La conoscenza del male
"Preferisco essere ignorante che avere la conoscenza del male."
Eschilo Sarà che è filosofo e che ho una sudditanza psicologica e mi pongo il dubbio che forse non ci vedo bene io.. ma a me suona proprio male sta frase.. Io non voglio essere ignorante perchè ho paura di conoscere la parte di me che è male. Non si può prescindere dal male che è in noi altrimenti si prescinde anche dal bene. Voi ci vedete qualcosa che io non vedo? |
Beh... nemmeno io condivido la frase in sè, però nel leggerlo mi dà un senso di: "state attenti perchè a giocare col fuoco si rischia di scottarsi"... Un esortazione insomma, volendo parlare alla gente comune, che avvertisse sulla reale pericolosità del male... Un po' come Castaneda, che suggerisce che un cammino spirituale non è un gioco, e chi lo affronta dovrebbe stare in guardia e concentrato come se stesse per andare in guerra... (che poi a due livelli diversi sembrano quasi essere la stessa cosa)
Questo ci vedo, un Eschilo che, per parlare alla gente comune, si indentifica in essa e avverte di stare in guardia dal male e dalla sua reale potenza. Ognuno può affrontare/sopportare solo ciò che è alla sua portata, tutto ciò che lo supera, se affrontato, rischia di schiacciarlo. Questa non vuole essere un'esortazione a non fare niente, a scappare sempre da tutto, ma semmai a prepararsi con cura e minuzia prima di affrontare prove che per il momento sono troppo grandi per noi... Poi c'è anche un'altra chiave di lettura, non meno importante della prima: il senso della frase mi suona anche "preferisco rinunciare del tutto alla conoscenza, che averne solo quella del Male" In questo senso il "Male" non sarebbe più aggettivo qualificativo, ma diventa vero e proprio sostantivo. La conoscenza che il male ha. E il male, inteso come entità astratta e impersonale, ha sicuramente una conoscenza sommaria, mancante (da pecca... peccato) per la quale Eschilo dice che, piuttosto che avere una conoscenza simile, cioè frammentaria, preferisce non averla affatto... Della serie... o si intraprende una strada per bene, o non la si intraprende affatto... ma farla così, superficialmente, a metà, non può che portare danni e sofferenze... |
Concordo con la tua visione, Kael.
Ciò che noto, anche se forse è simile, è un " essere ignorante" ed un " avere la conoscenza del male". Un essere ed un avere insomma. Meglio " essere " nell'ignoranza che avere la conoscenza della dualità. Il tutto mi riporta a quel che dici che per certi versi potrebbe suonare anche in " meglio dormire che conoscere la verità". Quindi ancora una volta una esortazione a far bene. |
Quindi dite: meglio essere ignorante che ineduato alla conoscenza del male?
Più o meno il motivo per cui molte tradizioni sono rimaste per pochi. |
A me fa pensare alla paura della conoscenza completa di Sè,provo a spiegarmi...
Guardarsi dentro per scandagliare tutto quel che c'è può spaventare talmente, da preferire restar fermi, o tornare indietro, piuttosto che accettare il male che immancabilmente fa parte di noi... Ci vuole coraggio ed anche consapevolezza, che come da una roccia può nascere un fiore,così un difetto può trasformarsi in una qualità...lavorandoci su seriamente. Chi si ferma all'ignoranza per non vedere e conoscere il male,probabilmente non è "pronto" ed un po se la racconta fermandosi in superficie...:C: |
Citazione:
che può essere di male fatto o di male ricevuto. Io penso che il filosofo voleva dire che piuttosto che avere questa esperienza del male, preferirebbe non sapere, cioè essere ignorante... Chi conosce il male conosce la cattiveria e tutto ciò che ne deriva.... Però la conoscenza include tutto, il bene e il male, non credo che si può conoscere solo il bene e rimanere ignoranti sul male... visto che sono intimamente collegati come due facce di una medaglia. O altrimenti, come si dice di qualcuno inconsapevole, benedetta ignoranza !!!!! Per il fatto che se una persona non ha cattiveria, è difficile che faccia il male con cognizione di causa... Avere questa conoscenza e non esserne toccati in qualche modo nel proprio comportamento è molto difficile.... per la serie "chi è senza peccato scagli la prima pietra"... Ma in questo mondo non si può vivere senza conoscere il male, quindi, per ignorarlo, bisognerebbe estraniarsi da questo mondo... Poi per analogia mi fa pensare all'albero della conoscenza, prima di aver mangiato la mela non si conosceva il male ma solo il bene.... anche se se ne era inconsapevoli di cosa fosse in contrapposizione al male.... In questo caso l'ignoranza era pur sempre conoscenza dell'unico stato ideale per l'uomo.... anche se la consapevolezza di questo è venuta dopo, quando si è conosciuto il male... |
Citazione:
Se non hai ancora terminato il lavoro su di te e non hai sviluppato la Forza di Volontà la conoscenza del male, intesa come potere per far male, ovvero che potresti usare per far male è meglio non conoscerla, meglio rimanere ignoranti. :C: |
Citazione:
La conoscenza di una sola parte (il male) è condizione non auspicabile. Per raggiungere la Conoscenza bisogna fare esperienza del bene e del male per poi trascenderle. ...avere la conoscenza del male cosa ha voluto indicare Eschilo? Cosa intende per avere la conoscenza del male? |
Citazione:
Non conoscere quella parte di me che non voglio vedere (il male) , equivarrebbe a non arrivare a Conoscermi davvero, e a non avere Coscienza che non c'è solo il bene in me.. Anche l'interpretazione di Kael è interessante, un'esortazione a non "giocare col fuoco", ma l'ammonimento a prepararsi in modo di essere in grado di sopportare anche il Male... |
Eppure è proprio dall'ignoranza che spesso ha origine il male... Si fà del male perchè non si ha coscienza di quello che si sta facendo, non si comprende completamente la situazione...
