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Vecchio 05-02-2010, 01.31.06   #1
Ray
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Predefinito Tendenza paranoica e vita quotidiana

Non vorrei parlare della paranoia in senso clinico, anche se eventualmente farlo può dare dei punti di riferimento per capire e fare confronti, ma mi piacerebbe esplorare la cosa utilizando il termine in senso generico, come si potrebbe nel parlare comune, allo stesso modo in cui diciamo "mi sento depresso" senza per questo riferirsi ad uno stato patologico o comunque di rilevanza clinica.

Infatti nel titolo ho scritto "tendenze" e queste, seppure in diverse misure, le possiamo trovare dentro ognuno di noi se sappiamo ben guardare. Le troviamo, assieme a tutte le altre tendenze che se prendono il sopravvento possono diventare patologie, come appunto quella depressiva, di rimozione, di proiezione eccetera, tra le varie opzioni che la nostra psiche ha a disposizione per difendersi da ciò che in quel momento appare come minaccioso o pericoloso.

Partirei da una definizione di base, molto generica e che ci dia la possibilità di criticarla e modificarla man mano che osserviamo meglio.

Paranoica è la tendenza ad interpretare a priori gli accadimenti o le azioni altrui come riferite a noi stessi. Perlopiù in termini negativi, specialmente aggressivi.

Esempio classico: il vigile mi ha dato la multa perchè ce l'ha con me... se ci pensate bene tutti o quasi almeno una volta hanno sperimentato questa tendenza da bambini (la maestra ce l'ha con me per quello mi sgrida o la mamma che non mi da il biscotto eccetera).

Cosa c'è dietro? Beh, molte cose. Innanzitutto la necessità di sopportare una frustrazione e di darle una spiegazione che riusciamo ad accettare. La cattiveria altrui è più accettabile a volte del considerare che l'altro che ci frustra possa aver ragione.
Poi c'è la nostra rabbia... che proiettata nell'altro diventa lui mi vuole fare del male, ma siamo noi. Poi c'è una tendenza narcisistica (ioioio, ma anche grande investimento di energie psichiche nell'immagine di se), poi c'è grandiosità dell'io, poi c'è... un sacco di roba come dicevo, ma è interessante fino ad un certo punto.
O meglio è interessante davvero solo se riportiamo il tutto nel nostro manifestarsi nel mondo e/o come spunto di autoconoscenza.

Quanti pensieri come quello del vigile ci attraversano? Oppure, vista da un'altra parte, in che fase del processo di interiorizzazione di una frustrazione questo pensiero compare e che ne facciamo?

Quest'ultima domanda è un po' dove volevo andare a parare e mi rendo conto che può non essere immediatamente comprensibile. Posso provare a spiegarmi meglio in caso, ma l'intro è già lunga e temo assai densa, quindi aspetto di vedere che direzione prendiamo.
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