Discussione: Volontariato
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Vecchio 04-05-2009, 10.23.53   #9
Edera
Bannato/a
 
Data registrazione: 28-04-2009
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La cosa più importante che ho capito per me stessa fin'ora.
Queste persone in punto di morte o con qualche anno davanti spesso passano gli ultimi giorni a lamentarsi, arrabbiati col mondo, con se stessi e amareggiati. Come se la vita fosse scappata di mano, come se non l'avessero vissuta come avrebbero potuto. C'è chi è arrabbiatissimo col figlio che l'ha messo in ospizio (comprensibilissimo), chi rimane muto in un triste silenzio, chi invece ha ancora voglia di parlare e di scambiare qualcosa. Molto dipende secondo me da come hanno passato la loro vita e dalle scelte che hanno fatto. Secondo me chi ha avuto il coraggio di scegliere per sè e ha vissuto intensamente ha da raccontare e condividere, è meno triste, quelli invece che hanno solo subito le scelte (per imposizione di carattere religioso, sociale ecc)spesso sono arrabbiatissimi.
Cosa posso pensare io? Penso che dovrei scrollarmi da molte cose inutili e vivere i miei 27 anni in modo pieno non delegando a nessuno le mie scelte, affrontando le responsabilità che derivano. Mi piacerebbe arrivare alla fine, guardami indietro e non avere rimpianti, non dire 'ah se avessi fatto, ah se avessi detto'.
Vorrei riuscire a sentirla tutta questa vita, nel bene e nel male, esperirla degnamente e non farmi scappare nulla perchè io ho ancora questa possibilità e i vecchietti che vado trovare al giovedì no. Non voglio restare giovane per sempre, non voglio arrivare bella alla vecchiaia, desidero solo fare la mia strada e guardami allo specchio sapendo di aver fatto il possibile pur coi miei limiti (che sono grandi.)
A livello puramente emozionale, escludendo la mente e la critica, stare a contatto con anziani in condizioni assai infelici (specialmente quelli che non ragionano più)
mi commuove molto. Stringo loro le mani e sento tanto amore dentro di me, amore verso quel corpo che non funziona più, che si sta consumando, e la sensazione ( a volte presentuosa consapevolezza, a volte fragile speranza) che dietro quella carne malata pulsi l'essenza di un'anima dignitosa, un'anima forte che non teme la malattia e scavalca la morte. In quei momenti ciò che io propriamente o impropriamente chiamo 'la mia parte divina' ha uno scossone, un brivido, un barlume che si riconosce e si specchia nell'altro, così malato, così vecchio e così diverso.
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