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Ray 15-02-2006 23.12.36

tra il "dire" e il "fare" c'è di mezzo "e il"
 
Molti pensano che la psicologia consista in un'indagine concettuale volta alla comprensione intellettuale dei meccanismi non consapevoli.

Traduco:

Molti pensano che la psicologia sia un mucchio di chiacchiere più o meno utili.

Invece, se si conosce un po' meglio la questione e magari se si ha un po' di pratica, si scopre come l'indagine serve ben poco senza il successivo passaggio all'azione. Non che sia inutile, anzi. La comprensione più o meno profonda, diciamo più profonda di prima, dei meccanismi che ci muovono, è fino ad un certo livello indispensabile. Solo che non basta.

Non serve a nulla sapere perchè io non riesca a fare una certa cosa se poi comunque non riesco a farla. Non serve a nulla sapere perchè sono costretto a fare una certa cosa senza che poi riesca a non farla.

Le azioni non sono solo esteriori. Ma neanche solo interiori. Anzi, la differenza tra esteriore ed interiore è solo un fatto percettivo, a volte anche meno, solo concettuale.
In realtà ogni azione è sia esteriore che interiore. Inoltre ogni azione esteriore si riflette sull'interiore e viceversa.

Esempio: ho il problema di essere timido. Tramite indagine scopro che la mia timidezza non è insita ma dipende da un meccanismo di difesa che mi protegge dal "mettermi in gioco" perchè ho paura di perdere la mia importanza personale.
Adesso che lo so sono timido come prima. La differenza è che so dove DOVREI agire per non comportarmi più come un timido... ma non posso dire di aver risolto nulla.

Possi dire di aver (forse) risolto qualcosa quando, alla prossima occazione, mi comporterò diversamente, sia esteriormente che interiormente...

Era 16-02-2006 15.06.54

ti dirò..in effetti la psicologia è anche un mucchio di chiacchiere
più o meno utili....in effetti si ha un grande bisogno di "chiacchierare"
perchè stranamente...si mandano sms....e-mail...fax....ma non si
parla più....meno che meno in famiglia...dove si pranza e cena con
la tv accesa....dove la madre/moglie/lavoratrice è in dietro con le
faccende....dove il marito/padre è sempre troppo stanco...ed ecco
la gran voglia di "chiacchierare" meglio se con uno sconosciuto...
semplicemente c'è il bisogno di cacciare fuori....

prendendo spunto dal tuo esempio....un timido certo che
resterà tendenzialmente tale...ma come dici..scoprirà un
meccanismo che gli permetterà di acquisire sicurezza pur
nel suo restare timido....ma non bastano le chiacchiere...
non basta scoprirlo...è necessario un serio lavoro interiore
ed esteriore....
ed eccoci daccordo (forse)fiori.gif

Ray 16-02-2006 15.18.50

Citazione:

Originalmente inviato da Era
prendendo spunto dal tuo esempio....un timido certo che
resterà tendenzialmente tale...ma come dici..scoprirà un
meccanismo che gli permetterà di acquisire sicurezza pur
nel suo restare timido....ma non bastano le chiacchiere...
non basta scoprirlo...è necessario un serio lavoro interiore
ed esteriore....

tutto vero. Solo che questo lavoro interiore non serve un tubo se io resto non timido (perchè dentro ho risolto) solo in potenza.
Devo anche fare.

E per "fare" intendo propio fare. Non devo solo smettere di comportarmi da timidi, devo proprio comportarmi da non timidi, almeno una prima volta. In modo da spostare fuori l'azione che avevo fatto dentro e poi riportare dentro i risultati della nuova azione fatta fuori.

Come dire che anche se imparo a memoria la ricetta del pollo arrosto e lo preparo mille volta col mio pensiero... ho ancora fame.

Era 16-02-2006 15.38.54

Citazione:

Originalmente inviato da Ray
tutto vero. Solo che questo lavoro interiore non serve un tubo se io resto non timido (perchè dentro ho risolto) solo in potenza.
Devo anche fare.

E per "fare" intendo propio fare. Non devo solo smettere di comportarmi da timidi, devo proprio comportarmi da non timidi, almeno una prima volta. In modo da spostare fuori l'azione che avevo fatto dentro e poi riportare dentro i risultati della nuova azione fatta fuori.

Come dire che anche se imparo a memoria la ricetta del pollo arrosto e lo preparo mille volta col mio pensiero... ho ancora fame.

hai presente il comportamento di un timido che non ha risolto?
a volte si rintana nel suo buco...
altre volte diventa arrogante e aggressivo...in entrambi i casi
è un timido mascherato. (e pure male)..solo "educando" la
sua timidezza sarà se stesso e pure migliore....quindi lavorando
dentro e fuori....

Cat 16-02-2006 16.54.57

Sintetizzando possiamo dire che la psicologia senza qualcosa di pratico (non so...riunioni in gruppo, tipo alcolisti anonimi, o psicodramma moreniano) che la appoggi non serve a molto?

RedWitch 16-02-2006 17.15.30

Mmhhh, Caty, non credo che per "pratico", ci si riferisse propriamente a riunioni di gruppo o cose simili..

Nell'esempio di Ray sulla timidezza:

Citazione:

Solo che questo lavoro interiore non serve un tubo se io resto non timido (perchè dentro ho risolto) solo in potenza.
Devo anche fare.
Potenzialmente... abbiamo risolto la timidezza, ma, se continuiamo a comportarci da timidi, non serve aver potenzialmente risolto... bisogna armonizzare il dentro e il fuori.. e quindi iniziare a comportarsi da non timidi... "fare" insomma...
Credo fosse questo il senso...
:C:

Ray 16-02-2006 18.17.18

si Red, era quello che intedevo, grazie.

Vi ricordate la discussione su essere e non essere? Ecco... in qualche modo questa è la visione opposta o, se volete, complementare.

