Come usciamo dalla mente (soggettiva)?
Il problema è annoso ed è da sempre oggetto di indagine filosofica e non solo. Lo imposto in uno dei mille modi possibili, solo per inquadrare e avere un esempio.
Apparentemente non abbiamo alcuna prova dell'esistenza di alcunchè al di fuori della nostra percezione. Non solo... anche l'oggetto da noi percepito non ci da alcuna garanzia di realtà al di fuori del nostro soggettivo. Mettiamola dal punto di vista della percezione. Possiamo immaginare l'incontro di due processi: le impressioni che arrivano dall'oggetto (che possiamo anche immaginarci oggettive) e il filtro della nostra percezione, che è soggettivo per forza, dato che ognuno ha delle sue proprie peculiarità ed è distinguibile da tutti gli altri. La rappresentazione di questo oggetto, nella mente, va considerato quindi il risultato di entrambi (ben che vada) ed è quindi soggettiva... ossia parzialmente discosta dall'oggettività. Traduco: di fronte a me esiste una sedia. Percepisco la sedia e posso immaginare che essa perturbi il mio campo percettivo e che faccia lo stesso con qualsiasi altro campo. Tuttavia il mio campo percettivo è soggettivo e la rappresentazione mentale (l'immagine e l'idea) della sedia percepita sarà un risultato delle due cose e cioè discosterà un tot dalla sedia reale. Ne risulta che la realtà intrinseca della sedia mi resta del tutto sconosciuta. Inoltre: qualunque grado di realtà io possa immaginare pre-esistente alla mia percezione, avrà sede nel mio soggettivo e quindi, ancora una volta, non mi darà alcuna garanzia di realtà... se non sul piano mio soggettivo, dove dubbi non si pongono. Non sono certo di aver esposto il problema in modo comprensibile.... tuttavia lancio a tutti lo stesso la domanda: (secondo voi) come se ne esce? Sempre se sia possibile... |
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Ma mi domando a che serve una tale rappresentazione oggettiva ammesso che ci si arrivi. Ammettiamo che io entri in una stanza nella quale c'e' un computer ed un quadro , io del computer nemmeno me ne accorgo invece il quadro assorbe tutta la mia attenzione . Per me la realta' e' una stanza col quadro . Questa e' la realta' per me se si intende per realta' il rapporto tra soggetto ed oggetto . Se invece si guarda solo all'oggetto allora cambia , ma a che serve questo modo di vedere? |
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Non solo la sola percezione dell'oggetto non può portere alla reale conoscenza dello stesso, questa è una prima conseguenza... il guaio è che ciò limita gli ambiti di esistenza considerabili alla mia percezione. Come dire che non posso dire nulla su una qualsiasi esistenza al di fuori di essi. Anche quando penso ad altri ambiti, essi sono in me e io percepisco questi pensieri. Non sono quindi uscito dal soggettivo, anzi forse ci sono penetrato ancor di più. Mah... |
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Davanti a me ho una sedia essa occulta la mia visuale o comunque parte di essa, alcune cose dietro la sedia non mi sono visibili. Se ogni volta che guardo davanti al mio sguardo c'è sempre quella sedia vedrò un'immagine mancante dei pezzi che le sono propri: le gambe,il sedile, lo schienale di ciò che occultano, la visione dell'insieme che avrò sarà sempre parziale e condizionata da essi. La soluzioone risiede forse nella conoscenza della forma della sedia? Se mi rendo conto che ho la vista condizionata da essa, e ne tengo conto, ogni qual volta penso di avere una visione intera dell'insieme che vado osservando posso riuscire a vedere senza la sedia. Il problema è accorgersi della sedia e conoscerla in tutte le sue parti per poterla smontare e avere senza di essa una visione oggettiva non più condizionata dalla sua forma. Come si faaaaaaaaaaaaa? diavolo.g: Perchè la prima cosa che mi viene è che se tolgo la sua sagoma la taglio insomma mi rimangono dei buchi che ancora mi impediscono di vedere il tutto. Mi fermo perchè mi sto ingarbugliando ancora di più. :C: |
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Nel momento in cui la persona perde la sua soggettività può vedere le cose per quello che sono. |
