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Kael 17-06-2006 09.33.32

La Quarta Via - Gurdjieff
 
George Ivanovic Gurdjieff, nato in una data imprecisata fra il 1860/70 nell'attuale Armenia, è uno dei più influenti maestri nella storia dell'esoterismo contemporaneo.

Secondo Gurdjieff, l'uomo attuale è immerso nel sonno.
Un sonno coscienziale che, al pari di quello fisiologico, limita le anime ad una vita immersa totalmente nella meccanicità. L'uomo dorme!
Tutto il suo insegnamento verge verso questo punto. La necessità di svegliarsi.

Un risveglio che passa attraverso vari stadi di coscienza.
Il primo stato di coscienza, quello del sonno fisico, è uno stato passivo in cui gli uomini passano un terzo o sovente anche metà della loro vita vita.

Il secondo, nel quale passano la restante metà della vita, è quello stato in cui camminano per le strade, scrivono libri, discutono di poesia e di arte, fanno politica e si ammazzano a vicenda. E' uno stato che considerano attivo e chiamano "coscienza lucida" o "stato di veglia" della coscienza. Espressioni che G. trova quanto meno scherzose, se ci si rende conto di cosa dovrebbe realmente significare una "coscienza lucida" e di quale sia in realtà lo stato in cui l'uomo vive e agisce ordinariamente.

Il terzo stato di coscienza è il ricordarsi di sé, o coscienza di sé (coscienza del proprio essere). Gli uomini credono di possedere tale capacità e di poterla ottenere a comando, quando invece secondo G. il loro altro non è che Sogno.

Il quarto stato di coscienza è la coscienza obiettiva, in cui l'uomo si è veramente svegliato e inizia a vedere il mondo per quello che realmente è. E' quello stato che tutte le religioni del mondo definiscono "Illuminazione", e porta l'uomo alle sue più alte capacità di espressione.

Kael 17-06-2006 10.26.11

Gurdjieff insiste su questo punto: l'uomo è una macchina e non ha la capacità di Fare.

Tutto in lui accade, meccanicamente, in base agli stimoli esterni. Le sue emozioni, i suoi pensieri e le sue azioni, tutto è accidentale e privo di vera coscienza. Automi che camminano ciecamente per la strada, come degli zoombie, e che si scontrano fra loro, producendo re-azioni anzichè azioni vere e proprie.

E' indispensabile intravedere questa condizioni di prigionia.
Se l'uomo non comprende di essere prigioniero, come potrà voler evadere?
Se l'uomo continua a sognare, e crede di essere perfettamente sveglio e cosciente, non sentirà mai la necessità di un reale cambiamento... Continuerà la sua vita credendo di essere libero e continuando ad illudersi.

Ma per chi c'è stato un primo piccolo risveglio, per chi realmente avverte questa sensazione di prigionia, ecco fondamentale la necessità di riunirsi in gruppo con altri come lui.
Chi dorme infatti non può svegliare se stesso, la sveglia deve essere esterna. E sebbene il contatto diretto con un Maestro è necessario, il lavoro di gruppo porta comunque a dei risultati significativi, dal momento che anche se la maggioranza tende a tornare a dormire, basta uno solo che resti un po' sveglio per svegliare gli altri. Oggi ti sveglio io, domani mi svegli tu. Un aiutarsi a vicenda per evitare che il sonno riprenda il sopravvento. E' alquanto facile infatti, dopo aver aperto un occhio nel cuore della notte, girarsi dall'altra parte e tornare a dormire...

Per una coscienza da sempre immersa nel sonno e nella sua illusione, non è facile svegliarsi. In questo stato l'uomo si è creato tutta una serie di ammortizzatori che lo "ovattano" e lo fanno illudersi di stare bene. Iniziare a comprendere tutte le proprie contraddizioni interne e la meccanicità in cui si vive non è facile.
Fa male. Ed è proprio questo il motivo per cui l'uomo non riesce a svegliarsi totalmente, ed è da migliaia di anni che gira in tondo, come abbastanza chiaramente dimostrato dalla storia dell'umanità con il susseguirsi fisso e costante degli sempre stessi eventi.

Kael 17-06-2006 10.53.41

La Quarta Via, è la Via della Comprensione.
Una Via che vuole comprendere le tre tipologie di via pre-esistenti:
  • La via del fachiro (corpo)
  • La via del monaco (cuore)
  • La via dello yogi (mente)
Ognuna di esse infatti è incompleta. La fede cieca del monaco, o le capacità psichiche dello yogi, non portano a vera comprensione se le tre parti dell'uomo, corpo mente e cuore, non procedono proporzionalmente in un percorso di crescita. Il monaco crede, ma non sa. Lo yogi sa, ma il suo è un sapere privo di emozioni, e il fachiro è immerso solo nel corpo.
Lo scopo di Gurdjieff quindi è di "unificare" l'uomo al suo interno, facendo cooperare i suoi tre aspetti in perfetto equilibrio e sincronia.

Uno dei punti fermi del Lavoro proposto da Gurdjieff, è l' Osservazione su se stessi.
Osservandosi in ogni azione e in ogni momento, l'uomo inizia a vedersi e a prendere coscienza della sua condizione. Un osservarsi che permette altresì di non identificarsi più con tali azioni.

Se è vero infatti che un occhio non può vedere se stesso, e un dito non può afferrare se stesso, osservando le sue emozioni e i suoi pensieri l'uomo capisce che sono esterni a lui, altrimenti non osservabili. Egli quindi non E' le sue emozioni e i suoi pensieri, ma solamente colui che li usa. In questo modo il "centro coscienziale dell'Io" si sposta ad un livello superiore, che permette appunto l'osservazione dei piani più bassi.

Con l'osservazione inizia anche ad aumentare il livello di Attenzione, che come viene anche definito in psicologia è condizione necessaria per ogni realizzazione umana.
Senza attenzione cosciente, senza un punto di fissaggio nel mondo esterno, l'uomo non può fare niente.

Attenzione e Osservazione dunque, per uscire da una condizione ordinariamente soggettiva e proiettarsi nel mondo obiettivo, super cosciente. Il mondo reale...

jezebelius 17-06-2006 17.10.29

Citazione:

Originalmente inviato da Kael
Con l'osservazione inizia anche ad aumentare il livello di Attenzione, che come viene anche definito in psicologia è condizione necessaria per ogni realizzazione umana.
Senza attenzione cosciente, senza un punto di fissaggio nel mondo esterno, l'uomo non può fare niente.

Attenzione e Osservazione dunque, per uscire da una condizione ordinariamente soggettiva e proiettarsi nel mondo obiettivo, super cosciente. Il mondo reale...

Ti ringrazio Kael....scusa per l'intrusione:@@

Quindi l'Attenzione è il mezzo primo per promuovere l'Osservazione....come dire....che bisogna sapere scindere se stessi dalle emozioni..che appunto non sono altro che un riflesso...?

Kael 17-06-2006 18.00.14

Citazione:

Originalmente inviato da jezebelius
bisogna sapere scindere se stessi dalle emozioni..che appunto non sono altro che un riflesso...?

Gurdjieff va ancora più in la. E' proprio quel "se stessi" che va riconsiderato...

Se l'uomo ordinario si considera un "io" del tutto individuale, e vive la sua vita pensando di essere cosciente e sveglio, ben presto grazie all'osservazione su di se, avvertirà una prima divisione: Io che osservo e Kael che viene osservato. Se io posso osservare Kael infatti significa che Io non sono Kael...
Quindi l'uomo scopre due "entità" distinte all'interno di sé.

Più avanti ancora, sempre grazie all'osservazione di tutte quelle dinamiche che normalmente avvengono a livello inconscio, l'Io inizierà a scoprire che non esiste solo Kael, ma anche Mario, Giovanni, Pino e Beppe. Una legione di personalità all'interno di se stessi.

