Esordio VII canto Commedia
Sto studiando il VII canto dell'inferno della divina commedia.
Inizia con le parole gridate dal demonio Pluto: "Pape, Satàn, pape Satàn aleppe" I critici hanno dato più spiegazioni, la più attendibile avrebbe tradotto questa frase quasi certamente come un invocazione a Satana, aleppe sarebbe una deformazione di aleph, la prima lettera dell'alfabeto greco che qui indicherebbe il principio divino (per il demone Plutuo appunto Satana). Quanto a 'pape' sarebbe ripreso dal latino e sarebbe un'esclamazione di sorpresa di Pluto alla vista di un umano nel suo regno. Qualche esperto di filologia concorda con quanto ho trovato sul testo?:) |
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Dai, scherzi a parte, qualcosina la si può dire, dipende da quanto si vuole essere precisi e quanto si vuole argomentare... insomma se è per tuo interesse personale mi impegno anche, se è per una qualche interrogazione ti dico due robine di sicuro effetto icon_mrgr: Anticipo che, per capire la questone filologica posta dai commentatori classici è necessario almeno postare qualche verso oltre e dare due informazioni sul contesto e la struttura del poema. Il tutto per arrivare ad una conclusione che, pur essendo quella più in voga e apparentemente aderente, in realtà non convince. Per conto mio non è latino... |
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Sto preparando un esame ma questa è una mia curiosità credo che al professore basti la spiegazione del libro. Quindi (solo se ti va) io mi presto volentieri a collaborare e aiutare come posso. :) Non so perchè ma quando l'ho letta sul libro mi ha colpito e quindi sono andata subito a leggermi il commento della critica ma sono rimasta un pò delusa soprattutto per la spiegazione di quel 'Pape' usato come esclamazione derivata dal latino. |
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Servirebbe anche un minimo di contesto e struttura, giusto per non limitare la discussione a quelli che hanno a memoria il passo, (per non dire tutta la faccenda del poema). |
Grazie!
Allora riporto i versi che seguono la frase di Pluto con la quale inizia il canto. «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», cominciò Pluto con la voce chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: «Non ti noccia la tua paura; ché, poder ch'elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia». Poi si rivolse a quella 'nfiata labbia, e disse: «Taci, maladetto lupo! consuma dentro te con la tua rabbia. Non è sanza cagion l'andare al cupo: vuolsi ne l'alto, là dove Michele fé la vendetta del superbo strupo». Quali dal vento le gonfiate vele caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca, tal cadde a terra la fiera crudele. Così scendemmo ne la quarta lacca pigliando più de la dolente ripa che 'l mal de l'universo tutto insacca. Parafrasi: «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!» Pluto cominciò così a gridare con la sua voce roca e aspra e quel nobile poeta (Virgilio)che comprese le sue parole, disse per rassicurarmi:"Non ti lasciare travolgere dalla tua paura, per quanto potere egli abbia, non ci potrà impedire di scendere da questo sbalzo di roccia." Quindi si girò verso quel demonio dal volto tumefatto e disse: "Taci maledetto lupo!"Roditi internamente per l'ira. La nostra discesa all'inferno non avviene senza ragione è volontà del Cielo, il luogo dove l'arcangelo Michele punì la superbia degli angeli ribelli" Come le vele di una nave dopo essere state gonfiate dal vento cadono avvolte su se stesse quando l'albero maestro si spezza, allo stesso modo si afflosciò la bestia malvagia. Così potemmo scendere nella quarta costa percorrendo un ulteriore tratto del doloroso pendio che chiude in sé tutto il male dell'universo. Questo è l'esordio del VII canto della Divina Commedia, qui Dante descrive il quarto cerchio