Quando ho un problema, tipo sono timido, anche se in potenza sono e basta senza aggettivi, quando manifesto non riesco a manifestarmi diversamente da "timido".

L'indagine psicologica mi serve per capire (che è già un atto ineriore) come mai ogni volta che mi manifesto in tal senso il "me" prende sempre la strada del timido.
Poi però devo fare in modo da poter prendere anche altre strade... e la più semplice inizialmente è proprio quella opposta, come ha detto giustamente Era parlando dei falsi sicuri di se, i timidi mascherati.

Certo, posso avere dei "nodi" da dover sciogliere prima di potermi manifestare in altri modi... ma sciogliere quei nodi non è solo atto interiore... bisogna sempre e comunque confrontarsi col fare. Potrò dire di aver sciolto il nodo quando non sarò più obbligato ne a comportarmi da timidi ne a comportarmi da non timido... ovvero a trascendere la timidezza, avvicinandomi all'essere.

I ogni caso, come ci sono metodi per codificare ed incanalare gli atti interiori... cioè come l'indagine psicologica mi "porta" verso la comprensione dei miei meccanismi... così ci possono essere particolari tipologie di atti che mi aiutano... che mi "portano" a sciogliere quei nodi del tutto...

avete presente la ragazzina che un mese dopo essere stata piantata dal moroso va sulla spiaggia dove l'ha conosciuto e getta in mare la catenina che lui gli aveva regalato? E dopo riesce a non pensarci più?...

pluto 16-02-2006 21.09.43

tra il dire e il fare
 
Credo che la psicologia aiuti un po' noi "umani"....a capire alcuni nostri meccanismi comportamentali.Credo però come altri hanno già detto che il tutto vada armonizzato con il nostro "interiore"....E la parola "armonia" è molto importante....sta anche per "digestione"...La psicologia va digerita e armonizzata...Un timido di punto in bianco, non potrà mai diventare in 24 ore un estroverso conquistatore di donne......Credo invece che un timido leggendo di "psicologia" possa lentamente acquisire una nuova "forma mentis" che lo porterà gradualmente ad essere una persona più aperta senza perdere però quelle caratteristiche anche simpatiche che hanno i timidi.....Il timido infatti arrossisce spesso ed è gradevole rapportarsi con un timido che arrossisce spesso, anzi "il timido" per questa caratteristica diventa subito simpatico a differenza dell'estroverso che qualche volta è più aggressivo e meno simpatico....Tra il dire e il fare c'è anche ...il mare...o meglio c'è l'intelligenza dell'armonia di tutta la nostra persona.....:C:

jezebelius 17-02-2006 00.48.55

Secondo me bisogna anche stare attenti a ciò che in effetti ha assunto quasi vita propria, in altre parole fare attenzione all'immagine, una volta capito il meccanismo, che si è assunta quotidiamente e che come tale non vogliamo abbandonare.
Facendo un esempio, se sono stato timido ovvero il mio interagire all'esterno mi ha accompagnato per gran parte della vita e scopro quale è il meccanismo che sottointende al mio modo di presentarmi alla e nella circostanza, mi pare che per eliminare tale copertura si faccia fatica giacchè a questa ormai mi ci sono abituato, o sbaglio?
Quello che voglio dire è che potenzialmente potrei essere tutto ma il fatto stesso che di fondo scopro di non avere una " voglia " consolidata che mi conduce al cambiamento è una incognita, forse, con la quale devo fare i conti.
Altro discorso invece è quello che pone riferimento sempre alla medesimo cambiamento ma questo è frenato dalla stessa " mancanza " di volontà che in termini spiccioli viene chiamata pigrizia; naturalmente oltre questa è possibile un cambiamento poichè la volontà, in quel momento, viene riscoperta.
In altre parole oltre la pigrizia si nasconde la vera volontà.
Sono due lati della stessa medaglia, quindi rientranti nel medesimo discorso, oppure devono rimanere distinti come argomenti?

RedWitch 17-02-2006 11.17.22

Citazione:

Quello che voglio dire è che potenzialmente potrei essere tutto ma il fatto stesso che di fondo scopro di non avere una " voglia " consolidata che mi conduce al cambiamento è una incognita, forse, con la quale devo fare i conti.
Altro discorso invece è quello che pone riferimento sempre alla medesimo cambiamento ma questo è frenato dalla stessa " mancanza " di volontà che in termini spiccioli viene chiamata pigrizia; naturalmente oltre questa è possibile un cambiamento poichè la volontà, in quel momento, viene riscoperta



Non so se ho capito bene Jeze icon_mrgr: ...
Intendi dire che nel primo caso, nonostante mi trovi davanti al blocco, mi forzo per superarlo, e nel secondo mi crogiolo dentro la situazione perchè in fondo sono pigro e sto bene come sto?

Mi pare , alla fine .. che il discorso dia sempre lo stesso.. e cioè, se c'è la volontà, muovo montagne , se manca la volontà, mi crogiolo nel miei "blocchi".

A me sembra molto interessante l'esempio di Ray :

Citazione:

ogni caso, come ci sono metodi per codificare ed incanalare gli atti interiori... cioè come l'indagine psicologica mi "porta" verso la comprensione dei miei meccanismi... così ci possono essere particolari tipologie di atti che mi aiutano... che mi "portano" a sciogliere quei nodi del tutto...

avete presente la ragazzina che un mese dopo essere stata piantata dal moroso va sulla spiaggia dove l'ha conosciuto e getta in mare la catenina che lui gli aveva regalato? E dopo riesce a non pensarci più?...
E' l'atto che decidiamo di compiere in questo caso che ci libera. Ma credo che nessuno possa dirci quale è l'atto che possa liberarci.. lì sta a noi.
Sbaglio?

ticol 17-02-2006 23.14.10

C'è di mezzo il
 
Mare no? icon_mrgr:

Spero accettiate la battuta, ma mi chiedevo perchè abbiate omesso una parte della frase.

