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Vecchio 17-01-2010, 17.28.42   #1
griselda
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Predefinito Gesù Perdona e io non sono capace

Non ho mai smesso di credere in Dio, ma ho smesso di credere nella Chiesa e di conseguenza mi sono anche allontanata da Lui.
Mia madre mi raccontava di Dio da piccina, anzi di Gesù era facile raccontare ad una bimba partendo da Gesù Bambino di Natale e legarlo alla Sua Magia. Anche se può sembrare brutto invece ha un agire profondo, secondo me, nella psiche di un bimbo. Gesù mi ama per questo mi porta ciò che desidero.
L’altro insegnamento era che se fai il bravo quando muori vai in paradiso se fai il cattivo vai all’inferno. (Se dici le bugie vai all'inferno) L’inferno era qualcosa di terrorizzante per me è devo dire lo è continuato ad essere così.
Poi c’è stata la scuola elementare e la maestra che ci disse che non esiste né Gesù Bambino ne altro che dovevamo diventare grandi e smettere di crederci perché i doni li compravano mamma e papà.
I sentimenti che provai davanti a questa rivelazione furono di conflitto, amavo Gesù, amavo il Natale però tutto questo faceva a cazzotti con l’idea di essere stata imbrogliata da mamma e papà, proprio loro che continuavano ad insistere con me affinché imparassi a non dire le bugie. In tutto questo qualcosa non quadrava, iniziai a curiosare per tutta la casa in cerca di una prova che documentasse la veridicità delle parole della maestra. E alla fine di tanto cercare trovai i regali. Non so se fossi più demoralizzata o contenta, ero felice di aver trovato tutti quei regali, ma avevo la prova della menzogna perpetrata dai miei.
Ricordo che per farmi bella e sentirmi grande e anche un po’ per senso di rivincita dissi che sapevo chi era Gesù Bambino. Al che mia madre rispose che se lo sapevo non sarebbe più arrivato. Tacqui e feci finta di credere ancora per non perdere i doni. E pensai che mi aveva fregata un’altra volta.
Fortunatamente fui bocciata l’anno dopo e cambiai maestra, quest’ultima ogni mattina apriva la lezione con un passo dei Vangeli. Ritrovai Gesù anche se in un modo diverso, amavo ascoltare e mi riempivano il cuore tutte quelle storie di verità.
Poi però sempre quell’anno dovetti iniziare a fare catechismo, dovevo andare a farlo con le vecchie compagne di classe, perché mia madre volle farmi comunicare all’età giusta e non con la classe con cui stavo. Vincendo la vergogna, perché a quei tempi era una vergogna essere bocciati, frequentai il catechismo e l’oratorio.
Quanto amavo Gesù tanto detestavo l’oratorio, il catechismo che ai miei tempi funzionava come la scuola, se capivi, se imparavi a memoria bene altrimenti ti sfottevano e ti rimandavano all’anno successivo, quindi niente Comunione. Ricordo che non riuscivo ad imparare il Credo, era troppo lungo e poi non capendo cosa volesse dire non mi entrava nella testa, non c’era niente da fare. Ma sapevo che se non lo avessi imparato non avrei avuto il permesso di far entrare Gesù in me. Sarebbe stato a quel punto un’altra delusione dopo la bocciatura. Ma alla fine ce la feci e riuscii a fare la Comunione e la Cresima che allora si facevano lo stesso anno a distanza di qualche mese, fu l’ultimo anno poi cambiarono i tempi.
Nell’oratorio entrai in contatto con le suore, (con cui già avevo avuto dei problemi all’asilo) e subito fu un rapporto di non rapporto. Una suora mi accusò di non voler pagare una bibita che le avevo appena pagato, in pratica ci accusavano di cose che non facevamo avevano il peccato negli occhi e poca fiducia nel bambini. Inoltre poco prima che iniziasse l’ora di catechismo chiudevano il cancello di entrata con la chiave nessuno poteva scappare e saltare la lezione. Era come un’imposizione qualcosa che dovevi fare per forza quasi una costrizione, insomma quello che ne risultò per me fu il desiderio che finisse tutto al più presto per non dover più ritornare in quel luogo inospitale.
Poi ci fu la prima confessione, mi dissero che dovevo raccontare tutto quello che facevo le cose che mia madre considerava brutte e per le quali mi ammoniva in continuazione dovevo raccontarle a quel signore vestito di nero, un uomo con la gonna e per giunta scorbutico. E lui doveva darmi il perdono, figuriamoci se mi avrebbe perdonato, non lo faceva mia mamma! Già alla prima confessione non raccontai tutto come avrei dovuto e questo mi fece sentire in colpa. Non ebbi mai la fiducia necessaria di essere accolta e perdonata.
Dopo aver preso i Sacramenti a quei tempi era quasi un obbligo, non frequentai più ne chiesa ne oratorio, tanto mia madre aveva fatto uguale, tra l’altro venne in chiesa con me solo per le cerimonie per tutto il resto dovetti andare da sola.
Quello che mi rimase fu l’amore per G esù e le preghiere con cui comunicavo con Lui ogni sera, le dicevo sempre, smisi solo quando mi comportai secondo il mio giudizio in modo che era inconcepibile per Gesù e non potevo mostrarmi a Lui con qui peccati ai quali però in quel momento non volevo rinunciare. Ma avevo un senso di pudore che mi impediva di pregare.