Possibile che Eschilo usi questi termini senza tener conto che spesso far del male ed essere ignoranti sono sinonimi? O forse usa apposta questa "quasi" contraddizione per far intendere un altro tipo di male, non quello derivante dall'incoscienza e ignoranza, ma quello volontario e consapevole..? |
Citazione:
conosceva il male tanto da nasconderlo in soffitta quindi non era ignorante tuttavia voleva "ignorare" le conseguenze del male (l'ho detto da me che sta roba è insanamanata.gif ) |
Citazione:
Citazione:
La frase così com'è costruita non ha senso perchè non posso preferire qualcosa a qualcosa che non conosco. Dice "preferisco" e non "preferirei"... come se avesse ancora una scelta. Se dicesse preferirei potrebbe essere un "adesso che so cos'è il male preferirei essere rimasto ignorante"... trovo la cosa condivisibile, dico anche che rappresenta una fase precisa dell'esplorazione di se... questo sentimento lo si attraversa (assieme alla tentazione di voltare la testa dall'altra parte) e proprio attraversandolo si trova ulteriore benzina per determinati momenti. Però dice preferisco... come se immaginandosi cos'è il male scoprisse di preferire l'ignoranza. Ma se l'immagina già in parte sa. quindi può preferire finchè gli pare ma ormai... Quindi anche in questo caso propendo più per un rimpianto che per un messaggio particolare. Certo, può darsi che questo abbia voluto segnalare e tramandare... |
Citazione:
PS.non avevo letto Ray,cmq lascio... |
[quote=Sole;41910] "Preferisco essere ignorante che avere la conoscenza del male."
Eschilo /quote] Mi è venuta un'altro pensiero. E se intendesse proprio che la conoscenza del male deriva dalla divisione? Cerco di spiegarmi la conoscenza del male ovvero quando si giudica ciò che è bene e ciò che è male a priori. Qunidi meglio in questo caso essere uniti e quindi ignoranti di quel male che è frutto della divisione? Quando si tende a stare da una sola parte l'altra diventa l'opposto. Mi sa che ci risiamo col minestrone. fiori.gif |
Citazione:
Preferire di non conoscere il male pur avendolo conosciuto, è un passaggio superiore.... vuol dire rinunciare al male... un po' quello che si ripete nella formula battesimale. Un altro discorso quando una persona vede il proprio male interiore, ma ignorarlo non significa eliminarlo... avere la conoscenza del male significa appunto conoscerlo per averlo sperimentato, dentro di sè e fuori di sè. Per il fatto che il filosofo lo nomina vuol dire che a questo punto preferisce non avere quella conoscenza, a costo di diventare ignorante. Ma figuratamente mi sembra che si comporti come lo struzzo che nasconde la testa dentro la sabbia pensando così di non vedere un pericolo, ma in questo caso non elimina il pericolo, elimina soltanto la sua consapevolezza del pericolo. |
E' venuto fuori molto.. la paura dell'oblio , l'esortazione a far passi prudenti, la dualità che comporta sofferenza. Probabilmente questa frase portava a queste riflessioni e sarà stata detta da qualche personaggio delle sue opere..
Effettivamente è abbastanza contraddittorio affermare di non preferire qualcosa che non si conosce.. come una contraddizione che vuole affermare e spingere e cercare. |
La frase è effettivamente molto evocativa e suggestiva, e dà spunto a molte riflessioni anche al di fuori del suo contesto e quindi dal suo stretto significato originario. Non voglio ora entrare in merito a quest'aspetto, ma piuttosto sono incuriosito dalla citazione in sè: da dove viene, esattamente? booh.gif Molti la citano, attribuendola genericamente ad Eschilo, senza specificare la Tragedia da cui è tratta. Recentemente ho letto l'Agamennone, ma non ricordo di averla trovata, almeno non in quella forma; avevo letto anche il "Prometeo incatenato" ed "I Persiani", ma onestamente non li ricordo. Devo leggerle tutte, o qualcuno sa la fonte precisa?