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La realtà diventa oggettiva, secondo i nostri criteri, quando un certo numero di persone la definisce allo stesso modo, è quasi un tacito accordo per poter in qualche maniera comunicare e parlare di un qualcosa che sta al di fuori di noi. Anche la descrizione dei nostri malesseri, che poi i medici accomunano sotto la voce generica di sintomi, varia a seconda della sensibilità individuale, ho sentito descrivere una colica renale come fitte uguali al parto, come una lama di coltello che ci penetra, come la sensazione di spezzarsi in due etc. Anche la definizione di emozioni piacevoli sfocia in esternazioni molto diverse, alcuni possono banalizzare emozioni che spingono, invece, altri a scrivere liriche bellissime! L'umanità ha cercato di uniformare, sotto comuni denominatori, questa ridda di sensazioni, di conoscenze, di percezioni di tutto quanto chiamiamo reale, proprio per razionalizzare al massimo i fatti, per poterli studiare scientificamente. Azzardo un'altra idea, se penso alla geometria...la vedo come un'astrazione dei nostri pensieri, della nostra logica, non sono certa che nella "realtà" esista il cubo perfetto, l'esaedro perfetto, la retta, la semiretta...mi fermo altrimenti finisco di perdermi! |
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Secondo il mio vedere ritengo che un mondo oggettivo esista ma non è percepibile da una mente soggettiva. Fino a che esisterà un io, il mondo oggettivo non è percepibile. Quando una mente ha come metro di misura un'io, essa non potrà concepire il mondo per quello che è (oggettivo). Se poi questi io sono tantissimi, allora non è proprio possibile. |
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Allora o io cambio ed includo anche il computer nella mia realta' o il computer ne restera' sempre fuori. Quindi mi pare di poter dire che avremo sempre una visione soggettiva della realta'. |
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Sono d'accordo quando dici che niente può essere concepito in modo oggettivo da menti soggettive! Indubbiamente esiste un mondo oggettivo dove ciò che è... è al di là della percezione, ma il nostro limite non ci permette di conoscere tale realtà. |
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La sedia - ciò che io valuto e mi rappresento - è il risultato di due processi. Mi sembra che tu abbia detto che quella che disturba il mio campo percettivo e che presumo disturbi anche quello di altri " non è " la sedia reale ( oggettiva ) ma, semplicemente a prima vista, quel che vedo ( appunto soggettivamente ), ciò al quale attribuisco una forma, è un risultato. Risultato/forma che viene generata sia dalle impressioni derivanti dall'oggetto e sia dal filtro che, abbiamo detto essere soggettivo. Ora, queste impressioni da qualche parte devono pure arrivare. Però, dato che il mio campo percettivo è limitato a quel che guardo, a ciò che viene ad esservi inserito, attribuirò valenza a ciò che ho davanti, ossia la sedia. Questo perché, probabilmente, elaboro( devo per forza) le impressioni in un linguaggio a me comprensibile dato che l'elaborazione di quello originario mi è precluso. In realtà, mi pare si possa parlare di traduzione che mi serve, giocoforza, per l'elaborazione di quelle impressioni altrimenti non tangibili per la mia mente ed il mio filtro. Ne segue che dovrò per forza di cose " trovare e cercare" ciò che assomiglia a qualcosa di conosciuto o che quanto meno ci si avvcini per potere poi " materializzare" la sedia. Qui però sono sempre nella soggettività dato che queste operazioni sono funzionali alla materializzazione dell'oggetto. Data questa premessa, posto che possa corrispondere più o meno al meccanismo che mi pare di aver capito, non potrò mai uscire dalla soggettività per due motivi. Il primo, perchè è la mia stessa soggettività che mi permette di " materializzarmi" e dunque di sapere che " son qua " e che pertanto anche l'oggetto ( quel che mi rappresento per tale ) è qui con me; il secondo perchè, posto di riuscire in quel discostarsi dalla soggettività, anche se solo per un momento, tutto mi sembrerà incomprensibile, senza linguaggio: inesistente ( anche se ancora, forse, di soggettivo si tratta ). Ne deduco che anche questo inesistente o che io percepisco per tale anche se per breve durata, può essere esplorato ma non so ancora in che modo e per quanto tempo. L'unico modo, mi pare allora, è cercare di partire dalla soggettività così da individuare - e dividere - quali sono le impressioni che arrivano dall'oggetto e quale è il filtro " soggettivo" che utilizzo. Tutto ciò che non ri-conosco mi sembrerà alieno, lontano dalla mia percezione e per quanto io voglia avvicinarmi all'oggettivo ne sarò sempre più lontano. Non credo sia possibile discostarsi dalla soggettività, mentre invece credo che sia possibile conoscerla per capire bene il suo funzionamento. Agendo per capirne il meccanismo posso, dopo, riuscire a modificare la percezione dell'oggetto e via via, andando a ritroso, espandere( non so se possa essere corretto ) il mio linguaggio per svolgere con più precisione quella funzione di " traduzione". Mi troverò sempre nella soggettività ma non credo che si possa fare in altro modo. Quella soggettività che avrà più dati e con alta probabilità può avvicinarsi ad un diverso grado di percezione, pure se dal basso può essere definita " oggettività" nonso.gif |
