Discussione: Primo maggio
Visualizza messaggio singolo
Vecchio 27-04-2007, 19.34.53   #3
Uno
Amministratore
 
L'avatar di Uno
 
Data registrazione: 28-05-2004
Messaggi: 9,695
Predefinito pure io, pure io:

La Bla Bla venne creata nel 1970 e le prime produzioni furono singoli commerciali ed lp
A partire dal 1972 la casa discografica si interessò quasi esclusivamente alla scoperta di artisti progressivi e di avanguardia, anche se continuò a pubblicare dischi come quelli degli attori Gino Bramieri e Zeudi Araya, insieme ad alcuni capolavori del rock italiano come Fetus e Pollution di Franco Battiato, Arrow head degli Osage Tribe e Appunti per un'idea fissa dei Capsicum Red.
Gli ultimi dischi della Bla Bla apparvero nel 1976.
Andiamo con ordine. Anche i vampiri viaggiano in taxi. E proprio durante una traversata della città a bordo di suddetto veicolo ha avuto luogo una delle conversazioni più illuminanti cui mi sia capitato di partecipare. Le conversazioni tra tassinaro e passeggero si svolgono di regola secondo una collaudata scaletta che vede sfilare in rapida successione tutti i luoghi comuni che si riferiscono agli argomenti più gettonati di tutti i tempi: la politica ("Rossi e neri sono tutti uguali"), l'economia ("E' proprio vero che i soldi non danno la felicità"), il calcio ("il pallone è rotondo: c'è chi vince e c'è chi perde") e le donne (certi tassinari della capitale sono un po' troppo pepati a riguardo, perciò evito la citazione).
Anche la conversazione a cui mi riferisco stava procedendo nel modo su indicato quando improvvisamente il dialogo prese una svolta inaspettata. Parlando dei problemi del traffico in città, il mio interlocutore cominciò a discutere di handicap, ma diversamente da quanto aveva fatto prima, non si limitò a sfornare i soliti luoghi comuni pietistici a cui siamo più o meno abituati, bensì fece esplicito riferimento ai diritti che la società non assicura, a chi non è perfettamente autosufficiente.
Un discorso semplice che se pure mostrava scarsa conoscenza del tema, era allo stesso tempo indice di sensibilità e buonsenso. Un discorso che terminava più o meno con le seguenti parole: "Tutti devono avere il diritto di andare dove vogliono, sia che abbiano le gambe buone, sia che siano storpi come lei".
Al termine di questa frase vidi il tassinaro che mi fissava dallo specchietto retrovisore, in attesa di un cenno di assenso da parte mia. Momento di panico: voglia incontenibile di ridere repressa a forza, poi respiro profondo nel tentativo di recuperare l'aria più naturale possibile, e farfugliamento, un "certo, ha ragione" strozzato da due serie di convulsioni da scompiscio.
Decisi di indagare: nel dizionario a mia disposizione la parola "handicap" si trovava tra "hamburger" e "hangar", ed era così definita: "menomazione fisica o psichica che mette la persona in condizione d'inferiorità". Inferiorità: ecco cos'è che non mi convinceva. Non contento continuai le ricerche e trovai: "storpio: chi ha braccia o gambe mal conformate", una definizione semplice che prendeva in considerazione solamente l'aspetto fisico, ma che non conteneva alcuna connotazione dispregiativa. Una parola poco usata, che il mio interlocutore aveva scelto solo perché forse non ne conosceva altre.
Ciò che mi colpiva nelle parole del tassista è che avesse usato un termine medievale all'interno di un discorso tutto sommato moderno. La mozione dei senatori preoccupati per le sorti dei cittadini "infelici" conteneva invece uno strano miscuglio di terminologia moderna e antica che tradiva un malcelato imbarazzo nei confronti dell'argomento. Insomma, mentre la prima frase affermava l'uguaglianza dei diritti, la seconda sottolineava la diversità, fornendo dei giudizi di valore quanto meno discutibili.
Le parole nascono e poi, essendo più leggere dell'aria, salgono in su e arrivano fino al punto in cui il cielo finisce e conduce all'eternità.
Passano per l'aria attraverso le onde radio in ogni momento flussi ininterrotti di parole che avvolgono tutto il globo. In verità - rispetto a quanto scrive Giovanni Guareschi (sì, il creatore di Peppone e don Camillo) - molte di queste parole sono ben più pesanti dell'aria pura, naturalmente in senso metaforico. Pensiamo all'immensa futilità di tante chiacchiere diffuse ora attraverso i cellulari: si tratta di polvere che cade per terra, meritando di essere calpestata. Ma la considerazione dello scrittore emiliano contiene anche un'indubbia verità.
In mezzo a quel fiume di «parole, parole, parole», come dice l'Amleto di Shakespeare ce ne sono alcune che salgono verso l'alto fino a toccare il cielo. Sono le preghiere dei sofferenti e dei poveri, dei peccatori e degli sfiduciati che giungono sino alle orecchie di Dio, nell'eternità e nell'infinito. Sono anche le parole buone, dette per sostenere e per consigliare, segno di una carità autentica. Sono le parole stesse degli amici e degli innamorati che esprimono la loro tenerezza e la loro comunione di vita.
Secondo la neuropsichiatra californiana Louann Brizendine, tra una donna e un uomo logorroici la differenza è più che notevole: 20 mila parole al giorno contro «sole» 7 mila.
Se «lei» prova piacere facendo gossip o confidandosi con le amiche, tanto per fare un esempio, il chiodo fisso di «lui» sarebbe invece il sesso. Lo sostiene l'esperta americana in un intervista sul numero del settimanale «Grazia» in edicola il 23 agosto. Gli uomini penserebbero alla passione ogni 52 secondi, mentre la mente della donna evoca scene osè solo una volta al giorno.
Altre differenze: lei va in ansia per nulla, al contrario di lui che non si scompone fino alla fine. Lei capisce subito dalla faccia quando qualcosa non va, mentre lui se ne accorge solo quando vede le lacrime. Lei ricorda ogni minimo dettaglio, ma lui si dimentica perfino da quanti anni stanno insieme. E se lui si orienta anche al buio, lei fatica addirittura a trovare la strada di casa. Litigare non serve - avverte la specialista Usa - Le ragioni di queste distanze incolmabili uomo-donna sono solo una questione di neuroni.
23 agosto 2006
Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite:
proprio per questo, diceva un filosofo,
gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie.
Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori.
È un maleducato, se parla in privato e da privato.
È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante, un dipendente pubblico, un eletto dal popolo.
Chi è al servizio di un pubblico ha il dovere costituzionale di farsi capire.
Parole, parole parole… suonava una nota canzone. Ma per parlare di vino in modo appropriato è necessario usare termini e aggettivi specifici, a volte poco noti. Per questo noi della redazione di Altrovino abbiamo pensato di proporvi un rapido dizionarietto, curato da Luigi Brandi, “storico” patron dell’ex enoteca omonima di Portici (Na), ora divenute l’Enoteca Vesuvius, nel quale troverete i termini più importanti del mondo del vino, in modo da abbinare al vino non solo i piatti migliori ma anche le parole più opportune! Buona lettura a tutti amici e, nel caso abbiate dubbio o curiosità, siamo a vostra disposizione



Poutporrì pescato a caso da vari indirizzi (purtroppo ho dovuto accorciarlo avendo superato le 10000 parole )
Uno non è connesso