Come possiamo intenderlo questo mare? Solo come grande ? L'elemento acqua e per di più salata può dare nuove idee alla discussione

ciao

Kael 17-02-2006 23.47.58

Si usa dire "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare" perchè tu, piccolo uomo, devi star li, impotente, aspettando che il mare si calmi, per partire. E' questa è una grande verità, cioè che l'uomo di per sé non può far nulla, ma deve avere tutta una serie di condizioni favorevoli (in questo caso meteo) altrimenti, parla il grande mare e lui sta a terra, aspettando... Ed è anche vero che si può partire col mare calmo e piatto ma poi a un bel punto infuria la termpesta e il viaggo dell'uomo va alla deriva miseramente...

Credo che Ray con quella frase modificata (ma corretta se ci pensi icon_mrgr: ) volesse far notare che l'uomo ha la possibilità di vincerlo questo mare, di essere veramente padrone delle sue azioni e di poter non far passare fra il dire e il fare più che un misero "e il"...
Come dire, altro che mare, sono da superare solo tre lettere...

latino 18-02-2006 12.26.36

Citazione:

Originalmente inviato da Kael
Si usa dire "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare" perchè tu, piccolo uomo, devi star li, impotente, aspettando che il mare si calmi, per partire. E' questa è una grande verità, cioè che l'uomo di per sé non può far nulla, ma deve avere tutta una serie di condizioni favorevoli (in questo caso meteo) altrimenti, parla il grande mare e lui sta a terra, aspettando... Ed è anche vero che si può partire col mare calmo e piatto ma poi a un bel punto infuria la termpesta e il viaggo dell'uomo va alla deriva miseramente...

Credo che Ray con quella frase modificata (ma corretta se ci pensi icon_mrgr: ) volesse far notare che l'uomo ha la possibilità di vincerlo questo mare, di essere veramente padrone delle sue azioni e di poter non far passare fra il dire e il fare più che un misero "e il"...
Come dire, altro che mare, sono da superare solo tre lettere...

scusate la mia sempre crescente confusione, ma a questo punto credo ci sia bisogno di una spiegazione, e di un riordino tra le varie correnti di pensiero......
alcuni dicono che con la volontà si può ottenere tutto, poco sopra si parla di povero uomo impotente......booh.gif
sono io a fare confusione vero? scusate l'intromissione
fiori.gif

Ray 18-02-2006 14.19.04

Per Latino: il fatto che sussistano argomentazioni diverse e "correnti di pensiero" forse in contrasto dipende dal fatto che siamo persone diverse e che quindi abbiamo idee diverse oltre che punti di vista diversi per la stessa idea. Se così non fosse discutere sarebbe inutile e potremmo aprire molti trad intitolati "si si" dove ci diamo ragione su tutto ancora prima di dirlo.

Per Kael: è vero che l'uomo è impotente e soggetto alle leggi universali e bla bla, tuttavia, essendo in psicologia, mi riferisco direttamente e senza specificazioni a quel ristretto ambito dove invece l'uomo è potente e può operare. Anche se la maggior parte delle scelte non si possono definire "libere" in senso assoluto e, con esse, anche l'agire che ne consegue, esse sono nonostate tutto scelte e, quel misero ambito di libertà che possediamo, in conformità al nostro grado di consapevolezza ed evoluzione, possiamo e dobbiamo pur usarlo in qualche modo, magari con lo scopo di aumentarne lo spessore. Quindi in questa sezione, piuttosto che riferirmi a quello che non possiamo fare (tantissimo) preferisco occuparmi di quello che possiamo fare (pochiccsimo ma pur sempre qualcosa).

Tornando alla ragazzina che getta inmare la catenina dell'ex moroso e grazie a questo atto si aiuta a liberarsi della prigionia mentale ed emotiva che la tiene legata al ricordo, speranza, aspettativa, rancore, senso di mancanza, solitudine e chi più ne ha più ne metta... si può chiamare il suo agire "atto catarchico".

Pur se limitatamente, esso ha un valore "terapeutico"... anzi, se la sua intenzione è "liberarsi" dell'ex-moroso, detta liberazione (che alla fin fine è una rinuncia) resta solo potenziale finche lei non la "traduce" in qualche modo in atto. Quindi per lei gettare la catenina in mare ha un valore simbolico e si può dire che assieme alla catenina getta un sacco di altre cose meno materiali...

Kael 18-02-2006 14.47.31

Citazione:

Originalmente inviato da Ray
Per Kael: è vero che l'uomo è impotente e soggetto alle leggi universali e bla bla, tuttavia, essendo in psicologia, mi riferisco direttamente e senza specificazioni a quel ristretto ambito dove invece l'uomo è potente e può operare. Anche se la maggior parte delle scelte non si possono definire "libere" in senso assoluto e, con esse, anche l'agire che ne consegue, esse sono nonostate tutto scelte e, quel misero ambito di libertà che possediamo, in conformità al nostro grado di consapevolezza ed evoluzione, possiamo e dobbiamo pur usarlo in qualche modo, magari con lo scopo di aumentarne lo spessore. Quindi in questa sezione, piuttosto che riferirmi a quello che non possiamo fare (tantissimo) preferisco occuparmi di quello che possiamo fare (pochiccsimo ma pur sempre qualcosa).

Ma guarda, dopo aver brevemente spiegato il senso del proverbio, e cioè che l'uomo è appunto in balia del mare, mi sono collegato al tuo post proprio per parlare di quello che invece l'uomo può fare. Non mi sembra abbiamo detto cose diverse. Ho solo tentato di rispondere a ticol sul perchè la parola "mare" fosse stata qui omessa.

RedWitch 18-02-2006 15.58.55

Citazione:

Tornando alla ragazzina che getta in mare la catenina dell'ex moroso e grazie a questo atto si aiuta a liberarsi della prigionia mentale ed emotiva che la tiene legata al ricordo, speranza, aspettativa, rancore, senso di mancanza, solitudine e chi più ne ha più ne metta... si può chiamare il suo agire "atto catarchico".

