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Vecchio 12-08-2009, 15.20.48   #2
luke
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Originalmente inviato da Ray Visualizza messaggio
Chi non desidera la morte del proprio padre?
(Fedor Dostoevskij)


Era in home prima, e stiamo parlando in vari modi di desideri oggi.
E' una frase tosta, soprattutto se si considera che la domanda sembra retorica e che chi l'ha detta è considerato, perlomeno da me ma anche da molte menti ben più illustri, uno dei più grandi psicologi dell'umanità.

E' anche un discorso delicato perchè può metterci di fronte a dei nostri contenuti assai difficili da gestire. Non sto dicendo che ha ragione, non so se tutti in quallche modo, da qualche parte e in qualche momento, hanno desiderato la morte del proprio padre... però mi viene una considerazione: da un punto di vista psicologico non è per forza un desiderio negativo. La morte simbolica del padre dentro di noi rappresenta una tappa importante, un superamento particolare nel viaggio verso l'individualità... dall'altro lato rilevare questo desiderio anche magari in una forma lieve e nascosta, può essere indizio di questioni non risolte piuttosto importanti, sempre nell'ottica di questo viaggio.

Personalmente, anche se so che molti non capiranno quanto cerco di dire, non ho difficoltà ad ammettere che questo desiderio ha albergato in me in certi tempi e certe zone e non solo quando le tragiche condizioni di salute di mio padre e relativi effetti su chi lo circondava in qualche modo lo spiegava. Si tratta di qualcosa che era presente in una certa zona del mio inferno (in senso dantesco dell'esplorazione interiore) così come in altre zone è presente l'affetto che provo per lui e il desiderio che sia felice. E' sempre stupefacente constatare quanto possano essere discoste le cose che abitano l'umano... angeli e demoni.

Non intendo certo fare di questo post una specie di confessionale, vorrei però chiedere la vostra opinione in merito allla frase di Dostoevskij e alla sua eventuale consocenza delle profondità umane.
Certamente certe cose che abbiamo dentro anche se inorridiscono o ci fanno vergognare devono essere affrontate, magari non subito ma quando siamo in condizioni di farlo adeguatamente .

Non so in che contesto è contenuta quella frase, per come la vedo io la figura paterna può essere vista come una figura dominante, co-stringente(ovviamente con gradazioni diverse da caso a caso) che non ci permette di esprimerci liberamente perchè dovremo scontrarci sempre col suo giudizio ed eventuale disapprovazione come accadeva da piccoli ed in molti casi anche da adulti.

Mi sembra che una teoria psicologica dipinga addirittura il padre come un "avversario" nella conquista di nostra madre...

Personalmente ritengo che gli "influssi" paterni debbano essere affrontati e risolti a prescindere dalla esistenza in vita del padre stesso, altriment anche dopo la morte continueremo a ritrovare la sua figura in molte altre persone /situazioni. (forse è come il discorso sugli archetipi che noi andiamo a riempire soggettivamente, una volta col padre, un'altra col datore di lavoro ecc)

La figura paterna ci mette subito a confronto, in alcuni casi in modo piuttosto intenso, con una persona più forte e grande, di noi , con le conseguenti influenze, dalle quali bisogna venir fuori a prescindere dalla esistenza fisica del genitore, verso il quale qualche pensierino non proprio benevolo, credo, lo hanno fatto in molti.
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