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Vecchio 11-07-2008, 16.05.57   #7
griselda
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Secondo me ci sono i pro e i contro come in tutte le cose il tutto sta forse a riuscire ad inquadrare la propria indole.

Le donne della mia generazione volevano avere la libertà di lavorare, provenienti da famiglie con forti problemi economici, dove il marito padre padrone decideva e tutti dovevano sottostare alle sue decisioni giuste o ingiuste che fossero, ma vissute come un obbligo senza possibilità di scelta, queste donne con pochi diritti e tanti doveri, ecco che ha fatto scattare questo desiderio di libertà che poi altri hanno abbracciato e accolto senza aver vissuto il retroscena e per questo prendendone tutte le positività senza averne compreso il resto e quindi poi non basta.
In questo caso ci si trova a fare senza aver veramente desiderato di arrivare ad avere, ci si trova dentro e si nuota per poi arrivare a desiderare altro.
Il problema fondamentale secondo me è questo non aver il tempo di sentire l’esigenza di una cosa fortemente sofferta in modo che rimanga impressa.
Se lavoro ed ho sempre lavorato magari desiderio stare a casa e poi quando ci sto rimpiango il lavoro il tutto perché non si sa bene ciò che si vuole e non si è vissuto sino in fondo.
Mi immagino le prime donne che avevano visto la sofferenza negli occhi della nonna della mamma e poi a loro volta la loro come un riflesso avendolo vissuto si può comprendere invece avendolo solo visto negli altri non è uguale.
La nascita della liberazione femminile è nata sull’onda di un sofferenza che non ci stava più ed è traboccata, ma poi come tutte le cose che non si vivono personalmente sono un seguire una moda se ne perdono le origini.
Quindi io vedo la donna che sbarella di qua o di là se non ha trovato in se il motore che la spinge, la sua indole, il suo motivo di esistenza, farà ma non sarà mai contenta.
Lavorare oggi è quasi un obbligo anzi forse quasi è un eufemismo, oggi la donna lavora perché non c’è scelta, il caro vita, il tipo di vita di questo momento fa si che si lavori anche per mantenere un tono alla propria vita perché la vita lo esige, se sei sotto un certo tono sei out e non ti considera nessuno, inoltre si è tutto spostato il posto di lavoro, le esigenze tutto lontano quindi si ha necessità di avere l’auto per fare un esempio.
Ma vedo donne che si dannano la salute per lavorare e comprare gli abiti firmati ai figli, perché con uno stipendio solo si potrebbero concedere solo l’indispensabile sotto quel tono di vita e oggi nessuno ci sta più a costo di fare rate su rate. Donne che hanno anche capacità come sarte ma che il guadagno irrisorio spinge in fabbrica, perché tanto oggi tutto si butta e via a spendere soldi.
Quindi credo che lavoro o non lavoro poche donne si sentano realizzate, le altre si lamentano di quello che manca, l’altra parte della medaglia insomma.
Un’altra considerazione è che ci son persone che si realizzano sul lavoro e prendono energie da li poi però se guardi nella loro vita privata non sono riuscite a fare la stessa cosa, quindi cosa conta di più mi domando una realizzazione sul lavoro ( che serve per vivere) o realizzarsi nella vita privata?( che fa stare bene dentro) Logico è che se cerchi di realizzarti sul lavoro nel senso di carriera quindi impiegando le tue energie li, poi per forza di cose avrai buchi altrove. Ma allo stesso modo se cerchi di realizzare la tua vita privata per farlo devi lavorare perché si sa che a stomaco vuoto non si può stare per molto.
Quindi direi lavorare per vivere e staccare la spina per dedicarsi alla vita privata alla crescita di se e se si è insieme a qualcuno, alla vita di coppia che poi vanno di pari passo credo. Al lavoro come in tutte le cose si deve dare il meglio di se, ma non può essere dato solo in quello. Certo è che senza “pappa” non si può neppure decidere di fare altro. Però se si lavora e basta quando si vive? Per me il massimo sarebbe lavorare insieme come famiglia un attività che permetterebbe comunque di dividere molto insieme, ecco che ci sarebbe il tempo per tutto, chiaro senza farsi prendere dallo sturbo esclusivo del lavoro.
Mentre il lavoro come indipendenza economica da potere di movimento e anche di scelta sia per un uomo che per una donna.
Adesso non ricordo più ne il nome ne il titolo di un libro di una donna che scrisse un best seller in cui decantava la donna come dea della casa, donna-madre-amante e moglie a distanza di moltissimi anni ne ha scritto un altro che è l’opposto del primo in cui dichiara di aver sbagliato tutto perché un giorno si è ritrovata senza marito e con dei figli a dover tirare avanti senza nessuna prospettiva economica e lavorativa.
Quindi da una parte il lavoro permette di essere indipendenti dall’altra di agire anche sventatamente solo perché si è indipendenti e lo si vuole essere anche davanti ad una possibile crescita a due non sottostando più a nulla che pare costrittivo. Quindi dopo sto pizzone credo che il lavoro debba dare la possibilità di essere indipendenti perché nella vita non si sa mai, ma che questo non deve essere un impedimento alla propria crescita personale, perché altrimenti si ritorna indietro ai tempi in cui ci era preclusa, ma che anche per questo abbiamo sviluppato altre peculiarità. In definitiva di tutto si può fare esperienza ma se poi non se ne trae il meglio sempre fermi siamo.
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