Quando poi il mio giudizio su me stessa arrivò tanto in basso decisi che Lui non mi avrebbe più voluta di certo e quindi mi allontanai e spavaldamente mi dicevo che tanto non ci credevo più. Ma non era vero, altrimenti perché pregavo ancora? Dovevo solo dire a me stessa che non ci credevo per non essere soffocata dai sensi di colpa per non essere stata come avevo imparato dai Comandamenti. Non ero proprio stata capace di essere in quel modo. Non entrai più neppure in chiesa.
Poi nacque mio figlio. E arrivò il giorno in cui dovetti pensare al Battesimo, anzi me lo disse qualcuno: “Ma quando fai il Battesimo?” Eggià c’era anche quello. Ormai aveva quasi otto mesi ancora un po’ che avessi aspettato lo faceva con gli altri Sacramenti. Chiami il Sacerdote che venne in casa e domandarci se sapevamo cosa volesse dire, che non eravamo obbligati, che non dovevamo farlo perché lo facevano tutti, ma se lo avessimo fatto dovevamo poi prenderci la responsabilità di quel Battesimo. Beh mio marito è ateo, già sposarsi in chiesa per lui fu un favore fatto a me e alle nostre famiglie, per il Battesimo dovevo pensarci tutto io perché lui si sarebbe chiamato fuori, sarebbe venuto solo alla celebrazione del Rito, altro non voleva essere coinvolto.
Iniziò in questo modo la mia riappacificazione con la Chiesa.
Il sacerdote era una persona che amava molto i bambini, e ogni celebrazione di riti per lui era qualcosa di Sacro tanta attenzione e trasporto che metteva nel effettuarli che oggi che non c’è più non si sente la stessa cosa con chi l’ha sostituito.
Iniziai un percorso assieme a mio figlio, dicendomi che io non lo avrei mai mandato da solo, sarei stata sempre al suo fianco e per diversi anni mantenni la mia promessa.
La cosa più bella fu, conoscere le persone del luogo, nate e cresciute nel “Credo religioso” ho sinceramente desiderato poter essere come loro. Un giorno una di queste mi disse che Gesù era morto per noi sulla Croce e per questo motivo, quello che noi siamo è già stato pagato da Lui. Mi scesero le lacrime dagli occhi, a me non era mai stato spiegato in questo modo. In quel momento si risvegliarono in me sentimenti repressi e sensazioni legate ai ricordi religiosi del mio passato, soprattutto al Vangelo. Iniziai a seguire per filo e per segno le funzioni i precetti insomma tutto quello che stavo imparando e che per me era nuovo. Mi faceva sentire bene, ero come tornata bambina quando credevo in Gesù Bambino. Mi sentivo parte della comunità, e mi misi anche a fare volontariato in mezzo ai ragazzi di tutte le età. Avrei voluto tanto essere come loro e li imitai in tutto e per tutto. Trovai persino il coraggio di confessare ad un sacerdote tutti i miei peccati, tremando e piangendo ancora non credevo in un perdono, tanto che uscita dal confessionale non sapevo se mi avesse dato l’assoluzione o no.
Poi un giorno mi capitò di avere uno scatto di nervi e di fare una magra figura davanti a delle amiche, perché secondo me si erano verificate delle ingiustizie e nella mia vita ho sempre reagito in modo aggressivo davanti a quelle degli altri, probabilmente a causa di ciò che avevo represso per le ingiustizie che avevo subito io. Beh corsi in chiesa e incontrai il prete fuori e con gli occhi della supplica gli chiesi di confessarmi entrammo in chiesa lui si preparò e poi ci accingemmo alla confessione io iniziai a piangere a dirotto e gli raccontai cosa era successo, lui mi guardò e mi disse, non hai bisogno che ti dica niente perché il tuo pentimento è sincero ed è questo quello che conta. E mi congedò. Il Pentimento è quello che Conta.
La mia vita continuò in questo modo sino a quando per un banale litigio ruppi con il mio “aggancio” iniziale, avevo iniziato a giudicare, a trovare le diversità tra loro e me, tra la loro chiusura e la mia troppa apertura, insomma stavo distruggendo tutto quello che avevo appena costruito. Inoltre mi sentivo sola perché ogni manifestazione, gita, ero sempre sola, io e mi figlio, io e mio figlio mi sentivo la vedova bianca. Questo sentimento di solitudine, mi divenne fatica tale che mi portò a vedere brutto ciò che prima era bello. E altre cose stavano entrando nella mia vita……purtroppo.
Perché ho scritto tutto questo?
Perché mi manca quel periodo, mi manca quel senso di unità, mi manca l’andare a Messa fare la Comunione mi manca il sentirmi parte integrante della comunità. Ma dentro di me è come se qualcosa si è rotto e se anche rivado a Messa non è più come prima. Non sento più nessun legame con l’ambiente circostante.
Sento come se avessi avuto un’opportunità e l’avessi gettata alle ortiche sempre per i soliti problemi, non mi sento mai accettata, non so perdonarmi e neppure perdonare gli altri anche se faccio finta di niente e ci convivo ugualmente.
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