E' questo secondo Gurdjieff il grosso problema che attenaglia l'uomo.
Esso è simile ad una casa senza padrone, i cui servi si alternano ogni giorno al trono, dominando e tiranneggiando sugli altri finchè non saranno spodestati e lasceranno il posto ad un altro. (Parabola fra l'altro espressa da Gesù nei vangeli, riferendosi ai servi e alla necessità di "vegliare" aspettando il Padrone...)

L'incoerenza umana deriva da ciò: tanti piccoli io all'interno dell'uomo, che si fanno la guerra e non sono mai daccordo gli uni con gli altri (pensiero condiviso fra l'altro da Jung nella sua esposizione psicologica sull' "io frammentato") Per questo l'uomo non porta mai a termine niente, cambia idea di continuo e ciò che oggi gli piace domani non gli piace più... E' veramente così, perchè a Kael piace la musica ad esempio e intraprende la carriera di musicista, ma appena Mario lo spodesterà dirigerà le sue attenzioni su altro, esempio la storia, poi arriverà Beppe e si innamorerà di una donna, ma presto si lasceranno perchè sarà salito al comando Pino al quale di quella donna non frega niente, etc etc etc..

Quindi l'Osservazione su se stessi permette di vedere tante differenti personalità all'interno di se stessi, e altresì dis-identifica l'Io da tali personalità permettendo così all'uomo un primo fugace sentimento di chi sia veramente il Padrone...

jezebelius 17-06-2006 18.36.50

Citazione:

Originalmente inviato da Kael

Quindi l'Osservazione su se stessi permette di vedere tante differenti personalità all'interno di se stessi, e altresì dis-identifica l'Io da tali personalità permettendo così all'uomo un primo fugace sentimento di chi sia veramente il Padrone...

Come viene affrontata nello specifico da Gurdjeff l'identificazione e la dis-identificazione?
mi spiego meglio...
Non appena sono riuscito ad " identificare " una di quelle parti che rappresenta la parzialità dell' " io ", posso dire di essermi dis-identificato allo stessso tempo oppure, approfittando di altro, devo metabolizzare quel " fenomeno percettivo " affinchè sia ricondotto nel suo alveo naturale?
fiori.gif

Kael 17-06-2006 18.53.33

E' necessaria la pratica costante e assidua, senza mai far venir meno l'attenzione, affinchè ci sia il passaggio dal secondo al terzo stato di coscienza, ossia dalla condizione ordinaria al ricordo di sé.
A quel punto, il concetto di Io non è più un fugace sentimento che l'uomo sperimenta a sprazzi e capisce solo intellettualmente, ma diviene vera e propria Comprensione del suo intero Essere.

Quando l'uomo si ricorda di sé, non può più identificarsi con altro...

viadelpensiero 18-06-2006 09.06.53

Penso, che Gurdjieff vedeva giusto sulla meccanicità che l'uomo subisce nello stato di veglia e che bisogna ricercare il risveglio dell'essere per rimuovere l'essere vissuti dall'automatismo Terreno dove noi siamo dimentichi di noi stessi.

Kael 01-10-2006 15.27.31

Gurdjieff sostiene che l'uomo quale noi lo conosciamo, non è un essere compiuto.

Deve pertanto divenire un essere differente, e bisogna anche comprendere che non tutti gli uomini possono svilupparsi e divenire degli esseri differenti. Il perchè di una simile "ingiustizia" è molto semplice. Perchè non lo desiderano. Non ne sanno niente e solo a parlargliene non capirebbero cosa significhi, e un desiderio passeggero nato da una insoddisfazione derivante da condizioni esteriori, non genererà un impulso sufficiente.

Per potersi sviluppare l'uomo invece deve desiderarlo abbastanza intensamente e fare tutti gli sforzi necessari. Non vi è dunque nessuna ingiustizia. Perchè l'uomo dovrebbe avere ciò che non desidera? Al contrario, se l'uomo fosse "obbligato" a diventare un essere differente, pur essendo soddisfatto di ciò che ha, allora vi sarebbe ingiustizia.

E arriviamo così ad un punto cruciale, quello che Gurdjieff sostiene essere anche il più importante nell'evoluzione umana. Il fatto che, prima di possedere facoltà o poteri nuovi, l'uomo deve possedere ciò che crede essere già in suo possesso.
E' questo l' "anello mancante", il punto critico.

Alcune facoltà, come il "ricordo di sé" o la "coscienza obiettiva" di cui ho parlato nei primi post, l'uomo non le possiede affatto, ma crede di possederle e si fa quindi delle illusioni. Ecco perchè dunque l'evoluzione si ferma e non prosegue... manca una tappa. Un livello che come detto l'uomo è fermamente convinto di possedere, e per il quale non si sognerebbe di fare nessun sforzo volontario.

Chi, del resto, farebbe dei pesanti sforzi per portarsi a casa ciò che "crede" di avere già in abbondanza?

Kael 01-10-2006 16.05.26

L'uomo quindi deve sapere cosa gli è proprio e cosa non lo è... deve rendersene conto. Occorre proprio che lo sappia, poichè fintanto che si immaginerà di possedere determinate qualità, non farà gli sforzi necessari per acquisirle, così come un uomo non acquisterà mai degli oggetti preziosi, né sarà disposto a pagarli a prezzo elevato, se crede già di possederli.

Vediamo ora quali sono queste facoltà che l'uomo erroneamente si attribuisce.

Prima fra tutti, la Coscienza.
Come già detto, dei quattro stadi di coscienza proposti da Gurdjieff, l'uomo non possiede che i primi due e, in casi rarissimi, fugaci apparizioni della terza. L'uomo non è cosciente di se stesso, e questo è facilmente riscontrabile per tutti se si considera che "i più alti momenti di coscienza creano la memoria"
L'uomo deve ammettere di ricordare pochissimo di tutto quello che ha vissuto... nomi, luoghi, avvenimenti, stati d'animo. Ricorda solo quei sprazzi in cui era cosciente di se stesso. Quanto agli altri momenti, semplicemente li dimentica... e questo produce in lui più di ogni altra cosa l'illusione di una coscienza continua.
Peter Ouspensky, discepolo di Gurdjieff, per studiare la coscienza suggeriva un metodo molto "pratico". Prendete l'orologio e osservate il passare dei secondi cercando di mantenere la percezione di voi stessi, e di concentrarvi per esempio sul pensiero "io sono Mario Rossi" oppure "io sono qui in questo momento". Provate a non pensare che a questo, seguite lo scorrere dei secondi restando coscienti di voi stessi, scartando ogni altro pensiero.
L'uomo medio, secondo Ouspensky, non può farlo per oltre due minuti. Tale è il limite della sua coscienza. E se tenta di ripetere l'esercizio subito dopo, lo troverà più difficile di prima.

Questa esperienza dovrebbe dimostrare che un uomo ordinario può, con grande sforzo, essere cosciente di qualcosa per due minuti al massimo. Tutto il resto è buio.
L'uomo non è cosciente di se stesso, e l'illusione di essere cosciente è creata dalla memoria e dai processi di pensiero.

Se qualcuno vuole intervenire....

A92 03-10-2006 09.53.14

a mio parere la parte più complessa dell'esposizione di G. è proprio il ricordo di se. Non è facile capire che cosa intende esattamente . Si potrebbe partire con l'approfondire quello, cosi da capirlo meglio, favorendo anche l'inizio del cammino verso il risveglio personale..


A92

Kael 03-10-2006 11.37.05

Il "ricordo di sé" giunge quando la coscienza dell'uomo è continua.

Per quanto un uomo si sforzi di essere sempre presente, ha ancora notevoli "buchi". A chi non capita ad esempio di non trovare un oggetto, come un accendino o le chiavi di casa? E' evidente che nel momento in cui le ha posate da qualche parte, non era cosciente di se stesso, non creando quindi così una "copia" (memoria) in se dell'azione stessa.

