Ermopoli

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Uno 07-03-2005 16.52.54

Ci sono persone che hanno reale bisogno di aiuto e....

lo sanno
non lo sanno
lo vogliono
e non lo vogliono
non trovano mai l'aiuto vero e ne cercano uno sempre meglio (che non troveranno mai)
danno valore solo a ciò che pagano (e più è salato e meglio è)
lo pretendono perchè ne hanno bisogno
credono di darlo ad altri e invece ne hanno molto bisogno loro

Etc etc......

Ma in definitiva per poter accettare aiuto bisogna cadere talmente in basso che più in basso non si può.... a quel punto c'è ancora chi preferisce "schiattare" e chi invece alla fine accetta.... c'è una certa libera scelta fino alla fine :@@

pluto 07-03-2005 17.49.49

La natura umana è varia, il confine tra vita soddisfacente e disillusione s'interseca spesso e spesso non si capisce dove ci si sta dirigendo. Cio che dici Uno è vero in gran parte, c'è una cosa che comunque succede:bisogna decidere, non tutti ne hanno la forza e la coscienza perchè subentra la paura anche il terrore di un nuovo errore.Ciò che a te può sembrar facile perchè magari sei una persona esuberante e decisionista ad un altro diventa terribilmente difficile.Gli psicologi aiutano se consultati (e con grandi spese) a capire di più se stessi e a vedere ciò che si ha di fronte da punti di vista diversi, non a risolvere i problemi perchè la decisione ultima è sempre della persona.A volte chi non vuole vedere è chi cerca di vivere alla giornata...autocommiserandosi....In tutti c'è un grande bisogno di amore e quello è la cosa più difficile da trovare perchè forse bisogna solo arrivare a pensare di dover dare:_ ma non sempre si può fare. abbraccio:

seleparina 07-03-2005 20.44.15

Citazione:

Originalmente inviato da Uno
Ma in definitiva per poter accettare aiuto bisogna cadere talmente in basso che più in basso non si può.... a quel punto c'è ancora chi preferisce "schiattare" e chi invece alla fine accetta.... c'è una certa libera scelta fino alla fine :@@

L'orgoglio è una brutta bestia se gli si da mano libera...e secondo me ammettere di aver bisogno d'aiuto non significa necessariamente cadere in basso, ma adeguarsi consapevolmente al proprio livello in quel dato momento, se non si riesce a farlo ci si complica ultreriormente e inutilmente la vita...senza contare le ripercussioni somatiche di tale autocostrizione

Uno 07-03-2005 21.07.32

Chiedere aiuto assolutamente non significa cadere in basso, altro volevo dire... avete presente il detto:" Si impara a nuotare quando l'acqua tocca il sedere"?
E non credo Pluto sia una questione di esuberanza, se uno ha bisogno di aiuto probabilmente non ha le forze per cavarsela da solo... e quindi non sarà tanto esuberante... è una questione di ammetterlo con se stessi... il fatto di dirlo ad altri non significa niente, ne incontro tutti i giorni nella vita quotidiana anche qui in internet.... anzi dirlo ad altri a volte è un ulteriore modo per non voler vedere il problema... vedo che invece quando uno vuole risolvere veramente un problema si pone in una maniera tale che poi troverà anche chi lo aiuta... o meglio anche se sembra incredibile sarà quello che può aiutarlo che troverà chi ha bisogno.... ma negli esempi che ho fatto sopra, parlo di autocommiserazione senza vera volontà di uscire... è vero che la volontà è una qualità strana che in maniera decisiva hanno in pochi... pochissimi... ma almeno uno spunto.....

P.s. non mi sto riferendo a nessuno in particolare, è una discussione di carattere generale

pluto 07-03-2005 21.26.32

Seleparina ha toccato un tasto forte e importante.Ha detto "l'orgoglio è una brutta bestia".L'orgoglio è lacerante e a volte blocca la persona nel proprio egoismo e...a volte si schiatta ma per orgoglio non si molla e si sta male....La volontà, tu Uno dici bene...la vera volontà...A volte il maledetto orgoglio la blocca.Sono d'accordo quando dici che quando si parla con altri (il prossimo) non c'è vera volontà di uscire dal problema...Gli altri concordo non possono risolvere i problemi....L'atteggiamento umile sì, può trovare ascolto e può lentamente portare a trovare un vero aiuto. :C:

TFFC 10-03-2005 16.38.36

A volte non si chiede aiuto perchè la testa ha deciso che la situazione che si vive non è cosi grave creando una sorte di autodifesa.
A volte si sa di aver bisogno di qualcuno ma ... per una questione anche di orgoglio ... si lascia perdere mettendo grossi muri difficili da abbattere in un secondo tempo.
La vergogna di sentirsi in difficoltà è una sensazione fastidiosa ma non riprovevole.
Personalmente tento sempre un pò tutte le strade ma se davvero mi rendo conto di essere impossibilitata mi rivolgo a chi mi ama veramente.
Certo è che ... bisogna avere una mente forte anche per potersi rialzare in seguito farfalla.:

pluto 10-03-2005 17.40.08

Eh sì condivido in pieno quanto dici TFFC...bisogna avere "una mente forte anche per potersi rialzare in seguito" E' il rimuginio della mente che va combattuto e non è possibile fermarla.Ognuno di noi ha le proprie esperienze dolorose.E' difficile che altri possano capire cosa si ha dentro.Ho letto recentemente un libro di Vittorino Andreoli "Capire il dolore" E' un libro che concerne la sua esperienza di psichiatra. Analizza proprio l'aiuto che gli è stato richiesto dai molti suoi pazienti.Alla fine mi sono detto: sì un libro di molta sofferenza, ma ognuno ha una sua storia e ognuno deve riuscire a gestire quotidianamente il proprio dolore perchè ognuno di noi ha un carattere diverso. Io credo molto nella diversità di carattere tra le varie persone.E' il tempo che accentua la diversità.Anche perchè chi non è riuscito ad uscire dalla sua mente e ad attingere anche al cuore vive male.Ma il tempo ci logora anche nel carattere. Purtroppo! abbraccio:

