Economia psicologica
Chi è che stabilisce il prezzo di quanto ci costa una cosa piuttosto che un'altra?
Prendo un esempio da altro 3d, parlando di zucchero che mancava in casa: Citazione:
Citazione:
Anche nell'economia monetaria comune si dice che ci sono cose che non hanno prezzo (a volte è solo una questione di quanto prezzo sia alto) comunque molte hanno un prezzo determinato dalla famosa domanda-offerta, perchè nella psiche umana non funziona così? O forse tutto sommato non funziona tanto diversamente? Tralasciando tutti i rapporti extra tazzina di zucchero, che intercorrono tra Ray ed il suo vicino, probabilmente non è che questo glielo offrirebbe con molta gioia (o comunque questa è la percezione, giusta o sbagliata che ha Ray) e solerzia, quindi l'offerta cala, se non è addirittura quasi inesistente....... Mi fermo perchè non voglio affossare il discorso |
a meno di situazioni di monopolio (o distorsioni) ove lo determina assolutamente il "venditore" è determinato dalla quantità di offerta in proporzione alla domanda.
se l'offerta di una tal cosa è bassa e la domanda alta il prezzo sarà alto. se la domanda bassa e l'offerta alta il prezzo tenderà a calare. quindi nel caso di ray gli costerebbe maggiormente rispetto al prodursi da solo le barbabietole perchè l'offerta intorno a lui è molto bassa. |
Citazione:
Pur di non dare una certa soddisfazione a qualcuno , vicino di casa o chi per lui ( sarebbe carino capire chi è veramente questo qlc) si è disposti a piantare barbabietole ,aspettare che crescano e molte volte a tanta altra fatica perchè sulla bilancia il mio orgoglio, il mio risentimento , il mio IO qualcosa pesa molto di più , mi costa tanta più fatica (ed energia) di quella che di suo richiedere l'azione di bussare e porgere una tazzina per lo zucchero al vicino e non è detto che l 'offerta sia di per sè oggettivamente ridotta , dipende dal valore che io attribuisco a quell' offerta , presente il " da quello non voglio nulla neanche se me lo regala?" |
Iniziamo dalle cose importanti: ieri sono stato ad un ingrosso e ho acquistato un bancale di zucchero. Siccome i trenta quintali non stavano tutti nella mia dispensa, li ho depositati nel soggiorno del mio vicino. Ci siamo accordati che ogni qual volta me ne servisse, fosse anche alle tre di notte, gli suono il campanello munito della tazza da dieci chili che mi sono fatto fare da un artigiano bengalese.
Venendo all'argomento del tread, ricordandosi che quella dello zucchero è una storiella che mi sono inventato per parlare dell'altra faccenda, i motivi per cui le economie psichiche variano credo siano molti e che vadano valutati caso per caso. Nello specifico, una cosa che può pesare è che ray, per chiedere lo zucchero al suo vicino, deve rapportarsi con lui, quindi con un altro essere umano e, indipendentemente dalla qualità del loro rapporto, in genere questo può richiedere più energie che arrangiarsi in altro modo, magari facendo più strade. O almeno in apparenza può essere così, nel vissuto di ray. Quand'anche i rapporti fossero cordiali, a ray può passare per la testa che una tazzian di zucchero può costargli una mezzoretta di attenzione e di chiacchiere o addirittura un caffè offerto e in quel momento non ne ha voglia. Se poi i rapporti non sono cordiali può essere davvero conveneniente uscire e andarselo a comprare, piuttosto che cogliere un occasione per lavorare su se obbligandosi ad un comportamento faticoso. C'è anche la possibile considerazione dell'eventuale debito che ray contrarrebbe col vicino, a cui magari preferisce non dovere nulla, sempre secondo le soggettivissime stime di ray in quel frangente. Chiaro che tutte queste e un sacco di altre valutazioni, possono benissimo scorrere sotto coscienza e noi essere consapevoli solo del risultato... ovvero che ci viene un'idea piuttosto che un'altra. |
Citazione:
la reale offerta e domanda o la percepita offerta e domanda. a prescindere dal rapporto con il vicino (buono o negativo non so) ciò che conta è come Ray sa vedere offerta e domanda reali e se la realtà corrisponde alla sua percezione di essa. Se una persona ha problemi ad aprirsi per lui la realtà che percepisce gli renderà assai più faticoso "superare se stesso" e aprirsi al vicino piuttosto che mettersi da solo a produrre zucchero (ed è quella in quel momento la realtà di Ray in un certo senso) |
Citazione:
In teoria no, non c'è nulla che qualcuno abbia che altri non abbiano o possano avere, quindi il monopolio non dovrebbe essere possibile. Se poi consideriamo che il monopolio potrebbe esistere solo di cose desiderabili il cerchio si stringe. Cosa mi interessa se qualcuno avesse il monopolio della cattiveria? Nulla Invece se qualcuno avesse il monopolio del bene mi interesserebbe altro che.... |
nei rapporti umani il monopolio non lo vedo.