Come detto, "i più alti momenti di coscienza creano la memoria", e sebbene a sprazzi tale coscienza può essere molto attiva, Ouspensky sostiene che un uomo ordinario non può mantenerla per più di due minuti al massimo.
Se si è onesti con se stessi, non si può negare quante dimenticanze e automatismi ci sorprendano ogni giorno... Un uomo non trova l'accendino, un altro si accende la sigaretta pur avendone già un'altra accesa posata sul portacenere, un terzo esce di casa e va a destra in automatico perchè ha sempre parcheggiato la macchina a destra, quando invece proprio ieri l'ha dovuta parcheggiare a sinistra, un quarto ascolta un suo amico mentre gli parla e non ricorda assolutamente cosa gli abbia detto, e così via... Gli esempi sono molteplici e di ogni giorno.

Ricordarsi di sé significa non aver bisogno di pensare "ora mi concentro su me stesso".... perchè lo si sta già facendo, sempre e continuamente in ogni momento...

Ray 03-10-2006 14.30.27

Citazione:

Originalmente inviato da Kael
A chi non capita ad esempio di non trovare un oggetto, come un accendino o le chiavi di casa? E' evidente che nel momento in cui le ha posate da qualche parte, non era cosciente di se stesso, non creando quindi così una "copia" (memoria) in se dell'azione stessa.


Per intorcolare di più il discorso icon_mrgr: si può aggiugere la faccenda dei "tanti piccoli io".
Un Kael ha posato l'accendino, poi è arrivato un altro che lo cerca ma non sa nulla di quel che ha fatto quello prima...

I piccoli io sono il modo di G di spiegare che l'uomo ordinario non possiede un "io" stabile e continuo. E' anche un altro modo di vedere la cosa della coscienza.
Egli, per costruirsi un io stabile, un'identità vera, dovrà riuscire ad "attirare" i vari io in un unico "complesso" e tenerceli legati... chiaro che è necessaria un'identificazione in un principio superiore.

Questo "attirare" avviene tramite quelo che G. chiama "centro di gravità permenente"... un iniziale agglomerato di io con gli stessi intenti.

Mmmh, non so se è chiaro. Eh bon, al limite chiedete a Kael... icon_mrgr:

Kael 04-10-2006 10.37.47

Citazione:

Originalmente inviato da Kael
A chi non capita ad esempio di non trovare un oggetto, come un accendino o le chiavi di casa? E' evidente che nel momento in cui le ha posate da qualche parte, non era cosciente di se stesso, non creando quindi così una "copia" (memoria) in se dell'azione stessa.

Aggiungo: come controprova, si può prendere un oggetto, e cercando di stare più che si può coscienti di se stessi, posarlo in qualche posto, anche insolito. Si noterà che la memoria di tale azione, se fatta con vera coscienza, sarà talmente "viva" in noi da ricordarcene perfettamente anche dopo settimane, mesi, anni...

La presenza di un "io" stabile e duraturo poi, è un'altra di quelle facoltà che l'uomo, erroneamente, si attribiusce. E che, di conseguenza, non ricerca...
Continua a chiamarsi "io" pensando di essere sempre il medesimo, ma non sa che ogni volta è uno diverso. Come per la coscienza, sono sempre i processi mentali, e soprattutto la presenza di un SOLO corpo fisico, che lo ingannano e gli danno l'illusione di essere un Io unico e individuale. (Il discorso era già venuto fuori abbastanza bene in Tradire, e consiglio intanto di leggerlo. Poi, eventualmente, si può continuare qua per domande o chiarimenti.)

Kael 05-10-2006 18.53.07

Vediamo ora di chiarire meglio i quattro stati di coscienza in cui, come una casa a quattro piani, l'uomo di norma non vive che sui primi due.

- Il primo e più basso stato di coscienza è il sonno, uno stato del tutto soggettivo e passivo. L'uomo vive immerso nei sogni, senza né logica, né continuità, né risultati... Le sue funzioni psichiche lavorano senza alcuna direzione. Immagini soggettive, sia memorie di esperienze passate che percezioni del momento, come rumori che raggiungono l'uomo mentre dorme, tensioni muscolari, attraversano la mente, non lasciando che un vago segno nella memoria, ed il più delle volte nulla.

- Il secondo stato di coscienza appare quando l'uomo si sveglia, cioè lo stato in cui parla, lavora, e svolge tutte le sue attività quotidiane. E' lo stato in cui l'uomo si immagina di essere cosciente e lo denomina "coscienza lucida" o "coscienza di veglia". In realtà, sostiene Gurdjieff, dovrebbe essere chiamato "sonno di veglia", o coscienza relativa.
Il primo stato di coscienza infatti, il sonno, NON si dissolve all'apparire del secondo stato, cioè quando l'uomo si sveglia. Il sonno rimane, anche se ora l'uomo riesce a coordinare meglio i suoi pensieri e a compiere azioni più disciplinate. Soprattutto, l'uomo inizia a percepire il sentimento di "impossibilità", (di impossibilità a fare certe cose) mentre nel sonno è totalmente assente (nei sogni infatti tutto è possibile)
Come le stelle, i sogni diventano invisibili di giorno, ma questo non significa che non siano più presenti o che cessino di esercitare la loro influenza sulla vita dell'uomo. In questo stato l'uomo vive nel sonno e non sa di dormire.

- Il terzo stato di coscienza è la coscienza di sé.
L'uomo si libera della soggettività e diviene oggettivo verso se stesso.

- Il quarto stato di coscienza è la coscienza oggettiva.
L'uomo diviene oggettivo verso tutto ciò che lo circonda ed è finalmente un "essere libero".


Questa classificazione della Coscienza è inoltre definibile in relazione alla "verità", ossia alle possibilità che i vari stati di coscienza offrono di conoscere la verità. I quattro stati di coscienza quindi appaiono anche secondo questa classificazione:

1 - Nel primo stato di coscienza, il sonno, l'uomo non sa nulla della verità.
Anche se percezioni o sentimenti reali giungono all'uomo, essi si mescolano ai suoi sogni, e in questo stato non è possibile distinguere i sogni dalla realtà.

2 - Nel secondo stato di coscienza, l'uomo può conoscere soltanto una verità relativa (da qui il termine di G. "coscienza relativa")

3 - Nel terzo stato di coscienza, cioè nello stato di coscienza di sé o ricordo di sé, l'uomo può conoscere TUTTA la verità su se stesso.

4 - Nel quarto stato di coscienza, la coscienza oggettiva, l'uomo è in grado di conoscere TUTTA la verità su ogni cosa, può studiare le "cose in sé", il "mondo qual è".

Il punto critico resta però sempre lo stesso: solamente quando l'uomo si rende conto di essere addormentato può iniziare un serio lavoro di risveglio. Non si potrà mai svegliare prima di aver provato di essere addormentato.

Kael 07-10-2006 10.30.42

A questo punto la domanda è: come svegliarsi?

Una volta resosi conto di essere addormentato, l'uomo può seriamente iniziare un lavoro di risveglio, ma non può farlo da solo. Se egli è addormentato non potrà mai svegliare se stesso, in quanto dormiente, così come "un cieco non può guidare un altro cieco" perchè cadranno insieme nel fosso. Servono dunque un gruppo di persone come lui che hanno l'obiettivo di svegliarsi, e un Maestro, ossia uno già sveglio. In altre parole, una Scuola, di cui "maestro" e "classe" rappresentano i due aspetti fondamentali. Ma come detto un uomo deve prima rendersi conto di averne bisogno. Finchè crederà di potersi svegliare da solo non troverà alcun beneficio da una scuola, anche laddove l'avesse trovata.
Le scuole esistono unicamente per coloro che ne hanno bisogno e sanno di averne bisogno.

Questo vuol dire che un uomo, dopo essersi liberato della prima illusione, quella di possedere già tutto ciò che si può raggiungere, deve liberarsi della seconda illusione, quella di poter ottenere qualcosa da se stesso, in quanto l'uomo ancora non possiede la "capacità di fare".

A92 08-10-2006 10.07.01

Citazione:

Originalmente inviato da Kael
A questo punto la domanda è: come svegliarsi?