TFFC 11-03-2005 17.23.39

Mi è piaciuta moltissimo la tua riflessione Pluto!
Non se se "carattere" sia il giusto termine che ci contraddistingue ma ... è quello piu usato quindi ... concordo :C:

RedWitch 13-07-2005 10.20.48

Ammettere di aver bisogno di aiuto è già un ottimo passo a mio avviso, anche se poi.. da lì a chiederlo... ne passa di acqua sotto i ponti!
L'orgoglio, gioca un ruolo molto forte... è difficile chiedere aiuto. Si chiede aiuto quando si tocca il fondo, a volte nemmeno se si è a fondo... ma si puo' anche accettare aiuto accogliendo una mano tesa.... cosa non meno difficile...
Personalmente , ho imparato che non c'è niente di male a chiedere aiuto, sempre che non ci si appoggi completamente a chi ci si rivolge. L'aiuto deve essere una spinta, non un alibi per non affrontare la vita... sono sempre stata una persona estremamente indipendente, e quando per causa di una forma d'ansia molto forte, mi sono trovata a dipendere dagli altri... è stato terribile. Svilente. Solo dopo ho capito che dipendeva da me accettare aiuto senza per questo dipendere completamente da chi mi stava intorno. In questo, credo finalmente di aver trovato un equilibrio... (almeno in questo qgreenjum: ).... Poi ovvio, siamo noi alla fine a dover tirare fuori ciò che abbiamo dentro, e "aiutarci da soli"... come ha detto Pluto ognuno ha la propria storia e i propri dolori, chi ci sta intorno, puo' darci una spinta, sta a noi accettarla! fiori.gif

Era 13-07-2005 11.41.52

fiori.gif bacini.gif wub.gif

RedWitch 13-07-2005 11.49.11

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Marib 13-07-2005 12.16.39

Chiedere aiuto. Non penso sia una questione d'orgoglio. Quando stai cosi' male da averne bisogno l'orgoglio è l'ultima cosa a cui pensi. L'incoerenza diventa spontanea.
Ma chiedere aiuto significa ammettere di stare male. Di essere sbagliata. Di non sapere gestire le tue emozioni.
Vorrebbe dire "disturbare"... angosciare un'amica/o con le tue ansie... Offrire in cambio frustrazione per non poter risolvere il problema. Chiedere aiuto è rivivere le proprie paure. Dargli il suono della voce od il carattere di uno scritto. Nero su bianco: il problema c'è. Non è piu' un pensiero tutto tuo.
Chiedere aiuto significa parlare... ma spesso se si arriva ad una chiusura interiore è perche' si è disimparato a farlo...

Chiedere aiuto è... non rileggere quello che ho scritto, perche' lo cancellerei!!

Uno 13-07-2005 13.34.57

Bella questa discussione!! E non perchè l'ho aperta io, ma per quello che avete scritto voi :@@

Orgoglio..... gira gira... si o no.... questo viene fuori....
Verso quello che gli altri pensano di noi? O verso quello che noi pensiamo di noi stessi?
Ci stanno entrambi in percentuali diverse a seconda della persona....

Adesso chiedo un aiuto a chi soffre per capire una cosa, evidentemente io non soffro o non so di soffrire per cui questa cosa non la so.
Perchè se sto male non cerco con tutte le mie forze di trovare una soluzione?
Si (azzardo) magari sono senza forze.... ma per esperienza ho visto che anche quando sono sfinito (per altri motivi) se c'è una cosa che voglio fare la faccio...
Non capisco.... grazie a chi mi vorrà aiutare a capire, non si sa mai potrei stare male anche io prima o poi, mi preparo....

Era 13-07-2005 13.37.55

Citazione:

Originalmente inviato da Marib
Chiedere aiuto. Non penso sia una questione d'orgoglio. Quando stai cosi' male da averne bisogno l'orgoglio è l'ultima cosa a cui pensi. L'incoerenza diventa spontanea.
Ma chiedere aiuto significa ammettere di stare male. Di essere sbagliata. Di non sapere gestire le tue emozioni.
Vorrebbe dire "disturbare"... angosciare un'amica/o con le tue ansie... Offrire in cambio frustrazione per non poter risolvere il problema. Chiedere aiuto è rivivere le proprie paure. Dargli il suono della voce od il carattere di uno scritto. Nero su bianco: il problema c'è. Non è piu' un pensiero tutto tuo.
Chiedere aiuto significa parlare... ma spesso se si arriva ad una chiusura interiore è perche' si è disimparato a farlo...

Chiedere aiuto è... non rileggere quello che ho scritto, perche' lo cancellerei!!

wub.gif
ci si sente così hai ragione...inutili...ingombranti....
eppure marib un' Amica....sa....sente quando si ha bisogno
di lei.....anche solo di un ascolto....un'Amica non ha bisogno
di essere interpellata.....dobbiamo solo darle/gli il modo
di "aiutare"

invece...chiedere aiuto E' rileggere quello che hai scritto....
scrivere aiuta...nè sono convinta....almeno all' inizio...
è come prendere il dolore e portarlo fuori....
posarlo sul foglio e riconoscerlo fuori di noi....
è come affrontare un nemico che finalmente ha
un volto....lo guardi....da prima timorosa...poi attenta
e spesso ti rendi conto di quanto sembrava grande...
quel vigliacco.....nascosto dentro...protetto dal buio...
qui fuori...alla luce....su un foglio bianco....lo vedi per quello che è
un vigliacco che tenta di rovinare la tua vita.....

non dico che è facile....e nemmeno indolore.....
ma cavolo....vogliamo si o no.."combattere" per
una serenità che ci spetta di diritto?

un bacio grandegrande a tutti quelli che hanno
bisogno d' aiuto...me compresa wub.gif

Marib 13-07-2005 13.56.51

Sto male = chiedo aiuto.
Non è così immediata la faccenda!

Sto male = i pensieri non sono lucidi = come si compone la frase: ho bisogno di aiuto!!
E' piu' facile nascondersi... meno doloroso.

Meno doloroso? Non è vero nemmeno questo... perche' non starei male allora. Ed allora cos'è?
Chiedi aiuto: ti aiuteranno a capire.

Capire cosa? Non so dirti cosa mi fa stare male. Oppure si'. Coraggio dillo cosa ti fa stare male. E' un pensiero.

