Discussione: Cos'è il carattere?
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Vecchio 14-08-2005, 12.15.23   #22
Ray
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Dal mio punto di vista andrebbe fatta, anche restando nel ristretto campo della attuale psicologia "profana", una distinzione tra carattere e personalità.
Il termine "carattere" rimanda a serie di caratteristiche, in alcine accezzioni della personalità, in altre unicamente della modalità espressiva. Nel parlar comune, ma anche in psicologia si parla di carattere "aperto", "chiuso" e via dicendo, riferendosi alla serie di manifestazioni prettamente esteriori dell'individuo. Invece la "personalità" si riferisce ad un ambito leggermente più profondo, più vicino all'"essenza" dell'individuo, qualificando una serie di tendenze, organizzazioni di pensiero, rappresentazioni della realtà. Infatti si parla di disturbi della personalità (spesso a sproposito) e non del carattere.
In ogni caso il "carattere" è passibile di mutamenti pressochè continui, riferendosi appunto alle "modalità" con cui l'individuo si esprime e si relaziona. In primo acchito lo si può considerare come l'insieme di una serie di scelte comportamentali unito alla serie di modalità espressive pulsionali dipendenti, consciamente o meno, da tratti della personalità non ancora bene definiti o problematici. In un ipotetico individuo adulto e sano il carattere, in un certo modo, non esiste quale componente "insita" dell'individuo ma solo come scelta comportamentale standard, modificabile ed adattabile alle esigenze tramite impulso volitivo. In pratica io mi comporto, mi esprimo e mi relaziono come voglio, tanto più liberamente quanto più la mia "personalità" è sana e formata.
Ovviamente, anche la personalità, essendo aspressione individuale appena più profonda del carattere ma comunque ben lontata dalla vera "essenza" è passibile di mutamenti volitivi. E' solo leggermente più complesso accedervi. Tuttavia, ad un livello neanche troppo avanzato di un percorso di autoconoscenza, in caso di terapia o meno, si arriva alla conclusione che anche i tratti della personalità (timidezza, arroganza e via dicendo) non sono "qualità" insite nel soggetto ma espressioni di sovrastrutture difensive (magari questo lo spiego meglio dopo, se c'è interesse).

Quindi, tornando al tema della discussione, coloro che mostrano, ad esempio, un carattere forte, il quale può suscitare ammirazione in taluni casi, poco dicono in realtà di loro stessi e molto del modo con cui si relazionano. Infatti bisognerebbe stabilire in che misura quel che mostrano sia frutto di una scelta volitiva (e quindi possono, a comando, cambiare modalità) e quanto di un'esigenza interiore che spinge il carattere in una particolare direzione e non in un'altra per "proteggere" l'individuo.
Come dire che l'osservazione del carattere, lungi dall'essere un buon metodo per la conoscenza di chi ci sta di fronte, ne è uno pessimo perchè può portare a grossolani e facili fraintendimenti.
Altro punto importante invece nell'ottica dell'autoconscenza è che il carattere è un buon "segno" esteriore di eventuali caratteristiche inconscie conflittuali. Ovvero se il mio carattere ha dei tratti che non mi piacciono e io non riesco a modificarlo tramite semplice atto volitivo, significa che c'è qualcosa di più profondo che interagisce. Questa difficoltà, lungi dall'essere il vero problema, è invece l'indizio su ciò su cui è più opportuno lavorare.
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