Oltre che per curiosità, sarebbe utile saperlo per inquadrarla all'interno di un testo letterario più ampio e quindi capirne il vero significato. |
Citazione:
Questo però non toglie che se ne possa discutere in modo interessante, come infatti è stato fatto... intenzioni di Eschilo a prescindere. Ovvio che a saperne di più potrebbe saltar fuori qualcosa di gustoso. :C: |
Citazione:
Prometeo e Persiani li ricordo vagamente; restano poi i "Sette a Tebe", "Le supplici", "Coefore" ed "Eumenidi", senza contare i frammenti della novantina di drammi perduti... :bleah: |
Beh, se è nei frammenti siamo fritti... metti anche che la troviamo, potremmo non essere in grado di risalire al contesto.
Allora darò un'occhiata al Prometeo... avendolo escluso sarei partito dalle Eumenidi, sempre a naso, anche se temi come la conoscenza angosciosa di fatti accaduti o da accadere sono piuttosto diffusi nella sua opera. In effetti, che si trovi la citazione oppure no, non è stato toccato l'argomento di una possibile conoscenza non supportata da coscienza (vedi vaticini o altro) che può essere vissuta come tragica. Spostando in ambiti meno letteriari, qualcuno forse ricorda il film Krull, dove i ciclopi vivono con la maledizione di conoscere la data della loro morte (c'è qualcosa di simile anche in mitologia comunque)... Potrebbe essere uno spunto. |
Citazione:
Ma effettivamente la mitologia classica è zeppa del concetto, e della paura, della conoscenza intesa come prescienza, almeno fino all'affermazione della cultura Cristiana e delle mitologie Germanico-Nordiche, nelle quali il Fato e la predestinazione vengono, almeno parzialmente, negati. Già nella Teogonia, tanto per citare la "Bibbia Ellenica", e per restare ai "leaders" divini, Urano sa, senza poterlo evitare, che sarà detronizzato da Crono, e Crono da Zeus, e Zeus da un figlio, non identificato, che avrebbe potuto essere Apollo, e poi Eracle, Dioniso... Avrebbe potuto perfino essere Achille, ed è per questo che Eros fa invaghire Teti di Peleo, anzichè di Zeus! Ed Achille sa, fin da quando parte per Ilio, che morirà sotto quelle mura. E poi, Laio sa che sarà ucciso da un figlio, ed Edipo sa che ucciderà il padre e si congiungerà con la madre, ma quella conoscenza non basta a scongiurare gli eventi; e quando Edipo si rende conto di quel che è avvenuto, si strappa gli occhi, con la violenta volontà di negare la realtà e la conoscenza. Si potrebbe continuare chissà quanto a citare fatti del genere nella mitologia, che è poi la religione, la cultura di fondo, del mondo classico. E fermo restando che la citazione di Eschilo può essere discussa nella nostra prospettiva, che è quella dei posts precedenti, è possibile che vada però letta, propriamente, nell'ottica che identifica la conoscenza anche con la prescienza. |
Citazione:
Questo passa anche attraverso la rinuncia (forse voluta, forse inevitabile dato l'atteggimento) ad una certa "sensibilità" che magari era allora più diffusa di ora. I passaggi sono sempre traumatici e ci vorrà molto tempo prima che si arrivi a distinguere all'interno di questa rinuncia... ovvero discernere ciò che è dall'uomo controllabile e quindi "sceglibile" e ciò che invece resta appanaggio di forze superiori. Certo è che certi tipi di "viste", certi "occhi" vengono poi considerati conquista della coscienza e non più caratteristica dagli aspetti talvolta tragici con cui convivere. In quest'ottica la frase di Eschilo, pur scritta come l'abbiamo qui, acquista un senso che per noi non ha... senso che rafforza e testimonia un sentimento alla base di un cambiamento... una rinuncia ad una conoscenza a favore di una possibile ma non certa conoscenza di qualità superiore perchè frutto di sforzi e quindi supportata dalla coscienza. Beh, per quanto poco rieca a calarmi in questa forma mentis, non posso che condividere. |
Tutti gli orari sono GMT +2. Adesso sono le 04.00.37. |
Powered by vBulletin Copyright ©2000 - 2024, Jelsoft Enterprises Ltd.
Questo sito non è, nè può ritenersi assimilabile ad una testata giornalistica, viene aggiornato senza alcuna periodicità, esclusivamente sulla base della disponibilità del materiale. Pertanto, non è un prodotto editoriale sottoposto alla disciplina della l. n. 62 del 2001. Il materiale pubblicato è sotto la responsabilità dei rispettivi autori, tutti i diritti sono di Ermopoli.it che incoraggia la diffusione dei contenuti, purchè siano rispettati i seguenti principi: sia citata la fonte, non sia alterato il contenuto e non siano usati a scopo di lucro. P.iva 02268700271