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Uno 23-06-2011 12.30.23

Sofferenza e futuro
 
Ho sentito un aforisma che attribuivano a Kierkegaard (io non ne sono sicuro, ma probabilmente non mi è mai capitato sotto mano) che più o meno diceva così:
"La più grande sofferenza è ricordare il futuro che non si avrà."

A prima vista può sembrare esagerato dire "la più grande" ma è praticamente impossibile trovare una sofferenza che non origini da questa.

Ci fa soffrire tutto quello che è diverso da uno stato di non sofferenza simile a ciò che abbiamo già provato. Potremmo anche accedere a stati ancor migliori, ma finchè non li assaggiamo non ci causa sofferenza non poterli avere... quindi niente ricordo.....

È un grande tema, che ne dite?

nikelise 23-06-2011 13.01.08

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 101294)
Ho sentito un aforisma che attribuivano a Kierkegaard (io non ne sono sicuro, ma probabilmente non mi è mai capitato sotto mano) che più o meno diceva così:
"La più grande sofferenza è ricordare il futuro che non si avrà."

A prima vista può sembrare esagerato dire "la più grande" ma è praticamente impossibile trovare una sofferenza che non origini da questa.

Ci fa soffrire tutto quello che è diverso da uno stato di non sofferenza simile a ciò che abbiamo già provato. Potremmo anche accedere a stati ancor migliori, ma finchè non li assaggiamo non ci causa sofferenza non poterli avere... quindi niente ricordo.....

È un grande tema, che ne dite?

Ottimo tema che si ricollega ad altri .
Kirkegard e' uno degli ''esistenzialisti come dopo saranno Camus e Sartre .
Questi in effetti sono tutti concentrati ad indagare l'esistenza e i suoi drammi .
L'Essenza che e' la stabilita' la sicurezza l'unita' non li interessa .
Tutto il dolore nasce dall'esistere in un movimento continuo di rappresentazioni .
Una di queste , la piu' grande? (vedremo) e' immaginare che il futuro non sara' simile al passato , a quel po' di bello vissuto nel passato .
Il passato e' l'unica certezza ma vi e' anche la certezza che non tornera' piu' nel futuro e quindi il ricordo di questo futuro crea angoscia e disperazione .
Per tanti il rifugio e' nell'immutabilita' dell'essenza ma per questi filosofi c'e' solo l'esistenza e la salvezza sta solo nella fede in Dio ( kirkegard) .
Quindi anche lui deve ammettere qualcosa di immutabile a cui agrapparsi .
Kirkegard e' quello che parla dell'angoscia come di un cattivo rapporto tra noi ed il mondo e della disperazione come di una disarmonia con se' stessi .

Ma alla fine tutti anche questi esistenzialisti devono cercare una via di scampo , di salvezza anche dal dramma di un futuro ricordato che non verra' mai .

luke 23-06-2011 13.32.15

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 101294)
Ho sentito un aforisma che attribuivano a Kierkegaard (io non ne sono sicuro, ma probabilmente non mi è mai capitato sotto mano) che più o meno diceva così:
"La più grande sofferenza è ricordare il futuro che non si avrà."

A prima vista può sembrare esagerato dire "la più grande" ma è praticamente impossibile trovare una sofferenza che non origini da questa.

Ci fa soffrire tutto quello che è diverso da uno stato di non sofferenza simile a ciò che abbiamo già provato. Potremmo anche accedere a stati ancor migliori, ma finchè non li assaggiamo non ci causa sofferenza non poterli avere... quindi niente ricordo.....

È un grande tema, che ne dite?

Allora il tema è intrigante e da sviscerare bene.

Da un lato è vero che se ad un certo grando "gioia" ofelicità no ci siamo arrivati, non dovrebbe farci star male il non poterli avere, tipo se io la vita da miliardario non l'ho fatta mai, posso aspirarci ma non averla vissuta non mi dovrebbe provocare sofferenza.
VIceversa se l'avessi vissuta ed il futuro non me la ripresentasse più (almeno ipoteticamente, ragionevolmente, perchè poi non si può mai sapere con certezza) allora la sofferenza dovrebbe essere più viva e concreta, c'è una frase nella Divina Commedia che dice "Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria".

