Discussione: Il paradiso perduto
Visualizza messaggio singolo
Vecchio 19-01-2011, 10.17.19   #38
webetina
Partecipa agli eventi
 
Data registrazione: 18-07-2009
Messaggi: 1,452
Predefinito

Credo di essere andata troppo avanti, ciò rende discontinuo questo scritto, e per una volta non voglio fare le cose con fretta come ormai sono abituata a fare, ciò non è caratteristica dei paradisi riflettevo. C'è un disegno dentro questo lavoro, che è quello di ritrovare i tempi e i luoghi che mi videro un essere più naturale di oggi, e man mano che lo faccio devo dire che il risultato non è quello che mi aspettavo, capire come sono cambiata, sembra ne stia ricevendo a sorpresa che in effetti potrei accontentarmi di quel pozzo di monete d'oro su cui ho affondato le mani così a lungo. E prendendone piena consapevolezza potrei anche abbandonare questa nostalgia così pervasiva che vi scorgo da un certo punto in poi del racconto.
Sento la necessità un attimo di precisare che se da ragazzina pensavo davvero che l'aldilà fosse sopra le nuvole, poi crescendo sapevo comunque che lassù non c' èra nessuno. Solo che a volte contattare quelle immagini mi era necessario, mi faceva stare bene. Non vorrei si pensasse che la mia mente abbia solo del grottesco. E precisata la cosa confesso che quando la prima volta su un aereo mi trovai ad alta quota, ci feci caso sorridendo tra me e me che era disabitato, e malgrado lo sapessi ormai da tanto, mi sembrò vuoto lo stesso, era la conferma che tutta la materia è come le cipolle, lamina su lamina se le separiamo non resta niente.
Sintonizzarmi su immagini o scene evidentemente avrà avuto uno scopo importante, e se si volesse dire che ciò fosse un non stare coi piedi per terra, paradossalmente per me vivere senza immagini da sogno ha significato stare nel vuoto invece; la materia così com'è mi appare abbastanza priva di significato! E quì credo stia l'inghippo del mio perenne turbamento. Ma ritorno a dire che vorrei potermi rilassare accettando che non posso più tornare indietro, e convincermi sinceramente che le cose che ho anche adesso sono bastevoli se solo li vedessi da altre angolazioni.


La famosa casa in cui vissi dai dodici ai quindici anni fu un isola felice che mi vide anche diventare donnina di casa anche se con inevitabili incidenti di percorso...

Per rendere una idea meno frammentata dopo essere saltata di palo in frasca, potrei un attimo riassumere.

In piena adolescenza, in pieno boom economico, in una cittadina che si stava svegliando culturalmente col fiorire di scuole e istituti superiori, appena uscita dagli anni dell'infanzia intensamente vissuta tra due case, e con due nonne che nella stessa giornata mi davano stimoli ed educazione diversa, quella casa rappresentò la "mia" prima vera casa . A due passi da tutto, dal Duomo, potei continuare a godere del gioco con le mie sorelle, ma anche dei tanti contatti con i compagni di scuola e coi ragazzi che aderivano al lavoro e alla formazione parrocchiale. Avevo un fratello più grande che portava novità dal mondo maschile che diventava meno balordo di quanto non lo fosse stato quello della generazione di mio padre, quando se passava una donna gli dovevano dire necessariamente qualcosa dietro, cosa che odiavo tanto negli adulti, o, dovevano considerare, sempre la donna, tre gradini più in basso, e questa a sua volta li cresceva con l'idea della superiorità rispetto alle figlie. Una parità dei sessi io già la sentivo, anche se bla bla nel lavoro ancora oggi...
C'era tutto nella mia giovane esistenza, riprendevo i giochi da bambini, le comari, guardavamo la tv, scendevamo in cortile, andavamo giù in strada coi compagni e le vicine, lasciavo a casa custodite dalla nonna le mie sorelle quando andavo in parrocchia, c'erano piccole commissioni per la nonna, studiavo, sperimentavo nuovo modi per possedere quella casa, cucinavo cose per noi tre, cucivo già molte cose per diletto. Avevo molti doveri ma mi facevo anche molto i fatti miei, e su questo ero assai brava.

Ultima modifica di webetina : 19-01-2011 alle ore 10.28.12.
webetina non è connesso