Chiedo scusa se profano in un certo senso la poesia di questo thread ma volevo parlare della timidezza e c'era già aperto questo per cui lo proseguo.
Riflettevo su questa caratteristica, la timidezza subentra quando interagiamo con l'esterno, nel confronto e nell'adeguatezza con cui viviamo certe situazioni. Notavo che a volte nella stessa persona alla timidezza si associa una aggressività repressa, una incapacità di farsi valere e farsi riconoscere come individuo all'interno di un gruppo. L'arrossire diventa una aggressività inespressa, il discorso sta bene in
vergogna.
La timidezza sembra quasi essere un subire questa aggressività, reprimendola del tutto e trasformandola in una convinzione di inferiorità e incapacità. Non so spiegare bene perchè non mi è ancora del tutto chiaro, come se il potenziale che una persona potrebbe esprimere usando bene e dosando la grinta data dall'aggressività invece fosse tenuta in un comparto stagno e si manifestasse solo "nel rodersi il fegato" , in odi e rancori procrastinati dopo.
Insomma, in un certo senso non vedo più il timido ma l'uso o meno dell'aggressività\grinta di cui disponiamo. O la si subisce o la si usa.
Vi suona?