C'è anche da considerare però, che aver vissuto ad uncerto "livello", dovrebbe comunque placare la sofferenza, non si può avere tutto dalla vita, se uno dei momenti gioiosi li ha vissuti appieno, poi può anche accontentarsi se il futuro non li ripresentasse più, se ne dovrebbe fare una ragione.
Naturalmente bisogna vedere che significa viverli appieno, spesso la gioia è troppo superficiale, ci sono troppe illusioni e troppe cose dentro di noi da sistemare, non lascia traccia e quindi il nonpoter viverli più ci lascia l'amaro in bocca.
Se lavorando dentro di noi, si riesce ad fare un minimo di pulizia vera , a scendere all'essenziale sul serio e quindi un eventuale "picco" di felicità piena lo si raggiunge, poi ,almeno adesso la vedo così, può anche bastare, anche se il resto della vita fosse solo una discesa inarrestabile da quel picco ormai alle spalle, però se l'ho vissuto, me lo sono goduto, non so se si potrebbe parlare ancora d vera sofferenza o almeno secondo me la sofferenza più viva e rappresentata dal "picco "non raggiunto e/ non assaporato appieno, al massimo delle nostre possibilità, piuttosto che dal non riraggiungerlo più.

POi , ripeto, sono discorsi ipotetici che faccio, è ovvio che se mi dessero come alternativa poter rivivere begli stati d'animo identici a quelli già vissuti e dall'altra parte solo stati peggiori sceglierei i primi, ma non avendo sicurezza davanti in tal senso, per adesso sono i picchi che non ho vissuto che mi tormentano di più, non eventuali "valli" anche se profonde.

RedWitch 23-06-2011 17.54.17

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 101294)
.................Ci fa soffrire tutto quello che è diverso da uno stato di non sofferenza simile a ciò che abbiamo già provato. Potremmo anche accedere a stati ancor migliori, ma finchè non li assaggiamo non ci causa sofferenza non poterli avere... quindi niente ricordo.....

È un grande tema, che ne dite?

Questo vale per tutto? voglio dire se cerco di migliorare me stessa, diciamo genericamente per stare meglio, quello a cui cerco di accedere è sempre lo stato migliore che ho già vissuto, perchè altro non conosco, e questo significa, oltre che stare sempre con lo sguardo rivolto al passato, che non conoscendo stati migliori non posso nemmeno aspirarvi?

Un bambino che soffra la fame, che si sia sentito sazio mangiando un cibo di scarsa qualità ricercherà quindi quello stato...

griselda 23-06-2011 18.58.01

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 101294)
Ho sentito un aforisma che attribuivano a Kierkegaard (io non ne sono sicuro, ma probabilmente non mi è mai capitato sotto mano) che più o meno diceva così:
"La più grande sofferenza è ricordare il futuro che non si avrà."

A prima vista può sembrare esagerato dire "la più grande" ma è praticamente impossibile trovare una sofferenza che non origini da questa.

Ci fa soffrire tutto quello che è diverso da uno stato di non sofferenza simile a ciò che abbiamo già provato. Potremmo anche accedere a stati ancor migliori, ma finchè non li assaggiamo non ci causa sofferenza non poterli avere... quindi niente ricordo.....

È un grande tema, che ne dite?

Si sa cosa lasciamo ma non sappiamo mai a cosa andiamo incontro.

Ma anche che è difficile salire ma ancora peggio perdere la posizione a cui si è giunti.

Qualunque posizione è sempre meglio dell'ignoto.

Nello specifico la frase nerettata mi fa pensare alla persona a cui è stato detto che ha poco da vivere, quel futuro che non avrà lo fa soffrire ancora di più

Ma senza esagerare basta considerare la giovinezza che si perde e che non si può più avere ...quel futuro che non si avrà

Se tutto ciò che abbiamo vissuto non torna non potrà mai essere nel futuro e quindi soffriamo in continuazione se non ci ancoriamo al presente e solo a quello, sarà il presente a portarci qualcosa di nuovo nel futuro e ad eliminare la sofferenza

Kael 02-07-2011 23.34.25

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 101294)
Potremmo anche accedere a stati ancor migliori, ma finchè non li assaggiamo non ci causa sofferenza non poterli avere... quindi niente ricordo.....

Beati gli ignoranti, come bambini, nel senso che accettano senza ricordo...
Forse un reset permetterebbe di integrare i ricordi che abbiamo, trasformarli in consapevolezza e vivere in uno stato primigenio, di indifferenziazione simile a quello dei bambini, quindi senza sofferenza (anche se pure il neonato soffre quando viene alla luce e la dolce vita nel grembo materno diventa appunto un ricordo...)


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