Una volta resosi conto di essere addormentato, l'uomo può seriamente iniziare un lavoro di risveglio, ma non può farlo da solo. Se egli è addormentato non potrà mai svegliare se stesso, in quanto dormiente, così come "un cieco non può guidare un altro cieco" perchè cadranno insieme nel fosso. Servono dunque un gruppo di persone come lui che hanno l'obiettivo di svegliarsi, e un Maestro, ossia uno già sveglio. In altre parole, una Scuola, di cui "maestro" e "classe" rappresentano i due aspetti fondamentali. Ma come detto un uomo deve prima rendersi conto di averne bisogno. Finchè crederà di potersi svegliare da solo non troverà alcun beneficio da una scuola, anche laddove l'avesse trovata.
Le scuole esistono unicamente per coloro che ne hanno bisogno e sanno di averne bisogno.

Questo vuol dire che un uomo, dopo essersi liberato della prima illusione, quella di possedere già tutto ciò che si può raggiungere, deve liberarsi della seconda illusione, quella di poter ottenere qualcosa da se stesso, in quanto l'uomo ancora non possiede la "capacità di fare".



Questo è generalmente vero ma se vogliamo paragonare il primo stato di coscienza al sonno ordinario, io posso dirti che, da quel sonno, io mi sveglio quando lo desidero, senza qualcuno che esternamente lo faccia o la sveglia che suoni. Avrete presente tutti quando ad esempio si ha un appuntamento importante, oppure quando si è in uno stato mentale leggermente agitato: ci si sveglia sempre un po' prima del termine ultimo di sveglia.

Quindi il paragone non deve essere del tutto esatto, oppure in qualche caso nemmeno troppo raro, forse è possibile svegliarsi da soli.
Un problema sorge anche dal punto di vista delle scuole: come si trova quella giusta? Come si riconosce, nella marasma di scuole e nella confusione di stili di scuola presenti? Negli ultimi anni credo si siano create più scuole e correnti di pensiero che gestori internet....

A92

Kael 08-10-2006 16.20.42

Citazione:

Originalmente inviato da A92
Questo è generalmente vero ma se vogliamo paragonare il primo stato di coscienza al sonno ordinario, io posso dirti che, da quel sonno, io mi sveglio quando lo desidero, senza qualcuno che esternamente lo faccia o la sveglia che suoni. Avrete presente tutti quando ad esempio si ha un appuntamento importante, oppure quando si è in uno stato mentale leggermente agitato: ci si sveglia sempre un po' prima del termine ultimo di sveglia.

Quindi il paragone non deve essere del tutto esatto, oppure in qualche caso nemmeno troppo raro, forse è possibile svegliarsi da soli.
Un problema sorge anche dal punto di vista delle scuole: come si trova quella giusta? Come si riconosce, nella marasma di scuole e nella confusione di stili di scuola presenti? Negli ultimi anni credo si siano create più scuole e correnti di pensiero che gestori internet....

A92

La macchina umana tende a regolarsi, a darsi un ritmo per quanto riguarda tutti i bisogni fisiologici, così è abbastanza normale che un uomo che si alza sempre alla stessa ora, alla fine non necessita più della sveglia perchè a quell'ora esatta apre gli occhi. Ad ogni modo, oltre all'abitudine 'meccanica', c'è un altra cosa molto importante da considerare: tu lo decidi prima quando svegliarti, ossia quando sei già sveglio. Non è durante il sonno che decidi, ma lo fai prima di andare a letto...
Ora, se rapportiamo questo agli stati di coscienza, dovresti essere stato almeno per un po' al livello 3 per poter avere questo controllo sul livello 2, proprio come al livello 2 puoi avere il controllo sul livello 1. Ma visto che l'uomo non sa quasi nulla del livello 3, il ricordo di sé, non può scegliere quando svegliarsi dal livello ordinario. Inoltre, non è nemmeno esatto dire: mi sveglio "quando lo desidero"... ma piuttosto quando "sono costretto" a farlo. Gli appuntamenti importanti ci sono imposti dalla vita, e se l'uomo non avesse da fare niente, chi glielo farebbe fare di svegliarsi alle prime luci dell'alba e rinunciare così ancora a qualche ora di sonno?

Per quando riguarda le scuole, parto da un pochino più lontano.
Guedjieff dice che l'uomo vive sotto due specie di influenze.
- La prima consiste in interessi ed attrattive creati dalla vita stessa: interessi di salute, di ricchezza, comodità, piaceri, orgoglio, etc...
- La seconda consiste in interessi di altro ordine, risvegliati da idee che non sono create dalla vita, ma che traggono le loro origini dalle scuole. Queste influenze non raggiungono l'uomo direttamente... sono gettate nel turbine della vita, e dopo vari passaggi e cicli, arrivano all'uomo attraverso la filosofia, la religione, l'arte, mischiandosi però con le influenze della prima specie, perdendo così ben presto la somiglianza con ciò che erano all'origine.

L'uomo spesso ignora la differenza fra questi due tipi di influenze, e le considera tutte come apparteneti al primo ordine, ossia create dalla vita stessa, accidentalmente, per caso.
Per un uomo completamente assoggettato al primo tipo di influenze, Gurdjieff dice che niente potrà cambiare, e che le sue possibilità di sviluppo diminuiranno di anno in anno, fino a sparire del tutto ancora prima della morte fisica. A quel punto l'uomo è già morto, anche se fisicamente vivo, come un seme non più in grado di produrre una pianta.

Se un uomo invece è attirato dal secondo tipo di influenze, se lo commuovono, se lo fanno pensare, le impressioni di tali influenze si concentreranno in lui, attirandone altre della stessa specie, crescendo, occupando un posto nella sua mente e nella sua vita sempre più importante. Quando allora le influenze della seconda specie avranno raggiunto sufficiente forza, si fonderanno insieme formando nell'uomo quello che viene chiamato un "centro magnetico". Tale centro convoglia gli interessi dell'uomo in una certa direzione e aiuta a mantenerli.

(il centro magnetico non ha niente a vedere col discorso sui centri, emozionale, intellettuale etc... il centro magnetico appartiene alla personalità, ossia a ciò che non è dell'uomo proprio, ma artificiale, mentre i sopracitati centri appartengono all'essenza, a ciò che è proprio dell'uomo)

Continua...

Kael 08-10-2006 16.55.50

A questo punto, col centro magnetico, l'uomo non può comunque fare molto.
Tuttavia, è proprio il centro magnetico che aiuta a prendere coscienza del fatto di avere bisogno di una scuola e di mettersene alla ricerca. Soprattutto, aiuta a riconoscere una vera scuola fra le molte pseudo scuole con le quali si può venir a contatto, e a quel punto l'uomo è pronto per ricevere un terzo tipo di influenze: le influenze dirette da parte di una scuola. Il centro magnetico non aiuta soltanto a riconoscere una scuola, ma anche ad assimilarne l'insegnamento. La prima esigenza di una scuola infatti è che si possieda un centro magnetico, e chi ne è sprovvisto viene rifiutato per ovvi motivi (non si può "dare" il centro magnetico, e nemmeno spiegare come farselo). La scuola poi col tempo si sostituirà al centro magnetico (avendo esso finito il suo compito) e i suoi insegnamenti entreranno via via sempre più a fondo nella personalità dell'uomo fino a raggiungerne l'essenza.

Con il discorso sulle scuole mi sono riallacciato al "centro di gravità permanente" citato da Ray, poichè il centro magnetico contribiusce anche al primo passo verso l'Individuazione dell'uomo, ossia all'attirare i piccoli io, ad agglomerarli, fino al raggiungimento di un Io stabile e duraturo.

jezebelius 08-10-2006 17.07.34

Citazione:

Originalmente inviato da Ray
Per intorcolare di più il discorso icon_mrgr: si può aggiugere la faccenda dei "tanti piccoli io".
Un Kael ha posato l'accendino, poi è arrivato un altro che lo cerca ma non sa nulla di quel che ha fatto quello prima...

I piccoli io sono il modo di G di spiegare che l'uomo ordinario non possiede un "io" stabile e continuo. E' anche un altro modo di vedere la cosa della coscienza.
Egli, per costruirsi un io stabile, un'identità vera, dovrà riuscire ad "attirare" i vari io in un unico "complesso" e tenerceli legati... chiaro che è necessaria un'identificazione in un principio superiore.