Pur se limitatamente, esso ha un valore "terapeutico"... anzi, se la sua intenzione è "liberarsi" dell'ex-moroso, detta liberazione (che alla fin fine è una rinuncia) resta solo potenziale finche lei non la "traduce" in qualche modo in atto. Quindi per lei gettare la catenina in mare ha un valore simbolico e si può dire che assieme alla catenina getta un sacco di altre cose meno materiali...
Si potrebbe dire che l'atto in sè è la manifestazione della volontà? Il cambiamento esteriore, puo' essere la manifestazione della volontà di liberarsi;quando per esempio, ci piangiamo addosso per la fine di una storia restiamo immobili nel ricordo, ci arrabbiamo, etc. Poi magari ci svegliamo una mattina, e c'è qualcosa che ci fa dire basta; e allora, gettare via la catenina, ci libera, non soltanto dell'oggetto. E' il famoso "fare"...
Non so se riesco ad esprimerlo bene, ma, ad esempio, se stiamo insieme a lungo con una persona, che ci ripete che gli piacciamo coi capelli lunghi, nel momento in cui, mi libero davvero.. la prima cosa che faccio è tagliarmi i capelli... e mi aiuta a tagliare il filo che unisce.. per rinnovarsi, e andare avanti.. libero.

ticol 19-02-2006 22.05.09

Citazione:

Originalmente inviato da Kael
Si usa dire "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare" perchè tu, piccolo uomo, devi star li, impotente, aspettando che il mare si calmi, per partire. E' questa è una grande verità, cioè che l'uomo di per sé non può far nulla, ma deve avere tutta una serie di condizioni favorevoli (in questo caso meteo) altrimenti, parla il grande mare e lui sta a terra, aspettando... Ed è anche vero che si può partire col mare calmo e piatto ma poi a un bel punto infuria la termpesta e il viaggo dell'uomo va alla deriva miseramente...

Credo che Ray con quella frase modificata (ma corretta se ci pensi icon_mrgr: ) volesse far notare che l'uomo ha la possibilità di vincerlo questo mare, di essere veramente padrone delle sue azioni e di poter non far passare fra il dire e il fare più che un misero "e il"...
Come dire, altro che mare, sono da superare solo tre lettere...

A me il mare suscita anche la visione delle onde che ci sbattono indietro o ci spingono avanti, tutto sta a seguire il ritmo :@@

Sole 20-02-2006 11.27.31

Citazione:

Originalmente inviato da ticol
A me il mare suscita anche la visione delle onde che ci sbattono indietro o ci spingono avanti, tutto sta a seguire il ritmo :@@


... ed appunto il mare è stato omesso !

Il fare presume che tu non sia in balia delle onde del mare, ma ben attento a cosa puoi azionare ... per cercare di cambiare un modo di essere istintuale.
Accorgersi (ed è già tanto...) che qualcosa non ci fà stare bene, ci crea disagio ecc ecc ... è di per se un elemento fondamentale per poter iniziare il fare. Opporsi a quei modi di presentarsi delgli istinti è creare una reazione (ripeto cose dette sopra) in quella reazione può esserci l'opposto istinto ma tra i due alla fine arriverà l'equilibrio ...

La chimica va avanti per reazioni.

ticol 20-02-2006 19.53.05

Citazione:

Originalmente inviato da Sole
... ed appunto il mare è stato omesso !

Il fare presume che tu non sia in balia delle onde del mare, ma ben attento a cosa puoi azionare ... per cercare di cambiare un modo di essere istintuale.
Accorgersi (ed è già tanto...) che qualcosa non ci fà stare bene, ci crea disagio ecc ecc ... è di per se un elemento fondamentale per poter iniziare il fare. Opporsi a quei modi di presentarsi delgli istinti è creare una reazione (ripeto cose dette sopra) in quella reazione può esserci l'opposto istinto ma tra i due alla fine arriverà l'equilibrio ...

La chimica va avanti per reazioni.

Non ho capito, tu intendi che il mare va tolto?
Come faccio a non essere in balia delle onde del mare?
Neanche se fossi una strapetroliera potrei, il mare è più grande di me.
fiori.gif (per mostrare che sto parlando serenamente) :C:

Sole 21-02-2006 10.48.38

Citazione:

Originalmente inviato da ticol
fiori.gif (per mostrare che sto parlando serenamente) :C:

... non avevo percepito diversamente ... :H

per rispondere alle tue domande, dovresti intendere il mare come una cosa che ti travolge e della quale non hai controllo ... assumere il controllo di una nave significa saperla guidare, conoscere i venti e sapere come e quando affrontarli. Così se Decidi di andare per mare allora devi tenere conto delle previsioni del tempo.

vabbè a parte la metafora che da queste parti piace tanto ... icon_mrgr:

Se rileggi attentamente tutta la discussione viene ben detto!

Comunque, possiamo anche analizzare attentamente il significato del proverbio se diventa più chiaro.

tre il Dire di fare qualcosa e metterlo in atto .. dove l'atto è il Fare, si può sintetizzare così: poche chiacchiere e alza il sedere dalla sedia!!! Il mare diventa la scusa che noi mettiamo per non alzare il sedere!

Ci vorrebbe un'altra metafora .....
In un'altro post tu dici che molto spesso si evita di dire cose a qualcuno mentre diventa più facile invece dire cose cattive. Bene, tra il pensare di dire "ti amo" e il dirlo ... c'è il mare dell'orgoglio, della rabbia, della rigidità dell'essere che non sono altro che un mare in movimento e senza controllo.
Il primo passo per alzarsi dalla sedia sarebbe solo quello di dare uno SCHOK a questo orgoglio e FARE l'esatto opposto di ciò che tale istinto ci "costringe" a mettere in pratica. Insomma l'istinto ti dice: non fare questo .. e Tu invece gli dici .. e no! Io lo Faccio! Ecco, cambiare abitudini ... che poi è anche essere abituati e cristallizzati in qualcosa ....
Sorprendersi all'improvviso. Prendere il Governo della barca!