E dillo no?? Ma è confuso. E' tra tanti. Mischiato. Incancrenito. A volte puzza pure... ed infetta tutti gli altri. Pensieri contorti. Irreali. Fantasiosi.
Non è vero. E' successo. E' stato detto. E' stato fatto.
Ma forse ho capito male.

Chiedo aiuto: spiegami. Ma tu non c'eri. Non puoi sapere. E poi ho perso il filo. Chiedo aiuto per cosa? Io ho ragione... ma quale???

Uno 13-07-2005 17.14.10

Grazie Marib
intanto sento la tua campana, saranno tutte uguali? Non credo, magari il fondo, la sostanza, ma la forma penso che cambi per ognuno.

"Il pensiero incancrenito che puzza nascosto in mezzo agli altri"
Mi hai illuminato :wow:
infatti non direi che non sei lucida, lo sei fin troppo, almeno questo io percepisco, magari tu non la vedi nella stessa maniera, comunque hai fatto un analisi spietata della tua mente e hai anche trovato il problema, un pensiero.... un singolo pensiero che si nasconde, ma sempre lui è...... si traveste vuole fuggire, vuole convincerti che non c'è.... ma ndò va? La mente è quella prima o poi lo becchi.
Che gli facciamo? (mi ci metto come spirito di corpo, Ermopoliana o Ermopolitana come cavolo si dice, sei )
Io ho la sensazione che combatterlo non sia la migliore cosa, è furbo, cambia travestimento, penso che se cerchi di dargli una mazzata ci gode pure, tu ti stanchi e lui la fa da padrone nella tua mente. Indagare se è nato li o ce lo ha messo qualcun'altro non credo serva, in ogni caso lo hai fatto entrare tu no?
Tanti fanno finta che non ci sia, sperano che faccia un passo falso, mi sa che non funziona neanche questa...... tu hai un idea? Ah no se no non staresti male...
Ti faccio una proposta, teniamolo sotto controllo, anzi tocca a te l'ingrato compito.... ma tu sai già chi è sto st.... di pensiero vero?

Marib 16-07-2005 00.40.20

Oggi mi ha fatto compagnia. Ma ho riso anch'io!!

Uno 16-07-2005 13.49.14

Citazione:

Originalmente inviato da Marib
Oggi mi ha fatto compagnia. Ma ho riso anch'io!!

Bene bene..... se hai voglia, descrivimi l'aspetto di quel manigoldo.... sempre ai fini della mia ricerca.... se ne vedo uno che tentasse di aggirarsi dalle mie parti chiudo tutto soio.gif

Amy 17-07-2005 16.33.57

Non sono così convinta che chiedere aiuto sia "cadere in basso...così in basso da....." , anzi...per me arrivare a chiedere aiuto è un percorso normale di ogni individuo in difficoltà! E' una presa di coscienza ...un ammissione di responsabilità verso se stessi! Vicino a noi abbiamo persone che ci vogliono bene...chiedere aiuto a loro (amici, parenti,compagni/e) e coinvolgerli nei nostri problemi non è mancanza di rispetto nei loro confronti...anzi lo sarebbe il contrario! E non è nemmeno "disturbare" ....un' amico/parente in difficoltà non disturba..ha bisogno di aiuto e se siamo nella posizione giusta per concederglielo perchè non dovrebbe rivolgersi a noi?

In questo momento ho bisogno di aiuto...e non ho avuto nemmeno il bisogno di chiederlo...chi mi conosce e mi vuole bene mi sta aiutando, a suo modo, di sua spontanea iniziativa..

E' importante non isolarsi, non vergognarsi di versare lacrime davanti a loro...perchè non c'è niente di male nello "stare male"...

Ray 11-08-2005 14.08.02

Provo a rispondere alla domanda di Uno, anche se ho il lieve sospetto che essa sorga più dall'intenzione di stimolare riflessioni e contributi che da un reale dubbio personale.
La domanda verteva sulle motivazioni che rendono difficile a chi "sta male" il chiedere aiuto ed accettarlo una volta chiesto o proposto; motivazioni che poi sono le stesse che spingono colui che già è in terapia a manifestare quelle "resistenze" tanto care agli psicoanalisti.
Innanzitutto andrebbe fatta chiarezza, per quanto è possibile, sui termini: quello che viene comunemente inteso con "stare male" è unicamente la manifestazione, esteriore o interiore, del reale problema; cioè quello che viene chiamato "sintomo". Intendo che il sintomo, lungi dal coincidere con lo "stare male" è invece il frutto della reazione al problema che l'individuo è stato in grado di mettere in atto. Esso è sempre frutto di meccanismi di difesa inconsci che tendono a proteggere dal problema che, come vedremo, si consustanzia sempre in un conflitto o serie di conflitti. Quindi il sintomo è prodotto dalla "parte sana" dell'individuo e infatti, la psicologia tende, o dovrebbe tendere, a non abbatterlo a differenza della psichiatria (medicina allopatica) che invece lo combatte e tutto riduce ad esso, manifestando così la più completa confusione sul funzionamento della psiche che vorrebbe "curare".
Detto questo si può capire come il sintomo (o i sintomi), una volta manifestatosi, permetta all'individuo di prendere coscienza di un qualche conflitto interiore non risolto.
Provo un esempio: mia madre, a cui voglio molto bene, fin dall'infanzia ha proiettato su di me un'enorme serie di aspettative su come io dovrei essere, implicitamente comunicandomi che io "andavo bene" ed ero degno del suo affetto unicamente alla condizione di soddisfare le sue aspettative, a costo di non curarmi delle mie. Questo meccanismo, da me vissuto nella sfera emotivo-sentimentale ha prodotto e nutrito un conflitto piuttosto profondo tra il desiderio di farla felice (sentimento verso di lei) e quello di "seguire la mia strada" (sentimento verso di me) e siccome, fino ad una certa età, l'interiorizzazione della figura materna interagisce con l'identità, questo conflitto mi mina alle fondamenta. Risultato: mi sento completamente inadeguato a vivere, ad avere rapporti sociali, affettivi ed a diventare autonomo psichicamente. Questo stato di cose si manifesta ogni qual volta devo affrontare situazioni che richiedono implicitamente una scelta tra me e mia madre. Avrò ansia da situazioni, angoscia esistenziale, qualche fobia, probabili attacchi di panico.
I sintomi mi spingeranno a rendermi conto che qualcosa non va e ad agire di conseguenza.
Tuttavia agire di conseguenza, che può prevedere anche il chiedere aiuto se non altro per divenire coscienti del conflitto che mi lacera, implica che, prima o poi, io debba operare una scelta di cambiamento la quale, giocoforza, mi porterà a rinunciare a quei "benefici" che traggo dal mantenimento dello status quo, tipo non dovere mai mettermi in discussione, non dovere affrontare situazioni difficili, rinunciare all'accudimento materno e così via. In una parola "crescere".
C'è un altro fatto di notevole importanza: tra questi "benefici", che vengono definiti "ripagamenti nevrotici" ve n'è uno comune a tutte le situazioni sia sane che insane ed è quello della paura dell'ignoto che necessariamente si affronta ogni qual volta si va incontro ad un cambiamento. Necessariamente esso implica l'assunzione di responsabilità delle proprie scelte, ad un livello sempre più elevato. Esiste una forza in noi che si oppone.
Questa forza, semplificando il discorso ai limiti dell'accettabile, possiamo chiamarla ego. L'egoismo, l'orgoglio e via dicendo sono sue manifestazioni. Ogni scelta di crescita è una mossa contro l'ego e a favore dell'Io.
Non si pensi che con questo discorso si voglia giudicare alcuno, anzi l'opposto. Mira, speriamo, ad una maggiore comprensione. Chi "sta male" non è consapevole dei meccanismi descritti. Infatti la parte iniziale di una terapia dovrebbe portare nel conscio proprio essi in modo da permettere a colui che desidera "stare bene" di conoscere il suo "nemico".
Mi rendo conto che questa spiegazione genererà più domande ed obiezioni di quanto forse chiarisce. Attendo e mi impegno a tentare di dipanare i successivi dubbi.
Un'ultima parola a proposito del mio virgolettare. Il concetto di "stare male" e conseguente "stare bene" andrebbe rivisto decisamente proprio a partire dal verbo "stare" e comunque staccandolo il più possibile dalle concezioni dell'attuale medicina che tendono a deresponsabilizzare l'individuo fino ai massimi livelli omologando alla quantità ciò che è passibile di considerazioni unicamente qualitative.

