Una volta, in una trattoria malfamata nei sobborghi della bassa bolognese ebbi la fortuna d'incontrare un folletto sbronzo fino al midollo. Si appoggiava coi gomiti sul bancone del bar e sorreggeva la capocciona con le grandi mani aperte. Sfarfugliava qualcosa che subito stentai a capire. Gli offrii da bere e dopo due giri di whisky la sua lingua si sciolse per benino e mi raccontò di lui. "Sono distrutto dal troppo lavoro di folletto", mi disse. "Una volta, in una grande casa padronale racimolai chili e chili di calzini spaiati, di tutti i colori e dimensioni."
Il folletto ad un tratto abbassò la voce e con pronunzia blesa mi si avvicinò all'orecchio.
Ti confessò che dopo poco non sapevo più dove metterli e così, disperato per quella montagna di calzini, alla fine li rimisi nel cestone della biancheria sporca e lì trovai un biglietto con su scritto:"Grazie del tuo rubacchiare, mi risparmi di rammendare dei calzini consunti!". Il folletto mi guardò con due occhi tristi, e continuò sottovoce:"ma ti rendi conto?" mi disse, "noi folletti non abbiamo più dignità, manco i gatti ci filano più."
Non finì la frase che cadde all'indietro a peso morto dallo sgabello, rimanendo con le braccia aperte come un misero cristo, che triste storia. Lo fissai preoccupato e di scatto alzai la testa, nel locale nessuno si accorse di lui, ritornai con lo sguardo a terra ma lui non c'era più.