Uno 21-02-2006 10.58.30

Siamo nella sezione non adatta per il mio esempio.... però...
Se non so aprire il mare (Mosè) forse non ha tutti i torti il nostro nuovo amico... solo che anche se non so aprire il mare... posso imparare a nuotare... questo si... quindi riassumendo:
Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, questo a volte mi aiuta, a volte mi contrasta, se so nuotare posso lasciarmi spingere quando è a mio vantaggio e cercare di contrastare (che significa almeno non tornare indietro) quando mi spinge indietro...
:C:

P.s. l'esempio della strapetroliera nella domanda di Ticol, evidenzia un'altra cosa... chi la vede per primo/a? diavolo.g:

RedWitch 21-02-2006 11.17.23

Per quanto grandi ci crediamo di essere, non siamo che un puntino in mezzo al mare... pensare questo dovrebbe aiutarci a sminuire l'importanza che ci diamo.. o che crediamo di avere... ci vedo questo :C:

Ray 22-02-2006 15.15.14

scusate, sta diventando una discussione sulla possibilità di azione, sulla libertà, su quanto siamo preda degli eventi e bla bla... per carità, tutto interessante... ma l'idea era di parlare di COSA si può fare nell'ambito di quel che si può fare, non di parlare dell'ambito.

Quindi chiarifico cosa intendevo con il titolo. L'idea era quella di sviare l'attenzione da quel che c'è tra il dire e il fare... la battuta con la quale ho sostituito "mare" con "e il" voleva sottendere che non ha molta importanza che cosa c'è tra il dire e il fare... ma che l'importanza veniva posta sul dire e, soprattutto, sul fare.

Quindi tornerei alla ragazzina che butta in mare la catenina.. lo so, che solfa... fermo e considerato che la sua situazione cambia radicalmente dopo che ha effettivamente buttato la catenina rispetto a quando aveva solo l'intenzione di buttarla o, ancora prima, quando aveva l'intenzione confusa di liberarsi dell'ingombrante presenza interiore dell'ex-moroso... la domanda è:

come ha fatto a pensare ad un'azione risolutiva... com'è che le è venuto in mente il da farsi?

Perchè se capiamo questo meccanismo potremmo avere (forse) in mano un metodo per costruire azioni risolutive anche per questioni più complesse e difficili... non vi sembra?

RedWitch 22-02-2006 19.50.05

Citazione:

Quindi tornerei alla ragazzina che butta in mare la catenina.. lo so, che solfa... fermo e considerato che la sua situazione cambia radicalmente dopo che ha effettivamente buttato la catenina rispetto a quando aveva solo l'intenzione di buttarla o, ancora prima, quando aveva l'intenzione confusa di liberarsi dell'ingombrante presenza interiore dell'ex-moroso... la domanda è:

come ha fatto a pensare ad un'azione risolutiva... com'è che le è venuto in mente il da farsi?
In genere, l'azione risolutiva, avviene quando, si elabora il dolore (rabbia etc), quando si riesce a interrompere il filo che che ci tiene legati ad una persona.
Come arrivarci.. rivivendo ad esempio i momenti che hanno segnato il rapporto con quella persona.. ricordando tutto, sensazioni, emozioni, tutto insomma.. arrivando a perdonare in un certo senso questa persona, quando, potenzialmente abbiamo risolto, l'atto rafforza, rende manifesto il superamento... credo :C:

ticol 22-02-2006 23.09.42

Citazione:

Originalmente inviato da Ray
scusate, sta diventando una discussione sulla possibilità di azione, sulla libertà, su quanto siamo preda degli eventi e bla bla... per carità, tutto interessante... ma l'idea era di parlare di COSA si può fare nell'ambito di quel che si può fare, non di parlare dell'ambito.

Quindi chiarifico cosa intendevo con il titolo. L'idea era quella di sviare l'attenzione da quel che c'è tra il dire e il fare... la battuta con la quale ho sostituito "mare" con "e il" voleva sottendere che non ha molta importanza che cosa c'è tra il dire e il fare... ma che l'importanza veniva posta sul dire e, soprattutto, sul fare.

Quindi tornerei alla ragazzina che butta in mare la catenina.. lo so, che solfa... fermo e considerato che la sua situazione cambia radicalmente dopo che ha effettivamente buttato la catenina rispetto a quando aveva solo l'intenzione di buttarla o, ancora prima, quando aveva l'intenzione confusa di liberarsi dell'ingombrante presenza interiore dell'ex-moroso... la domanda è:

come ha fatto a pensare ad un'azione risolutiva... com'è che le è venuto in mente il da farsi?

Perchè se capiamo questo meccanismo potremmo avere (forse) in mano un metodo per costruire azioni risolutive anche per questioni più complesse e difficili... non vi sembra?

Ti chiedo scusa per aver deviato la discussione, mi sembrava che che non si potesse capire o trovare un metodo per risolvere se non si vede cosa ci ostacola, ma forse tu conoscerai un altro modo, ti ascolto. Non mi dire però che salti il mare.

Ray 23-02-2006 14.52.24

Citazione:

Originalmente inviato da ticol
Ti chiedo scusa per aver deviato la discussione, mi sembrava che che non si potesse capire o trovare un metodo per risolvere se non si vede cosa ci ostacola, ma forse tu conoscerai un altro modo, ti ascolto. .

Non occorre che ti scusi, tra l'altro dicevo a tutti, comunque come avrai già capito, a volte risulto parecchio antipatico... quindi non farci più di tanto caso...


Citazione:

Originalmente inviato da ticol
Non mi dire però che salti il mare.