Kael 11-08-2005 16.39.33

Citazione:

Originalmente inviato da Uno
Ma in definitiva per poter accettare aiuto bisogna cadere talmente in basso che più in basso non si può....

Sono d'accordo con te Uno sul fatto che bisogna "cadere in basso".
Ma come spiegato bene da Ray, ciò che deve cadere è appunto l'Ego(ismo), a beneficio dell'Io crescente.

E se pensiamo che molti, fra le persone comuni, credono che il chiedere aiuto sia un fatto di debolezza... questo implica che per loro l'ego rivesta un ruolo più importante dell'Io e non viceversa...

Era 11-08-2005 18.24.15

Anche il non voler o il non saper chiedere aiuto rientra nel 'mal-essere'
prendo spunto da Ray...
è vero che la parte sana lancia un sintomo avvisandoti che lo
devi realizzare.....comprendere....per rilevare il 'disagio'....
che se non compreso porta al malessere e poi al disagio grave...
con conseguente malattia....psichica o fisica....
qui entre in gioco il cervello....la mente...con i suoi 2 emisferi...
il destro che si occupa di gestire le situazioni emozionali..
affettive...alle intuizioni...ai sogni che siano ad occhi chiusi o aperti..
è il lato ricettivo (femminile)
il sinistro che invece è il nostro razionale...quello che 'impara' a leggere
scrivere ...contare...riflette ...analizza...cerca connessioni..
è il lato logico (maschile)
tra i due emisferi c'è uno scambio di informazioni e di conflitti...
perdona Ray... se 'uso' il tuo esempio....
cosa accade nel cervello:
il fatto
*voglio bene a mia madre...e sono felice di appagare i suoi sogni
però leSUE aspirazioni limitano "la mia strada" ..il mio progredire
la mia indipendenza....
lato dx:sento l' affetto per mia madre ma anche i limiti che mi
vengono posti...sono quindi deluso...scontento...
lato sx:analizzo la situazione...e mi dico...non mi serviva
studiare/avere soldi/occasioni/...volevo seguire "la mia strada"
quello che resta di questo lavoro tra gli emisferi è:
"fare felice una persona=limitare il mio crescere
e ogni volta che dovrò accontentare...una persona sentirò
questa limitazione.....
credo vada detto che il "nocciolo" del disagio può nascondersi o meno
nell' inconscio.....ma molto spesso...questo stesso disagio viene usato
per crearsi alibi...per non reagire....per non aiutarsi a guarire....
e qui potrebbe scattare un' altra equazione 8Sbagliata a mio parere):
"sto male=attiro l' attenzione=mi curano"

torno al sintomo di cui sopra....'curarlo' significa inibire un' occasione
per comprendersi...comprendere....e risolvere....quindi daccordissimo
sull' operato dell' attuale medicina

Ray 11-08-2005 18.58.44

Rilevo graditamente che, almeno in apparenza ed almeno per ora, il mio intervento ha apportato un po' di chiarezza. Completamente daccordo con Era quando dice che il disagio può venir e viene usato per attirare attenzione, accudimento e quan'altro. Si tratta di uno di quei "benefici nevrotici" a cui accennavo.
Interessante la puntualizzazione sul funzionamento cerebrale, purchè si limiti ad un parallelismo, ovvero al manifestarsi di un dato meccanismo ad un dato livello e precisamente quello del supporto corporeo. Ciò che conta è non pretendere, come invece fa la medicina allopatica, di stabilire un nesso causale fra i meccanismi di cui uno ho descritto io, l'altro Era.
Tra l'altro, anche ove si volesse supporre un nesso causale, si dovrebbe operare in modo inverso a quello della medicina allopatica, cercando di ristabilire quella gerarchia mente-corpo nella quale la corporeità funge appunto da supporto.
In ogni caso, ripeto, è foriero di confusione stabilire nessi causali così come sono intesi dalla "scienza" ufficiale, in quanto tentativo di stabilire nessi di una tipologia che vale solo in una delle due sfere prese in considerazione.
Quindi ringrazio Era per la sua precisione.
Ci sarebbe da dire molto invece sul concetto di "inconscio", parola tra le più abusate oggidì. L'argomento meriterebbe una discussione specifica e se c'è interesse si può fare. Per il momento basti rilevare che l'attuale concetto è lungi dall'essere privo di contraddizioni dato che dovrebbe essere qualcosa che smette di esistere man mano che la si conosce.
Quel che però va detto è che non si tratta di una "zona" nel senso spaziale del termine, in quanto non di spazio si sta trattando. Quindi dire che un determinato contenuto si colloca "nell'inconscio" è un modo di esprimersi che andrebbe usato solo dopo le dovute precisazioni analogiche ed in ogni caso molto poco felice. Tendenzialmente per "inconscio" si intendono una serie di meccanismi più che un contenitore o una causa agente.

