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Vecchio 12-05-2007, 21.37.45   #67
Shanti
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Predefinito Arcano XIII

TRASFORMAZIONE PROFONDA, RIVOLUZIONE

La tradizione attribuisce, in modo superficiale ed erroneamente, a questo Arcano il significato, e a volte anche il nome, di “La Morte”. Il peso di questa inesattezza ha condizionato profondamente anche l’interpretazione dell’Arcano XIII.
La figura centrale è uno scheletro con una falce che, nella tradizione popolare, rappresenta la morte ma vi sono numerosi elementi che contribuiscono a scartare questa interpretazione un po’ semplicistica. In fondo l’Arcano XIII non ha nome.

Dopo il lavoro di svuotamento e approfondimento svolto dall’Appeso, questa carta invita a fare piazza pulita del passato, nell’ombra di quel terreno nero e ignoto da cui emerge, come dall’utero, la nostra umanità.
Inoltre se questa carta rappresentasse la fine probabilmente avrebbe il numero 22, non il XIII. Il fatto che sia collocata al centro dei Tarocchi ci spinge a considerarla come un lavoro di pulizia, una rivoluzione necessaria per il rinnovamento e la salita che condurranno gradualmente alla totale realizzazione de Il Mondo.
D’altronde questa carta numerata e senza nome risponde come un’eco a Le Mat che ha il nome ma non il numero, e la somiglianza nell’atteggiamento è evidente: lo scheletro dell’Arcano XIII sembra quasi quello de Le Mat visto ai raggi X. Si può dedurre che i due Arcani rappresentano due aspetti della stessa energia fondamentale, ma se Le Mat è innanzitutto un movimento, una liberazione, l’Arcano XIII rievoca un lungo lavoro di pulizia e purificazione.

Un altro segno ci fa prendere le distanze da un’interpretazione semplicistica: lo scheletro è di colore rosa carne, il colore per eccellenza della vita organica. Si tratta dello scheletro che abbiamo dentro di noi, l’essenza viva e la struttura di ogni movimento, non lo scheletro che ci lasciamo dietro quando ce ne andiamo da questa vita.

Un’osso bianco per terra suggerisce l’ossatura disseccata (l’origine del temine scheletro è una parola greca che significa “secco”), ma anche quell’osso morto si evolve come dimostrano i sette fori come se fosse un flauto, uno strumento che attende un soffio per produrre musica: quel soffio potrebbe essere divino.

Il personaggio dell’Arcano XIII con la sua falce vitale e spirituale (rossa e azzurra) sta lavorando sulla propria natura profonda. Impugna la falce per il manico giallo, colore dell’intelligenza: il lavoro è stato desiderato e ora viene portato a termine. Naturalmente questo lavoro può essere vissuto come un lutto, sarà un processo in cui affioreranno sovente l’ira e l’aggressività, sofferta o espressa. Ma questo lavoro può manifestarsi come uno scoppio, un’esplosione rapida e liberatoria. Ogni legame di dipendenza viene reciso così che è possibile riconquistare la libertà perduta, la stessa che ha come simbolo primordiale Le Mat.

Il suolo nero su cui lavora l’Arcano XIII ricorda la nigredo dell’alchimia, oppure il fango da cui spunta il loto della tradizione buddhista. È il colore dell’inconscio, della vacuità, del mistero profondo. Dal suolo spuntano due teste, non si capisce se sono state mozzate o se emergano dall’oscurità: in ogni caso lo scheletro si appoggia su di esse per avanzare. Potrebbero essere i concetti ereditati dai genitori in un primo tempo spodestati, in modo che possano apparire sottoforma di due archetipi purificati. Due esseri regali nascono qui dunque, così come crescono due generi di erbe: una di colore blu, il colore della ricezione spirituale, e una gialla, colore dell’intelligenza attiva e solare.

Sul suolo nero spiccano mani e piedi, alcuni sono ben formati altri no. Nel caso stessero crescendo si potrebbe dire che il nuovo essere sta già affiorando in superficie.

Il volto dello scheletro è un’ombra di profilo, come se il nero del suolo fosse risalito fino alla sua testa, come se la mente si fosse svuotata. L’occhio ricorda un drago che si morde la coda. La testa ha forma lunare, segno di ricettività, e nella parte posteriore del cranio si intravedono le quattro lettere ebraiche Yod, He, Vav, He, che compongono il nome divino. La somma di queste 4 lettere, nell’alfabeto ebraico, dà il numero 26, il numero della divinità, la cui metà esatta è il 13.
Questo essere porta dentro di sé la divinità ma non è totalmente divino, lavora sul piano dell’incarnazione.

Il bacino dello scheletro e la sua colonna vertebrale hanno gli stessi colori della falce: azzurro e rosso, come se costituissero la base della crescita che si sviluppa lungo la colonna, sotto forma di spiga di grano, fino al fiore rosso dai quattro petali che sorregge la testa. Un ginocchio e un gomito presentano un fiore rosso a tre petali: ginocchio e gomito sono la sede del carisma e della comunicazione con le folle. Nel corpo di colore rosa carne, una gamba e un braccio sono colorati di azzurro: si tratta di un essere attivo e comunicativo, incarnato e spirituale insieme, mortale e immortale.

La sua maschera è spaventosa, guardiamo con terrore il suo aspetto vedendo in questo personaggio uno zoppo che trancia a caso, senza rispetto alcuno per la bellezza della vita, ma la sua azione ci indica la via della trasformazione.
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