Discussione: Non credo in me stesso
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Vecchio 04-03-2008, 00.34.03   #1
Grey Owl
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Predefinito Non credo in me stesso

Questa riflessione vuole essere uno spunto per tutti oltre che per me.

Eppure e' cosi' ovvio se ci penso, sarebbe normale credere in me stesso, ma di fatto non e' cosi'.
Se non credo in me stesso come potrei credere nel prossimo, negli altri? Allora "credere" rimane una fantasia, un raccontarmi una favola. Credere in me stesso vuol dire accettarmi, dare un senso a me, un posto in questo mondo.

Perche' non credo in me stesso?
Osservando la mia vita vissuta vedo momenti di paura nel mostrare le mie poche e fragili certezze, molto meglio credere di non essere in grado di superare le paure. Troppo facile dire a me stesso di camminare leggero sui problemi e con questa affermazione chiudere il capitolo. Troppo facile dire che il mio limite e' questo, che oltre non posso, non riesco, non ce la faccio. Cosi' sopravvivo con l'illusione di poter dare qualcosa di buono agli altri, mentre non riesco neppure ad avere fiducia in me stesso, a credere in me stesso, evitando le prove che mi pongo davanti. Molto piu' facile credere negli altri per poi incolparli delle mie sconfitte e sofferenze...
questo faccio.

Chi sono gli altri allora?
Sono il mio alibi. In passato mi dicevo che dando 60 ne ricevevo 20 e questo mi faceva soffrire, questo mi portava a chiudermi, a non credere nel prossimo, ad osservare gli altri per poterli giudicare dimenticando il mio dolore, le mie paure. La verita' e' che davo briciole per ottenere la mia parte di alibi, ancora oggi e' cosi', il mio modo per sentirmi appagato, per non fare nulla credendo di fare. Che potenziale ho da offrire agli altri se questo rimane chiuso nel mio cuore? Come in una gabbia lo tengo nascosto con la paura di mostrarlo.

Soffrire nel timore di soffrire, che assurdo modo di vivere il mio?
Rimanere distante per paura di soffrire, oppure immergermi totalmente ed incolpare il prossimo delle mie paure. Avere un potenziale e non usarlo e' uno spreco, un dono non ricevuto, un rimanere in attesa che si realizzino le illusioni. Non conosco il mio potenziale, come acqua che ristagna marcisce, non lo faccio fluire, egoisticamente lo tengo nascosto dentro. Il risultato e' non condividerlo, rimanendo frammentato in mille pezzettini sordi a me stesso. Altro che individuo, sono una miriade di esserini urlanti di paura, di non essere accettati e per questo non mostrati.

Che fare quindi?
Ho un talento nel lavoro manuale, mi trovo a mio agio. Mi piace dipingere, lavorare la creta, scolpire il legno. Nel fare questo ritrovo me stesso, mi realizzo. Impegnarmi nel realizzare una scultura mi e' facile come pure il dipingere un quadro. Realizzare un opera con le mie mani, col mio cuore mi e' naturale, non dico che sia facile (anzi richiede molto impegno) ma metto tutto me stesso. Ho sempre creduto nei riti, nel procedere per passi rituali, dalla pulizia dei pennelli, alla preparazione della creta, dallo studio di realizzazione dell'opera in legno, ai tempi di esecuzione. All'inizio di ogni opera faccio a me stesso una promessa, quella di realizzare al meglio l'opera che mi propongo. Estendere questo mio modo di lavorare su di me come fossi una tela bianca, un pezzo di creta, un legno.
Una promessa silenziosa e profonda per realizzare l'opera al meglio per arrivare a credere in me stesso.

Capita anche a voi di non credere in voi stessi?
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