Discussione: dzogche
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Vecchio 19-12-2010, 00.41.45   #5
4less4ndR0
Chiede le Vie
 
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hai ragione provo a spiegarmi anche se mi difficile.
la mia domanda è : dato che tutti quelli che cercano di ottenere la Grande Opera hai fornelli ottengono TUTTI (quelli che ci riescono) la Pietra Filosofale...allora se lo dzogche è una via per l Alchimia spirituale ( come scopo "credo" l embrione celeste) chiunque arrivasse al compimento del Opera spirituale su se stesso otterrebbe per forza Questo?!? cioe il corpo di luce? o "l esperimento "(lasciatemi il termine ) risulta uguale solo per la procedura ai fornelli e non per quella su se stessi?!? visto i che due cose vanno di pari passo e che dovrebbere essere una cosa sola...


embrione celeste
i processi alchemici si svolgono nel corpo dell’adepto, la trasmutazione e la reformatio dei metalli corrispondono al perfezionamento e alla realizzazione dell’uomo. Secondo la filosofia taoista, tutto ciò che esiste partecipa della natura dei due principi fondamentali, lo yin e lo yang, combinati in varia misura in tutte le sostanze. A poco a poco, lo yang è stato identificato col Dao. Il Dao è un temine assai vago, e difficile a rendersi. Significa “via, strada, principio, metodo, dire…”, ma conviene lasciarlo non tradotto, tanto più che dagli stessi filosofi taoisti – perché il Taoismo è una filosofia e una religione – lo ritengono indefinibile. Dargli un nome (ming) infatti presupporrebbe assegnargli un posto in questo mondo gerarchizzato, mentre esso è per sua natura al di fuori di ogni categoria, incommensurabile, infinito, immenso. Esso è il principio trascendente e immanente dell’universo, anteriore alla creazione di questo, presente dovnque sotto molteplici aspetti, secondo un processo spontaneo di continuo ritorno alle origini. Tutto deriva dal Dao e tutto ritorna ad esso; la vita e la morte si alternano in un movimento ciclico per cui il non-essere diventa essere per poi tornare non-essere. Il saggio si adegua al ciclo universale dell’essere e del non essere, conformandosi al suo ritmo senza contrastarlo o interferire, con un contegno che ripropone il non-agire teorizzato da Krishna ad Arjuna nella Bhagavad Gita. Qui vi è però la ricerca di un inserimento armonioso nel corso del Dao, che è il grande fiume dell’universo, e questo permette all’individuo, sintonizzando i suoi ritmi vitali con quelli universali, di preservare e prolungare la vita, evitando le offese ed il logorio del tempo e delle malattie. Per questo il Dao è la via della vita e della virtù, nel senso del potere, dell’azione, dell’ottenere (Bertuccioli, 2005). Pertanto, più una sostanza contiene yang, più è pura, luminosa, nobile, incorruttibile, assoluta. La trasmutazione dei metalli, da inferiori, oscuri, corrotti a nobili e incorruttibili, si compie eliminando lo yin e accrescendo lo yang. Alcune sostanze, come l’oro e la giada, sono state considerate fortemente partecipi del principio yang, e quindi assurte a simbolo d’immortalità. Non a caso, si usava cospargere i cadaveri di oro e di giada per proteggerli dalla decomposizione.L’adepto ricerca l’unione del principio yin e del principio yang che avviene nei “campi del cinabro”, localizzati nel basso ventre, all’interno delle vie spermatiche. Attraverso delle tecniche di respirazione (analoghe al pranayama dello Yoga ) abbinate a dei movimenti di contrazione e di espansione dell’addome (anche questi analoghi ai bandhas, contrazioni muscolari, dello Yoga) e alla pratica della meditazione si ottiene la “circolazione della luce”, con la quale il calore del fuoco interno sublima l’essenza seminale. Questa si trasforma così in “soffio”ascendente ch’i, vivificante, e diviene la più limpida e assoluta delle energie, la shen, che partecipa al dao come anima stessa dell’universo. L’essenza seminale ching ritorna allo stato embrionale indifferenziato; anzichè disperdersi con l’emissione di sperma, scorrendo verso il basso e fuoriuscendo dal corpo, prende la via dell’alto, risale lungo la spina dorsale e arriva nel “cuore celeste”, che dimora tra il sole e la luna – cioè tra i due occhi – nello “spazio grande un pollice”, passando per uno dei “meridiani curiosi” dell’agopuntura, il “canale centrale posteriore”; infine ridiscende lungo il “canale centrale anteriore” fino al perineo. I testi di Alchimia esoterica descrivono la circolazione del “soffio” all’interno di questi due canali (Calzolari, 1992). Attraverso sempre nuove distillazioni di essenza vitale l’adepto ritorna a uno stato energetico prenatale, produce l’unione del dragone e della tigre, delle forze yin e yang che sono all’origine della vita, e si fonde, ringiovanito nell’organismo, con l’Universo. Coloro che riescono ad ultimare questo processo chiamato del “custodire l’uno”, cioè preservare le proprie energie vitali intatte, divengono immortali (hsien), veri padroni del tempo.

