Discussione: incoscio collettivo
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Vecchio 08-01-2005, 12.48.06   #20
Hariagne
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Originalmente inviato da isaefrenk
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Originalmente inviato da Hariagne
Scusa, ho fatto copia incolla da una mia tesi di ricerca perchè lì c'erano stralci di quello che mi hai chiesto di riportare. Se mi chiedete di documentare le argomentazioni di un altro che posso fare se non riportarti i suoi scritti?
Forse non ho capito bene quello che avete scritto. Quali sono le "leggi" della natura? Mi fai un esempio di una di queste leggi?
ciao
LA FINALITA’ DELLA VITA NATURALE
Le finalità della vita naturale non sono illogiche e quindi non sono inaccessibili alla ragione.Guai se l’uomo fosse solo pratico e concreto! Perderebbe tanta parte di quella poca gioia che riesce a gustare e appassirebbe per incapacità di vibrare interiormente al canto della fantasia.
Il materiale dal quale dobbiamo trarre la nostra convinzione non è adulterato e non è falsificabile, perciò abbiamo garanzia di verità. L’ostacolo sta solo nell’interpretazione, il meraviglioso mondo nel quale viviamo e di cui facciamo parte, è uno spettacolo prodigioso, al quale abbiamo fatto l’abitudine e perciò non l’apprezziamo più. Però osservandolo, studiandolo, si scopre e ci rivela le sue meraviglie. Non c’e’ nuova scoperta che ci deluda o mostri aspetti irrazionali: anche quegli accadimenti che alcuni chiamano errori della natura, non lo sono affatto.
Certo, non si può negare che la natura proceda per tentativi e questo non può essere interpretato come incoscienza assoluta e, conseguentemente un automatismo non finalistico della sua vita.
Niente e’ senza scopo nelle funzioni naturali delle specie della natura.
Il fatto che la natura proceda per tentativi, che cosa significa? Se osserviamo un non vedente col suo procedere per tentativi, pensate forse che egli sia incosciente e proceda a caso, senza un suo indirizzo e un suo fine? No, certo: e’ solo mancante di quel senso che gli consentirebbe di dirigersi direttamente là dove vuole giungere. Allo stesso modo la natura non possiede quel senso che la farebbe procedere più direttamente; ma ciò non significa che il suo procedere non sia finalizzato, anzi, e’ proprio il suo tentare fino a riuscire che ci da’ la misura della sua determinazione e la prova del suo finalismo. Ora, domandiamoci quale può essere il fine che la natura ha tentato di raggiungere e tuttora persegue. Capirlo non è impossibile e non rende necessario azzardare ipotesi non controllabili. Basta osservare i risultati del suo faticoso e lungo lavoro, ma non si deve credere che il corpo umano, siccome in ordine di successione e’ l’ultima specie creata dalla natura, sia il fine unico a cui essa tendeva.
Se fosse stato così, tante specie intermedie, una volta costituito l’uomo si sarebbero dovute estinguere e perlomeno non avrebbero dovuto continuare ad evolversi.
Una delle difficoltà per comprendere il finalismo della natura e’ proprio quella di volere interpretare tutto in chiave umana. La domanda da porsi e’ questa: esiste la vita della natura; tale vita tende a qualcosa oppure e’ fine a se stessa? Questa domanda ha un senso più profondo: infatti, se c’e’ un finalismo nella vita della natura, allora e’ vera la concezione spiritualistica del mondo; diversamente, e’ vera quella materialistica.
Certo, per vedere il vero fine della natura bisognerebbe vedere nella sua globalità tutta l’opera naturale, mentre il campo di indagine dell’uomo e’ assai ridotto. Però qualcosa possiamo osservare anche con le nostre modeste capacità.
Per esempio l’istinto di conservazione, che e’ evidente nelle varie forme di vita e che e’ più forte a livello di specie o di gruppo che a livello individuale.
Infatti se osserviamo l’individuo formica, vediamo che quasi non esiste come tale perché fa tutto in funzione della vita del formicaio, così l’ape ecc. ecc. .
Gli animali che si suicidano in massa perché la sovrabbondanza numerica della loro specie danneggerebbe pesantemente altre specie e romperebbe così l’equilibrio della natura, un altro degli esempi dell’intento della natura di conservazione della vita a livello generale.
Ora, se la vita dell’individuo comprende lo scopo di conservare la vita del gruppo e quindi della specie, e se la vita della specie si conserva in un naturale equilibrio di rapporti tra le specie, ciò significa che la vita delle varie specie ha lo scopo di conservare la vita in genere.
Quindi la vita naturale ha quantomeno lo scopo, il fine, dell’autoconservazione.
Senza fare atti di fede si può osservare che uno degli scopi naturali sia quello di conservare e tramandare la vita di ogni singolo individuo, ma, aldilà di ogni singolo individuo, conservare e tramandare la vita della specie; e ancora: aldilà di questo di conservare e tramandare la vita in genere, cioè di tutte le specie. Sì, perché se non ci fosse la varietà e la molteplicità delle specie, nelle quali quella umana non e’ più importante delle moltissime altre, la vita non potrebbe conservarsi.
Ma attraverso la riproduzione, la vita supera la sua stessa caducità temporale, ed e’ proprio attraverso a tale rimedio che si manifesta il suo fine di autoconservazione. Riconoscere il fine di autoconservazione della natura non e’ un atto di fede. Anche sul piano delle sole conoscenze elementari delle scienze naturali, e’ un’affermazione che ognuno può condividere tranquillamente senza correre il rischio di essere considerato un visionario. Ma ciò alla logica basta per arrivare a conclusioni importantissime. E cioè che il corpo umano autoconservi la sua specie con le leggi stesse della natura.
Gestire il corpo umano in funzione delle leggi naturali non e’ cosa facile, in quanto ogni individuo vibra, la coscienza poggia mente su tali vibrazioni per la quale in funzione di essa si fa forza su due punti : proveniente da e proiettato a.
E qui si apre la geneticità individuale che forma l’espressione dell’individuo.
La razza umana poteva benissimo non essere dotata di intelligenza e di autocoscienza, e la vita biologica sul pianeta no ne avrebbe risentito.
La coscienza immersa nelle leggi della natura e attraverso la geneticità crea la psiche, più la coscienza si allontana dalla psiche riconoscendola come madre delle paure, in una successione logica che la porta a liberarsi di tutte le espressioni negative, maggiore e’ la certezza di essere di più di quello che la natura lo porta a conoscenza. Le leggi della natura non hanno nessuna influenza sulla coscienza, ma solo sulla psiche dell’individuo attraverso il suo corpo, imperciocchè la natura prende coscienza di se stessa.
E’ la vita che guida l’uomo, non e’ l’uomo che guida la vita.
Tutto e’ chiaro: basta voler vedere.

speriamo sia chiaro

Ci sono due cose chiare:
1) che questo è un copiaincolla. Fino ad ora non ho letto nemmeno un tuo messaggio scritto in italiano corretto, questo invece è perfetto proprio come un libro stampato. Ma pare verosimile che uno (o due) che mi chiede che cosa vuol dire empirico, poi concluda un testo con "imperciocchè"??????
2) che non esiste nessuna possilità di dialogare.

Ciao Uno, ci si rincontra prima o poi.
Vado a fare un salutino anche agli altri al piano di sopra.
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