Beh, facciamo così... io ti dico quello che mi pare, poi tu, con quello che ti dico, fai quello che ti pare... ok?

Comunque non salto nessun mare, anzi non salto proprio. Se proprio vogliamo restare in metafora direi che l'importante è navigare, petroliera o canotto che sia, e non farsi tutto il mare sott'acqua... anche se ogni tanto bisogna cacciare la testa sotto per dare un'occhiata... ma bon

La ragazzina non risolve veramente nulla finchè non getta la catenina in mare. Tutto il precedente (elaborazione e bla bla) è la sua navigazione. Poi getta la catenina e approda. Querl che segue è asciugarsi al sole.
Come dice giustamente RedW finchè la "risoluzione" non trova una sua manifestazione fattiva essa resta solo potenziale.

Il fatto è che la ragazzina, nel tempo in cui elabora la sua questione, nulla sa del suo futuro atto di gettare la catenina. Quando è pronta, diciamo così, in qualche modo il suo "inconscio" le suggerisce l'idea e lei la riconosce "intuitivamente" come quella buona. Poi per farla però deve prendere coraggio... l'atto non è un tutt'uno con l'idea.

In un certo modo il tutto ha seguito un processo naturale di elaborazione... o crescita... o guarigione... chiamatela come vi pare.

Ma poteva essere accelerato? Non sto dicendo modificato... dico solo che forse il processo, pur restando naturale, poteva venire "aiutato"... magari conoscendo qualche meccanismo in più... cioè se un po' della roba inconscia fosse stata conscia e se, quindi, il meccanismo di suggerimento ed intuizione (riconoscimento) dell'idea fosse stato stimolato.

Sta ragazzina, la prossima volta che le capita una cosa del genere, saprà un po' meglio cosa fare... le verà verosimilmente più facile rinunciare all'attaccamento che la fa soffrire... ma se è furba, per analogia, può applicare la faccenda della catenina anche a tutti gli altri aspetti "problematici" della sua vita... imparando a costruirsi, di volta in volta, delle azioni simboliche, che abbiano valenza altra e più profonda dell'atto in se...

ticol 24-02-2006 20.14.44

d'accordo
 
Bene Ray patto sottoscritto, io aspetto che tu dici quello che vuoi.
Ma posso dire una cosa intanto?
Sta ragazzina la prossima volta che le capiterà qualcosa, avrà inscenato una commedia diversa e quindi non mi sovviene come possa trarre vantaggio dalla situazione precedente, comunque aspetto che tu dica che cosa intendi con "azioni simboliche".
:C:

jezebelius 25-02-2006 18.36.31

Personale visione.
Credo che si intenda con " azioni simboliche " un qualsiasi atto nel quale si " infonde " la necessaria intensità che sia da attivazione del meccanismo di liberazione ( appunto come la ragazza con la catenina ).
Queste azioni, secondo il mio punto di vista, possono essere sia simboliche " esterne " come ad esempio gettare una pietra in uno stagno ovvero sia attribuire alla pietra lo stesso " valore " che si dava alla catenina, oppure possono essere " interne " le quali posseggono, se non in maniera superiore,la medesima forza e qui potrebbe esser considerato, come facente funzione, un pensiero ad esempio che possa aiutare il meccanismo di cui sopra.
In altre parole una liberazione da quella situazione che intorpidiva, anche considerando una non gestualità esterna che sottintende al meccanismo di liberazione stessa.
Per dirla in breve non è l'atto in se che sostanzia quanto il contenuto che viene impresso all'atto stesso - interno od esterno - per favorire un rapido approdo.
Da questo come dice Ray, l'esperienza, se siè furbi e predisposti ad accettare, assieme all'intuizione, puo favorire un rapido sviluppo delle questioni; al contrario ci vorrà un po più di tempo.
Non credo, infine, Ticol che si insceni una nuova commedia.
Questo potrebbe avvenire, secondo me, soltanto quando l'esperienza precedente non è stata acquisita completamente e per questo , la stessa, si proporrà anche in maniera differente in maniera successiva per farcene rendere conto.

Ray 01-03-2006 17.26.53

Citazione:

Originalmente inviato da ticol
Sta ragazzina la prossima volta che le capiterà qualcosa, avrà inscenato una commedia diversa e quindi non mi sovviene come possa trarre vantaggio dalla situazione precedente, comunque aspetto che tu dica che cosa intendi con "azioni simboliche".
:C:

come accenna giustamente Jeze, difficilmente la ragazzina non trarrà alcun beneficio dall'esperienza. Come chiunque. Anche se esula un po' dal discorso... l'esperienza, in particolare quella intensa e difficile, modifica e fa in qualche modo crescere... in un verso o nell'altro.
Se la ragazzina, anche grazie alla catenina, "risolve" il suo problematico attaccamento ad una persona che non intende corrispondere più al "ruolo" che lei gli attribuiva, la prossima volta sarà comunque più forte, perchè avrà dalla sua una "riuscita".

Certo, il comportamento umano appare molto spesso particolarmente imbecille e si moltiplicano a vista d'occhio casi in cui una persona si infila continuamente nella stessa difficoltà... o come accenni tu, la ripetizione compulsiva dello stesso atto auto-distruttivo... ma l'esempio della ragazzina generica voleva essere di un individuo ancora potenzialmente sano, non già strutturato nevroticamente... ma forse hai ragione, visti i tempi...

Facciamo finta che la ragazzina che getta in mare la catenina sia alla sua prima esperienza di "abbandono"... e che si renda conto che restare attaccata a qualcosa che palesemente non c'è più sia assurdo... cioè facciamo finta che sia sana. Lei fa l'esperienza della difficoltà del suo liberarsi e della pervicacia del suo attaccamento... nonostante questo, grazie anche all'atto simbolico, si libera e sta bene.
La prossima volta, dovesse ricapitarle una caso analogo, avrà acquisito una capacità che prima non aveva... avrà imparato un "percorso" agevolato al liberarsi da certe catene.