Questo "attirare" avviene tramite quelo che G. chiama "centro di gravità permenente"... un iniziale agglomerato di io con gli stessi intenti.

Mmmh, non so se è chiaro. Eh bon, al limite chiedete a Kael... icon_mrgr:

Beh...in questo senso potremmo anche chiedere a Franco Battiato...icon_mrgr:
Ad ogni modo la possibilità successivamente trasformata in capacità di
" tenere ", con uan forza costante, in equilibrio ciò che prima era diviso; appunto nell'insieme che si è creati ad hoc non è molto semplice da tenere senza almeno un piccolo sforzo iniziale. Per questo come dice Kael bisogna prima rendersi conto della certezza fittizia nell'illusione di possederla.

In differenza da questo va invece posto il centro magnetico come punto nel quale vengono attratte tutte le risultanti derivanti da situazioni, vissuti, esperienze, etc. che vengono tenute insieme dalla " forza di desiderio " e ci spingono in una determinata direzione. Da questo " suppongo " che derivi l'attrazione verso un tipo particolare di Scuola o corrente o gruppo in quanto le affinità dei risultati assumono il ruolo di prodromo che ci conducono in una data direzione.:C:

Kael 08-10-2006 17.35.16

Citazione:

Originalmente inviato da jezebelius
vengono tenute insieme dalla " forza di desiderio " e ci spingono in una determinata direzione.

E al tempo stesso i partecipanti di una scuola sono "collegati" fra loro dal comune intento, e sta proprio qua la differenza.

Chi lavora da solo, chi cerca di svegliarsi da solo, lavora su un' unica riga:
- lavora per se stesso.

In una scuola invece un uomo lavora simultaneamente su tre righe differenti:
- per se stesso
- per gli altri
- per la scuola


Queste tre righe sono indispensabili e se ne viene a mancarne una sola il lavoro sarà incompleto e l'uomo non potrà progredire efficacemente verso uno scopo definito.

coccinella 09-10-2006 07.22.24

Quote Kael: Tuttavia, è proprio il centro magnetico che aiuta a prendere coscienza del fatto di avere bisogno di una scuola e di mettersene alla ricerca. Soprattutto, aiuta a riconoscere una vera scuola fra le molte pseudo scuole con le quali si può venir a contatto, e a quel punto l'uomo è pronto per ricevere un terzo tipo di influenze: le influenze dirette da parte di una scuola.
__________________________________________________ ___________
Io avevo tentato qualche anno fa di inserirmi in una scuola di G. a Venezia, ma volevano troppi soldi.... Secondo me dove c'è richiesta di denaro non può esserci una vera scuola. Che ne pensatebooh.gif

Kael 09-10-2006 08.28.28

Citazione:

Originalmente inviato da coccinella
Io avevo tentato qualche anno fa di inserirmi in una scuola di G. a Venezia, ma volevano troppi soldi.... Secondo me dove c'è richiesta di denaro non può esserci una vera scuola. Che ne pensatebooh.gif

Il discorso era già venuto fuori qui: E' giusto pagare per una Via? E in che modo?
Se qualcuno vuole intervenire...

:C:

Kael 09-10-2006 09.45.34

Ora, avendo chiarito meglio alcuni punti, possiamo tornare all'Osservazione.
Un uomo per osservarsi deve suddividere la macchina umana in varie parti e osservarne le diverse funzioni, oltre che tenere a mente quanto detto sui diversi stati di coscienza, sul suo sonno e sui numerosi io di cui è costituito.

Ben presto, osservazioni di tale ordine daranno dei risultati.
In primo luogo, l'uomo si renderà conto di non poter osservare imparzialmente nulla di quanto vede in se stesso. Gli piaceranno certe cose (:D) altre meno (piango.gif ) e non potrà essere diversamente, vista la sua condizione soggettiva.. Si troverà così, in modo del tutto naturale, ad amare in se stesso tutto ciò che aiuta il suo sviluppo, e detesterà ciò che invece lo ostacola. In breve, distinguerà in sé le caratteristiche utili da quelle dannose (beninteso, utili e dannose dal punto di vista di un possibile sviluppo, di una possibile conoscienza)

Gurdjieff sottolinea quindi 4 caratteristiche dannose principali:

- mentire diavolo.g:
- immaginare :wow:
- esprimere emozioni negative new_cussi:
- parlapre a vanvera kermit.gif

Di alcune di queste caratteristiche esistono già discussioni in forum, le altre invece potrebbero servire da spunto per nuovi thread... In generale comunque, si può dire che sono tutte manifestazioni meccaniche e che l'uomo si trova a compierle senza una reale volontà da parte sua.
Osservandosi in questo modo, l'uomo scopre che quanto più egli controlla una manifestazione, tanto meno questa è nociva. Non tanto per ragioni etiche o morali, quanto per il fatto che non può controllarle e che esse controllano lui... Manifestazioni del tutto meccaniche che controllano l'uomo, il quale non può far niente senza un aiuto e un nuovo sapere. Infatti, anche se ha ricevuto determinate nozioni, dimentica di servirsene, così come dimentica di osservarsi.. in breve, ricade nel sonno e deve continuamente essere svegliato.

Sole 10-12-2006 19.41.16

immaginare.

Si può dare una doppia valenza a questa attività, una positiva ed una negativa.

L'immaginazione ci aiuta ad astrarre certi concetti difficili (tipo spirali che scendono e salgono... ) "vedendoli" si può intuire il concetto.
In questo caso andrebbe allenata.

Invece quando l'immaginazione diventa fantasticare, diventa proiettarsi nel futuro costantemente, in situazioni (appunto) immaginarie questo è un enorme spreco di energie che escono da tutti i pori.
Non solo. Si perde quella presenza di se di cui si parla sopra. Immergersi nell'immaginazione anche solo per un'ora fa perdere completamente l'attenzione su di se.
Se pensiamo che la condizione normale dell'essere umano è vivere immaginando cosa farà tra un minuto.. si può capire come non si sia mai nel ricordo di se.

Ray 10-12-2006 22.20.45

Concordo piemamente con quanto ha detto Sole.

Un altro modo di vedere la cosa è la distinzione tra immaginazione passiva (quella che Sole chiama negativa) e la famosa e famigerata immaginazione attiva.
Alla fin fine la differenza sta in chi immagina. In quella attiva si agisce nell'altra si subisce. Nell'una si guida, nell'altra si è guidati. Nell'una si è svegli, nell'altra si dorme.

Come dice Sole (e anche G.) l'uomo comune vive costantemente immerso nell'immaginazione passiva, che poi è quella con cui ci si crea realtà soggettive. L'ormai famoso paese delle banane.

Quel che è importante capire, stando al messaggio di Gurdijeff, è che l'immaginazione attiva NON è possibile per chi dorme. In prima istanza è necessario smettere di immaginare. Solo così diviene possibile acquisire un certo controllo, dato che dallo smettere di immaginare risulta un primo barlume di coscienza, di ricordo di se, forse meglio dire di presenza.

Solo in seguito, molto in seguito, quando si sarà capaci di una certa disciplina interiore, sarà possibile guidare l'immaginazione, tenere il guinzaglio, lasciarla andare ma stando attenti che non esca dai binari concessi... quei famosi solchi dell'aratro fuori dai quali ci si trova nel delirium (appunto "fuori dai solchi dell'aratro").

Se invece si riesce a tenerla nei binari, si mantiene coscienza lucida mentre si immagina (senza dimenticarsi di se come avviene nella normale immaginazione passiva) si può ottenere di scoprire dove vanno questi binari... o, ancor più importante, si può imparare il percorso. Uno dei primi piccoli passetti verso una coscienza oggettiva.

Poi ancor dopo, chissà, forse si inizia a costruire binari...

