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Vecchio 14-12-2008, 18.03.30   #30
jezebelius
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Originalmente inviato da griselda Visualizza messaggio
L

L'idea che mi sono fatta è che possa dipendere dalle invasioni subite dai popoli invasori, e per invasori intendo anche quando qualcuno che emigrando non vuole adattarsi al posto ma cerca di imporre le sue tradizioni, mancando verso chi lo ospita, da qui nasce, penso io, la diffidenza.

Nel paese dove abito c'è molta solidarietà tra gli indigeni, ma diffidenza (tanta troppa) verso il forestiero, che viene guardato con diffidenza ma che se si integra, rimarrà sempre un forestiero di nascita, ma verrà poi vissuto diversamente.
Credo che sta cosa sia un retaggio bello e buono che ci portiamo dentro.
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Originalmente inviato da Uno Visualizza messaggio

Quanto l'uomo è costruttore di società e quanto invece la società ha preso vita andando oltre la volontà dell'uomo?
Quest'uomo capace di costruire questa società avrà mai avuto una reale volontà?
Oppure solo pochi hanno una reale volontà e creando i presupposti per una società intendevano altro che poi dalla massa viene distorto?

Sono domande retoriche per alimentare le riflessioni, inoltre così in alto come in basso, tutto si ripete a cerchi concentrici.
Credo che la diffidenza sia un prodotto, una distorsione di un normale equilibrio che, coloro che avevano pensato alla " società " come luogo all'interno del quale potersi esprimere, in prima istanza c'era.
Lasciando da parte, o meglio toccando superficialmente le ragioni culturali per cui si può parlare di società, insomma quelle ragioni che hanno spinto l'uomo nella direzione per la formazione di centri nuovi, ad agglomerati più estesi ad esempio nel corso della storia, venendo alle domande di Uno direi, come ho detto più su e come detto anche da altri, che la società oggi amministra se stessa e chi vi è compreso la subisce. per cui da questo punto di vista non si tratta di volontà, non si tratta di comportamento costruttivo quanto di un modo di fare che " vive" di vita propria.
Si potrebbe paragonarla, questa società, ad un burattino che, ora e da qualche tempo, va avanti da solo in maniera automatica. Un pezzo di legno che vive di vita propria, non conscio di quello che è, di quale è il suo fine.
Belli insomma quei discorsi sociologici o antropologici - che sarebbero ulteriormente da indagare almeno per quanto mi riguarda - per cui, scientificamente si riesce pure ad individuare il motivo per il quale una società è stata costituita, però credo che alla base vi sia sempre una forma di degenerazione, forse è troppo affermare, " insita " nell'uomo. Da qui allora si può parlare di limite di un gruppo che riesce a contenere fino ad un certo punto, come diceva Ray in un suo precedente intervento, o ancora di condizionamento reciproco tra società e suoi componenti e viceversa.

Da ciò questi risultati, come descrive Kael, e quindi la diffidenza che inevitabilmente colpisce chiunque. Diffidenza che, per altro verso, può essere analizzata sotto altra luce nel senso che di norma, o forse di più, esiste nei confronti di chi dall'esterno si reca presso quel gruppo sociale. ma più in generale c'è tra un gruppo, quelli che si conoscono, ed un altro, quelli che non si conoscono che per una serie di ragioni possono venire a contatto.
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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