ciascuno come dici è o potrebbe essere tutto. il fatto è che di questo non ne è cosciente quindi la sua realtà percepita è differente e si "distorce" nel supporre di "non essere" qualcosa e di desiderarlo vedendolo in un altro. pertanto sebbene la realtà "vera" sia di concorrenza perfetta... la percezione che ciascuno ha (distorta) è di oligarchia o monopolio e questo crea in un certo qual modo un "rovescio" della situazione. la persona si chiude a riccio, la coscienza non si espande, si proietta al di fuori questo stato osservando la realtà con occhiali "annebbiati". da un altro punto di vista però c'è chi quella coscienza la ha quindi manifesta in un certo qual modo quella realtà e quindi ha fatto un passo in più. di fatto lo mette in una situazione ove pur avendo una capacità "domandata" non ha una sufficiente capacità di distribuzione (offerta) in quel caso o permette l'elevazione altrui (che quindi da domandanti vanno in equilibrio e alla fine diventano offerenti) oppure si isola |
Ma e' possibile che l'economia psicologica si fonda sulla persona e non sul mercato reale?
Mi spiego meglio, nell'esempio di Ray si nota come non e' percorribile il rapportarsi con un'essere umano (e' singolare la definizione) per ottenere lo zucchero, trova invece percorribile arrangiarsi da se, magari facendo piu' strada. Un'altra persona avrebbe trovato altre soluzioni che fanno parte del suo modo/essere, ad esempio provare a bere un caffe' amaro (senza zucchero). Ma tutte in genere a cercare la soluzione che permette (in apparenza) di mantenere uno status quo di dormiente. Non si tratta di spendere piu' o meno energie (di norma si spendono piu' energie) ma di mantenere una struttura di apparente controllo della situazione. Nell'esempio di Ray il debito col vicino, il rapportarsi con lui, il bere una tazza di caffe', la mezzoretta di attenzione, il chiacchierare rappresentano un conto salato che non vuole pagare e quindi spende molte piu' energie "arrangiandosi da se". Il mercato psicologico reale e' vasto e non conoscibile da chi fa economia con il proprio denaro e' come un venditore che vende a chi conosce(crede di conoscere) oppure come un'acquirente che compra solo quello che conosce (crede di conoscere). Insomma un velo di supposizione e filtro che maschera il vasto mercato spicologico. Questo comportamento e' normale routine nelle persone che come me vedono in ogni azione il rimandare l'analisi oggettiva del nero, e' un continuo dribblare ed evitare lo scontro con se stessi. |
perchè lo scontro con se stessi fa "paura" purtroppo.
e se cmq cerchi di evitarlo prima o poi ti ci ritroverai di fronte(cerchio che si chiude) a mio parere. occorre ogni istante "superarsi" (mica facile eh) |
Citazione:
Viceversa però stando attenti possiamo dare il giusto prezzo alle cose, possiamo chiedere una bustina di zucchero al vicino e ripagarlo domani con un'altra bustina di zucchero, senza lasciarci intrappolare dal suo gioco vampiresco. Se me la vuole dare bene, altrimenti amen. Con alcuni comunque che ci fanno realmente pesare all'inverosimile qualunque cosa, vien proprio da cancellarli dal nostro "elenco emergenze", e usarli solo in casi di estrema necessità. Sono dei speculatori, degli strozzini... E alle volte l'energia necessaria per "resistere" al loro gioco è di gran lunga superiore a quella che serve per andarsi a comprare lo zucchero direttamente in Transilvania a piedi... |
Quanto vale una cosa che non riusciamo ad avere?