Uno 11-08-2005 19.56.52

Sono più per l'approccio olistico (che poi hai implicitamente specificato Ray), gerarchia mente-corpo è separazione uguale a corpo-mente.
Devo dire che oggi pur generalmente e molto spesso partendo da problemi interpersonali di vario tipo (rapporto genitori-figli in testa)come nell'esempi avete evidenziato poi i problemi si concretizzano quasi sempre nella percezione del proprio corpo che sta sempre più sparendo. Viene molto amplificato da mode varie che mortificano il corpo instillando modelli irreali e assurdi, d'altro canto c'è un fiorire di falsa spiritualità che fa credere di dover vivere senza corpo e senza mente per elevarsi, in definitiva oggi più mai vale il detto:" So di avere un braccio quando mi fa male".
In sintesi la malattia è un processo inverso all'appropriarsi della propria vera individualità, a tutti i livelli, fisico, mentale etc
E prendendo spunto dai vostri interventi in cui si cerca una soluzione seppur teorica, riaffermo (chi mi conosce l'avrà già letto spesso) che non esiste il medico o terapeuta perfetto, non esiste malattia incurabile, ma esiste il malato curabile o meno....

Grazie per aver ripescato un argomento che come molti altri merita di essere portato avanti

seleparina 12-08-2005 10.08.37

Citazione:

Originalmente inviato da Ray
cercando di ristabilire quella gerarchia mente-corpo nella quale la corporeità funge appunto da supporto.

Temo di non aver capito piango.gif

Qualora coesistessero i due meccanismi, e ponendo il caso in cui i disagi scaturiti da tali meccanismi si manifestino con una serie di comportamenti inusuali e inconsci, come intervenire? blink.gif

Comunque ringrazio tutti voi per avermi aiutato nella comprensione di tali problematiche, questo a conferma del fatto che il caso non esiste fiori.gif

Ray 12-08-2005 13.07.39

Provo a chiarire quanto riportato da Seleparina.
Innanzitutto rimando al mio intervento per ricordare quanto detto a proposito dell'inopportunità di stabilire arbitrariamente un nesso causale dei meccanismi di cui si parlava. Questa inopportunità deriva dal fatto che, appunto, un rapporto diretto causa-effetto, in qualunque direzione lo si voglia stabilire, prevede una netta separazione di ciò cui si riferisce la causa da ciò cui si riferisce l'effetto. Separazione che, nel caso mente-corpo, non ritengo insita nella natura degli stessi ma solo nel percepito e nel pensato di chi ne parla.
Anch'io, naturalmente, sono con Uno nel preferire l'approccio olistico in quanto esso permette livelli di comprensione più elevati a proposito di ciò che si tenta di conoscere. La dualità che ho citato è innanzitutto discorsiva, anche se bisogna ammettere che, almeno ad un dato livello, quello specifico dell'esistenza corporea che permette l'auto-coscienza, essa sussiste. Infatti è solo in seguito che, tramite sintesi a livello superiore per la quale l'approccio olistico è ottimo strumento, la dualità scompare; o meglio viene "risolta" in un meccanismo di unificazione che man mano ci innalza ed innalza la nostra visione del mondo.
Per quanto riguarda quel che ho detto a proposito della gerarchia (parola oggi abusata, ma con una specifica connotazione da un punto di vista tradizionale) volevo unicamente intendere che, fino a quando ci si mantiene al livello in cui la dualitò mente-corpo resta valida, andrebbe stabilita o ri-stabilita quella gerarchia che vede la mente dominare sul corpo e non viceversa, come invece spesso accade all'uomo moderno comune, posseduto dai suoi instinti. Con i concetti di "gerarchia" e "dominio" non si vuole connotare positivamente, tantomeno negativamente, i due elementi così come, per analogia, sarebbe assurdo connotare negativamente le fondamenta di un edificio e positivamente il suo tetto. Le fondamenta sono necessarie al tetto. Basta non dimenticare che esse stanno "sotto" e che fungono da supporto mentre noi si cerca di vivere ai piani più alti possibile.
Per quanto riguarda i dubbi d Salaparina c'è da dire, prima di ogni altra cosa, che i meccanismi descritti da me e da Era coesistono sempre, proprio perchè non sussiste separazione vera tra mente-corpo, conscio-inconscio e qualsivoglia altra dualità si ritenga di prendere in considerazione. Certo è che, per intervenire, è opportuno agire sulla sfera più "alta" possibile, ovvero cercando di avvicinarsi, con l'intervento, più possibile all'origine del problema. Dal mio punto di vista un miglioramento psicologico ne provoca uno fisico molto più e molto meglio che nel caso invertito. Per quanto riguarda il come intervenre l'argomento è troppo ampio per essere trattato in questa sede. Basti dire, a mo di indicazione, che "colui che aiuta" dovrebbe essere in grado di suscitare in "colui che gode dell'aiuto" quei meccanismi di crescita già insiti in lui ma inficiati o solamente ottusi dal disagio che si presenta. Il come specifico dipende, di volta in volta, dalla tipologia del problema, dagli individui in questione, dalle condizioni ambientali e così via. Si deve quindi esaminare caso per caso da un punto di vista qualitativo, evitando di omologare un problema ad un altro solo perchè "appaiono" simili agli occhi dell'osservatore disattento.