dove sono puniti i prodighi, gli avari e gli accidiosi alla fine del canto. Il suo viaggio all'inferno è guidato dallo spirito del poeta Virgilio che dovrebbe rappresentare la ragione che consente a Dante di compiere il suo viaggio nelle tenebre infernali (senza la Ragione sarebbe impossibile), viaggio commissionato dalla volontà divina affinché Dante riporti ciò che ha visto ai suoi contemporanei. Il canto si apre con un'esclamazione del demonio Pluto (guardiano infernale del quarto cerchio) alla vista di Virgilio e Dante, probabilmente è un tentativo di bloccare il loro viaggio e una reazione di sorpresa nel vedere un essere umano ancora vivo nel suo regno. Le parole del guardiano infernale sono state variamente interpretate dai vari esegeti di Dante, non credo sia possibile uscirne e trovare quella giusta ma mi piacerebbe sviscerare altre interpretazioni al di là di quelle ufficiali sempre se è possibile. Quello che mi ha colpito è l'atteggiamento di Virgilio che sembra comprendere le parole del demone, quasi facessero parte di un bagaglio segreto o magico comprensibile solo a pochi. |
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Personalmente non ne so molto, anche se la Divina Commedia la vado apprezzando sempre di più, perciò aspetto con interesse pareri più competenti. La cosa che mi fa pensare è vedere queste parole, come traspare dalla risposta di VIrgilio, dette con rabbia da Pluto, più che con sorpresa per vedere un'anima viva in giro per l'inferno . |
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Le parole arabe potrebbero essere conosciute da Dante anche in questo caso come templare, e direbbero " bab es satan, bab es satan, aleppe!" è la porta di Satana, allontanati" ed ha una sua maggiore valenza, visto il contesto. Se invece si fa derivare papè dal latino papa-ae, padre, la frase potrebbe essere un'invocazione al suo Padre Satana, ma resta all'oscuro "aleppe", a meno che non lo si interpreti come un alipes-alipedis, cioè con le ali ai piedi, come alcuni angeli demoniaci vengono rappresentati nel medioevo. |
Per quanto qui non intendo portare avanti un discorso generale, è necessario fare una premessa, seppur minima, che serve per inquadrare almeno in parte quello che dirò dopo. Anche se questo è un post specifico, fondato su un unico verso della divina commedia, è impossibile seguire il seppur minimo filo senza dire due parole... avrebbe poco senso commentare il verso e fermarsi li.
Quindi parto con l'affermare che la Divina Commedia è un poema iniziatico. Il che significa che è composto da un Iniziato, parla dell'Iniziazione e, addirittura, nasconde una capacità di agevolare il Ricercatore della stessa. Non solo questo. Affermo anche che la Divina Commedia, in quanto poema iniziatico, è inserita, se non addirittura fa da fulcro, appieno nella Tradizione Occidentale. Affermo anche che Dante faceva parte di una Fratellanza Iniziatica, i Fedeli d'Amore, che è stata custode di un'importante Tradizione e che era (è?) collegata ad altre importanti Fratellanze dello stesso tipo, tra cui l'Ordine dei Cavalieri del Tempio, per citare la più famosa. Ne segue che è solo dal punto di vista esoterico che si possono cogliere i significati più profondi del poema. Prove di ogni genere di quanto affermo sono sparse in tutta la Commedia e in tutta l'opera del Vate, oltre che nelle opere di tanti altri che ne hanno parlato. La cosa, per altro, è stata oggetto di moltissimi studi, compilati sia da esoteristi che da "profani" (non uso, in questo caso, il termine in senso spregiativo) e in una certa parte e misura è abbastanza accettata dalla cultura ufficiale... ossia si può parlarne senza per forza incorrere in fischi, insulti e pomodori. Il primo, a quanto mi risulta, a tentare un'interpretazione esoterica dell'opera di Dante fu nientemeno che Pascoli, il quale ha sollevato il problema