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Vecchio 09-09-2011, 00.43.03   #1
Kael
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Predefinito I graffiti di Oreste Fernando Nannetti

Forse qualcuno ne ha già sentito parlare, si tratta della triste storia di un uomo praticamente nato in manicomio, visto che fu internato alla tenera età di dieci anni. Divenuto adulto, fu trasferito all'ospedale psichiatrico di Volterra, dove lasciò un impressionante graffito (fatto con le borchie della camicia di forza nel silenzio di lunghi anni di detenzione) sui muri esterni del padiglione chiamato reparto Ferri, per un'ampiezza complessiva di circa 180 mq.
In seguito Nannetti fu ancora trasferito presso un altro istituto, dove negli anni compose migliaia di opere scritte, le quali andarono tutte bruciate alla sua morte (sembra che qualcuno riuscì a fotocopiarne alcune), dato che non avendo parenti a cui lasciarle rientravano nei suoi effetti personali.
Di lui oggi restano solo quei muri parlanti, segni incisi nella pietra con fatica, con l'aspetto di una delirante lucidità, o di un disordine perfettamente ordinato.

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Più dei suoi graffiti però è la mente di quest'uomo che per me rappresenta il vero mistero.
Ci sono cose che mi hanno profondamente colpito, come gli epiteti con cui amava chiamarsi, colonnello astrale, ingegnere astronautico minerario, ma, più di tutti, scassinatore nucleare. Come non pensare all'opera dell'alchimista Filalete, "Entrata aperta al palazzo chiuso del re", dove il palazzo, il tempio del re, è appunto quel nucleo fisso della materia in cui risiede l'energia divina, e che l'alchimista si propone di scardinare mediante i giusti aiutanti? E stiamo parlando di un uomo internato a dieci anni, che sapeva a malapena leggere e scrivere e che non poteva aver avuto un'istruzione adeguata.
Nannetti, che nelle sue opere si firmava spesso Nanof, o Nof4, diceva di avere una capacità telepatica, e definiva la sua mente una specie di "condensatore di onde che provengono dallo spazio".
Altre frasi, lasciate nella pietra, sembrano più di un semplice delirio.. I fantasmi sono formidabili dopo la seconda apparizione, e Le ombre sono vive sotto cosmo.
Un altro fatto curioso è la frase spezzata a metà, senza nessun apparente motivo per non concluderla sulla stessa riga, dato che in quel punto il muro continuava ancora. E invece, lasciando un largo spazio in mezzo, e riprendendo ad un'altezza diversa, Nannetti scrisse da una parte Il pianofo, e dall'altra rte deve suonare da sè, riprendendo da quella R esattamente come si legge nella prima tavola del Mutus Liber.
Con questo non voglio dire che l'ingegnere astronautico minerario avesse la benché minima conoscenza esoterica, non consapevole almeno, visto che lui stesso, quando scriveva, si definiva "altro da sè", ed era cosciente di un suo doppio, di un'entità telepatica che gli guidava la mano nei suoi frequenti stati deliranti e schizofrenici.
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