Uno 12-08-2005 14.41.14

uhum Ray... come si fa ad arrivare ad un livello superiore se si separa il corpo dalla mente? L'esempio che ho fatto sopra è frutto di osservazioni in cui vedo che sempre più persone si stanno isolando nel mentale credendo di evolversi, anche quelli che parlano di abbandono dell'ego (altra abberrazione), e perdono il contatto con il corpo....

Ray 12-08-2005 15.03.30

mi sa che l'incomprensione è da imputarsi in molta dose al linguaggio. Non credo che saimo su lunghezze d'onda così diverse.
Ho parlato di dualità e non di separazione, anzi ho negato la separazione. Infatti nulla che è veramente separato è passibile di essere unito, motivo per cui nulla è veramente separato.
Inoltre non si "arriva" a livelli superiori. Essi sono già presenti. Tuttalpiù si può parlare di ascesa della comprensione, di "accesso". La dualità che ribadisco esistente lo è solo ad un livello, più o meno iniziale, di percezione. Come dire che ci "sembra" di "avere" un corpo. Ma a chi sembra? Evidentemente non al corpo. Quindi si postula nel pensiero un soggetto altro dal corpo. In seguito, compresi i collegamenti e le analogie, si "sintetizza" la dualità (dicevo prima "risolve") in un'identità più ampia.
Condivido pienamente, ma si tratta di un problema particolare, il tuo timore a proposito della tendenza di "isolarsi nel mentale", "abbandonare il corpo" e "abbandonare l'ego" pretendendo di evolversi. Questa pretesa ha la stessa logica di colui che volesse raggiungere un dato luogo lasciando indietro la sua mano o il suo piede. Purtroppo queste vere e proprie aberrazioni, come dici tu, sono frutto della mentalità tipicamente moderna ed occidentale che tende a creare confusione in più o meno tutti i campi. Quindi, accetto il tuo richiamo e ribadisco ciò che ritenevo implicito, a scopo di chiarezza. Il corpo, in quanto supporto o in qualsivoglia modo lo si consideri, non può venire "abbandonato" o "dimenticato" tanto quanto ci si possa permettere di abbandonare o dimenticarele fondamenta di un edificio mentre si cerca di costruire piani superiori. Ciò che conta è non limitare la propria identificazione con esso, il che ridurrebbe l'individuo alla sola sfera animale. Isolarsi nel "mentale", nei limiti di quanto può essere trattato in questa sezione, lungi dal provocare evoluzione ottiene l'effetto opposto proprio per il verificarsi di una divisione ulteriore a scapito di un' unione. Per quanto riguarda poi l'abbandono dell'ego (termine sul quale sarebbe il caso di accordarsi molto bene sopreattutto in una sezione di psicologia) detto abbandono rappresenta un assurdo in quanto chi dovrebbe abbandonare chi? Se il soggetto abbandonante è lo stesso che viene abbandonato saimo di fronte ad una vera impossibilità. Ciò che invece andrebbe perseguito è il trasferimento delle funzioni dell'ego inferiore ad un Io superiore in via di "costruzione".
Spero di avere chiarito il mio punto di vista, in ogni caso, in particolar modo su questi argomenti, repetita iuvant

Uno 12-08-2005 22.30.12

Non avevo dubbi che non siamo lontani come lunghezza d'onda, ma al pari tuo approfitto sempre per tentare di chiarire più possibile e vista l'attenzione che molto spesso noto scarsa (non è riferimento a nessuno in particolare, anzi qui in questo forum c'è una buon livello di attenzione generalmente ) di ripetere come tu hai scritto in fondo al post, sperando di giovare.
Anche se leggermente fuori sezione mi interessa puntualizzare una cosa.
Accesso a comprensioni superiori.... sono d'accordo che esse già esistono in noi come particella del tutto, ma in quanto individui dobbiamo "attrezzarci" perchè nuovi e più ampi modelli di pensiero possano trovare casa in noi.. qui volevo arrivare con ribadire l'importanza di una certa fisicità non limitata solo al visibile, anche se a volte la parte materiale può dare segnali soprattutto a chi inizia un percorso di autoconoscenza... è più facile notare di non avere una adeguata coscienza corporea che accettare di volersi nascondere delle cose mentalmente... sto generalizzando ovviamente sulla base delle tendenze odierne, ma non escludo la possibilità di individui che per costituzione siano avvantaggiati nel lavorare mentalmente principalmente....

Ray 13-08-2005 12.49.22

Hai ragione su tutti i punti, a parer mio.
Effettivamente siamo un po' fuori sezione, datao il carattere "profano" dell' odierna psicologia così come viene comunemente intesa. E' proprio per questo motivo che tentavo, ove possibile, di far confluire i discorsi ai punti che mi paiono caratteristici del forum in generale e che, mi pare, costituiscano l'intenzione principale. Tuttavia probabilmente ho esagerato in molti sensi, complice anche l'alto livello di comprensione che ho percepito in quasi tutte le discussioni lette. Ricalibrerò. Sottolineo solamente che ho ritenuto di contribuire a quella sezioni e quelle discussioni che, dal limitato mio punto di vista, più si avvicinavano già da sole ai punti di cui sopra. Quindi bastava veramente poco per "indirizzare" l'argomento a qualcosa di non completamente autoreferenziale, come lo sono la quasi totalità della moderne discipline.
Il tutto proprio nell'ottica di "attrezzarsi", attingendo agli strumenti che qui ho trovato e mettendo a disposizione i miei. Il problema generale che rilevi sulla fisicità lo trovo di estrema attualità Affrontarlo tuttavia non è semplice e forse questa è la sezione meno adatta... o forse no. Che ne pensi-pensate?

Uno 13-08-2005 14.59.29

Citazione:

Originalmente inviato da Ray
Il tutto proprio nell'ottica di "attrezzarsi", attingendo agli strumenti che qui ho trovato e mettendo a disposizione i miei. Il problema generale che rilevi sulla fisicità lo trovo di estrema attualità Affrontarlo tuttavia non è semplice e forse questa è la sezione meno adatta... o forse no. Che ne pensi-pensate?

