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Vecchio 21-03-2011, 10.48.52   #103
Astral
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Originalmente inviato da Sole Visualizza messaggio
Torno qui per confrontarmi con voi su un pensiero.
Credo che sia normale per tutti che ad un certo punto del cammino si perda il senso di ciò che si sta facendo e di tutto ciò che ci circonda nella quotidianità.
Stavo meditando su questo aspetto della ricerca cercando di trovare il perchè ciò accade e che cosa accade in quei momenti in cui niente ha un senso reale, niente è davvero importante se non trovare una via di uscita e la fine della strade, l'unica cosa che si vorrebbe fare è chiudersi in un eremo il che equivarrebbe a fuggire dalla Via o almeno da questa Via.

Quel che ne ho cavato fin'ora è che l'impegno che si mette negli esercizi, nelle letture, nel proprio personale operare manca della soddisfazione del risultato. Questo fa si che si abbia l'impressione di girare intorno sempre alla stessa questione, di non fare mai un passo avanti ecc ecc. Così, ad esempio, si comincia a cercare altro che entusiasmi e ravvivi o che soddisfi in qualche modo il bisogno di vedere, di toccare un risultato. O nella peggiore delle ipotesi si iniizia a pensare che quell'esercizio non è adatto o altre scuse varie.
La verità spesso è che non c'è umiltà nell'accogliere quel che si sta facendo.
Per poter andare avanti oltre queste difficoltà che arrivano, io so che ci vuole un quid. Ma non so ancora decifrare cosa sia questo quid.
In un certo senso questo quid potrebbe essere la "non aspettativa", il che è un assurdo. Come posso scegliere di percorrere una Via e non aspettarmi nulla?
A ben pensarci la Via insegna ad avvicinarsi all'Amore e l'Amore è totale incondizionamento. Inoltre il non aspettarsi permette quella resa necessaria ad accogliere qualunque cosa.
Quindi forse tanto assurdo non è e potrebbe essere uno dei punti per uscire dall'impasse di certi momenti difficili.

Forse per qualcuno sono banalità e mi piacerebbe che mi raccontasse.

Sono daccordo sul fatto che inizialmente non bisogna attaccarsi al risultato, ma come in ogni attività umana, anche quella spirituale, necessita per forza di cose di progressi.
L'atleta ha il soddisfacimento, di vedere il suo corpo che cambia, e le sue prestazioni fisiche sempre più efficaci. Lo studioso, patroneggerà la sua materia, diventando sempre più colto. L'artista sarà sempre più creativo.

Un minimo di cambiamento c'è, sopratutto all'inizio, poi forse diventa sempre più difficile.
Quando vedo dall'esterno (quindi non parlo di me) una persona che si avvicina ad un cammino spirituale, riesco ad accorgermi perchè cambia. Il suo non è un cambiamento dato dal fatto che deve fare cosi, o deve fare cola, cambia a livello che non si percepisce dall'esterno come prima.

Noi come ce ne accorgiamo? Beh per citare un esempio il forum potrebbe tornare utile, basta rileggersi per esempio i discorsi vecchi che facevi per renderti conto di quanto eri diversa (in meglio o in peggio). Per cui per prima cosa ritengo che un piccolo diario, a fine giornata possa aiutare a registrare quella parte di se.
Non si vedono solo i progressi, ma anche i regressi: quante volte si è tornati indietro nella via, ci si è fermati, si è preso deviazioni.

Ma nel campo spirituale, bisogna anche fare attenzione all'appagamento per i progressi, perchè da li il sentirsi superiori agli altri è molto facile.
Ritengo che ci sono dei segnali interiori, delle sensazioni non a livello razionale/emotivo ma più profonde, che fanno da bussola.

La differenza tra il volere ed aspettarsi, la spiegata molto bene Ray.
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