Sole 11-12-2006 15.53.22

Citazione:

Originalmente inviato da Ray (Messaggio 26736)
Un altro modo di vedere la cosa è la distinzione tra immaginazione passiva (quella che Sole chiama negativa) e la famosa e famigerata immaginazione attiva.
Alla fin fine la differenza sta in chi immagina. In quella attiva si agisce nell'altra si subisce. Nell'una si guida, nell'altra si è guidati. Nell'una si è svegli, nell'altra si dorme.


Faccio una piccola deviazione sull'immaginazione passiva vedendone il lato positivo.. e quindi automaticamente diventa attiva/positiva.

Poniamo il caso che io abbia paura di salire su una funivia (è vero.. ), così se mi capita di doverlo fare perchè amo la montagna e non rinuncio al silenzio e al panorama che si gode, sono costretta ad affrontare la funivia. Se lo faccio reprimendo lo stato di paura avrò delle conseguenze disastrose dove inconsciamente sarò portata a difendermi bloccando tutte le funzioni razionali del mio cervello. E nel mentre starò malissimo fino a bloccarmi.
Inoltre il non viverla fino in fondo immaginariamente crea delle aspettative su se stessi e delle tensioni.
Ma se lascio che l'immaginazione corra e osservo il disastro che temo, il vuoto, la rottura dei fili, il precipitare nel vuoto, il non avere via di fuga e di scampo ecco che posso osservarla per bene, viverla, coglierne le parti più profonde e magari scoprirne la fonte. Il motivo.
Se usiamo l'immaginazione per osservare parti di noi irrazionali, se lasciamo che le paure prendano forma allo scopo di studiarle, l'immaginazione passiva diventa attiva.
Ho notato anche che tutta la tensione accumulata che ristagna nel vivere coscientemente ma immaginariamente la situazione, si dissolve, cambiando qualcosa.

p.s.
magari sono drastica :C:

Ray 12-12-2006 10.43.41

Non mi sembri drastica, anzi...

Quel che rende "attiva" quel tipo di immaginazione che descrivi con la funivia è, per dirla con G., la presenza dell'osservatore. Ovvero anche se lasciamo andare il meccanismo immaginativo per le sue automatiche (robotiche) associazioni e, di conseguenza, partecipiamo emotivamente ai contenuti, una parte di noi deve restare diciamo fredda, osservatrice, alimentata dallo scopo di studiare se stessi... una parte di noi deve restare cosciente di vedere un film, per semplificare molto.

Inoltre, per fare un lavoro un po' più completo, oltre a lasciar svolgere il film fino in fondo (la funivia) sarebbe il caso anche poi di riavvolgerlo, o meglio svolgerlo al contrario. Diciamo seguire il filo anche nel verso opposto. Questo può portare a trovare l'origine di quel meccanismo che ci fa partire il film, il motivo della paura della funivia. Cosa troveremo? Gurdj direbbe un agglomerato di piccoli io alimentati dalla stessa paura, Jung direbbe un complesso alimentato magari da un trauma (ho visto cadere una funivia da piccolo) o da un'associazione remota (la sensazione della funivia è simile ad un'altra che ho provato in chissà quale circostanza ed ha fatto confluire in quella direzione una mia paura, tipo quella di morire) o da una qualsiasi altra cosa (il livello di soggettività può essere molto alto in cose come queste).

Insomma troviamo un nodo, un giunto, un relè. Il nodo a quel punto abbiamo la possibilità di scioglierlo e di risistemare i meccanismi come fossero capitoli di un libro incastrati male... (questo magari approfondiamo, non so neanche se è chiaro quanto sopra...)

Uno 12-12-2006 11.09.27

Riscrivo quello che avete detto (più o meno) con parole diverse.

Il punto chiave è interrompere le associazioni involontarie per prima cosa e solo dopo (non dovrei neanche dirlo se non per completezza di esposizione) , quando se ne ha il controllo ripristinarle (associazioni) ma questa volta volontariamente ed in maniera diversa, con degli scopi ben precisi. Questo in estrema sintesi.....

Messa in maniera un pò più lunga... nell'esempio di Sole pensando alla funivia si proietta nel futuro, ci associa il vuoto, la rottura dei fili, la caduta etc etc....
spezzare questa catena non significa reprimere il pensiero, significa impedire a pensieri che provengono da zone remote (possono essere del passato, ma anche "innati") di impadronirsi della sala comandi. Come dice Ray li osserviamo, non li neghiamo ma gli impediamo di assumere il controllo.... è quasi impossibile farlo completamente da soli, a meno che non si parta già con una predisposizione e che non si sacrifichino altre cose (questa è molto più influente) che ci distraggono e quindi lasciano la sala comandi vuota alla mercè del primo pensiero che passa. (che risuona con le nostre zone remote di prima).
Quasi impossibile ma a volte ci si riesce.... le tecniche sono varie e la migliore dipende dalla costituzione dell'individuo oltre che del momento, per qualcuno può essere utilie in un primo tempo concentrarsi su altro per togliere spazio utile nella sala comandi, per altri può essere meglio tenere in mano corde, manette e quant'altro per legare quel primo pensiero che chiama i compari rompiscatole.... etc etc sempre osservando ciò che succede, se una cosa non è copiata nel nostro "archivio" potremmo anche pagarne gli effetti ma non potremmo impedirci di ripeterla.

Kael 12-12-2006 12.12.49

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 26790)
significa impedire a pensieri che provengono da zone remote (possono essere del passato, ma anche "innati") di impadronirsi della sala comandi.

Perchè altrimenti non immagini realmente nel futuro, ma rivivi, con una forma diversa, qualcosa che ancora risuona del passato.. Per uno che da piccolo è stato morso da un cane, osservando ora un orso davanti a se, difficilmente sarà in grado di immaginare l'aggressione di quell'orso "nel futuro", ma più facilmente rivedrà quel cane travestito da orso, che lo riattacca come ha fatto nel passato...

Grey Owl 12-12-2006 12.22.49

parlare a vanvera
 
Citazione:

Originalmente inviato da Kael (Messaggio 25274)
Gurdjieff sottolinea quindi 4 caratteristiche dannose principali:
- mentire diavolo.g:
- immaginare :wow:
- esprimere emozioni negative new_cussi:
- parlapre a vanvera kermit.gif

Di alcune di queste caratteristiche esistono già discussioni in forum, le altre invece potrebbero servire da spunto per nuovi thread... In generale comunque, si può dire che sono tutte manifestazioni meccaniche e che l'uomo si trova a compierle senza una reale volontà da parte sua.
Osservandosi in questo modo, l'uomo scopre che quanto più egli controlla una manifestazione, tanto meno questa è nociva.

Parlare a vanvera e' un notevole dispendio di energie... ne so' qualcosa... Capita di parlare a vanvera quando il silenzio e' "pesante"... per riempire i vuoti... quando non si vuole lasciare "spazio" all'altro... quando la miglior difesa e' l'attacco... quando "so' tutto io"... quando vampirizzo il debole... in verita' parlare a vanvera e' una modalita' per anestetizzarmi...

Faccio un esempio che tutti hanno sotto gli occhi... i dibattiti in televisione... ho fatto un esperimento... ho tolto il volume... osservavo quegli sguardi vuoti che mangiavano l'aria... facce spente e sguardi persi in sogni onirici...

Quando riesco... (non sempre) taccio... attendo la domanda... ascolto... rimango in ascolto e non parlo "solo per dare aria alla bocca"... quando riesco a fare questo sono molto piu' presente e ricordo quello che mi viene detto...

Il vantaggio nel fare questo e' che riesco pure a vedermi mentre faccio questo... ho la visione di me che ascolto e intervengo quando richiesto... per contro se mi perdo nel parlare a vanvera... dopo aver parlato non ricordo quasi nulla di quello che si e' detto...

Ricordo di un pomeriggio di tempo fa' che mentre lavoravo... riuscivo a trovare pure il tempo di parlare a vanvera... la sera ero distrutto... senza energie... e non avevo poi lavorato tanto...hahahaha

In verita' ogni tanto nella giornata mi impongo di "ascoltarmi"... scopro cosi' che tengo la schiena curva... siedo con la gamba storta... stringo gli occhi per vedere meglio... ho il naso freddo... sto' sorridendo... tengo la mano sulla guancia e... a volte parlo a vanvera.

