Discussione: Limiti
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Vecchio 20-11-2010, 10.31.00   #6
nikelise
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Originalmente inviato da dafne Visualizza messaggio
Forse vado OT nel qual caso mi perdonerete spero ma stamattina stavo pensando a certe cose che voglio scrivere e come spesso mi accade mi sono ritrovata a corto di "parole giuste".
Questa cosa l'avevo già notata in altri ambiti, soprattutto nelle discussioni che parlavano di Jung la mia piccola mente rimaneva impreparata di fronte a quelli che catalogava come "paroloni".

Di fatto nello specifico avevo già visto come il disagio dipendesse dalla mia pigrizia di andar a cercare certe parole con relativi significati e anche che certe parole assumono uno specifico significato proprio perchè al lato pratico impediscono di dover circumnavigare un concetto con un periodo scritto troppo lungo e che, comunque, di fatto alla fine non lo rende quasi per niente.

Una parola assume quindi un ruolo di simbolo, simbolo di un determinato significato.

Stamattina preparandomi a scrivere sul sogno di ieri stavo per usare certe parole specifiche, certi concetti e mi sono sentita a disagio. Ho indagato in merito e ho scoperto, alla fine, che ero reticente ad usare parole specifiche sostituendole con panegirici di parole non perchè non volessi sentirmi tanto superba da aver capito tutto (pensa te come sono perversa) ma di fatto perchè non volevo assumermi la responsabilità di aver scelto certe parole così precise!!

All'inizio mi pareva una strr...ofinata di fuffa ( ) ma poi mi è venuto in mente un post di Uno nella discussione "Paura" dove diceva che essere coscienti di una cosa non significa esserne consapevoli. Mentre il mio neurone s'intorcolava su coscienza e consapevolezza m'è tornata di nuovo la sensazione di disagio.

Di fatto i concetti espressi in una parola tendo a respingerli, a pretendere che le definizioni vengano dagli altri, cosa che puntualmente non accade e...lampadina ...definizioni.

Una parola come coscienza delimita di fatto un concetto che ad essere spiegato può occupare pagine di scritti.
Una definizione delimita e "costringe" una cosa o un'idea all'interno di limiti specifici, limiti che a me stanno sempre troppo stretti perchè delimitano anche me, delimitano lo spazio che il mio pensiero si può prendere (una parola, praticamente nulla, la fuffa compressa..che claustrofobia..) e delimitano soprattutto il mio margine d'errore

Se mi dilungo in un concetto sono centinaia le scuse che posso usare per giustificarmi se ricevo in risposta un "no, non è così", tra l'altro costringendo l'altro, se si prestasse, a dover riprendere per mano infinite sfumature e accompagnarmi per mano..

Ma non è così che deve essere, la costrizione deve partire prima dall'interno, delimitare il margine d'errore è fondamentale per riuscire a sintetizzare.

Io invece da eterna bambina che sono vorrei che fossero sempre gli altri a delimitarmi e poi quando non lo fanno, per impossibiltà pratica, mi irrito dando però di nascosto soddisfazione a quella parte che nel largo, nel vago, nella confusione ci sguazza e vive.

Non sò se questo ha un senso per quel che scrivi ma mi serviva di metterlo nero su bianco, definire questo sentire su un foglio con parole precise per poterlo poi ritrovare obbligando la costrizione a permanere.

Una bella responsabilità da prendersi
E' giusto quello che scrivi .
In questo sta la fatica che bisogna fare per capire e per delimitare in parole quello che si vuol dire .
Lo sforzo che poi e' anche un piacere man mano che si avanza .
C'e' quella massima latina :
res tene verba sequentur :SE UNA COSA LA CONOSCI LE PAROLE SEGUONO , SCORRONO .
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