Va benissimo: tu attingi pure quello che ti pare buono e metti a disposizione quello che hai, mi trovi senz'altro complice.

Non è la sezione adatta anche se ci sono discipline che iniziano ad esaminare una psicologia non disgiunta dalla fisicità, ma come te penso che siano talmente giovani che pur pescando nella saggezza millennaria oltre un certo livello non arrivano, le trovo utili però per una persona che voglia introdursi all'autoconoscenza almeno solo per rompere dinamiche che continuano a ripetersi per tutta la vita, certo ci sono strumenti ben più efficaci appena superato il primo gradino, l'efficiacia deriva dal poter applicare un intenzione sempre più cosciente e potente.

P.s. hai capito benissimo le intenzioni del forum, utilizzare argomenti vari (anche i più leggeri), come dovrebbe essere nella vita, per tendere ad approfondire come/dove possibile quello che io (e non solo mi sembra) ritengo il vero succo dell'esistenza.

griselda 24-03-2010 21.17.10

Ho letto questo 3D per la prima volta dopo 4 anni che sono qui, mi domando come mai l'ho letto solo adesso. Mi rispondo che prima non avrei avuto modo di accettarlo forse? Fa male anzi malissimo ora tanto che è come se mi fosse caduto un masso sullo stomaco...
La tua domanda Uno voleva che trovassi la risposta in questo 3D e dopo essermi soffiata il naso e sollevato un attimo il masso per riuscire a scrivere penso che se mi lascio sopraffare da quello che è il pensiero di mio figlio.... invece che tenerlo fisso su di me non so se ce la faccio. Si ok che razionalmente mi posso dire che è l'ego che lo fa apposta etc etc, ma in questo periodo ne ho già passate delle belle, chissà speriamo che mi abbiano rinforzato. Di certo vorrei che mio figlio non si trovasse mai a vivere i miei problemi per cui voglio capire bene, e trovare la cosa giusta per me e per lui specialmente che non mi ha chiesto di nascere, io non l'ho cercato ma lo amo tanto, oltre al tutto il resto che ci può stare dietro di ego mica ego di manie di perfezione e tutto il resto, non vorrei solo che -vivesse- come me, ovvero come -non ho vissuto- io.
Adesso mi fermo a rileggere sino a che non avrò chiaro quello che devo fare

RedWitch 10-10-2011 01.09.52

Citazione:

Originalmente inviato da Uno (Messaggio 8462)
..................
E prendendo spunto dai vostri interventi in cui si cerca una soluzione seppur teorica, riaffermo (chi mi conosce l'avrà già letto spesso) che non esiste il medico o terapeuta perfetto, non esiste malattia incurabile, ma esiste il malato curabile o meno....
....................

Vorrei chiedeerti Uno o a chi ha capito, se puoi provare a rispiegare la parte in neretto.. è una frase che mi gira in testa da quando l'ho letta (anni fa) , ma che non riesco ad afferrare, non la capisco bene.
Ci sono fino al "non esiste medico o terapeuta perfetto", ma dopo mi perdo. Malattie come il cancro, o anche altre malattie serie che portano alla morte, o anche quelle che generavano epidemie e la morte di tante persone, non sono incurabili? Dipende sempre dal malato?
La frase la interpretavo come se in qualche modo la parte determinante spettasse al malato, alla sua volontà di vivere e guarire, ma a volte, a me pare che non sia sufficiente. Immagino quindi che "esiste il malato curabile o meno", abbia una significato che mi sfugge, anche se è scritto chiaramente li...

Ray 10-10-2011 13.16.35

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 104844)
Vorrei chiedeerti Uno o a chi ha capito, se puoi provare a rispiegare la parte in neretto.. è una frase che mi gira in testa da quando l'ho letta (anni fa) , ma che non riesco ad afferrare, non la capisco bene.
Ci sono fino al "non esiste medico o terapeuta perfetto", ma dopo mi perdo. Malattie come il cancro, o anche altre malattie serie che portano alla morte, o anche quelle che generavano epidemie e la morte di tante persone, non sono incurabili? Dipende sempre dal malato?
La frase la interpretavo come se in qualche modo la parte determinante spettasse al malato, alla sua volontà di vivere e guarire, ma a volte, a me pare che non sia sufficiente. Immagino quindi che "esiste il malato curabile o meno", abbia una significato che mi sfugge, anche se è scritto chiaramente li...

Beh, intanto andrebbe specificato che non esistono le malattie incurabili. Esistono malattie di cui non si conosce una cura che funzioni nella maggior parte dei casi, così come non esistono cure per qualche malattia che funzionano nel 100% dei casi.
C'è gente che guarisce dai tumori ad esempio, anche se la scienza ufficiale non sa ancora come.
Esistono anche quei malatri che non guariscono mai anche se la cura ufficiale per quella malattia è nota e funziona per la maggioranza dei casi.

Discorso non certo concluso... solo spunti per ragionare.

webetina 10-10-2011 14.40.53

Non solo il cancro risulta incurabile in alcuni pazienti nel senso della guarigione totale, spesso non si guarisce nemmeno dalla depressione, dalla malinconia o dalle fissazioni. Ma la cura, mi chiedo, ha senso solo se si supera una malattia ?

diamantea 10-10-2011 15.27.02

Da quanto ho fin ora letto nei vari 3d si è parlato di capacità del corpo di accogliere stati di evoluzione spirituale sempre maggiori, come se il corpo dovesse accompagnare e contenere questi livelli energetici. Contrariamente a quanto si pensava anni fa che lo spirito doveva mortificare i bisogni del corpo ora il corpo assume il suo ruolo primario. Un corpo sano ed adeguatamente preparato accoglie più energia che serve per l'evoluzione.
Non ricordo più dove ho letto l'esempio di Uno di chi stando seduto non riesce a tenere ferma una gamba, come incapacità di gestione dell'energia. Poi una delle prime domande che mi ha fatto è se io avessi mai sentito il mio corpo...
C'è stato un periodo che avevo quasi abbandonato il mio corpo lasciandolo ammalare, ora me ne sono riappropriata guarendo da tanti piccoli mali che prima sembravano incurabili, cronici.
Come dice più su Ray ci ricordiamo del braccio quando ci fa male. Può darsi che le malattie vengano per prendere consapevolezza del nostro corpo e se non si riesce nella guarigione si potrebbe non essere pronti ad accogliere nuova energia, nuova vita. Oppure ci sarà un tributo da pagare così come nostro Signore ci insegna attraverso il martirio, non solo fisico ma anche mentale, morale chissà.
Spesso non chiediamo aiuto perchè neghiamo il male, come fosse qualcosa che può capitare solo agli altri, che noi siamo forti e fortunati ed ora guariremo per miracolo, come fossimo raccomandati dal Cielo, ma poi la malattia piega questa convinzione e si può trovare la Fede nel momento estremo, o farla trovare a chi ci sta accanto. Non sappiamo qual è il nostro Progetto in questa vita, quanto e in che modo la nostra vita sia funzionale a quella di altri.

