Discussione: Paura di essere felici
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Vecchio 03-06-2011, 18.18.01   #31
Telemaco
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Originalmente inviato da Uno Visualizza messaggio
Non ho giocato con le parole e sto usando concetti oggettivi. Accumunare il senso di parole diverse, per quanto vicine, appiattisce la realtà in maniera se non nichilista molto vicina.
Prendiamo solo pace e felicità e lasciamo per ora beatitudine.
Io posso essere in pace con me stesso ma se il mondo (l'altro) non è in pace con me non posso essere in una pace totale. Al contrario posso essere felice a prescindere ad qualsiasi avversità (magari qualcuno può prendermi per pazzo, ma posso).
Questo potrebbe aprire la mente al concetto di paradiso, cioè un ambiente in cui tra le altre cose è possibile la pace totale. Un concetto che più che un luogo da raggiungere è una comprensione di una dinamica.
Un altro modo per comprendere le differenze tra le due parole e vederle dal punto di vista dell'essere e dell'avere.
Qualcuno può darmi la pace ma non può rendermi un essere pacifico, in pace. Viceversa qualcuno può rendermi (per quanto in maniera effimera e non duratura) felice, ma non darmi la felicità.
Mi fermo, tanto se bastano questi due accenni bastano, se no non serve neanche un trattato.

Sulle promesse delle religioni, se così vogliamo chiamarle, metto un appunto sulla lista dei thread da aprire

Ecco ! è proprio questo che io intendo per giocare con le parole, un esercizio di retorica basato sul significato letterario dei termini.
La mente non riesce ad esprimere concetti che non gli siano già noti e per questo riconduce tutto secondo i termini che già conosce e che appartengono al passato.
Tu usi la parola pace riconducendola a quello che tu conosci della parole pace, la pace tua, la pace del mondo, la pace dell'essere e la pace dell'avere.
Ma se devi parlare della pace assoluta, quella che appartiene ad un mondo divino che non conosci allora cominciano i problemi e non ti resta che giocare con le parole.
Io mi riferisco ad uno stato che non si può descrivere a parole, ma che si può solo immaginare come un insieme di tutte le qualità che conosciamo (pace, beatitudine, estasi, felicità, ....)e molto di più.
Una pace dove non esiste nessun conflitto, neanche di termini.
E' questa cosa che noi identifichiamo come meta spirituale e che nella nostra limitatezza umana chiamiamo ora felicità ora pace, ora altro, e a cui noi (anche inconsciamente) aneliamo.
Molti la cercano meditando, altri pregando, altri credono di guadagnarsela in un'altra vita.
Ma qui andiamo veramente fuori tema.

Io ribadisco che la paura della felicità non esiste, ma esiste solo la paura del dopo, della sofferenza, consapevoli che è impossibile rimanere in uno stato di felicità continuo.
La cura sta nella stessa causa, basta essere consapevoli che pure la sofferenza non è permanente e che questa alternanza fa parte del movimento della vita.
Ormai però il nostro pensiero è viziato, ci hanno raccontato che è possibile essere felici e indipendenti dagli accadimenti e noi non ci rassegnamo di trovare un modo. Ma un modo non c'è e i risultati si vedono.
Ma questa è solo una mia "opinione".

Ultima modifica di Telemaco : 03-06-2011 alle ore 18.20.30.
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