Sole 12-12-2006 13.07.36

Bello Grey..

Si potrebbe vedere la cosa al contrario e cioè nel silenzio sei costetto ad ascoltarti. Se ti imponi di non parlare (ad esempio) sei poi costretto a sentire tutti gli impulsi che salgono, che muovono, le rezioni a sollecitazioni ecc ecc.
Il parlare solo se necessario pressuppone che tu possa controllare lo stimolo di aprire bocca.

Ray 15-12-2006 15.08.44

Si tende a pensare che il parlare a vanvera riguardi solo i contenuti. Ovvero il cosa si dice. Non che non sia vero, lo è... ma è un aspetto secondario della questione.

Ciò che conta, anche qui come in tutto, è il come... (che viene direttamente dal perchè).

E' chiaro che se sto dal parrucchiere e chiacchiero ininterrottamente di scemenze insulse senza minimamente preoccuparmi di stabilire se penso davvero quel che sto dicendo ma mi limito a dar aria alla bocca per stare al centro dell'attenzione allora sto parlando a vanvera. E farei meglio a tacere.
Il fatto è che posso anche fare il più bel discorso del mondo per quanto riguarda i contenuti e parlare a vanvera lo stesso, se non "sento" quello che dico... se non lo accompagno col mio Essere... se non "spingo"... insomma, se non ci metto l'anima. (presente certi oratori o insegnanti che dicono certamente cose giuste ma risultano freddi... beh parlano a vanvera... e Cicerone si rivolta nella tomba icon_mrgr: ).

Ribaltando la questione posso Parlare davvero anche se dico cose di poco conto... o meglio, se parlo con l'anima, qualsiasi cosa dico non è di poco conto.
Prendiamo l'esempio più evidente: incontro uno o entro in un posto e dico "ciao". Quante volte è detto a vanvera?
Se invece metto l'anima nel ciao, se sorrido, se sono presente, se cerco di salutare non solo con la parola vuota ma mi "protendo" verso chi saluto, se mi ricordo che salutare vuol dire riconoscere come appartenente ad una cosa più grande di cui si fa parte (famiglia, cerchio di amici, di conoscenze ecc.), insomma se saluto davvero, allora ecco che inizio a non parlare a vanvera.

Se si inizia, anche poco, a cercare di parlare così ci si rende presto conto di quanto in effetti si parla a vanvera e nasce il desiderio di tacere...

Sole 16-12-2006 00.47.21

Mi ricollego a questo ultimo post per introdurre "non esprimere emozioni negative".
Il parlare a vanvera, senza pensare e senza un come, porta spesso a parlare di altri, o manifestare rabbia, disagi in maniera deleterea.

Esprimere emozioni negative come un giudizio su qualcuno che scatena in noi rabbia malumori o invidia o depressione porta ad esternare questa emozione, a condividerla con gli altri e non a trattenerla (non reprimerla) e quindi ci impediamo la possibilità di osservarla. La lasciamo scivolare via e lo ripetiamo ogni volta si presenta l'occasione. Ma intanto porta via una parte di noi con se.
Non è solo una questione di dispersione, che pur c'è, ma questo tipo di atteggiamento fa crescere l'importanza personale.
Infatti quando manfestiamo ad esempio odio verso qualcuno, automaticamente ci poniamo al di sopra di lui/lei. Ci impediamo di avere una visione obbiettiva delle cose e giudichiamo parzialmente e questo fà si che ci autoconvinciamo di essere rispetto ad una situazione o qualcuno migliori.

Di questa cosa mi sfugge qualcosa ancora, qualcuno integrerà.

Ora se ci pensiamo bene tutte e 4 queste cose procedono sullo stesso binario e insieme.
Si mente, si immagina, si esrpimono emozioni negative mentre si parla a vanvera.

griselda 16-12-2006 12.22.33

Mentire, immaginare. esprimere emozioni negative, e parlare a vanvera.
Nel mentire è contemplato anche il non mentire a se stessi per cui la sincerità è anche quella di ascoltare dentro di se lo scatenarsi di certe emozioni negative, che però, non vanno represse, nel senso di vietarsi di sentirle o di far finta di nulla. Ma pur sentendo tutta la potenza che esse scatenano in noi non dobbiamo fare uscire il risultato delle eventuali esplosioni interne, insomma implosioni e non esplosioni. Ci sono alcune emozioni che ci ottenebrano come se nel corpo avvenisse uno scarico di una qualche droga che non ci permette di ragionare bene ( e che quando termina ci rimette il giusto quadro della situazione per cui capita anche di andare a domandare scusa.) se in quel momento parliamo non siamo integri e parliamo a vanvera. Quindi se noi in quel momento riusciamo a vedere queste emozioni cosa ci stanno facendo e ci rendiamo conto che non siamo noi in quel momento ma il risultato di quell’azione chimica. Potrebbe essere una soluzione dirlo a chi ci sta davanti? Del tipo mi hai detto una cosa per la quale in questo momento di strozzerei ma sono consapevole che…. (è illusione del momento) parliamone piuttardi? Oppure nonostante si veda tutto ciò che si muove al nostro interno fare buon viso a cattivo gioco, ma tenendo ben presente che quello che avviene all’interno è un’illusione (reale perché la si prova) di…?
Queste emozioni ci muovono l’immaginazione in modo deleterio ci cambiano l’umore e non ci permettono di rimanere distaccati da qualcosa di illusorio se noi non prendiamo in mano la situazione guardandole dal giusto punto di vista. L’immaginazione è positiva quando siamo noi ad usarla e non lei ad usare noi quando è frutto di emozioni negative.
Ho provato a fare un riassunto per vedere se ho capito quanto è stato detto sino ad ora, vi prego di correggere dove vi fossero imprecisioni, sempre che si capisca.icon_mrgr:icon_mrgr:icon_mrgr:
:C:

Ray 02-05-2007 07.14.40

Riprendo questo tread saltando di palo in frasca, visto che sulle 4 funzioni deleterie della macchina umana (mentire, esprimere emozioni negative, immaginare e parlare a vanvera) ci sono molte discussioni che ne parlano, in questi termini o altri, in giro per il forum.

Il sistema elaborato da G., facente parte della quarta via, prevede un certo lavoro di preparazione, che consiste nell'assimilare un determinato numero di idee (quindi un lavoro intellettuale) le quali permetteranno/faciliteranno l'Osservazione.
Queste idee prevedono soprattutto un diverso modo di pensare e di parlare e rispondono ad una necessità derivante dal fatto che di norma l'uomo ha parecchie idee e modi di esprimere/esprimersi sbagliate, sia sul mondo, ma soprattutto su se stesso.

Una di queste, forse la prima per logica, riguarda proprio il concetto "uomo". La tendenza è quella di usare la stessa parola per tutti e questo non può che portare a notevolissimi fraintendimenti. Il sistema infatti distingue sette tipi di "uomini", le cui caratteristiche sono talmente tanto diverse da un tipo all'altro, che si può pensare tranquillamente a sette diverse categorie di esseri. Per mantenere più asettico possibile il sistema (non inquinarlo con idee preconcette che possono falsare la comprensione), li si chiama semplicemente uomo1, uomo2, uomo3 e così via.

Imparare ad usare correttamente questa ed altre distinzioni appare decisamente importante, in quanto permette alle persone di iniziare a capirsi. Infatti, allo stato attuale delle cose, umanità immersa nel sonno, ognuno conferisce alle parole un suo significato soggettivo, che sarà sempre diverso tra una persona e l'altra. Questo fa si che sia impossibile capirsi (dispersione delle lingue, torre di Babele). Viceversa, stabilire delle distinzioni e adottare un sistema di linguaggio derivante da un Sistema, è il primo passo verso un parlare e pensare obiettivo e quindi ad una possibilità di comprensione reciproca.