del rapporto tra la Croce e l'Aquila nel poema. A cogliere la sua eredità, dal punto di vista esoterico, fu Luigi Valli, studioso che ha dedicato moltissimo lavoro nel tentativo di dipanare la questione, portando effettivamente alla luce un'enorme quantità di utilissime informazioni e spunti. Dopo di lui molti eminenti studiosi di esoterismo hanno portato il loro contributo, alcuni più valido altri meno, palesando però tutti la medesima cosa: è ancora tutto da scoprire. La Divina Commedia nasconde significati e verità profondissime, anzi un'intera dottrina, ovviamente iniziatica. La cosa per altro è segnalata dallo stesso Dante in maniera molto chiara: O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto il velame de li versi strani. (Inf, IX, 61-63) Insomma Dante dice a quelli sani d'intelletto (i Ricercatori) di prestare attenzione alla dottrina e in particolare a determinati versi, che per "stranezza", hanno la proprietà di velare meglio degli altri ciò che è nascosto. E' indubbio che le parole di Pluto siano uno di questi versi. Detto questo passerò alla richiesta specifica... tuttavia, se c'è interesse, prossimamente su questi schermi potremmo tentare di parlare più diffusamente di questo argomento, che m'appassiona moltissimo, ma che richiede un notevole dispendio da tutti i punti di vista. |
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Fatta la dovuta premessa, dico due parole sul verso in questione, soffermandomi sull'approccio esoterico, quindi non ufficiale. Eventualmente dopo, se Edera ne avrà bisogno per la sua ricerca, aggiungerò anche delle considerazioni filologiche che provengono dal serbatoio ufficiale delle interpretazioni e che però, premetto, non saranno altro che aggiunte a quanto da lei trovato e non portaranno a diverse conclusioni. Insomma si tratterebbe solo di erudizione, buona per prendere un bel voto e per convincersi più solidamente, per chi ne ha bisogno, della mancanza di solidità della versione ufficiale su questo specifico punto... mancanza di solidità per altro ammessa dai sostenitori di detta versione.
Si Filo, Dante sapeva l'arabo ed era in contatto con appartenenti di Fratellanze di quelle zone, coi quali ha intrattenuto scambi a vari livelli. Per altro questo non stupisce. Il mondo arabo e le sue dottrine, sia esoteriche che no (al tempo le distinzioni erano diverse da adesso), era in contatto con quello occidentale e molti scambi sono avvenuti. Abbiamo importato di tutto, dalla matematica all'alchimia... anzi i primi testi occidentali medievali di alchimisti hanno certa origine araba. Che c'entra l'alchimia con Dante? Beh c'entra eccome... quando ne parleremo più diffusamente lo vedremo meglio, per ora a mo' di anticipazione succosa che so riuscirà ad accendere l'interesse di qualcuno qui (che inizia per K e finisce per ael... ma certo non solo lui) ricordo che alla fine dell'inferno Dante vede Lucifero, il quale ha tre teste... una nera, una bianca e una rossa. Eh, mi perdo, scusate... il discorso è talmente tanto ampio che seguire un ordine non è semplice, dicevo che Dante sapeva di arabo e infatti la frase di Pluto da quella direzione può essere guardata e se lo si fa acquista enormente di senso. Stando a Luigi Valli (io purtroppo non so l'arabo) ma mi risulta che non sia stato smentito, la frase in arabo suonerebbe così: bab sciaitan, bab sciaitan, aleb. Che significa "la porta del Diavolo, la porta del Diavolo, resiste (o resisterà)". Per capire la portata di questa affermazione dobbiamo ricordare che Dante trova la prima porta dell'Inferno aperta. Chiunque ci può entrare, in qualsiasi momento. Ciò è dovuto all'azione di Cristo (la Croce) che prima di ascendere al cielo è sceso agli inferi e, fra le varie cose, ha spalancato per sempre i cancelli dell'inferno. Esotericamente sappiamo che Cristo ha cambiato la Terra... dopo di lui, dopo la