griselda 10-10-2011 16.09.54

Citazione:

Originalmente inviato da RedWitch (Messaggio 104844)
Vorrei chiedeerti Uno o a chi ha capito, se puoi provare a rispiegare la parte in neretto.. è una frase che mi gira in testa da quando l'ho letta (anni fa) , ma che non riesco ad afferrare, non la capisco bene.
Ci sono fino al "non esiste medico o terapeuta perfetto", ma dopo mi perdo. Malattie come il cancro, o anche altre malattie serie che portano alla morte, o anche quelle che generavano epidemie e la morte di tante persone, non sono incurabili? Dipende sempre dal malato?
La frase la interpretavo come se in qualche modo la parte determinante spettasse al malato, alla sua volontà di vivere e guarire, ma a volte, a me pare che non sia sufficiente. Immagino quindi che "esiste il malato curabile o meno", abbia una significato che mi sfugge, anche se è scritto chiaramente li...

Beh non so di sicuro cosa volesse dire Uno posso dire cosa ha fatto e cosa fa pensare a me.
Se il sintomo è qualcosa che non va e la malattia già l'atto che fa il corpo per curarla e la malattia non nasce nel corpo ma è l'ultima possibilità per guarire si può pensare che un comportamento errato per la nostra vita e perpetrato in continuazione senza requie porti all'ultimo atto quello che utilizzando il corpo e quindi un messaggio materiale forte possa in qualche modo modificare il comportamento ma se anche questo ultimo segnale viene ignorato come gli altri da una non coscienza quindi da un malato che non riesce a farsi curare forse inconsciamente non vuole perchè quello è l'ultimo avviso possibile e sta a lui coglierlo se il suo desiderio di vita è alto si dice: "aiutati che Dio ti aiuta".
Per fare un esempio ci sono persone che non stanno mai ferme, non vogliono farlo perchè fermarsi vorrebbe dire sostare anche a pensare a rimanere sole con se stesse ma se non lo fanno nonostante avvisaglie che dovrebbero può capitare (faccio un esempio stupido) che uno scivolone che le costringe a letto.
Ecco che si è arrivati al corpo per obbligare quella persona a fermarsi se nonostante il messaggio forte si mette in piedi con le stampelle pur di non fermarsi magari quel che ne deriva è peggiore di quello....quello che voglio dire è che dietro ad una malattia e a quel che comporta c'è sempre secondo me almeno, un comportamento da cambiare...da qui il malato curabile o meno

Edera 21-12-2011 10.45.42

Citazione:

Originalmente inviato da griselda (Messaggio 104861)
Se il sintomo è qualcosa che non va e la malattia già l'atto che fa il corpo per curarla e la malattia non nasce nel corpo ma è l'ultima possibilità per guarire si può pensare che un comportamento errato per la nostra vita e perpetrato in continuazione senza requie porti all'ultimo atto quello che utilizzando il corpo e quindi un messaggio materiale forte possa in qualche modo modificare il comportamento

Il problema mi pare è che molti non accettando un minimo di introspezione e cambiamento nemmeno davanti a dolori fortissimi, estremi. Non riescono proprio ad approcciare il loro dolore in maniera costruttiva ma lo vivono come un fumine piovuto dall'alto, una disgrazia. Che senso ha? Che senso ha che qualcuno soffra così tanto, senza avere i mezzi per comprendere la sua sofferenza. A volte i disegni dell'universo mi sembrano davvero strani. Forse i mezzi si sviluppano a suon di dolori? Esiste un punto, una soglia di sofferenza oltre la quale uno riesce ad accettare una reale modifica della sua esistenza? A me sembra si possa continuare a soffrire senza un barlume per vite e vite

luke 21-12-2011 12.07.04

Citazione:

Originalmente inviato da Edera (Messaggio 107338)
Il problema mi pare è che molti non accettando un minimo di introspezione e cambiamento nemmeno davanti a dolori fortissimi, estremi. Non riescono proprio ad approcciare il loro dolore in maniera costruttiva ma lo vivono come un fumine piovuto dall'alto, una disgrazia. Che senso ha? Che senso ha che qualcuno soffra così tanto, senza avere i mezzi per comprendere la sua sofferenza. A volte i disegni dell'universo mi sembrano davvero strani. Forse i mezzi si sviluppano a suon di dolori? Esiste un punto, una soglia di sofferenza oltre la quale uno riesce ad accettare una reale modifica della sua esistenza? A me sembra si possa continuare a soffrire senza un barlume per vite e vite

A volte penso anche io che certi accadimenti abbiano un carattere quasi afflittivo più che "stimolante"...o almeno a me sembrano averlo.
Va bene pungolare, va bene far capire delle cose, ma certe volte pare non esserci alcuna correlazione tra impegno profuso e martellate che continuano ad arrivarti a destra e manca, anche quando , dal basso della mia infinita piccolezza e inutilità, mi sembrerebbe più utile e costruttivo ricevere altro rispetto a sofferenza e problemi, almeno per dei tratti, dei momenti ben definiti.

Edera 21-12-2011 12.24.25

Luke ti capisco, hai dato un taglio personale alla cosa. Ma penso che per il solo fatto di essere qui su Ermo ad esempio tu riesca a vedere qualcos'altro nelle 'martellate' che ti arrivano, come tutti gli altri qui in città. Mi riferivo più alle malattie e ai dolori subiti da chi non ha proprio nessun strumento per comprenderle... Nemmeno minimo


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