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Vecchio 20-04-2007, 14.33.14   #5
Ray
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Provo a rispondere un po' a tutti, non so se sarò capace, al limite cercheremo di vedere un punto alla volta.

Poniamo che qualcuno si comporti con noi in modo tale da farci arrabbiare. Il controllo dell'emozione, che si conclude con la sua trasformazione, inizia ad emozione già manifestata e non può agire sul suo insorgere. Ovvero non possiamo impedire che la rabbia arrivi perchè è troppo veloce.

L'unico modo sarebbe andare a modificare preventivamente il meccanismo che la fa insorgere. I motivi per cui insorge, ovvero questi meccanismi, possono essere svariati (approfondiremo in seguito), ma alla fin fine sono riconducibili al fatto che ci siamo identificati in qualcosa, ovvero che ci siamo dimenticati di noi.

Noi possiamo invece iniziare a costruirci un controllo sulle emozioni dopo che l'emozione, in questo caso la rabbia, è già insorta e ce la troviamo li bella e pronta.
La prima reazione automatica alla presenza della rabbia è esprimerla. Lo facciamo con una velocità pazzesca (non si esprime solo a parole). Il che è un modo di cercare di sfuggirla, come dice RedW... esprimendola almeno in parte esce e ce ne liberiamo.
Quindi la prima cosa che posso fare è impedirmi di esprimere l'emozione o cercare di farlo. Il che mi darà dei risultati probabilmente parziali e proporzionali sia all'intensità dell'emozione che alla mia prontezza nell'impedire l'espressione. Via via che mi ci sforzo la parzialità di questi risultati diminuirà.

Se mi impedisco di esprimere la rabbia mi impedisco varie cose: l'espressione esterna verso l'oggetto della mia rabbia (il tizio) che sia a parole o atteggiamenti o quel che è, e l'espressione interna della rabbia con me stesso. Rimuginare è esprimere con se stessi. (si potrebbe chiamarlo imprimere o nutrire).

Il problema sta nel fatto che ci dimentichiamo. Anche se il meccanismo che fa insorgere la rabbia funziona, la rabbia che appunto insorge è una scarica di energia immediata che ha l'effetto di svegliarmi dal torpore (infatti potrebbe essere usata per ricordarci di noi). Questa energia è reale e può provocare reale sofferenza per attrito. Infatti questa energia è utile.
Se però io mi identifico nella rabbia inizio a nutrirla. Cioè la espando. Identificarsi è perdersi in qualcosa, smettere di essere ciò che si è, per essere per esempio ciò che si prova. Nutrire è espandere, tirare, allungare questa rabbia. Rimuginando, chiacchierandomi, giustificando me stesso, ripetendomi cose insensate come "sono stato trattato inadeguatamente" o "lui è sbagliato", spostando la responsabilità della mia reazione al di fuori di me, non faccio altro che aumentare indefinitamente questa rabbia. Ciò che sarebbe durato pochi secondi dura tutto il tempo che voglio.
Questa sofferenza è inutile perchè non posso usarla per svegliarmi o almeno per imparare qualcosa, anzi devo usare alta energia per tornare allo stato di quando ho iniziato a nutrirla o per smettere di nutrirla. Questa sofferenza sempicemente non esiste, è illusoria, o autoprovocata se preferite... in ogni caso è del tutto inutile: ho dato qualcosa in cambio di niente. Questa sofferenza va rifiutata con forza, è necessario impadire a noi stessi di produrla. Accettarl significherebbe accettare il permanere dei meccanismi da dormienti che la producono.

Alimentare in questo modo la rabbia prevede che io dia alla sua causa apparente un'importanza che essa non ha. Bon, tizio mi ha trattato male... e allora? Questa alterazione dei parametri nutre l'IP... da un certo punto di vista E' IP.

Se dallo stato di rabbia o in generale di sofferenza torno al presente, scopro che la sofferenza o scompare o si riduce considerevolmente. Se scompare bon, allora tutta la sofferenza che avevamo era finta. Se invece resta qualcosa, quella è sofferenza reale. Può anche essere una sofferenza intensa, se il motivo è valido (non certamente "Tizio mi ha trattato male" ma magari qualcos'altro si). In quest caso la sofferenza permane perchè nel mio presente c'è sofferenza. E' questa la sofferenza che va accettata e trasformata. Se c'è ed è reale allora la posso usare, quindi smetto di sperare che finisca. E non la esprimo, anzi me la tengo, e non cerco di reprimerla perchè non la sentirei. Se smetto di sperare che finisca perchè posso usarla... non è più negativa.
Le emozioni negative non esistono.

Trasformare la sofferenza significa usare l'energia che mi duole per fare qualcosa. La cosa migliore che posso farci è ricordarmi di me... ma a livello sperimentale anche pulire casa non è male...

(mi fermo qui per adesso, non so se ho risposto e come, intanto aspetto di sentire voi. Molte cose non credo si averle espresse correttamente... in grossa parte i miei limiti di comprensione e di espressione, in altra parte l'oggettiva difficoltà di utilizzare il linguaggio su questi argomenti).
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