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Vecchio 02-02-2007, 21.12.52   #6
jezebelius
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Originalmente inviato da Sole Visualizza messaggio
Non so si tratti di umiltà, probabilmente si, ma sicuramente si tratta di scegliere di far vedere le proprie debolezze, quelle che conosciamo di noi stessi. Metterle in gioco, mostrarle, consegnarle in mano a qualcuno e "rischiare" che le usi, magari prendendoci in giro per le nostre idee, per le lacrime, per le incertezze o per non sapere una qualcosa - sono solo esempi- e se lo fa ci sentiamo persi, non più ammirati, apprezzati, amati... Si tratta sempre di difesa, si. Difesa dalla paura di non essere amati. Se ci si mostra per ciò che si è si manifesta una grande forza. Si va contro i propri bisogni e ci si oppone con forza a ciò che sono i nostri automatismi.

Alla domanda quindi, risponderei: si, è costruttivo se vediamo la diversità una fonte dove cercare di opporci alla diversità esistente in noi stessi.
Infatti credo che sia così, anche se non sempre la diversità deve essere vista come nemico da combattere, sia quella degli altri ma anche quella che vige in noi stessi. Questa, all'inverso in quanto avversario, potrebbe essere uno stimolo per la conoscenza.
Però stavo pensando ad una cosa che mi piace condividere con Voi.
Pensare anche all'umiltà, come accennava Red, intendendola in senso complementare, in primis verso se stessi, all'interno, e poi verso gli altri, all'esterno. Insomma umiltà come compimento di una presa di coscienza - per esempio " sono divenuto consapevole di essere un rompiscatole e voglio cambiare, pertanto mi ravvedo del mio comportamento precedente guardandolo con occhi nuovi, più umili, rispetto a quando ero nella convinzione che tutti dovevano lavorare per me" - e sia verso gli altri che è, o dovrebbe essere, conseguenza della prima.
Secondo me bisogna stare, anche per questi versi, attenti ai giochi della mente. E' li sempre in agguato a denudare di ogni potenziale intensità le nostre azioni.
Il fatto è che mi pare si possa parlare certamente di umiltà, almeno dal mio punto di vista, e il far vedere si posiziona quindi come conseguenza, giacchè per mostrare agli altri devo mostrare, scoprendo, prima a me stesso, come del resto per mostrare di essere "figo" devo mostrare, o ancora meglio rivestirmi, di esserlo.
In questo ultimo caso, trasmetterò agli altri ciò che io ho intenzione di trasmettere ossia ciò che io penso di me,vale a dire un nuovo vestito, reprimendo o portando all'estremo lati che cerco di dimenticare, o peggio, che non so di avere, ed in questo caso, probabilmente solamente in questo, si potrebbe parlare di automatismo vero e proprio.
Concludendo è si vero che se mostro ciò che di me rappresenta la parte più intima,nel senso che non sapevo di avere prima della scoperta, posso essere usato ( dagli altri ) ma è altrettanto vero che se da un lato potrei esserlo, dall'altro potrei utilizzare questa " raggiunta" consapevolezza a mio vantaggio. Però chi giunge a questo livello conosce ed in qualche modo sa, o vuole, scoprire la sua struttura per cui ciò che gli altri potrebbero fargli risulterebbe vantaggioso se non addirittura propedeutico ad una ulteriore conoscenza di se.
In questo senso l'umiltà, secondo me, va vista come risultante di un equilibrio interiore che molto spesso, ai meno attenti, può non passare per quello che è per l'appunto quanto invece risultare modificata agli occhi del "nostro specchio " come saccenza o, che dir si voglia, comportamento da predicatore da pulpito.
Se si mostra quello che si è, nel bene e nel male, questo non esclude, o almeno non dovrebbe, di essere sempre " ciò che si è" in un dato momento, consci del fatto che tale momento è transitorio ovvero di passaggio per giungere ad altra tappa sulla strada della conoscenza di se.
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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