sua Opera, ciò che era possibilità di pochi è divenuto possibilità di tutti. Tuttavia, non tutte le porta sono aperte: Dante infatti troverà chiusa la porta di Dite, quella appunto del Diavolo e non basterà il potere della Croce per aprirla, ma servirà l'intervento dell'Aquila (su questo simbolismo ovviamente torneremo). Ed è a questa porta che Pluto si riferisce, nel tentativo forse di terrorizzare Dante... tenendo conto che una frase che in un uomo può valere come espressione di una speranza dettata da frustrazione, in un demone va intesa anche come maledizione. E' per questo che è fondamentale la reazione di Virgilio, il quale "tutto seppe" ed è importante che risponda al demone dicendogli che "non è senza cagion l'andare al cupo" ma è voluto dal cielo e che sarà il cielo ad aprire anche la seconda porta... rivelazione che fa letteralmente schiattare Pluto, che cade a terra come le vele quando fiacca l'albero della nave. Teniamo conto che nell'aldilà le parole hanno potere... quel che viene detto vale e Pluto riconoscendo la verità della parole di Virgilio non può che subirne le coseguenze fisicamente... e la maledizione viene annullata. Virgilio, che per Dante è il Maestro, è tenutario della Tradizione e depositario di conoscenza e potere... e infatti in grado di far passare Dante attrraverso i domini dei vari demoni e riuscirà addirittura a farlo camminare su Lucifero... ma di questo parleremo altrove. |
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Per alebbe ho la versione di "fermati"...può andar bene' |
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Proprio ieri ho parafrasato i versi: I]O voi ch'avete li 'ntelletti sani,[/i] mirate la dottrina che s'asconde sotto il velame de li versi strani. Se non l'avessi scritto tu, avrei sicuramente chiesto lumi oggi. Da oggi studiare la commedia per me sarà diverso :) Mi piacerebbe moltissimo si riuscisse a parlare diffusamente dell'opera ma mi rendo conto che la mole di lavoro è enorme. Per questo se interessa anche ad altri e tu sei così gentile da prestarti io offro come posso il mio aiuto, non sarà gran cosa, potrei riportare i canti, le parafrasi e le interpretazioni ufficiali che trovo sui testi, in pratica lavoro di segreteria. |
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Prima dell'arrivo del Messo, Dante viene minacciato dalle 3 furie che stanno sopra la torre della città, Tesifone, Aletto e Megera. Queste invocano l'arrivo di Medusa affinché giunga e trasformi Dante in pietra col suo sguardo. E' a questo punto che Virgilio consiglia al suo allievo di coprirsi gli occhi , anzi non si fida e fa di più, glieli copre lui stesso con le sue mani e Dante riporta i versi: O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto il velame de li versi strani |
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D'accordo5flowerfa:
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Versi 109-120 canto XXIX
Il canto descrive la decima e ultima bolgia del VIII cerchio, dove vengono puniti i falsari. A un certo punto Dante e Virgilio incontrano due personaggi: Griffolino d'Arezzo e Albero da Siena. Albero da Siena spedì Griffolino al rogo accusandolo di eresia ma questo, una volta morto, venne giudicato e condannato per la sua vera colpa cioè quella di aver praticato alchimia. Il testo spiega che nel Medioevo esistevano due tipi di alchimia 'naturalis', approvata dalla chiesa e volta alla ricerca dei metalli nobili come oro e argento distinti da quelli più vili come il piombo... E 'sofistica' che consisteva nel contraffare i metalli a scopo di lucro ingannando e frodando il prossimo. Griffolino d'Arezzo avrebbe praticato questo tipo di alchimia e quindi Dante lo avrebbe messo all'inferno. Ma era veramente questo il tipo di alchimia praticato da Griffolino? La sua colpa fu semplicemente quella di ingannare gli altri spacciando