Discussione: Vampirismo psicologico
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Vecchio 02-10-2008, 00.05.52   #80
dafne
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Vorrei riprendere questa discussione perchè sono, purtroppo, molti i punti che mi sono oscuri.
A parole comprendere cosa sia un vampiro è piuttosto semplice, è un soggetto che psicologicamente ed energeticamente si accaparra la nostra energia a suo vantaggio.
Ottimo.
Ma che vuol dire?
Purtroppo io mi sono resa conto di aver vissuto per molto tempo con un soggetto simile e di aver dormito a tal punto che vedere certi meccanismi oggi riesce a scioccarmi (e schifarmi).
Molto sinceramente non riesco a pensare se lo faccio o meno perchè stò ancora cercando di accettare che sia tutto vero...

Ma lasciando le opinioni personali cerco di mettere insieme i fatti.

Per quello che ho osservato il vampiro vuole attenzione, cura. Si sente in diritto di averla e la pretende nei modi che più gli sembrano congeniali. Io credevo che ci fossero persone che assumevano ruoli pietosi e altre che invece assumevano parti più aggressive, in realtà, almeno nella mia esperienza, entrambe queste cose coesistono. (e in parte è ciò che destabilizza)

E' una sorta di bastone-carota, mi rendo conto che parto solo dalla mia visuale ma credo sia comunque un buon punto di partenza.

Di solito il meccanismo parte dal vittimismo, più o meno sfacciato, la vita crudele, un destino avverso, una solitudine imcolmabile. La "preda" generalmente si trova proprio in un periodo simile. C'è una sorta di identificazione tra i due. O in altri casi comunque credo che inizialmente il vampiro riesca a instaurare una sorta di empatia, di legame.

Poi c'è lo scoppio violento (c'è sempre da quel che vedo e leggo in giro) la vittima, in quanto tale, si trova disarmata di fronte a un simile repentino cambiamento e mette in atto tutto il possibile per riportare la situazione in uno stato di equilibrio (e il vampiro ciuccia ) lo sbigottimento di fronte a tale scena passa però, purtroppo, proprio grazie a quell'equilibrio che si ristabilisce.

Ora per mia esperienza personale e per quanto in questi giorni ho letto e sentito in giro molta parte della schiavitù psicologica che si crea è dovuta proprio a quello shock iniziale, il senso di pericolo grave passato e superato lascia una traccia indelebile, sia perchè rimane la paura che capiti ancora (per cui spesso non serve più uno scoppio d'ira violento ma solo l'accenno da parte del vampiro perchè la vittima apra il rubinetto) e un incredibile e paradossale senso di sollievo per la quiete che si crede di aver conquistato dimenticando che ci è "dovuta". A volte ci si può quasi sentire fieramente responsabili di aver quietato la rabbia e l'agitazione dell'altro (il falso far del bene di cui si parlava più su credo). Si sente di aver assolto a un compito, a un dovere, mentre in realtà si è solo bloccati in un'esperienza che non si è riousciti ad assorbire pienamente. Penso.

Questa che descrivo è certo una forma di vampirismo piuttosto forte, diversa da quella dell'amica che ti chiama per parlare solo di se stessa ma purtroppo queste persone ci sono e riescono ad orchestrare tutta una serie di atti tali da somigliare a una ragnatela viscosa, e più ci si agita dentro più si rimane invischiati.

Per questo mi è capitato di chiedermi in questi giorni se l'indifferenza può essere una buona, se non l'unica, difesa. Mi sono venute in mente le sentinelle di Matrix che percepivano il calore o ancora più calzante è la figura dello squalo che riesce a percepire una particella di sangue a km di distanza.(una buona vittima perde energia perchè è infelice..mai sentito di vampiri con gente contenta..spero!)

Un vampiro fiuta la debolezza allo stesso modo, accettare le proprie debolezze è in effetti la strada migliore, anche se fà male e anche arrendersi all'evidenza che certe macchinazioni esistono eccome e chi le opera si sente pure nel giusto

Che ne pensate?
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