Uno stesso modello di generazione presiede alla cristallizzazione del “corpo sottile”, dell’embrione dell’immortalità, a livello psicosomatico, e alla creazione dei “diecimila esseri”, ovvero della manifestazione universale, a livello cosmologico. Ciò non è dissimile dall’idea dell’alchimista occidentale di riprodurre nel vaso alchemico dei processi analoghi all’inizio della Creazione, quando la Luce organizzò il Caos primordiale. Le tecniche di ritmizzazione tendenti a bloccare il respiro hanno come conseguenza di sospendere il divenire, ritornare alle origini e conseguire uno stato di immobilizzazione delle funzioni corporali che ricorda l’immortalità.

dzogchen-si trova pochissimo materiale per questo speravo in qualcuno piu preparato comunque rimando ad un articolo abbastanza chiarificativo.

Si può dire poco o nulla, a livello pubblico, dell'insegnamento segreto che, nella dottrina dell'Ati-yoga Dzog-chen, mediante la pratica del to-gal, consente di ottenere il Corpo di Arcobaleno e con esso l'immortalità spirituale.
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Il Corpo di Arcobaleno [tib. Ja’-lus] è il traguardo che un praticante del Dzogchen può ottenere, attuando la trasformazione del corpo materiale in un corpo di luce.

Oltre che servirsi della luce del sole, il praticante del to-gal adopera uno specchio [tib. Melong] che ne rifletta i raggi, quando questi sono troppo forti. Lo specchio è lo stato della coscienza; la mente è il riflesso.



Anche nello shintoismo lo specchio è simbolo sacro, perché con esso gli dei riuscirono a restituire la luce al mondo dopo che Amaterasu, la dea del sole si era rifugiata in una grotta [eclissi solare] in seguito ai peccati del mondo.
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Il Corpo di Arcobaleno è chiamato anche Corpo di Luce o Corpo del Vajra [rDorje lus]. Tale Realizzazione consente di non lasciare il corpo al momento della morte.
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La realizzazione di una tale siddhi (potere) si può trovare, oltre che nella pratica segreta del Tö-gal del Dzogchen, anche nel Cakrasamvara Tantra.
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E' il più elevato dei quattro livelli di tale pratica che consente il raggiungimento del Corpo di Luce.

“Colui che pratica lo Stadio di Adempimento ed è altamente intelligente realizza il ‘corpo di arcobaleno’ (autentica esistenza) durante la propria vita e diventa (spiritualmente) immortale.

"Colui che è di media intelligenza riconosce e afferra la luce radiante al momento della morte e non passa attraverso le esperienze dello stato intermedio tra la morte e la rinascita.

"Il tipo più basso di coloro che praticano lo Stadio di Adempimento ha l’esperienza di questo stato intermedio in modo tale che se è intelligente, immediatamente dopo che la luce dello stadio intermedio ha incominciato a splendere, egli l’assorbe nella luce radiante per mezzo dei due tipi di concentrazione e sorge come un dio o, al momento della piccola morte durante la prima settimana (dopo la morte fisica), riconosce la luce radiante e consegue l’autentica esistenza”.1


Altro non si può dire di questa pratica, pena il decadimento spirituale di chi profana il segreto.
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