cretino non mi fa nessun effetto
Se me lo dice, ammesso che non mi faccia effetto per come sono (come sono generico ora non ci interessa indagare tutte le sfaccettature) comunque qualcosa muove, qualcosa si muove da questi verso me....
Cosa è che si muove verso di me nel caso che qualcuno mi dicesse che sono cretina? Sempre ponendo che la cosa non mi faccia effetto e già questa la vedo dura, se sono anche solo un minimo influenzabile (e qui dipenderebbe anche chi me lo dice..) un effetto lo avrà, ma anche ponendo che non ne abbia, cosa è che si muove verso di me dall'altro?

Citazione:

Lo stesso con i rifiuti, con i bisogni corporali, o psicologici, con la data della mia morte, ma potrebbe anche essere con il mio nome comune o quello non comune... ci sono vari gradi e livelli dello stesso fenomeno.
Cioè l'espressione, il tipo di espressione, il veicolo e quindi il veicolato sono praticamente alla base di tutto l'esoterismo, ma anche della magia e della comune psicologia interpersonale ma pure interiore (perchè anche al nostro interno si veicolano delle cose tra diverse nostre aree, come fuori anche dentro e viceversa)

Il potere sia con la p minuscola che con la P maiuscola tutto su questo si basa alla fin fine.
Nell'altro thread dicevi:
Citazione:

Originalmente inviato da Uno
Razionalmente me ne frego della gente che vedrà, siamo tutti uguali, eppure non tutti i pudori sono così assurdi per quanto ancestrali

C'è differenza se uno conosce il mio nome e se lo pronuncia?
c'è differenza se gli altri sanno che facciamo i bisogni corporali (come tutti del resto) ma ci vedono mentre li facciamo? Mi sfugge proprio il senso, anche se percepisco che è qualcosa di importante..

dafne 27-08-2009 00.26.32

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 72892)
Non riesco ad afferrare il senso del discorso Uno, nemmeno l'altro thread sui rifiuti mi era chiaro, perchè se so una cosa (o qualcuno sa una cosa) nulla cambia ma se a dirmi la stessa cosa è qualcun altro, qualcosa potrebbe cambiare?

..

Credo che dipenda da come vivi la cosa, se qualcuno ti dice una cosa che pensavi di sapere solo tu su di te ti mette in difficoltà, ti mette in una sorta di disagio, mai capitato?
E di quella situazione di disagio può, consapevolmente o meno, aprofittare....

E' un pò come pensare una cosa e verbalizzarla, non è lo stesso, specie se ci crea dei problemi a confessarla...

così ho capito io almeno...

Kael 27-08-2009 00.37.40

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 72892)
Cosa è che si muove verso di me nel caso che qualcuno mi dicesse che sono cretina? Sempre ponendo che la cosa non mi faccia effetto e già questa la vedo dura, se sono anche solo un minimo influenzabile (e qui dipenderebbe anche chi me lo dice..) un effetto lo avrà, ma anche ponendo che non ne abbia, cosa è che si muove verso di me dall'altro?

Nemmeno a me è tanto chiara la faccenda, comunque la vedo più o meno così: siamo come una bacinella piena d'acqua, se so da solo che sono cretino, l'acqua dentro la bacinella resta immutata, se qualcuno sa che sono cretino ma non lo dice, la bacinella resta sempre uguale. Se invece me lo dice ecco che un po' dell'acqua della sua bacinella viene "versata" nella mia (ma non so se è corretta come definizione, forse sarebbe meglio parlare di una "gelatina" che si allunga verso di me ma che poi si ritira lasciando solo qualche residuo), con una conseguente perturbazione della mia bacinella. Si crea insomma un certo movimento per cui si alza anche l'energia, energia che poi può disperdersi subito oppure innescare un circolo che crea un vero e proprio vortice dentro la bacinella...

Questo penso che oltre alla magia sia anche alla base della preghiera (che diventa sempre più potente tanti più vi partecipano). Tutto l'Universo è connesso con tutto, non esistono atomi immobili ma c'è un continuo scambio fra ogni particella che crea una sorta di danza generale... la vita.

RedWitch 27-08-2009 12.11.36

Citazione:

Originalmente inviato da dafne (Messaggio 72894)
Credo che dipenda da come vivi la cosa, se qualcuno ti dice una cosa che pensavi di sapere solo tu su di te ti mette in difficoltà, ti mette in una sorta di disagio, mai capitato?
E di quella situazione di disagio può, consapevolmente o meno, aprofittare....

E' un pò come pensare una cosa e verbalizzarla, non è lo stesso, specie se ci crea dei problemi a confessarla...

così ho capito io almeno...

Non credo Daf che dipenda da come vivi la cosa, ovvero se sei influenzabile e finchè siamo nel soggettivo anche quello penso che sia determinante, Uno pero' diceva (circa vado a memoria) "ammettiamo che non mi faccia effetto per come sono" , quindi direi ammettiamo che io abbia una struttura forte e non influenzabile da quello che mi viene detto da chicchessia, qualcosa pero' cambia se a dirmelo è un altro... perchè comnque va a turbare un equilibrio, l'esempio della bacinella di Kael mi pare che calzi molto bene ...

Citazione:

Originalmente inviato da Kael (Messaggio 72895)
Nemmeno a me è tanto chiara la faccenda, comunque la vedo più o meno così: siamo come una bacinella piena d'acqua, se so da solo che sono cretino, l'acqua dentro la bacinella resta immutata, se qualcuno sa che sono cretino ma non lo dice, la bacinella resta sempre uguale. Se invece me lo dice ecco che un po' dell'acqua della sua bacinella viene "versata" nella mia (ma non so se è corretta come definizione, forse sarebbe meglio parlare di una "gelatina" che si allunga verso di me ma che poi si ritira lasciando solo qualche residuo), con una conseguente perturbazione della mia bacinella. Si crea insomma un certo movimento per cui si alza anche l'energia, energia che poi può disperdersi subito oppure innescare un circolo che crea un vero e proprio vortice dentro la bacinella...

Questo penso che oltre alla magia sia anche alla base della preghiera (che diventa sempre più potente tanti più vi partecipano). Tutto l'Universo è connesso con tutto, non esistono atomi immobili ma c'è un continuo scambio fra ogni particella che crea una sorta di danza generale... la vita.

Grazie Kael, sei stato molto chiaro e mi pare che l'esempio della bacinella renda bene.. la verbalizzazione implica che l'altro entri nella mia bacinella, e vada a perturbarla questo indipendentemente dall'effetto che fa sulla mia soggettività, su come vivo la cosa..
Una domanda, ma se l'altro avesse per esempio il pensiero che io sono cretina o comunque pensieri poco carini nei miei confronti ma non me lo dicesse qualcosa si muove lo stesso verso di me ?

stefano 27-08-2009 16.09.43

secondo me si.
solo per il fatto che li ha coniati (quindi sono energetici)
se poi li ha coniati con forza emotiva a mio avviso hanno ancora più forza.

secondo me è anche per quello che molti maestri parlano in termini di "state attenti a quello che pensate perchè potrebbe realizzarsi"


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