Bon, post già lungo... torniamo con gli atti simbolici, dopo questo OT...:C:

RedWitch 01-03-2006 18.59.17

Citazione:

torniamo con gli atti simbolici
Vediamo, Ray, personalmente ho sempre pensato, che questi "atti simbolici", siano soggettivi, cioè, che alla fine, ognuno di noi sviluppi un proprio modo per superare l'attaccamento, il dolore etc. anche se poi, tutto sommato, la "liberazione" si manifesta sempre con appunto un gesto che la richiama.. gettare la catenina in questo caso, ma, esistono degli atti simbolici, che possono essere comuni, al di là del liberarsi (materialmente) di qualcosa?

Ray 03-03-2006 00.19.55

Ecco, appunto RedW...

il fatto è che nel caso dei gesti simbolici, dire "soggettivi" e dire "comuni" (nel senso di buoni per tutti) non è necessariamente in antitesi.

Esiste una parte soggettiva... un'altra ragazzina potrebbe non avere un braccialetto da gettare e potrebbe non avere una spiaggia o uno scoglio collegati al ricordo del primo incontro o del primo bacio o quel che è... ma avrà qualcosa di analogo.

Esiste una parte comune perchè tutti funzioniamo nello stesso modo. Senza entrare in ambiti simbolico-sacri, che muovono questioni che travalicano l'oggetto della nostra discussione, ma restando nel campo psichico prettamente "umano", anche qui funzioniamo per simboli e per archetipi (uso il termine nell'accezione junghiana... magari ne parliamo a parte di sta cosa).
Come dire che, restando nell'esempio, una qualsiasi ragazzina avrà un oggetto "relazionale", caricato a feticcio, del quale può disfarsi. In qualche modo l'umano ha la tendenza a caricare di significati ulteriori gli oggetti, gli atti, le parole ecc. ecc... ovvero a conferire senso. Per la ragazzina il braccialetto non è più solo un braccialetto, ma il simbolo della loro unione... lo ha caricato di un senso che l'oggeto in se non ha... lo ha reso più reale.

Quindi quando lo getta, non getta un oggetto, ma con esso getta anche tutto quello che ci aveva infilato dentro... tutta la realtà dell'unione.

Una volta compreso questo meccanismo, possiamo stabilire non una formule valida sempre per "aiutarci" con atti simbolici... ma una strategia comportamentale si. Se si inizia a portare a livello conscio alcuni linguaggi inconsci... tipo il meccanismo sintetico di costruzione del simbolo o di riempimento dell'archetipo (entrambi atti magici, si sarebbe detto tempo fa), si può arrivare, in certi casi, a guidare i meccanismi inconsci e non solo a limitarsi di farsi guidare da essi.

Quindi... esistono atti simbolici validi per tutti? no.
esistono meccanismi con cui "scoprirli" e "costruirli"? si

Faccio un esempio: se io da anni cerco di liberarmi dal pensiero di mia moglie che, appunto da anni, mi ha lasciato e, per un motivo o per l'altro (sempre attaccamento e importanza personale... mai amore) non ci riesco, mi può capitare che, leggendo la storia della ragazzina mi si accende la lampadina e magari domani vado nella chiesa dove ci siamo sposati e abbandono non visto la fede sull'altare...

Uno 03-03-2006 13.55.34

Citazione:

Originalmente inviato da Ray

Faccio un esempio: se io da anni cerco di liberarmi dal pensiero di mia moglie che, appunto da anni, mi ha lasciato e, per un motivo o per l'altro (sempre attaccamento e importanza personale... mai amore) non ci riesco, mi può capitare che, leggendo la storia della ragazzina mi si accende la lampadina e magari domani vado nella chiesa dove ci siamo sposati e abbandono non visto la fede sull'altare...

Si ma questo è un esempio di qualcosa che succede, cosa hai costruito?

Ray 03-03-2006 14.20.33

Non è proprio una cosa che succede... o meglio succede che mi venga l'idea, ma non succede che la metto in pratica, non succede di suo.
Se la metto in pratica, ho costruito un percorso diciamo agevolato... una scorciatoia.

In linea di massima qualsiasi situazione di tensione e sofferenza che impliche qualcosa da "risolvere" fa capo ad un conflitto. Nel caso della ragazzina o di me con mia moglie il conflitto sta tra la volontà di liberarmi e quella di non farlo (è approssimativo detto così, ma non scorretto). In un modo o nell'altro questo conflitto si risolverà da se, anche e soprattutto in relazione a quello che mi succederà... incontro altre persone e così via.
In questo modo le "volontà" in conflitto dentro di me varieranno e sposteranno di conseguenza il mio sentire. Solo che in tutto ciò io resto passivo. Le cose mi accadono... non vivo ma sono vissuto... non volgio ma sono voluto.

Se in qualche modo però prendo una posizione all'interno di un mio conflito e decido che voglio liberarmi della moglie o del moroso, checchè ne pensi l'altro mio volere, posso agevolare il processo di "soluzione" mettendola in atto simbolicamente. Il "fare" assume un valore di "fatto", di decisione presa e messa in atto e, a cascata, si porterà dietro tutto il processo di riassestamento, accelerando attivamente quel che passivamente avrebbe un decorso lungo e doloroso, oltre che incerto.

Inoltre si può anche dire che finchè non si traduce in atto la decisione presa, essa non è mai presa fino in fondo e permarranno tracce più o meno importanti del conflitto.

Gli atti simbolici, o meglio caricati simbolicamente, sono modi di comunicare col nostro inconscio, pilotandolo... invece di limitarsi ad interpretare quel che l'inconscio comunica a noi, restandone in piena balia, pur se con una certa conoscenza in più dei meccanismi. Tutte le varie pratiche di indagine psicologica sono nulla senza gli atti, restano appunto indagini, mi permettono di sapere qualcosa di più, ma non di modificare realmente qualcosa.