O meglio può essere che una cosa che non riusciamo ad avere non ci interessi? |
Citazione:
Se una cosa è al di fuori della mia portata non suscita nemmeno il mio interesse, infatti davanti alle vetrine delle gioiellerie o delle boutique del centro passo senza fermarmi perchè so che al massimo mi posso fare un sogno ma la cosa si ferma lì. Invece se una cosa mi interessa è perchè ci posso arrivare, allora le dò un valore, a prescindre dal prezzo reale, che può essere tanto o poco, dipende da quanto mi interessa e quanto sono disposta a fare o a dare per averla. Più mi interessa più le dò valore, più mi muovo per riuscire ad averla. |
Citazione:
Citazione:
Se e quando facciamo finta che non ci interessi, essa lavora sotto facendo più danni di quelli che farebbe venendo accettata. :C: |
Citazione:
Uhm, se la cosa mi interessava è possibile che sia per me impossibile da ottenere? Può darsi sia fuori dalla mia portata per il momento, ma se l'ho intravista vuol dire che una possibilità, seppur minima, ce l'ho. Nel qual caso, calando l'interesse non faccio altro che stabilire la facilità della mia rinuncia. Se invece la risposta è si, esiste qualcosa che pur interessandomi è impossibile da raggiungere, allora dico che rimodulare il mio interesse è processo sano, di presa di realtà. Se invece parliamo semplicemente di una perdita di interesse di fronte alle difficoltà, non è vero interesse. Ma non credo fosse questa la domanda. |
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Per la prima: di più di quello che siamo disposti a spendere o possiamo spendere. Ok non rileggo più se no ci vedo altro. icon_mrgr: fiori.gif |
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Se so che una cosa non posso averla, significa che ci ho provato. Dunque mi interessava. Se una cosa non mi interessa non ci provo nemmeno ad averla, quindi non saprò mai se potrei averla o meno... |
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Bisogna essere disposti ad investire tanto tempo per avere qualcosa di molto difficile da ottenere e se nel tempo il desiderio sciama allora forse non lo volevamo davvero e quindi non lo riusciamo ad avere. Ma potrebbe anche non vedersi come una facile rinuncia ma un insieme di scelte di strade sbaglaite, fretta, mal gestione, inesperienza e tanto altro. Alla fien però se una cosa ci interessa davvero riusciamo ad averla perchè gira e gira tutta l'attenzione punta lì e se anche siamo distratti da mille altre cose, una punta di attenzione in più è per quella cosa e trovare il modo di averla, anche se mi rendo conto che è un discorso che può toccare la sensibilità di qualcuno. |
Secondo alcune risposte se uno sta male e quindi non può avere la salute non da valore a questa, cosa impossibile perchè tutti danno valore alla salute, anche se poi tutti quando non hanno problemi se la rovinano in svariati modi.
Il valore e l'interesse poi sono due cose diverse, l'interesse non è mai assente (tranne casi rarissimi) completamente, solo che diamo delle priorità alle cose. A me può ora non interessare lo Yacht da 50 metri perchè altre priorità mi pressano, ma se fossi il sultano del Brunei sicuramente avrei anche lo Yacht da 50 metri telecomandato per far giocare i miei figli nel laghetto della mia villa. Se proprio fosse ad interesse 0 non lo avrei neanche potendo... ma dovrei essere un santo. Insomma l'umano comune si interessa pure ad una cacca se può farci qualcosa, ma pure se non ci fa nulla, la parola "mio" è troppo facilmente collegabile a "io", sembra che più si possiede e più si è, razionalmente possiamo anche dire che noi non siamo così.. ma basta osservarsi. Del resto il tutto è collegato a ciò che intimamente avviene con l'evoluzione dell'individuo, più diveniamo consapevoli, più "magneticamente" (non è giusto ma rende) attiriamo tutto ciò che ci circonda, quindi per idea inversa si pensa che attirare e possedere ci renda più... |
Citazione:
Poi un'altra domanda che mi faccio spesso, a cui non ho ancora trovato soluzione è l'uso indiscriminato che facciamo di mio, mia (e anche di "io" in effetti..). Indicano possesso, ma per esempio si usa dire mio marito, mio figlio, il mio amico, mio fratello etcetc, ad indicare una persona . E se c'è una cosa sicura è che una persona per quanto a me possa essere vicina non sarà mai di mio possesso.. eppure in questo caso diamo un valore eccessivo a questi "mio mia etc".. mi sembra un uso a sproposito anche se mio marito è solo "mio marito" e non di un'altra, ma anche questo da un'idea di possesso (se sono circondata da persone "mie" allora valgo qualcosa?) Quindi alla fin fine il valore che attribuiamo è solo un discorso di priorità che diamo soggettivamente? |
E' da ieri che ci penso alle parole di Uno e mi pare di vedere in me intanto confusione tra valore e interesse. ( mi pare ne avessimo anche parlato in filosofia.)
Automaticamente essendo curiosa mi interesso di tutto, e il senso del possesso insito in me mi ha fatto più di una volta correre dietro a cose che poi ho scoperto a posteriori che non avevano valore, erano altro. Mentre c'è una differenza abissale tra ciò che effettivamente ha valore e io non lo riconosco come tale, a meno che venga a mancare, come dare per scontato qualcosa, ma anche non avere in me la capacità di valutare senza escabotage messomi davanti dalla vita di vedere cosa davvero ha valore. O ancora non riuscire a coglierlo. Dare valore a qualcosa dovrebbe sottintendere un interesse per essa, ma l'interesse non sottintende sicuramente un valore, e la differenza sta tra il soggettivo e l'oggetivo. Sta cosa mi fa un pochino :bleah: |
Citazione:
La diferenza però è sostanziale... se diveniamo più consapevoli sono le cose che vengono a noi, nell'altro caso siamo noi che andiamo alle cose, attratti da loro. E quindi non aumenta la consapevolezza, ma diminuisce. La differenza tra l'attirare e il venire attirati. Ne segue, anche se forse un po' alla lontana, che se divento più consapevole posso iniziare ad attirare a me anche ciò che fino a ieri era impossibile da ottenere... e quindi non è più impossibile. Alla fin fine pare sempre lo stesso discorso... la cosa accade quando cala la brama e smettiamo di anticipare con la mente. |
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