Citazione:
Originalmente inviato da Ray
Ecco, questo sarebbe equilibrio.
Ma chi sa davvero cosa realmente ha già fatto? E' facile raccontarsela per lasciarsi indugiare a godersela... al di la di questo però io ho sempre visto l' "accontentarsi" come una specie di seconda scelta... un tenersi quel che si ha invece di investirlo (e rischiarlo) per ottenere di più, quasi un fermarsi. Interessante che tutti lo vedano un po' in modo diverso.
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Si è vero, abbastanza ineteressante che ognuno dia all'accontentarsi un significato soggettivo.
Io ad esempio mi trovo concorde con ciò che dice Gris e ulteriormente specificato da Red.
Il miglioramento quindi è visto secondo me, da questo punto di partenza, come funzione della valutazione che si da/fa in un determinato momento per raggiungere un determinato punto. E' ovvio che se mi trovo " arrivato" ad un punto e questo da me viene assunto come " fine" ecco che l'accontentarsi diviene, per l'appunto, la tappa finale, quasi rassegnazione inconsapevole direi.
E' altrettanto vero che l'equilibrio dovrebbe essere il luogo all'interno del quale, da un lato, ci si accontenta di quel che si ha e, dall'altro, si fa ancora di più per migliorare la condizione nella quale ci si trova in maniera tale da spostare il limite dell'accontentarsi.
E' singolare anche il tuo punto di vista, Ray!
Cioè dici che accontentandosi si evita di rischiare ciò che si è costruito per, casomai poichè non è detto, cercare di fare/avere di più?
Come se anzicchè accontentarmi del fondo obbligazionario, tranquillo che mi da un interesse ragionevole, prendo i soldi e li investo in borsa " rischiando" quello che di saldo ho precedentemente costruito per avere un risultato maggiore?
Il rischio potrebbe essere visto come input a non...dormire?