Discussione: Il paradiso perduto
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Vecchio 18-01-2011, 10.56.55   #37
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Non è che io l'abbia perso in un colpo il Paradiso Celeste, e questa calamità non accadde per traumi o incidenti che ad ogni persona possono capitare, quello a volte può magari rafforzare la fede. Fu una perdita lenta e inesorabile che cercai di combattere con tutte le forze alle quali mi era possibile attingere. Un crisi religiosa che durò dieci anni, in cui ebbe un ruolo decisivo prima la morte della guida assegnatami, l'arciprete che conobbi poco ma che sicuramente avrebbe forgiato meglio la mia fede, secondo il succedere a lui per farne le veci sulla mia persona, la sigorina R. Ho solo descritto il primo incontro, quando mentii, ma non è detto che egli non avrebbe col tempo scoperto il mio lato fifone, la bugia, il volere estraniarmi col sogno. Molte ragazze che lui seguì oggi solo delle donne serene e realizzate. Purtroppo la sua pupilla, la ragazza più grande che lo seguiva e lo amava di più ,aveva in se il mostro della passione per la redenzione altrui, e quando fu senza guida la perpetrò senza la bellezza del vero amore, che accetta le differenze, rispetta quanto meno le idee degli altri, e non sottopone l'accettazione prettamente umana a quella spirituale dell'altro. Un mussulmano se stava morendo, andava salvato ma senza tregua poi inseguito perchè si convertisse. Era un esempio, io fui inseguita per tanti anni da lei, mi aveva preso di mira, mia madre gliene aveva dato a sua tempo il compito. La sua guardia si alzò nei miei confronti quando mi fidanzai, il sesso era peccato, e la nostra frequentazione finì quando ruppi il mio matrimonio, non riusciva ad amarmi, anche solo a chiedermi come stavo, se non a patto che ritornassi sui miei passi. Per me questo fu follia e tradimento.
Infondo ero riuscita in quegli anni della adolescenza a trarre beneficio dalla religione, dall'ambiente cattolico attivista. Mi ero sentita appartenere ad una famiglia forte, mai litigiosa, c'erano i momenti magici della messa sentita col cuore, delle escursioni nella campagna della signorina R che amava moltissimo divertirsi, l'arciprete aveva detto che era lecito farlo, ma non so in che modo le avesse trasmesso che l'importante era tenere a mente lo scopo dello stare insieme, il servizio nella fede. Non era una specie di suora, poi di sposò. Si diceva che nella quaresima gli sposi non si toccavano, si parlava della bellezza della rinuncia, della unione ai fini della procreazione, e tutto questo mi andò bene finchè ero lontana dal vivere tutto ciò, non erano problemi miei dopo tutto, però la sera , a volte ci pensavo a come facevano a stare separati marito e moglie per cosi tanto tempo prima della Pascqua. Questa cosa mi turbava solo quando fui più grande però, una volta conosciuta la natura delle pulsioni. Un pò mi angosciava e forse il gigante della repressione mi appariva in tutta la sua gravità. Ma sicuramente era il modo in cui venivano dette le cose che mi rendeva nemico magari ciò che molti cristiani osservanti avranno felicemente accettato, vedendoci la bontà del sapere rinunciare. Con l'immane perdita c'entra la repressione, centra la rigidità ideologica quando sconfinò nella lotta all'umano, centra lo studio delle scienze...


Adesso non ho più tempo, ne troverò ancora.
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