per oro del metallo contraffatto o Dante vuole condannare la vera arte dell'alchimia? «Io fui d'Arezzo, e Albero da Siena», rispuose l'un, «mi fé mettere al foco; ma quel per ch'io mori' qui non mi mena. Vero è ch'i' dissi lui, parlando a gioco: I' mi saprei levar per l'aere a volo; e quei, ch'avea vaghezza e senno poco, volle ch'i' li mostrassi l'arte; e solo perch'io nol feci Dedalo, mi fece ardere a tal che l'avea per figliuolo. Ma nell 'ultima bolgia de le diece me per l'alchìmia che nel mondo usai dannò Minòs, a cui fallar non lece». Io fui Aretino e Albero da Siena mi fece condannare al rogo come eretico, ma non è stata la causa della mia morte a condurmi in questo luogo. E' vero che io gli dissi, per puro desiderio di scherzare :"Io saprei innalzarmi in volo nell'aria" E quello che aveva natura fatua e intelligenza scarsa, volle a tutti i costi che gli insegnassi quest'arte e solo perché non lo trasformai in Dedalo mi fece bruciare da uno che lo considerava come suo figlio. Ma Minosse a cui non è possibile sbagliare, mi condannò all'ultima delle Malebolge per l'alchimia che io praticai nella vita terrena.>> |
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Penso che proprio perchè Dante era un Iniziato o comunque una persona introdotta in certi ambienti, trovasse molto grave o offensivo utilizzare l'Alchimia (o meglio un'imitazione della stessa) per fini profani e volgari . |
Pensavo al mio programma d'esame... Divina Commedia e relativi libri di critica, Boiardo Pulci Ariosto (questi in modo veloce però),
Tasso e la Gerusalemme liberata di cui dovrei fare la lettura integrale ma la vedo dura riuscire a parafrasare l'intero poema... Al mio professore piace la tradizione cavalleresca, sicuramente cristiana.:) Chissà in base a cosa decidono i programmi.. |
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La filosofia ermetica non riconosce il personaggio quale alchimista e, per contro, non si trovano nell'inferno alchimisti "veri". Dante dovette ben conoscere più di un trattato alchemico... ricordo che Tommaso d'Aquino ne ha scritti due (anche se non mi sembrano granchè) e al tempo di dante erano "recenti". Per non dire, come appunto accenna Luke, di tutti i riferimenti alchemici sparsi in giro e più o meno velati. |
Ciao Ray:)
sul tuo articolo dici che il numero aureo 1,618 salta fuori un pò dappertutto sulla Divina Commedia. Potresti farmi degli esempi? Grazie mille |
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Quindi, nuovamente, ti chiedo un po' di tempo e aprirò magari un tread di commento all'articolo in cui si possa parlare, un po' alla volta, di questo e altri argomenti. Nel frattempo ti consiglio la lettura del libro di Carlo Signore che ho citato nell'alrticolo. Non voglio fare pubblicità... anzi no, vorrei farla eccome, per una volta che sarebbe pubblicità utile. E' un libro che si fa molto apprezzare sia per la chiarezza espositiva che per la novità dei contenuti che sono vere e proprie scoperte, molte delle quali, come le vere scoperte, aprono assai più interrogativi di quanti ne rispondano. Ma l'autore si fa apprezzare anche per l'atteggiamento con cui si pone nei confronti dell'argomento che tratta, di rispetto e umiltà, senza pretendere nulla e solamente offendo quel che ha trovato, esprimendo per altro la speranza che qualcuno aggiunga informazioni alle sue. Molti esoteristi famosi, con la pretesa dell'insegnamento, avrebbero assai da imparare dal suo atteggiamento... ma bon, dato che pubblicità non si può fare, ti segnalo solo che se ti interessa l'argomento il libro andrebbe letto. In ogni caso parte dei suoi ragionamenti li riporterò se ne sarò capace. |
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In biblioteca civica, nel catalogo on line ho trovato anche quelli di Valli, andrò a prenderli. |
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