Invece se mi "costruisco" un atto, un'azione anche complessa ma carica di significato che gli attribuisco non più solo inconsciamente (e si può arrivare anche a veri e propri rituali) mi costruisco in contemporanea un percorso interiore che ha valenza sia risolutiva (per quella cosa li) sia strutturale proprio (per il mio funzionamento futuro).

Per certi versi, anche se ad un livello più basso, funziona esattamente come le pratiche di ricerca spirituale (qualunque esse siano) e come la magia (senso etimologico del termine)...

Uno 03-03-2006 20.11.39

Ti ripeto l'esempio che hai fatto è qualcosa che accade, avresti dovuto metterci qualcos'altro.
Perchè leggendo la storia della ragazzina mi si accende la lampadina? E come faccio a riprodurre la cosa in altra situazione diversa?

anche
Citazione:

Nel caso della ragazzina o di me con mia moglie il conflitto sta tra la volontà di liberarmi e quella di non farlo (è approssimativo detto così, ma non scorretto). In un modo o nell'altro questo conflitto si risolverà da se, anche e soprattutto in relazione a quello che mi succederà... incontro altre persone e così via.
In questo modo le "volontà" in conflitto dentro di me varieranno e sposteranno di conseguenza il mio sentire. Solo che in tutto ciò io resto passivo. Le cose mi accadono... non vivo ma sono vissuto... non volgio ma sono voluto.
non significa molto, come faccio a decidermi su una delle due cose che voglio in conflitto?

:C:

Ray 07-03-2006 23.31.58

Citazione:

Originalmente inviato da Uno
come faccio a decidermi su una delle due cose che voglio in conflitto?

questo non è oggetto di discussione. Siamo partiti da una ragazzina che ha già deciso da se che vuole fare ma non sa come. E' vero che finchè non fa il conflitto resta (e con esso anche la "volontà" di non risolvere) ma, anche se nei limiti del suo possibile, ha già precedentemente deciso seppure giocoforza, di liberarsi dell'ex-moroso.

Una cosa che non ho detto e che forse può generare le tue altre domande... c'è una notevole differenza tra l'atto di gettare la catenina in mare "d'impulso" e l'atto di gettarla costruito apposta e caricato di conseguenza. Vari livelli di "decisione consapevole" separano due atti apparentemente identici.

Invece per me che traggo "ispirazione" dal suo atto e lo applico a me non fa alcuna differenza. Potrebbe anche succedere di essere spinto anch'io da un impulso... ma se mi capita dopo che ho letto della ragazzina, giocoforza una certa consapevolezza del meccanismo si è aggiunta.
Se poi costruisco l'atto a tavolino, decidendo i contenuti simbolici di ogni mio singolo agire, imponendomi regole di significato, caricando i gesti di contenuti emotivo-sentimentali e cercando ritualisticamente di "ripetere" nell'atto tutto quel che voglio rinnovare... ecco che la cosa diventa sufficientemente "potente".

Come? Nel senso... che gesti, dove, cosa, quando, e via così?

Beh, come detto c'è una parte soggettiva. E' il contesto del singolo problema specifico. Poi, non indispensabile ma aiuta, c'è una parte cognitiva... più ne so di "concordanze" meglio è, in ultimo è necessaria una certa parte intuitiva, che alla fin fine mi basta quella. Ma attivando il meccanismo, fosse anche lesciandomi ispirare dalla ragazzina, è proprio quella parte che stimolo... (chiedere consigli a chi è più vicino di noi alla propria parte intuitiva non fa mica male... ma non di questo si parlava)


PS: non ho scelto l'esempio a vanvera... in ogni caso ognuno può mettere l'esempio che preferisce, non mi tiro mica indietro

ticol 23-03-2006 01.27.42

Scusate l'assenza dovuta ad impegni di lavoro

Citazione:

Originalmente inviato da jezebelius
Non credo, infine, Ticol che si insceni una nuova commedia.
Questo potrebbe avvenire, secondo me, soltanto quando l'esperienza precedente non è stata acquisita completamente e per questo , la stessa, si proporrà anche in maniera differente in maniera successiva per farcene rendere conto.

Forse sono stato troppo breve e non mi sono fatto capire, intendevo che secondo me la ragazzina ripeterà qualcosa di simile, ma cambierà forma, altrimenti sarebbe un robot, sbaglio?

ticol 23-03-2006 01.34.47

Citazione:

Originalmente inviato da Ray
come accenna giustamente Jeze, difficilmente la ragazzina non trarrà alcun beneficio dall'esperienza. Come chiunque. Anche se esula un po' dal discorso... l'esperienza, in particolare quella intensa e difficile, modifica e fa in qualche modo crescere... in un verso o nell'altro.
Se la ragazzina, anche grazie alla catenina, "risolve" il suo problematico attaccamento ad una persona che non intende corrispondere più al "ruolo" che lei gli attribuiva, la prossima volta sarà comunque più forte, perchè avrà dalla sua una "riuscita".

Io non credo che un gesto anche se liberatorio possa essere ripetuto in altre azioni per risolvere altre cose, altrimenti una volta imparata la prima avremmo finito soio.gif
Se no il tuo ragionamento ci paragona a macchine elaboratrici di una volta, una volta inserita la scheda con le perforazioni giuste si fa tutto da solo.
:C:

Sole 23-03-2006 12.43.11

Citazione:

Originalmente inviato da ticol
Io non credo che un gesto anche se liberatorio possa essere ripetuto in altre azioni per risolvere altre cose, altrimenti una volta imparata la prima avremmo finito soio.gif
Se no il tuo ragionamento ci paragona a macchine elaboratrici di una volta, una volta inserita la scheda con le perforazioni giuste si fa tutto da solo.
:C:

beh no, forse non fà da solo ma ha i dati necessari per elaborare più velocemente e con riusultati migliori !


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