Ray 02-05-2007 07.49.28

"uomo" 1,2,3,4,5,6,7
 
La distinzione tra uomini di diverse categorie si basa sul loro grado di consapevolezza (che la consapevolezza non sia un assoluto ma abbia gradi è un'altra delle idee fondamentali del sistema).

Le persone nascono soltanto in una delle prime tre categorie, quindi o sono uomini1 o 2 o 3. Si distinguono tra loro a seconda di quale è la loro funzione predominante: quella motorio-istintiva (1), quella emozionale (2) o quella mentale (3). Ovvero la categoria è determinata da quale centro (istintivo, emozionale o intellettuale) predomini sugli altri due, in quale funzione c'è maggiore identificazione. Per maggiori ragguagli sui centri e le relative funzioni...

Le caratteristiche delle persone di queste tre categorie sono quelle esposte finora: sonno, mancanza di conoscenza di se, mancanza di coscienza permenete, divisione ecc.
E' importante capire che, a questo livello, non c'è una vera gerarchia e dire uomo1, 2 o 3 indica solamente una diversa posizione di partenza, come potrebbe essere nord, sud e ovest.
A questo livello di consapevolezza gli uomini non possono capirsi, non possono fare, sono marionette soggette alla legge dell'accidente (altra questione da esaminare... prossimamente)

La gerarchia invece comincia con l'uomo4 e successivi. L'uomo4 infatti è colui che ha già intrapreso un lavoro su se e raggiunto degli obiettivi, per quanto minimi. Egli infatti ha già iniziato a mutare, possiede capacità di osservazione ed ha acquisito un minimo livello di conoscenza e consapevolezza. Se ha capacità di osservazione vuol dire che ha un "osservatore". Questo corrisponde ad un "io" o gruppo di "io" che sono sotto il controllo dell'individuo e che si identificano nel desiderio di lavorare su se. Potremmo dire che sono uno scopo permanente (quello di svegliarsi o altri modi di formulare la cosa). Questo nucleo di coscienza diverrà poi quel che viene chiamato "maggiordomo interinale" che non è altro che un osservatore in grado di "fare" qualcosina.
L'uomo4 è ancora diviso e, anche se il suo maggiordomo interinale fa da centro di gravità, ovvero è in grado di attrarre a se altri piccoli "io", soprattutto all'inizio continuaerà a subire se stesso, dato che questo maggiordomo interinale sarà abbastanza "grande" da osservare, ma resterà quasi sempre impotente nei confronti di quel che accade. Ovvero si vedrà funzionare in modo automatico e meccanico senza poterci fare granchè. La cosa, come si può immaginare, non è proprio piacevole e l'uomo4 può però imparare ad usare la sofferenza che ne deriva per rafforzare il suo maggiordomo interinale a scapito della macchina.

L'uomo5 invece è unificato. Il suo centro di gravità ha assunto il controllo di tutti gli "io" ed è diventato un Maggiordomo. Ha quindi una coscienza univoca e continua... non è più molti, ma uno. Ne segue che egli può conoscere tutto si se stesso e che domina il terzo stato di coscienza (che per l'uomo4 invece è intermittente). L'uomo5 inoltre utilizza e domina il centro emozionale superiore.

Sull'uomo6 e 7 è inutile parlare. Per accademia possiamo accennare al fatto che si parla di piena consapevolezza obiettiva (quarto stato di coscienza) e di utilizzo della facoltà intellettuale superiore.

Quel che è importante capire è che c'è una distanza abissale tra gli uomini 1, 2 e 3 e l'uomo4 (come tra il 5 e il 4 ma bon...)
Infatti non basta che un uomo 1, 2 o 3 inizi a lavorare per essere uomo4 e neanche per iniziare a lavorare sul livello 4 (l'uomo4 domina il 4 allo stesso modo che chi compie 30 anni ha già vissuto il trentesimo anno), dove per "livello" intendiamo figurativamente la strada che va dal 3 (o 2 o 1) al 4. L'uomo quindi che muove dal suo sonno ha davanti a se una montagna in cima alla quale inizia la Via. L'uomo4 è sulla Via...

Ci sarebbero moltissime altre cose da dire, ma mi fermo per adesso e lascio a voi...

Grey Owl 02-05-2007 09.50.27

Si inizia a lavorare per essere l'uomo4 partendo da una "base" di uomo1 o 2 o 3... in questo differisce il lavoro... nel senso che un uomo1 iniziera' l'osservazione di se in modo "differente" che un uomo2 e cosi' per l'uomo3...

In questo non vi sono "regole" da seguire ma un lavoro individuale fatto di osservazioni e di ricerca di se... l'osservazione e' lavoro costante e lungo... credo che il lavoro a seconda di che tipo di uomo (1-2-3) si e'... viene fatto in maniera differente... ma l'unico scopo e' quello di svegliarsi dal sonno che ci accomuna.

Chi pensa che il solo fatto di iniziare il lavoro lo pone in condizione di essere sulla Via commette un grosso errore di valutazione... non lo si e' affatto... ci si trova in quello stato di limbo in cui indietro non si torna e avanti serve sforzarsi di piu'... indietro in verita' si torna... basta tornare a dormire... nulla di piu' facile...hehehehe
Quando si inizia a cercare e ad osservarsi cresce la necessita' di risvegliarsi... si vedono frammenti di risveglio... si inorridisce su come la nostra vita attuale sia meccanica... accidentale... quindi tornare indietro e' impensabile... tornare nel sonno e' da escludere (almeno nell'intenzione)... ci si sforza per svegliarsi un po' di piu'... questo e' il lavoro.

Nel lavoro su di se e' necessario essere "guidati" da un uomo4... Ouspensky (allievo di G.) utilizza una metafora a riguardo... e' come se un prigioniero avesse deciso di fuggire dalla prigione... da solo non riuscira' nel tentativo... ma se trova altri compagni che desiderano fuggire allora forse la fuga e' possibile aiutandosi a vicenda con il lavoro per la fuga dalla prigione... ma serve anche un uomo(4) che sia fuggito dalla prigione per indicare la via di fuga ai prigionieri... il come fuggire dalla prigione.

Restando nell'analogia di Ouspensky... sono un prigioniero(2) che cerca coi compagni la fuga ed (a fatica) segue i consigli dell'uomo(4)...hehehehe

fiori.gif


AGGIUNGO: prima di cercare di fuggire dalla prigione bisogna che l'uomo(1-2-3) si "renda conto" che e' in prigione... poi una volta che si rende conto di essere un prigioniero deve desiderare la fuga dalla prigione... inoltre deve trovare dei compagni per la fuga e inoltre trovare un uomo(4) che sia fuggito prima di loro... (gia' questo e' tanto)... ed inoltre... non vi e' garanzia che una volta tentata la fuga si riesca a fuggire... il lavoro(intellettuale) su di se'... costante e duraturo e' tutto cio' che abbiamo per cominciare la fuga... altro non si puo' "fare"... il fare viene dopo... ora quello che e' possibile e' osservarsi...

'ayn soph 02-05-2007 12.01.42

Il concetto di prigione non chiarisce perfettamente, come se si voglia fuggire da qualcosa o da se stessi, al contrario bisogna immergersi dentro se stessi (e mi sembra che è stato detto) e risolvere alcune questioni che non vorremmo mai affrontare. In definitiva viviamo nella nostra "luce" (conoscenza) dove aspetti della psiche (Intuizione, Pensiero, Sentimento, Sensazione) convivono con altri aspetti delle nostre personalità dell'Anima (la Scintilla divina attiva soltanto ad un determinato grado o complessità strutturale) e dell'Anima in senso stretto (dove l'illuminazione è quello che succede a differenti personalità facenti parte di un'anima, integrati e completando l'esperienza in quella forma).
In entrambi gli aspetti si tratta sempre di completare qualcosa che "non vediamo" o che ci costa fatica affrontare ma il risultato finale certamente ripaga di tutti gli sforzi.

Uno 02-05-2007 12.14.09

Citazione:

Originalmente inviato da Grey Owl (Messaggio 33439)
Restando nell'analogia di Ouspensky... sono un prigioniero(2)

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