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Nike vede solo il quadro e poco la stanza perchè si aspetta qualcosa dal quadro, vuole vedere dal quadro quello che si aspetta il quadro possa trasmettergli. Il computer non si aspetta che gli trasmetta nulla perchè con i computer vive di ricordo, cioè delle esperienze precedenti in cui mai i computer gli hanno mai dato qualcosa di interessante per il modo di essere che lui era. Se Nike entrasse in una stanza dove ci sono due oggetti strani e sconosciuti a lui, magari studiati anche in modo tale che forma, colori etc... non gli ricordino nulla o che lui non li associ a nulla... Nike li vedrebbe entrambi come una prima volta che vede qualcosa. Ora abbiamo parlato di oggetti diversi, ma anche sullo stesso oggetto funziona allo stesso modo, la sedia potrà avere delle parti percettive che più per noi sono nuove ed altre che sono già "fatte"... questo ci impedisce di vedere oggettivamente, la mente filtra quello che crede di conoscere già. |
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voglio dire che e' difficile trovare qualcosa che non abbia gia' in qualche modo dentro per un motivo o per l'altro. Anche un paesaggio del sudafrica mi ricorda il monte pellegrino a Palermo. Poi , a che serve questa oggettivita' se subito la modifichiamo a nostro comodo? |
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Questo presuppone tuttavia un elemento che non avevamo consdiderato... ossia la potenziale "neutralità" del campo percettivo. Se costringiamo (e nelle "prime volte" è costretto da solo) il campo a non metterci del suo, ecco che abbiamo un contatto con l'oggettivo. Poi dopo magari la rappresentazione avrà un che di soggettività (oppure anche no), ma in ogni caso essa perturberà il campo dall'interno rendendolo soggettivo quando esso percepirà altro. Questo però pone un'ulteriore conseguenza. Esiste un lasso (diciamo di tempo, ma è un processo) nel quale raffrontiamo il percepito con l'interno, diciamo la memoria, per poter associare il percepito a rappresentazioni già fatte... evidentemente farne altre costa più energia, ma anche impone nuove connessioni. Questo significa che tutte le percezioni sono oggettive, almeno fino a che questo processo ha termine (bon, microsecondi, ma non ha importanza ai fini del discorso). |
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Soggettivo/oggettivo, essendo gli poli di una dualità, devono esistere sullo stesso piano di manifestazione. Se non esiste uno, non c'è neanche l'altro. |
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Forse non è questo il punto della discussione? Sto completamente fuori tema? se fosse così non ho davvero capito niente...leggo.gif |
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Uno dice che se ti imbatti in qualcosa che non ti ricorda nulla , a questo punto non puoi non avere una visione oggettiva. Ecco forse se vedi al microscopio un battero potresti avere una visione oggettiva ma se lo vede il tuo amico biologo non e' piu' cosi'. Non sei una biologa vero? Insisto pero' nel dire che solo se entra a far parte di me quella cosa ha un senso altrimenti non ha significato . Sbagliero' ma senza soggettivita' manca il contenuto , il significato di quella cosa. |
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Esempio da bambina sono caduta da una sedia, sedia = pericolo= dolore= giorni di tristezza= rimproveri.....insomma tutta una serie di sentimenti che non mi faranno essere obiettiva nel considerare una sedia per quello che è, ma appena la vedo una serie di pensieri a catena mi attraversano. Era questo di cui si voleva parlare?:@@ |
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E' un po ' come parlare del fiore e di una poesia sul fiore . Ma chi se ne frega del fiore punto e basta ...o no? |
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sono tutti vissuti , i tuoi soggettivi ma importanti vissuti ,sta in te farli diventare importanti e l'ultimo piu' importante del primo. |
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Faccio un altro esempio: presente le tipe che dicono: oh mi innamoro sempre degli uomini str...icon_mrgr: capitano tutti a me. Sarà un caso? No. Tutto si ripete a nostra insaputa però. Se non ci studiamo sopra non lo vediamo. Se ho spiegato male per favore qualcuno corregga grazie. :) |
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